Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34560 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34560 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36419/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 656/2019 depositata il 24/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia riguarda la validità di contratti di compravendita immobiliare, stipulati da un mandatario in conflitto di interessi. Gli attori (eredi del mandante NOME COGNOME) convenivano dinanzi al Tribunale di Cagliari la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME sostenendo che quest’ultimo aveva violato gli obblighi del mandato stipulando contratti di vendita di beni ereditari in conflitto di interessi, in favore della società di cui era socio. Gli attori chiedevano l’annullamento dei contratti, il risarcimento dei danni derivanti dal mancato introito del valore effettivo dei terreni, nonché la riparazione del danno causato dalla perdita di disponibilità delle quote di terreno. I convenuti hanno contestato, sostenendo che gli atti erano stati concordati con tutti gli eredi, che il prezzo fosse congruo e che non vi fosse conflitto di interessi, data la nomina di un altro co-procuratore. Inoltre, hanno eccepito la tardività di alcune domande attoree. Il Tribunale ha annullato i contratti per la quota del 3/22 e condannato i convenuti al risarcimento del danno per la differenza tra il valore reale e il prezzo di vendita. La Corte di appello ha confermato in gran parte la decisione di primo grado, ritenendo provato il conflitto di interessi e il conseguente pregiudizio patrimoniale agli attori. Ha rigettato le critiche alla c.t.u., considerando il metodo di valutazione adottato dal consulente (valore di trasformazione) corretto e coerente con le caratteristiche del caso. Ha accolto solo la censura relativa alla tardività di una domanda sul danno derivante dall’omessa informativa da parte di NOME COGNOME circa il prezzo della vendita.
Ricorrono in cassazione i convenuti con cinque motivi, illustrati da memoria. Resistono gli attori con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo, p. 18, denuncia la violazione del litisconsorzio necessario per mancata notifica dell’atto introduttivo a tutti i soggetti che erano parti del contratto plurisoggettivo, sostenendo la nullità degli atti processuali di primo e secondo grado. Si richiama la natura inscindibile dell’oggetto del contratto. Si deduce violazione degli artt. 102 c.p.c., 24 e 111 Cost.
Il primo motivo è rigettato, poiché (come si vedrà esaminando il secondo motivo, che è parimenti infondato) la domanda è stata validamente limitata alla cessione delle quote di comproprietà degli attori e non produce effetti nei confronti degli altri venditori. La Corte di appello ha accertato che la domanda avanzata in primo grado dagli attori è stata effettivamente circoscritta alle sole quote di loro proprietà, ossia il 3/22 degli immobili oggetto delle compravendite. Tale limitazione risulta coerente con le allegazioni degli attori e con la loro qualità di proprietari esclusivamente di tali quote. La Corte rileva che gli attori avevano richiesto l’annullamento dei contratti di compravendita e il risarcimento del danno esclusivamente in riferimento alla loro quota, rigettando così eventuali contestazioni sulla possibile estensione della domanda ad altre quote o proprietà non rientranti nella loro titolarità. Manca pertanto il presupposto per l’applicazione del litisconsorzio necessario, che si ha « allorquando l’azione tenda alla costituzione o alla modifica di un rapporto plurisoggettivo unico, ovvero all’adempimento di una prestazione inscindibile comune a più soggetti » (così, ad es., Cass. 4849/2023).
– Il secondo motivo denuncia la violazione del divieto di mutatio libelli per l’accoglimento, in primo grado, di una domanda diversa da quella inizialmente formulata. In particolare, si afferma che l’originaria domanda di annullamento dei contratti di compravendita si riferiva alla loro invalidità integrale. Successivamente la domanda è stata limitata alla sola quota di proprietà degli attori (3/22), restringendo così l’ambito della domanda. Questa modifica ha alterato la causa petendi, violando il divie to di mutatio libelli sancito dall’art.
183 co. 6 c.p.c. e compromettendo il diritto di difesa della controparte.
Il secondo motivo è rigettato, poiché ciò che i ricorrenti lamentano come illegittimo mutamento della domanda (mutatio libelli) è in realtà un caso paradigmatico di modificazione della domanda (emendatio libelli), sotto specie della sua riduzione o limitazione. Oltretutto non risulta che di ciò sia stata fatta questione in appello.
Il terzo motivo denuncia l’insussistenza del conflitto di interessi nella rappresentanza congiunta e la violazione degli artt. 1394 e 1395 c.c., sostenendo che la pluralità di rappresentanti con interessi speculari impediva la prevalenza del ruolo di uno di essi.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1394 c.c. in relazione alla conoscibilità del conflitto da parte della controparte, sostenendo che la presenza di più rappresentanti garantiva la trasparenza dell’operazione.
