Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4882 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4882  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1298/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente domiciliato in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME  (CODICE_FISCALE)  che  lo  rappresenta  e  difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso DECRETO di TRIBUNALE VERONA n. 7759/2020 depositato il 02/12/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con  decreto  del  6  maggio  2016  il  MISE  ha  disposto l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex “Legge Marzano” per le società del ‘RAGIONE_SOCIALE‘: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
1.1. -Il 15 ottobre 2016 RAGIONE_SOCIALE, società appartenente allo stesso RAGIONE_SOCIALE ma rimasta “in bonis”, ha chiesto ammettersi al passivo della procedura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il credito di € 939.202,12 a titolo di canoni di locazione di quattro immobili (indicati come A, B, C, D) pervenuti nella sua disponibilità per effetto di una complessa serie di operazioni negoziali (compravendita, sale and lease back , locazione), con il privilegio ex art. 2764 c.c. e, per i canoni successivi all’ apertura della procedura, anche in prededuzione.
1.2. -Il Giudice delegato ha escluso il credito, ritenendo i contratti di locazione privi di effetto, sia perché simulati ex art. 1414 c.c. (e dissimulanti finanziamenti in favore di NOME, attraverso l’incasso di depositi cauzionali manifestamente eccessivi, per gli immobili B, C, D, e di canoni di locazione superiori a quelli di leasing, per gli immobili A, D, B, ovvero ai valori di mercato, per l’immobile B), sia per conflitto di interessi ex art. 1394 c.c. (sostanzialmente in quanto RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che avvalersi direttamente di contratti di sale and lease back sugli immobili di sua proprietà, se ne era spogliata per poi continuare a disporne corrispondendo a RAGIONE_SOCIALE canoni di locazione o di affitto più elevati dei canoni di leasing versati da quest’ultima).
1.3. -Il Tribunale di Verona ha accolto parzialmente l’opposizione ex art. 98 l.fall. proposta da RAGIONE_SOCIALE, ritenendo infondata l’eccezione di simulazione dell’operazione negoziale (in quanto effettivamente posta in essere nell’ambito di un processo di riorganizzazione delle varie societ à̀ del RAGIONE_SOCIALE, tutte riferibili alla famiglia COGNOME, volto a distinguere le attività industriali da quelle immobiliari e concentrare indirettamente queste ultime in capo a RAGIONE_SOCIALE) ed invece fondata -ma limitatamente agli immobili B, C e D, avendo escluso che il contratto di locazione dell’immobile A
« fosse pregiudizievole per RAGIONE_SOCIALE a vantaggio di NOME e, quindi, anche del socio e amministratore NOME COGNOME » -l’eccezione di annullamento dei relativi contratti di locazione, costituenti il titolo della domanda, « per avvenuta stipula da parte dell’amministratore in conflitto di interessi con la società ai sensi dell’art. 2475 ter c.c .», escludendo altresì che il pregiudizio economico immediato per RAGIONE_SOCIALE potesse essere bilanciato dai ‘vantaggi compensativi’ derivanti dalla ristrutturazione del RAGIONE_SOCIALE .
1.4. -Avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrato da memoria, cui RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, parimenti corredato da memoria.
1.5. -Con  ordinanza  interlocutoria  n.  24711/2024  è  stata disposta la trattazione del ricorso all’udienza del 16 gennaio 2025, unitamente agli analoghi ricorsi proposti dalla stessa COGNOME contro altre quattro società del RAGIONE_SOCIALE poste in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.  Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2475 ter e 1394 c.c., per avere il tribunale, in modo irragionevole e contraddittorio, da un lato respinto la tesi della natura simulata dell’operazione ( perciò ritenuta evidentemente legittima, efficace e opponibile alla procedura di A.S. ), dall’altro accolto la tesi della « sussistenza di un rilevante conflitto di interessi », peraltro discostandosi immotivatamente dalla perizia di parte prodotta dall’opponente senza nemmeno disporre apposita c.t.u. sul pregiudizio arrecato a RAGIONE_SOCIALE -e assumendo « un’ottica meramente ex post », a fronte di operazioni «risalenti all’anno 2005», e dunque poste in essere « ben dieci anni prima l’insorgenza dello stato di crisi del RAGIONE_SOCIALE », quando « non poteva oggettivamente individuarsi alcun intento pregiudizievole per RAGIONE_SOCIALE (all’epoca denominata RAGIONE_SOCIALE) in favore di NOME ». In particolare, il tribunale avrebbe rilevato il conflitto di interessi senza tener conto che:
