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Conflitto di interessi: quando l’operazione è annullabile

Una società facente parte di un gruppo chiedeva l’ammissione al passivo di un’altra società del gruppo, in amministrazione straordinaria, per canoni di locazione non pagati. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto i contratti di locazione inefficaci a causa di un conflitto di interessi dell’amministratore, comune a entrambe le società. L’operazione, pur inserita in un contesto di gruppo, risultava svantaggiosa per la società conduttrice. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Conflitto di interessi: quando l’operazione è annullabile anche nei gruppi

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sul conflitto di interessi dell’amministratore, specialmente nel contesto complesso delle operazioni infragruppo. La Corte di Cassazione chiarisce che l’autonomia patrimoniale di ogni società deve essere rispettata e che l’interesse del gruppo non può giustificare il sacrificio ingiustificato di una singola entità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia nasce nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria di una società appartenente a un noto gruppo industriale. Un’altra società dello stesso gruppo, rimasta in bonis, ha chiesto di essere ammessa al passivo della procedura per un ingente credito derivante da canoni di locazione non pagati per quattro immobili.

Questi contratti di locazione erano il risultato finale di una complessa serie di operazioni negoziali (compravendite, sale and lease back) volte a riorganizzare gli asset del gruppo, separando le attività industriali da quelle immobiliari. La società creditrice era stata designata come la holding immobiliare del gruppo.

La Decisione dei Giudici di Merito

Inizialmente, il Giudice Delegato aveva escluso il credito, ritenendo i contratti di locazione simulati e viziati da un palese conflitto di interessi dell’amministratore, che ricopriva ruoli apicali in entrambe le società coinvolte. Successivamente, il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione della società creditrice. Pur escludendo la simulazione, il Tribunale ha confermato la sussistenza di un conflitto di interessi rilevante ai sensi dell’art. 2475-ter c.c. per tre dei quattro contratti di locazione. Secondo il Tribunale, queste operazioni erano risultate economicamente svantaggiose per la società in amministrazione straordinaria, a vantaggio della società immobiliare del gruppo, realizzando così un pregiudizio che rendeva i relativi contratti annullabili.

Il Conflitto di Interessi nel Gruppo Societario: L’Analisi della Cassazione

La società creditrice ha impugnato la decisione del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione delle norme sul conflitto di interessi e un errore nella valutazione delle prove. La ricorrente sosteneva che, data l’identità della compagine sociale e l’esistenza di un interesse di gruppo, non si potesse configurare un vero conflitto.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della causa, attività preclusa in sede di legittimità. Tuttavia, nelle sue argomentazioni, ha ribadito principi fondamentali in materia.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il conflitto di interessi non viene automaticamente meno solo perché le società coinvolte appartengono allo stesso gruppo o hanno la stessa proprietà. Ogni società è un’entità giuridica autonoma con un proprio patrimonio e un proprio interesse sociale. Un’operazione infragruppo è legittima solo se persegue un vantaggio economico per tutte le società coinvolte, o se lo svantaggio di una è compensato da benefici indiretti nell’ambito di una strategia di gruppo unitaria e dimostrabile.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva accertato, con una motivazione ampia e dettagliata, che i contratti di locazione per tre immobili erano palesemente svantaggiosi per la società conduttrice, senza che fosse provato un corrispondente vantaggio compensativo derivante dalla strategia di gruppo. L’amministratore, agendo in nome della società poi finita in amministrazione straordinaria, ha di fatto sacrificato l’interesse di quest’ultima per avvantaggiare l’altra entità del gruppo. Questo configura un classico caso di conflitto di interessi che vizia il contratto.

La Cassazione ha inoltre specificato che il suo ruolo non è quello di rivedere le prove (come la perizia di parte prodotta dalla ricorrente), ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione del giudice di merito, che in questo caso è stata ritenuta immune da vizi.

Le Conclusioni

La decisione rafforza un principio cardine del diritto societario: l’amministratore ha il dovere di agire nell’esclusivo interesse della società che amministra. Anche all’interno di un gruppo, questo dovere non viene meno. Un’operazione può essere annullata per conflitto di interessi se si dimostra in concreto un pregiudizio per la società, a prescindere dall’esistenza di un più ampio (e non sempre dimostrato) interesse di gruppo. La comunanza di soci o amministratori, anzi, impone un onere di maggiore trasparenza e correttezza per evitare che l’autonomia di una società venga sacrificata a vantaggio di un’altra.

Quando un contratto concluso da un amministratore è annullabile per conflitto di interessi?
Un contratto è annullabile quando l’amministratore che lo ha concluso si trovava in una situazione di conflitto tra l’interesse della società e un interesse proprio o di un terzo (come un’altra società del gruppo), e da tale operazione è derivato un danno patrimoniale per la società rappresentata.

L’appartenenza allo stesso gruppo societario esclude il conflitto di interessi dell’amministratore comune?
No. Secondo la Corte, la semplice appartenenza a un gruppo o l’identità della compagine sociale non sono sufficienti a escludere il conflitto di interessi. È necessario dimostrare che l’operazione, pur potenzialmente svantaggiosa per una società, si inserisce in un progetto imprenditoriale unitario che produce un vantaggio compensativo per la stessa, cosa che nel caso di specie non è stata provata.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
Di norma no. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un giudice di legittimità. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Può solo annullare la decisione se rileva una violazione di legge o un vizio logico grave e manifesto nella motivazione, ma non per un semplice disaccordo sulla ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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