Il terzo e il quarto motivo sono da esaminare contestualmente poiché sono correlati.
Essi non sono fondati.
Nelle parti censurate, la sentenza argomenta: « In sostanza, che l’Etzi fosse il soggetto realmente, tecnicamente idoneo, poiché provvisto del necessario bagaglio di cognizioni tecniche, ad assolvere l’incarico depone per un suo ruolo fondamentale nella gestione dei beni immobili (il che, peraltro, è co nfermato proprio dall’avere ritenuto lo stesso Dott. NOME COGNOME necessaria la sua opera) e conferma, piuttosto che escludere, la ricorrenza del conflitto di interessi. È altresì irrilevante, ai fini di causa, che l’Ing. NOME COGNOME e il COGNOME NOME abbiano partecipato, in qualità di procuratori di altri coeredi, agli atti di compravendita del 2001 e del 2003: infatti, che costoro abbiano ritenuto conveniente cedere le aree alle condizioni pattuite non infl uisce sulla facoltà di esercizio dell’azione di annullamento da parte degli odierni appellati, i quali ben possono, in modo autonomo e indipendente dagli altri venditori, avere valutato non adeguato il
prezzo di trasferimento e non rispondente ai loro interessi l’operato dei propri mandatari, ascrivendolo alla qualità, del Geom. COGNOME, di socio della società acquirente e marito della socia accomandataria della stessa, della quale deve ritenersi che, per il rapporto di coniugio con l’COGNOME, fosse consapevole del conflitto ». Quanto poi al requisito della conoscenza o conoscibilità del conflitto di interessi da parte dei terzi, basti ricordare che, nel caso di specie, il soggetto terzo era una società per sonale rappresentata dalla moglie dell’COGNOME della quale fin dalla sua costituzione era parte e proprietario, come socio accomandante, lo stesso COGNOME e tanto quest’ultimo che sua moglie, evidentemente, non potevano che essere pienamente consapevoli dello stesso conflitto d’interessi ».
Dinanzi ad una motivazione così articolata, il secondo ed il terzo motivo di ricorso prospettano come censura di violazione di norme di diritto, ciò che in realtà consiste nella sovrapposizione dell’apprezzamento di parte della situazione di fatto rilevante all’accertamento che il giudice di merito ha espresso in una motivazione che non presta il fianco a censure in sede di giudizio di legittimità. Nel caso attuale, è sufficiente sottolineare il ruolo preminente dell’Etzi, basato sulle sue competenze tecniche e il controllo operativo, nonché il fatto che l’interesse personale dell’RAGIONE_SOCIALE era noto alla controparte, rappresentata dalla società di cui lo stesso RAGIONE_SOCIALE era socio, rendendo irrilevante l’esistenza di altri rappresentanti.
Il terzo e il quarto motivo sono rigettati.
Il quinto motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi nella stima immobiliare effettuata dal c.t.u., in particolare riguardo al metodo di valutazione e ai dati di mercato utilizzati.
Il quinto motivo non è fondato.
Sul punto la sentenza argomenta così: « Il procedimento adottato per la stima del valore delle aree oggetto dei rogiti di vendita appare, quindi, corretto e immune da vizi logici e la sua scelta, da parte del c.t.u., non è censurabile, anche considerando, come parte appellata
ha eccepito, che il metodo alternativo, cioè, quello sintetico-comparativo, che si fonda sui valori unitari emergenti da atti di compravendita aventi ad oggetto immobili di caratteristiche analoghe, oltre ad attenere a immobili con superiore livello di usura rispetto a nuove edificazioni, incontra il limite di attendibilità dei prezzi dichiarati negli atti pubblici, inferiori a quelli realmente pattuiti e corrisposti dagli acquirenti al fine di contenere gli oneri fiscali: è, infatti, notorio che tale prassi della non veritiera dichiarazione del corrispettivo convenuto e versato ai venditori era estremamente diffusa prima che la normativa imponesse l’uso di mezzi di pagamento – e la loro specifica indicazione nel contratto – che ne consentano la tracciabilità (le compravendite per cui è causa appartengono al periodo anteriore alla entrata in vigore della legislazione innovativa) » .
Se ne desume che le critiche al c.t.u. sono state esaminate e respinte dalla Corte di appello, che ha ritenuto adeguata la metodologia adottata con motivazione esente da profili di illegittimità.
Il quinto motivo è rigettato.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 7.500 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/12/2024.