–RAGIONE_SOCIALE, « totalitariamente controllata dalla RAGIONE_SOCIALE,  faceva  riferimento  al  medesimo  assetto proprietario » dell ‘ holding e di RAGIONE_SOCIALE, le quali « facevano totalitariamente  capo  ai  signori  NOME,  NOME,  NOME,  NOME  e NOME  COGNOME,  ciascuno  titolare  di  una  quota  del  20%  di entrambe  dette  società »,  di  tal  che  non  sarebbe  « configurabile neppure in ipotesi un conflitto di interessi » (Cass. 24547/2016);
-la dedotta « coincidenza di uno dei componenti degli organi di amministrazione delle società coinvolte (AVV_NOTAIO) » sarebbe « smentita dalla stessa disamina dei verbali del consiglio di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 22 maggio 2004, del 23 marzo 2005 e dell’11 novembre 2008, prodotti dalla Procedura nel corso del giudizio di Opposizione (…) dai quali risultano, tra i componenti del consiglio di amministrazione che ha deliberato le operazioni per cui è causa, anche l’AVV_NOTAIO e il Dr. NOME COGNOME che non hanno, invece, mai fatto parte dell’organo amministrativo di RAGIONE_SOCIALE »;
-nessuno dei suddetti amministratori avrebbe « mai contestato le operazioni »  e,  in  ogni  caso,  al  momento  di  assunzione  delle « delibere che hanno autorizzato la conclusione dei contratti di cui si discute,  il  voto  dei  signori  COGNOME  non  è  stato  rilevante  al  fine  di determinare la  maggioranza »,  con  conseguente  esclusione  di  una situazione di conflitto di interessi;
-trattandosi di conflitto di interessi emerso in sede deliberativa, l’annullamento del contratto per conflitto di interessi sarebbe possibile solo previa impugnazione e annullamento della delibera del consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE , ai sensi dell’art. 2391, commi 3 e 4, c.c. (Cass. 3501/2013, 27783/2008, 1525/2006, 18792/2005, 1525/2005), ovvero, in difetto di impugnazione, il conflitto di interessi potrebbe « essere causa di annullamento del contratto solo se detta delibera costituisce oggetto di azione di responsabilità e detta azione di responsabilità risulti condurre all’accertamento del vizio della delibera », azione di responsabilità e risarcitoria in effetti promossa dai Commissari Straordinari contro l’organo amministrativo e l’organo di controllo di RAGIONE_SOCIALE, senza però che il tribunale abbia disposto la
sospensione del giudizio di opposizione ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio ex art. 2476 c.c. pendente dinanzi alla Sezione specializzata del Tribunale di Venezia.
2.1. -Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. per « errore di percezione di risultanze istruttorie determinanti ai fini del decidere », in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., poiché il tribunale avrebbe accertato « un danno certo ed immediato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE », ai fini del rilevato conflitto di interessi, « senza in alcun modo contestare » quanto diversamente sostenuto nella perizia di parte prodotta da RAGIONE_SOCIALE, nella quale si escludeva che dalle « operazioni di spin off immobiliare » fosse derivato qualsivoglia pregiudizio a RAGIONE_SOCIALE, sul rilievo, tra l’altro, che le « operazioni, sia di cessione degli assets immobiliari, sia di loro successiva locazione, sono state effettuate a valori congrui ed a condizioni di mercato (…) trovano causa nella legittima esigenza di favorire l’espansione della società operative del RAGIONE_SOCIALE e trovano il razionale economico ed industriale nel più ampio progetto di riorganizzazione del RAGIONE_SOCIALE », in cui NOME, assunto il ruolo di società immobiliare del RAGIONE_SOCIALE, preservata dalle procedure concorsuali, « in sede di elaborazione del progetto di ristrutturazione » della domanda prenotativa di concordato in continuità ex art. 161 co. 6 l.fall. « avrebbe dovuto assumere un ruolo essenziale ai fini del buon esito delle procedure di concordato fungendo da ‘perno’ sul quale innestare la manovra finanziaria a servizio dei piani concordatari ».
-Viene preliminarmente al vaglio l ‘eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente con riguardo al primo motivo, in ragione  della  mancata  impugnazione della delibera  del Consiglio  di  amministrazione  di  RAGIONE_SOCIALE  o,  comunque,  della mancata  sospensione  del  giudizio  di  opposizione ai  sensi  dell’ art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio di responsabilità ex art. 2476 c.c. promosso dai Commissari straordinari.
3.1. -Come noto, l ‘art. 2475 -ter c.c. (post riforma societaria del 2003) consta di due commi: il primo dispone che «I contratti conclusi  dagli  amministratori  che  hanno  la  rappresentanza  della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la
medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo»; il secondo prevede che «Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall’articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione».
