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Conflitto di interessi: quando il contratto è annullabile

La Cassazione chiarisce che il conflitto di interessi ex art. 1394 c.c. porta all’annullamento del contratto se il rappresentante agisce per un interesse incompatibile con quello del rappresentato, anche senza un danno economico provato. Nel caso, un socio amministratore ha venduto beni della società di famiglia a una società di sua proprietà, contro la volontà degli altri soci. La Corte ha confermato l’annullamento della vendita.

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Conflitto di interessi: anche senza danno il contratto è annullabile

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 2554/2024 offre un’importante lezione sul conflitto di interessi nella rappresentanza, in particolare in ambito societario. L’intervento della Suprema Corte chiarisce che per annullare un contratto stipulato dal rappresentante in conflitto non è necessario dimostrare un effettivo danno patrimoniale per il rappresentato. È sufficiente che l’interesse perseguito dal rappresentante sia incompatibile con quello della società e che tale situazione fosse riconoscibile dalla controparte. Vediamo i dettagli di questa vicenda.

I Fatti del Caso: Una Vendita Immobiliare Controversa

Una società, inizialmente una s.a.s. e poi trasformatasi in s.r.l., citava in giudizio un’altra s.r.l. per ottenere l’annullamento di un contratto di compravendita immobiliare. La peculiarità del caso risiedeva nei legami tra le due società: uno dei soci amministratori della società venditrice, detentore del 20% delle quote, era anche il presidente e socio al 95% della società acquirente.

Questo socio aveva agito in nome della società venditrice per cedere un cospicuo patrimonio immobiliare alla propria società, il tutto all’insaputa e contro la volontà degli altri soci, che insieme detenevano l’80% del capitale. La società venditrice sosteneva che la vendita fosse avvenuta in palese conflitto di interessi, evidenziando non solo un prezzo di vendita ritenuto inferiore al valore reale, ma anche modalità di pagamento anomale, come una dilazione di 20 mesi.

La Decisione nei Gradi di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello hanno dato ragione alla società venditrice. I giudici hanno ritenuto provata la situazione di conflitto di interessi, annullando il contratto di vendita. La Corte d’Appello, in particolare, ha confermato integralmente la decisione del primo giudice, sottolineando che tutte le condizioni previste dall’art. 1394 c.c. per l’annullamento del contratto erano presenti. La questione di un possibile ‘contratto con se stesso’ (art. 1395 c.c.) è stata considerata assorbita, data la chiarezza del quadro indiziario a sostegno del conflitto.

Il Conflitto di Interessi secondo la Cassazione

La società acquirente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente che i giudici di merito avessero errato nel non valutare se vi fosse una reale inconciliabilità di interessi e, soprattutto, un danno concreto per la società venditrice.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo una motivazione chiara e in linea con il suo consolidato orientamento. I giudici hanno ribadito che, ai fini dell’annullamento del contratto per conflitto di interessi, non è richiesto l’accertamento di un pregiudizio patrimoniale. La norma (art. 1394 c.c.) mira a sanzionare la slealtà e l’abuso del potere di rappresentanza. La lesione per il rappresentato consiste già nel fatto che il suo interesse venga messo a rischio dalla condotta del rappresentante, che persegue un interesse incompatibile.

Nel caso specifico, la lesione era evidente: ai soci di maggioranza (titolari dell’80% del capitale) era stato sottratto il diritto di decidere sulle sorti di un importante patrimonio societario, a causa della volontà contraria del singolo socio amministratore che agiva per favorire una società quasi interamente sua.

La Questione della “Doppia Conforme”

Un secondo motivo di ricorso, relativo a un presunto vizio di motivazione, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha applicato il principio della cosiddetta ‘doppia conforme’. Poiché la Corte di Appello aveva confermato la sentenza di primo grado basandosi sullo stesso percorso logico-giuridico e sulle medesime circostanze di fatto, non era possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti, se non per vizi specifici che nel caso di specie non sussistevano.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine della rappresentanza: il dovere di lealtà. L’art. 1394 c.c. è posto a tutela del rappresentato contro il rischio che il rappresentante abusi del suo potere per perseguire un interesse proprio o di terzi, anziché quello per cui gli è stato conferito il mandato. Il danno non è un elemento costitutivo della fattispecie, ma una possibile conseguenza. La sola esistenza di una situazione di potenziale pregiudizio, derivante dall’incompatibilità degli interessi, è sufficiente a giustificare l’annullabilità del contratto, a condizione che tale conflitto fosse conosciuto o riconoscibile dal terzo contraente. In questo caso, la riconoscibilità era palese, dato che il rappresentante della società venditrice era anche il dominus di quella acquirente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un importante monito per gli amministratori di società e, in generale, per tutti coloro che agiscono in nome e per conto altrui. La tutela del rappresentato prevale sulla stabilità del contratto quando il rappresentante devia dal proprio dovere di agire nell’esclusivo interesse del primo. Le imprese devono essere consapevoli che un contratto concluso in una situazione di conflitto di interessi è vulnerabile e può essere annullato, anche se apparentemente vantaggioso o privo di un danno economico immediato. La lesione del rapporto fiduciario e la violazione delle regole decisionali interne alla società costituiscono, di per sé, un pregiudizio sufficiente a invalidare l’atto.

Per annullare un contratto per conflitto di interessi è necessario dimostrare un danno economico?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che per l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1394 c.c. non è necessario provare di aver subito un concreto pregiudizio economico. La lesione può consistere anche nella violazione del diritto del rappresentato di determinare le proprie scelte, come nel caso dei soci di maggioranza la cui volontà è stata scavalcata.

In cosa consiste il conflitto di interessi dell’amministratore di una società?
Ricorre quando l’amministratore, agendo in nome della società, si trova in una situazione in cui è portatore di un interesse personale o di un’altra società a lui collegata, che è incompatibile con quello della società rappresentata. Questa incompatibilità gli impedisce di tutelare adeguatamente l’interesse del ‘dominus’ (la società).

Quando si applica il principio della ‘doppia conforme’ per limitare il ricorso in Cassazione?
Si applica quando la sentenza della Corte di Appello conferma la decisione del Tribunale basandosi sullo stesso percorso logico-argomentativo e sulle medesime circostanze fattuali. In questo caso, il ricorso in Cassazione per un vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria diventa inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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