Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2462 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2462 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1186/2021 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2439/2020 depositata il 20/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Latina Giovanni COGNOME chiedendo la condanna al risarcimento del danno. L’attore espose quanto segue. Con sentenza n. 57/2000 del giudice del lavoro RAGIONE_SOCIALE, di cui il convenuto era l’amministra tore, era stata condannata al reintegro dell’attore nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno. Allo scopo di eludere gli obblighi derivanti dalla sentenza, come da querela proposta nei confronti del convenuto dall’attore, era stato compiuto il trasf erimento di tutti i beni sociali ad altra società, con licenziamento di tutti i dipendenti e loro assunzione da parte della società acquirente. Il Tribunale penale, accertata l’elusione dell’esecuzione della sentenza di condanna, aveva tuttavia dichiarato prescritto il reato di cui all’art. 388 cod. pen..
Il Tribunale adito rigettò la domanda, facendo valere la sentenza penale, passata in cosa giudicata in data 30 ottobre 2010, con cui il convenuto era stato prosciolto dall’imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione, in relazione al RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, per insussistenza del fatto, alla luce dalla natura penalmente lecita e non simulata degli atti dispositivi compiuti. Avverso detta sentenza propose appello il COGNOME. Con sentenza di data 20 maggio 2020 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello.
Osservò la corte territoriale che con il giudicato penale relativo alla bancarotta fraudolenta, nel cui processo vi era stata la costituzione di
parte civile da parte dell’appellante, ed avente un ambito di accertamento perfettamente sovrapponibile al presente giudizio, era stato accertato che la dismissione del patrimonio societario, di natura reale e non fittizia, era corrispondente ad un effettivo interesse della società e che la liceità della dismissione, reale e non fittizia, precludeva ogni ulteriore discussione sul punto, perché la specifica finalità fraudolenta (elusione del giudicato civile) costituiva un ulteriore accertamento che non precludeva il giudicato sulla liceità della dismissione in discorso. Aggiunge che la sentenza di estinzione del reato per prescrizione non era vincolante per il giudice civile e che non rilevava ‘opporre pronunce civili di segno opposto riguardo l’effettiva natura degli atti dispositivi, per le quali il giudicato è maturato successivamente’.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 132, 276, 156 e 161 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che vi è insanabile contrasto fra l’intestazione della sentenza, che reca ‘Corte d’appello di Roma’, ed il dispositivo, che reca ‘il Tribunale’, per cui la sentenza non raggiunge lo scopo dell’identificazione dell’organo che ha emesso il provvedimento.
Il motivo è inammissibile. Trattasi di evidente errore materiale, come si evince dai molteplici riferimenti all’atto di appello nel corpo della motivazione, per cui sul punto non può essere proposta impugnazione, dovendosi procedere alla mera correzione de ll’errore materiale da parte dell’autorità che ha emesso il provvedimento.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 652 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che nell’atto di appello era stata evidenziata la diversità fra il fatto accertato con la sentenza di estinzione del reato (ove pure vi era stata la costituzione di parte civile da parte del COGNOME) e quello accertato con il giudicato relativo alla bancarotta fraudolenta, di estensione quest’ultimo ben minore rispetto al primo, in quanto concernente la mera cessione del patrimonio societario e non anche la circostanza del licenziamento dei dipendenti e della loro assunzione nell’altra società, ed inoltre per l’esistenza nel reato di cui all’art. 388 cod. pen. del dolo specifico di elusione degli obblighi derivanti dalla sentenza civile. Aggiunge che la sentenza impugnata non dà alcun rilievo alla diversità dei titoli giuridici.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che nel giudizio di merito erano state depositate la sentenza, passata in cosa giudicata in data 22 luglio 2014, con cui era stata accolta l’azione revocatoria ordinaria proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, accertando che gli atti dispositivi erano stati compiuti per eludere il giudicato rappresentato dalla sentenza del giudice del lavoro, e la sentenza, passata in cosa giudicata in data 25 gennaio 2018, con cui era stata accolta l’azione di responsabilità proposta dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 146 l. fall., con condanna dell’COGNOME al pagamento della somm a di Euro 81.550,00 a titolo risarcitorio, accertando che le operazioni di trasferimento dei beni aziendali e dei dipendenti erano state compiute allo scopo di eludere la sentenza del giudice del lavoro e che esse avevano natura fittizia non essendo stato pagato alcun corrispettivo. Aggiunge che l’eccezione di giudicato è stata erroneamente rigettata dalla corte territoriale (‘non rileva opporre pronunce civili di segno opposto riguardo l’effettiva natura degli atti dispositivi, per le quali il
giudicato è maturato successivamente’) dovendo invece farsi applicazione della regola secondo cui nel conflitto fra due giudicati prevale quello che si è formato per ultimo.