3.2. -Secondo una parte degli interpreti, il primo comma troverebbe applicazione quando la RAGIONE_SOCIALE sia amministrata da un amministratore unico, o in presenza di un’amministrazione disgiuntiva o congiuntiva ai sensi dell’art. 2475 c.c., purché non si sia in presenza di un consiglio di amministrazione, né di un procedimento collegiale che richieda l’espressione di un voto in senso tecnico, nel qual caso sarebbe applicabile il secondo comma, che contempla l’impugnabilità, entro tre mesi, delle decisioni adottate dall’organo di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE assunte in conflitto di interessi (e cioè quando al vantaggio, anche potenziale, dell’amministratore fa riscontro lo svantaggio, o anche un minor vantaggio, della società) se adottate col voto determinante dell’amministratore interessato.
Si sostiene altresì che anche il contratto concluso dal legale rappresentante in esecuzione di una decisione degli amministratori viziata da conflitto di interessi sarebbe annullabile ai sensi del primo comma dell’art. 2475 -ter c.c., a condizione però che vi siano stati margini di discrezionalità nella definizione del contenuto negoziale, diversamente venendo in rilievo l’art. 1395 c.c. (per cui il contratto concluso con sé stesso dal rappresentante in conflitto di interessi non è annullabile se il suo contenuto è stato predeterminato dal rappresentato), con la conseguenza che la società, per sciogliersi dalle obbligazioni derivanti dall’ attuazione di una decisione assunta col voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, avrebbe l’onere di impugnare la decisione (fatti salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede).
3.3. -Anche in giurisprudenza si è ribadito, dopo la riforma societaria del 2003, che mentre l’art. 2391 c.c. (per le sRAGIONE_SOCIALE) è destinato a disciplinare il conflitto di interessi manifestatosi al momento dell’esercizio del potere deliberativo, l ‘art. 1394 c.c. è diretto a regolare il conflitto di interessi palesatosi al momento dell’esercizio del potere rappresentativo, anche quando, «pur essendovi il consiglio di amministrazione, l’operazione da compiere sia devoluta alla specifica competenza di uno soltanto dei suoi componenti (l’amministratore delegato) che abbia il potere di agire con gli stessi poteri che competono all’amministratore unico e, quindi, senza necessità di un intervento del consiglio», ovvero «il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto che rientri, invece, nella competenza di tale organo» (Cass. 255/2022), o ancora quando «l’amministratore disattenda le indicazioni contenute nella delibera autorizzativa adottata dal consiglio di amministrazione» proprio per escludere il conflitto di interessi (Cass. 24156/2022), o infine nell’ipotesi in cui l’operatività dell’art. 2391 c.c. resti esclusa per essere stato il contratto «concluso in esecuzione di una deliberazione inficiata per vizio proprio a causa della rilevata sussistenza di un conflitto di interessi, tanto da determinare l’adozione di un successivo annullamento da parte dell’organo legittimato della Gestione commissariale», in via di autotutela (Cass. 20179/2024).
3.4. -Sennonché  di  tale  questione,  che  implica  le  molteplici sfaccettature di cui si è sommariamente dato conto, non v ‘ è traccia nel decreto impugnato, avendo il tribunale semplicemente rilevato che «amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE (nonché socio al 20% di RAGIONE_SOCIALE, socia unica di RAGIONE_SOCIALE) e materiale sottoscrittore dei contratti di locazione per cui è causa era NOME COGNOME il quale, già all’epoca, era  al  contempo  componente del CDA di RAGIONE_SOCIALE,  nonché socio al 20% anche di tale società» (pag. 9).
Ed anche  nel  riepilogo  delle  deduzioni  dell’opponente  non  c’è riferimento a tali aspetti (pag. 4 s.).
Si deve allora concludere che la questione, in quanto posta per la prima volta in questa sede, non può trovarvi ingresso.
3.5. -Va comunque sottolineato che nel caso in esame non viene in rilievo l’azione dell’organo concorsuale diretta all’annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi, bensì la mera eccezione di annullabilità volta a paralizzare una pretesa creditoria fondata su un simile titolo, nell’ampio perimetro, tracciato dall’art. 95, co mma 1, l.fall., del potere del curatore di «eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione».
3.6. -Con riguardo alla pendenza del giudizio di responsabilità promossa  dai  Commissari  straordinari,  è  sufficiente  richiamare  la consolidata  giurisprudenza di questa Corte  per cui  non  v ‘ è  spazio per l’adombrata praticabilità della sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. , del giudizio di opposizione ex art. 98 l.fall.
