Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 675 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 675 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19946/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 358/2022 depositata il 02/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME assistita dall’avvocato NOME COGNOME ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 358 del 2022 della Corte di appello di Milano, allegando che:
-l’istituto bancario RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto un’ingiunzione, nei suoi confronti, quale fideiussore, per un debito, a titolo di mutuo fondiario, di NOME COGNOME;
-la deducente si era opposta e nel giudizio era intervenuto, difendendosi in proprio, l’avvocato NOME COGNOME
-la deducente si era opposta all’ingiunzione controdeducendo, in particolare, la ‘perdita della garanzia ipotecaria’ per tardivo intervento della banca nelle procedure di espropriazione forzata, con conseguente estinzione della garanzia fideiussoria per fatto del creditore, salva l’eventualità di soddisfazione del credito, comunque, in sede espropriativa; la revoca della fideiussione comunicata alla banca per il medesimo motivo; la sufficienza dei cespiti immobiliari disponibili a soddisfare il credito; l’inesigibilità del credito complessivo per mancata decadenza dal beneficio del termine; l’inidoneità del documento contabile informale posto a base della richiesta di monito; l’incongruenza, comunque, delle somme richieste rispetto alle missive stragiudiziali; ad ogni conto, la previa nullità della notifica del decreto ingiuntivo sostituito con altro provvedimento dichiarato provvisoriamente esecutivo senza che alla notificazione fosse unita, in specie, la relativa istanza;
-il Tribunale, davanti al quale aveva resistito la società Credito RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato l’opposizione, condannando l’opponente, oltre che alla rifusione delle spese, al pagamento di una somma a titolo di responsabilità processuale aggravata, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-la notifica del decreto opposto, per come effettuata, non era risultato avesse impedito all’opponente di articolare le proprie difese con riferimento anche agli atti di parte, che, come osservato dal giudice di prime cure, aveva infine potuto conoscere, fermo restando che eventuali vizi avrebbero potuto riverberarsi solo sulla regolazione delle spese della prima fase;
-dalla documentazione prodotta era risultato il tempestivo intervento della banca nelle procedure esecutive, con esclusione di ogni mala gestio; il corretto deconto delle somme risultate già versate, alla luce dei conteggi progressivamente aggiornati senza incongruenze; la corretta statuizione di condanna a titolo di responsabilità processuale aggravata, da reiterare nel secondo grado, stanti le difese di parte soccombente contrastanti con le univoche evidenze documentali;
resiste con controricorso, corredato da memoria, il Credito Emiliano s.p.a.;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e seguenti, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato escludendo che i vizi del decreto ingiuntivo, rimasto immutato nonostante le assegnazioni del ricavato in sede esecutiva, potessero aver rilievo solo quanto alle spese peraltro affatto incise;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1955, 1306 e seguenti, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato nell’obliterare la revoca della fideiussione per il descritto fatto del creditore, cui doveva aggiungersi il concorrente rilievo di nullità della stessa garanzia, esposta in particolare alla viziata corrispondenza con il modello ABI dichiarato dalla Banca d’Italia attuativo d’illegittime quanto invalidanti intese restrittive della concorrenza;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 91, 96, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato, pur disattendendo l’eccezione d’inammissibilità del gravame ex art. 348-bis cod. proc. civ. senza peraltro tenerne conto ai fini dell’esclusione dell’integrale soccombenza, nella mancata considerazione della riduzione del credito in relazione a quanto già incassato dalla banca, e dunque travisando i fatti nel confermare l’ingiunzione senza la necessaria revoca;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 96, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando in particolare di considerare, ai fini della conferma e reiterazione della responsabilità processuale aggravata, che l’opposizione a decreto ingiuntivo non aveva potuto aver incidenza sulle procedure esecutive per il recupero del credito, senza, pertanto, che si potesse ravvisare alcuno scopo illegittimo dell’azione giudiziaria il cui esercizio doveva restare ragionevolmente possibile, a ciò aggiungendosi a un’errata individuazione dello scaglione utile ai fini della regolazione delle spese e conseguentemente, per eccesso, ai fini della determinazione della misura della condanna per lite temeraria;
Considerato che
il ricorso è inammissibile per plurime ragioni;
in primo luogo, il gravame è tale per difetto d’idoneo ius postulandi , atteso il conflitto d’interessi tra la ricorrente, NOME COGNOME evocata in lite come visto quale fideiussore, e l’avvocato, NOME COGNOME che la difende e risulta anche parte, nei giudizi di merito, quale debitore principale, esposto quindi all’azione di regresso ex art. 1950 cod. civ., ovvero di rilievo ex art. 1953, 1° co. n. 1, cod. civ.;