Il terzo motivo, avente efficacia pregiudiziale, deve essere esaminato per primo. Trattasi di motivo fondato.
Non è dubbio che ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, sempre che la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione (fra le tante Cass. n. 27357 del 2020; n. 13804 del 2018; n. 2082 del 1998). Nel caso di specie l’accertamento, rilevante ai fini dell’art. 2909 cod. civ., contenuto nel giudicato relativo all’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 146 l. fall., ed avente ad oggetto -per quanto qui rileva – la strumentalità degli atti di disposizione allo scopo di eludere la sentenza del giudice del lavoro, prevale sul giudicato precedente sul quale si basa la sentenza impugnata. La questione che si pone, a questo punto, è quella dei limiti soggettivi del giudicato successivo, non essendo stato il ricorrente, secondo quanto risulta dal ricorso, parte del giudizio di responsabilità promosso dalla RAGIONE_SOCIALE fallimentare (e neanche in quello, relativo al precedente giudicato, avente ad oggetto l’azione revocatoria ordinaria).
Come affermato da Cass. n. 11798 del 2017, ‘ il curatore non è titolare di un potere di rappresentanza dei creditori, ma può al più agire con le azioni c.d. di massa, dirette ad ottenere nell’interesse del ceto creditorio in quanto tale la ricostruzione del patrimonio del debitore. Non esercita perciò un’azione dei creditori, sostituendosi a loro, ma semplicemente, amministrando il patrimonio assoggettato all’esecuzione concorsuale, tende a ricostruirlo nella funzione di garanzia che gli è propria, secondo l’archetipo dell’azione revocatoria ‘ .
Anche ipotizzando che l’odierno ricorrente si sia insinuato al passivo fallimentare, ma nel ricorso manca ogni indicazione in tale direzione, il COGNOME non può essere considerato una parte del processo rappresentata dal curatore, poiché questi agisce nel l’interesse della massa, con effetti indistinti quanto ai beneficiari, e non dei creditori considerati uti singuli . L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, e relativa all’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 146 l. fall., fa st ato nel presente del giudizio per una diversa ragione.
I limiti soggettivi del giudicato operano nel senso di escludere l’efficacia del relativo accertamento contro i terzi, ma non al loro favore, in base al principio generale espresso dall’art. 1306 cod. civ., secondo cui gli effetti della pronuncia (o del giudicato) operano secundum eventum litis . La sentenza inter pauciores non ha effetto contro coloro che sono rimasti estranei al processo, ma può essere opposta da costoro a chi ne è stato parte se ad essi favorevole. Trattasi di acquisizione ormai risalente della dottrina e che ha trovato ospitalità nella giurisprudenza (cfr. Cass. n. 18325 del 2019; Cass. Sez. U. n. 14815 del 2008 in materia di giudicato tributario). Il giudicato, pur favorevole, non opera però ipso iure , ma richiede che il terzo manifesti l’intenzione di fare proprio l’altrui accertamento. Non è discutibile che il terzo, sollevando in appello l’eccezione del giudicato reso inter alios , ma a lui favorevole, abbia manifestato la volontà di appropriarsi del relativo accertamento.
Vanno pertanto enunciati i seguenti principi di diritto, cui il giudice del merito dovrà uniformarsi:
‘ ove sulla medesima questione si siano formato due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo ‘;
‘il giudicato reso inter alios ha efficacia in favore del terzo ove questi manifesti l’intenzione di avvalersi dell’altrui accertamento a lui favorevole’.
L’accoglimento del motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.
P. Q. M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo, e dichiara inammissibile il primo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 18 dicembre 2023