-Anche il tema dell’identità degli assetti proprietari soffre delle stesse ragioni di inammissibilità per novità della questione.
Nondimeno può segnalarsi che l’ evocata pronuncia di Cass. 24547/2016 attribuisce rilevanza all ‘ eventuale identità delle compagini societarie non già ex sé , ma in combinazione con altri elementi dai quali emerga la piena corrispondenza dell’interesse unico a tutte le parti coinvolte, sicché, per rilevare il conflitto di interessi nel rilascio di una fideiussione da parte di una società a favore del finanziamento di RAGIONE_SOCIALE società amministrata dallo stesso soggetto, non basta che tutti i soci della prima – sia essa di persone o di capitali -siano anche soci della seconda, con una partecipazione complessivamente tale da garantirne il controllo, ma occorre anche dimostrare che le due società perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario o quantomeno coordinato, perché solo in quel caso il buon andamento della società garantita si riverbera necessariamente a vantaggio della garante.
4.1. -Tale  principio  è  stato  anche  di  recente  ribadito,  sul presupposto che  l’eventuale  identità  dell’assetto  proprietario  delle società  coinvolte  non  è  sufficiente  ad  escludere  il  conflitto  di interessi, e che l’accertamento della unitarietà o coordinamento del progetto imprenditoriale passa anche attraverso l’esame dei rispettivi oggetti sociali (v. Cass. 20245/2023, 15033/2024, ove si
è valorizzato in senso negativo il fatto che l’oggetto sociale dell’RAGIONE_SOCIALE  consistesse nell’attività  di  vendita  e  locazione  di  immobili, acquisizione di aree fabbricabili e per l’RAGIONE_SOCIALE, invece, in attività legate a compravendita e noleggio di imbarcazioni).
-Sgombrato il campo dai temi di indagine non ‘ arati ‘ nel giudizio di merito, si osserva che entrambi i motivi, pur deducendo formalmente vizi di errores in iudicando e in procedendo , mirano sostanzialmente a una rivisitazione delle risultanze istruttorie -non ammessa in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 34476/2019; conf., tra le più recenti, Cass. nn. 5043, 9429, 10712, 15033 del 2024) -diretta a sovvertire l ‘accertamento dei giudici di merito circa l ‘esis tenza dei presupposti di fatto del conflitto di interessi su cui si fonda l’accoglimento dell’eccezione di annullabilità ex art. 2475-ter c.c. dei contratti di locazione per cui è causa.
5.1. -Del resto, in diritto il tribunale non ha violato il principio per cui il conflitto di interessi ex art. 1394 c.c. non può essere fatto discendere genericamente e aprioristicamente dalla coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società contraenti, ma va accertato in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori la società danneggiata dall’atto , e il suo amministratore, o l’RAGIONE_SOCIALE società che egli ugualmente rappresenti (Cass. 25361/2008, 27547/2014, 29475/2017, 20245/2023, 15033/2024), e va dimostrato non in modo astratto o ipotetico, ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro (Cass. 8472/1998, 3385/2004, 14481/2008, 271/2017, 2529/2017, 1038/2019, 255/2022).
5.2. -E tuttavia, muovendo da tali basi, ma facendo leva sulla persistente autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società appartenenti a un RAGIONE_SOCIALE, questa Corte ha affermato che la strumentalità di una fideiussione (prestata tra due società aventi il medesimo amministratore e facenti parte dello stesso RAGIONE_SOCIALE) alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel capitale della garantita non può ritenersi “in re ipsa”, in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al RAGIONE_SOCIALE,
ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia, soprattutto quando vi siano fondati elementi (nella specie, la manifesta sproporzione dell’ammontare della fideiussione “omnibus” rispetto al capitale sociale della garante e l’operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del RAGIONE_SOCIALE) per ritenere che non vi sia l’interesse strategico del RAGIONE_SOCIALE a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento (Cass. 10103/2019; conf. Cass. 20245/2023; v. anche Cass. 15033/2024, in motivazione).
5.3. -Ebbene, allineandosi ai richiamati principi, il tribunale ha accertato in concreto che, « quanto agli immobili sub B, C e D, le complessive operazioni sopra descritte, comportanti anche, quale esito finale, la stipula dei contratti di locazione tra NOME e NOME, non possono certo essere ritenute vantaggiose per quest’ultima », e ciò ha fatto sulla base delle corpose e analitiche argomentazioni sviluppate, per ciascun immobile, alle pagine da 9 a 15 del decreto, così pervenendo alla conclusione che, « dovendosi ritenere per tale ragione privi di efficacia tra le parti gli specifici titoli (contratti di locazione) sui quali NOME ha fondato le proprie pretese, le domande di insinuazione proposte relative agli immobili sub. B, C e D devono ritenersi infondate ».