sul punto il ricorso non risulta notificato al COGNOME che solo dal controricorso risulta essere indicato come coniuge di COGNOME senza
che, per converso, il gravame specifichi neppure se si tratti di debiti personali né se si versi in regime di comunione legale dei beni; trattandosi di fattispecie incidente in radice sul diritto di difesa, la rilevabilità è officiosa (cfr., anche sulla sufficienza della mera potenzialità del conflitto, Cass., 20/01/2020, n. 1143, cui adde Cass., 11/10/2023, n. 28427) senza possibilità di sanatoria (Cass., 20/01/2023, n. 1765), ed essendo questione in rito non necessita della previa instaurazione del contraddittorio ai sensi degli artt. 101 e 384 cod. proc. civ. (cfr. Cass., 30/0/2022, n. 17456);
in secondo luogo, le censure sono comunque ex se inammissibili; il primo motivo:
-non chiarisce se ha riguardo alla notifica del decreto ingiuntivo ovvero alle condizioni per la sua emissione;
-nel primo caso non si misura con la ragione decisoria secondo cui non risultavano incisioni del diritto di difesa, svolto infatti senza che si deducessero ragioni pregiudicate dalle affermate reiterazioni della notificazione del decreto ingiuntivo, di cui la seconda con dichiarazione di provvisoria esecutività senza allegare, in particolare, la relativa istanza;
-nel secondo caso non si specifica a quali condizioni si faccia riferimento, se, in specie, alla prospettata mancata decadenza dal beneficio del termine, di cui peraltro non si comprende il riferimento, stante il pacifico inadempimento del debitore principale del mutuo ipotecario;
-non è possibile capire se, invece, si faccia in tal modo riferimento all’originaria insufficienza documentale, senza peraltro che ne siano individuate le implicazioni stante la produzione della banca ricostruttiva del credito anche se non nella forma dell’estratto conto conforme, ferme restando, inoltre, le pacifiche scritture contrattuali, non menzionate ai fini in parola neppure in parte espositiva (v. in specie a pag. 11);
-non si misura -il motivo in scrutinio -con la ragione decisoria per cui il giudizio di opposizione non è sulla valida emissione dell’ingiunzione ma sul merito del rapporto obbligatorio (pagg. 6-7 della decisione impugnata);
-non si comprende a quale fine, in relazione alla censura, si faccia poi riferimento alle «assegnazioni di appartamenti» (pag. 16 del ricorso), ossia se alla non meglio precisata prospettiva di «cessione dei beni al creditore ipotecario» (pag. 10 del ricorso) o alle espropriazioni forzate, che al contempo non si spiega né dimostra come compiutamente concluse;
il secondo motivo:
-non si misura con la ragione decisoria (pagg. 7-8 della sentenza gravata) per cui la motivazione della revoca della fideiussione era stata smentita dalle risultanze documentali che avevano dimostrato la tempestività dell’intervento della banca nelle procedure esecutive di espropriazione immobiliare;
-non spiega quando sarebbero stati prodotti i documenti ABI e della Banca d’Italia, necessari a vagliare la pretesa nullità sicuramente rilevabile d’ufficio ma in base alle allegazioni e risultanze in atti (cfr., ad esempio, Cass., 22/04/2024, n. 10712 e Cass., 12/06/2024, n. 16289) -peraltro solo parziale delle clausole della fideiussione (Cass., Sez. U., 30/12/2021, n. 41994) che si qualifica ma neppure si illustra e dimostra essere stata omnibus (unica fattispecie inclusa nelle ipotesi in questione, Cass., 15/07/2024, n. 19401);
-il terzo motivo:
-non spiega quando e come sarebbero stati allegati gli incassi nelle procedure esecutive e soprattutto dove sarebbero verificabili, tenuto conto che la banca nel controricorso indica esservi state due assegnazioni (diverse dagli incassi) di cui una in base a piano di riparto opposto;
-non tiene conto, anche ai fini dell’art. 360 -bis, n. 1, cod. proc. civ., del pacifico principio per cui le spese debbono aver riguardo all’esito finale e complessivo della lite e non dello scrutinio di singole eccezioni (cfr., ad esempio, Cass., 02/09/2014, n. 18503);
il quarto motivo:
-non si misura con la ragione decisoria secondo cui le deduzioni svolte erano in palese contrasto con le evidenze documentali, dal che l’evinta pretestuosità dell’azione;
-non si misura con la ragione decisoria, propria della statuizione sulle spese, per cui lo scaglione rilevante era quello del credito complessivo e non di quello risultante dalle pretese ma a quel che risulta indimostrate riduzioni dovute agli incassi piuttosto che ad assegnazioni, nelle parallele e processualmente non coordinate procedure esecutive;
-per completezza si evidenzia -al netto della correzione del refuso in punto di spese di prime cure indicato come tale e corretto dalla corte territoriale senza che sul punto risulti specifica e concludente censura -che parte ricorrente neppure mostra di considerare svolta l’attività istruttoria in primo grado invece tale anche quando consistita, in quella sede, in acquisizioni documentali (cfr. Cass., 16/04/2021, n. 10206);
spese secondo soccombenza; non trattandosi d’ipotesi equiparabile all’inesistenza della procura, tali spese vengono sopportate dalla parte (cfr. Cass., Sez. U., 10/05/2006, n. 10706, e succ. conf.);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che, liquida in euro 7.800,00, di cui 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori di legge, in favore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6/11/2024