5.4. -A  fronte di una motivazione così ampia e dettagliata, non può darsi accesso a una rilettura degli accertamenti in fatto del giudice di merito, sui quali si basa la decisione (cfr., in termini, da ultimo, Cass. 20179/2024, 15033/2024).
Non rientra invero tra i compiti di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, o procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, sovrapponendo la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, e ciò anche se il ricorrente prospettasse un più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. 12052/2007, 3267/2008), poiché, se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel
provvedimento  impugnato  e  le  risultanze  istruttorie  sottoposte  al vaglio  del  giudice  di  merito  (Cass.  Sez.  U,  28220/2018;  Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
5.5. -Resta al fondo che, s econdo l’in dirizzo nomofilattico di questa Corte, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., non si riduce alla semplice menzione delle norme che si assumono violate, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., ma onera il ricorrente per cassazione di indicare in modo chiaro e specifico quali siano le affermazioni in diritto contenute nel provvedimento impugnato che si debbano ritenere in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. Sez. U, 23745/2020; cfr. anche in motivazione Cass. 28462/2021, 31071/2022, 13408/2023, 15033/2024).
Va insomma escluso che la censura di violazione o falsa applicazione  delle  norme  di  legge possa  essere  ‘filtrat a ‘  d alla valutazione del materiale istruttorio, in assenza di una denunzia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. 255/2022 proprio in tema di conflitto di interessi in ambito societario).
-La  stessa  robustezza  della  motivazione  e  il  (sia  pur circoscritto)  riferimento  in  essa  contenuto  alla  perizia  di  parte -costituente una mera  allegazione difensiva, e come  tale da valutarsi nell’ambito del materiale istruttorio rende inconsistente il vizio denunciato col secondo motivo.
6.1. -Va subito sgombrato il campo dall’ipotizzato (ma non pertinente) errore di percezione, avendo le Sezioni unite di recente chiarito che «il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la
lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo  360,  nn.  4  e  5,  c.p.c.,  a  seconda  si  tratti  di  fatto processuale o sostanziale» (Cass. Sez. U, 5792/2024).
6.2. -In secondo luogo, il ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale, quale è l’art. 115 c.p.c., dipendano o siano dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno della norma citata può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori, o al di là, dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (da ultimo, in motivazione, Cass. 15033/2024, 5375/2024, 35782/2023).
Le stesse Sezioni unite hanno anche sancito l’inammissibilità della doglianza che il giudice, «nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. U., 20867/2020).
6.3. -Ora,  nel  caso  in  esame,  il  giudicante  ha  mostrato  di aver tenuto conto della perizia di parte prodotta dall’opponente (v. pag. 4 del decreto) senza essere tenuto, quale ‘ peritus peritorum ‘ , né a contestarne le conclusioni, né a disporre apposita c.t.u., una volta assolto il dovere di rendere una congrua motivazione, in linea con il parametro costituzionale (Cass. Sez. U, 8053/2014).
Ed è noto che, ai fini del decidere, il giudice di merito non è tenuto a dar conto analiticamente dell’esame di tutti gli elementi probatori, né ad esprimersi su ogni singola deduzione delle parti (Cass. 42/2009, 11511/2014, 16467/2017), potendo selezionare, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute più attendibili (Cass. 18134/2004, 20455/2006, 27197/2011, 24679/2013, 25188/2017, 28916/2020), purché fornisca una motivazione chiara e logica della decisione adottata, tale da rendere evidente che le risultanze con essa incompatibili siano state implicitamente rigettate (Cass. 15033/2024, 956/2023, 29860/2022, 3126/2021, 24434/2016,
25509/2014,  5586/2011,  17145/2006,  12121/2004,  1374/2002, 13359/1999).
Anche la valutazione della necessità di far ricorso a una c.t.u. rientra nel potere discrezionale del giudice del merito (Cass. 4518/2021, 22130/2020) e la sua decisione di disporla o meno non è di regola censurabile nel giudizio di legittimità, salvo che il vizio sia denunciato secondo il paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., avuto riguardo anche al requisito della decisività (Cass. 7472/2017, 25281/2023), fermo restando che la motivazione del diniego (o della scelta di non disporre) c.t.u. può essere desumibile anche implicitamente -come nel caso di specie -dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (Cass. 326/2020).
-Alla  declaratoria  di  inammissibilità  del  ricorso  segue  la condanna  alle  spese  in  favore  del  controricorrente,  liquidate  on dispositivo.
-Ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1  quater  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, se dovuto, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16/1/2025.