Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5548 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5548 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1314/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di VERONA n. 7810/2020 depositato il 03/12/2020
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con decreto del 6.5.2016 il MISE ha disposto l’ Amministrazione straordinaria ex “Legge Marzano” per le società del ‘RAGIONE_SOCIALE‘: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
1.1. -Il 15.10.2016 RAGIONE_SOCIALE società appartenente allo stesso gruppo ma rimasta “in bonis”, ha chiesto ammettersi al passivo della procedura di Amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALEa (di seguito GIT) la somma di € 438.418,42 (parte in via privilegiata e parte in prededuzione) a titolo di crediti derivanti da contratto di locazione del 1.12.2009, modificato il 26.11.2015, relativo ad immobile pervenuto in sua proprietà per effetto di una complessa vicenda (così ricostruita dal tribunale: « A dicembre 2008 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE perfezionano un’operazione trilaterale di compravendita (RAGIONE_SOCIALE) e contestuale concessione in locazione finanziaria (RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE) di un immobile sito in Milano INDIRIZZO al corrispettivo complessivo di € 1.600.000 oltre IVA. Nel 2009 RAGIONE_SOCIALE viene incorporata dalla controllata RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di un progetto che ha visto coinvolte anche altre società del gruppo con effetti contabili e fiscali retrodatati al 1.1.2009. L’1.12.2009 RAGIONE_SOCIALE cede a RAGIONE_SOCIALE il contratto di leasing (rimanendo garante nei confronti della società di leasing) e contestualmente RAGIONE_SOCIALE concede in locazione l’immobile a Gruppo Industriale Tosoni quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE con effetti dal 1.1.2009 a RAGIONE_SOCIALE, che lo cede in locazione a RAGIONE_SOCIALE quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE dal 1.1.2009 al canone annuo di € 157.000,00 oltre IVSA e con deposito cauzionale di € 326.000, canone poi ridotto nel 2015» ).
1.2. -Il Giudice delegato ha escluso il credito, ritenendo non infondate le eccezioni dei Commissari straordinari, e in specie «la contestazione sull’operazione negoziale relativa all’immobile e sulla conseguente simulazione del contratto di locazione, tenuto conto della logica infragruppo», trattandosi di contratto «in palese
conflitto di interessi, che dissimula diversa causa (finanziamento) da quella apparente».
1.3. -Il Tribunale di Verona ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l.fall. proposta da RAGIONE_SOCIALE, ritenendo infondata l’eccezione di simulazione dell’operazione negoziale (in quanto effettivamente posta in essere nell’ambito di un processo di riorganizzazione delle varie societ à̀ del Gruppo, tutte riferibili alla famiglia RAGIONE_SOCIALE, volto a distinguere le attività industriali da quelle immobiliari e concentrare indirettamente queste ultime in capo a RAGIONE_SOCIALE) ma invece fondata l’eccezione di annullamento «del contratto di locazione per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2475 ter c.c.».
1.4. -Avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, cui GIT in Amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Con ordinanza interlocutoria è stata disposta la trattazione del ricorso all’udienza del 16 gennaio 2025, unitamente agli analoghi ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE contro altre quattro società del gruppo poste in Amministrazione straordinaria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2475 ter e 1394 c.c., per avere il tribunale, in modo irragionevole e contraddittorio, da un lato respinto la tesi della natura simulata dell’operazione (perciò ritenuta evidentemente legittima, efficace e opponibile alla procedura di RAGIONE_SOCIALE ), dall’altro accolto la tesi della sussistenza di un conflitto di interessi, peraltro discostandosi immotivatamente dalla perizia di parte prodotta dall’opponente senza nemmeno disporre apposita c.t.u. sul pregiudizio arrecato a GIT -e assumendo « un’ottica meramente ex post », a fronte di operazioni « risalenti all’anno 2009 », e dunque poste in essere « ben sei anni prima l’insorgenza dello stato di crisi del Gruppo Tosoni », quando « non poteva oggettivamente individuarsi alcun intento pregiudizievole per GIT in favore di RAGIONE_SOCIALE ».
In particolare, si deduce che il tribunale avrebbe rilevato il conflitto di interessi senza tener conto: i) che la procedura di GIT non
sarebbe « legittimata a ‘ lamentare ‘ alcunché riguardo al trasferimento a RAGIONE_SOCIALE di un contratto di leasing che, in realtà, non ha mai fatto parte del patrimonio di GIT », posto che la cessione del contratto di leasing da RAGIONE_SOCIALE (« parimenti partecipata pariteticamente, così come RAGIONE_SOCIALE e poi RAGIONE_SOCIALE per effetto della fusione inversa, dai fratelli NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME ») a RAGIONE_SOCIALE risale al 1.12.2009, « e solo successivamente, in data 21 dicembre 2009, viene perfezionata la fusione inversa di RAGIONE_SOCIALE in GIT »; ii) che non vi era nemmeno perfetta coincidenza tra i componenti degli organi di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE e GIT (del cui CdA facevano parte anche NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME e COGNOME NOME, mai stati componenti dell’organo amministrativo di Fatoim ); iii) che nessuno degli amministratori ha mai contestato l’operazione e che, in ogni caso, quando è stata assunta la delibera che l’ha autorizzata il voto dei signori COGNOME non è stato determinante; iv) che la delibera avente ad oggetto l’operazione non è stata impugnata, mentre i Commissari straordinari hanno proposto contro amministratori e sindaci di GIT un’azione di responsabilità e risarcimento danni anche con riguardo a quella operazione, senza che il tribunale abbia disposto la sospensione del giudizio di opposizione ai sensi dell’ art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio ex art. 2476 c.c. pendente dinanzi alla Sezione specializzata del Tribunale di Venezia; v) che il danno ravvisato è del tutto assente, perché RAGIONE_SOCIALE non ha mai stipulato il contratto di leasing (concluso dall’allora controllante RAGIONE_SOCIALE che solo successivamente ha realizzato la fusione inversa in GIT); vi) che neppure occorre valutare il merito economico dell’operazione, posto che « titolare del contratto di leasing era RAGIONE_SOCIALE, e non GIT, e quando RAGIONE_SOCIALE ha incorporato RAGIONE_SOCIALE il contratto di leasing era già stato legittimamente trasferito da RAGIONE_SOCIALE (e non da GIT) a Fatoim , di tal che l’unico ed esclusivo ruolo di GIT nella vicenda è stato quello di primo conduttore dell’immobile di cui si discute ».
2.1. -Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. per « errore di percezione di risultanze istruttorie determinanti ai fini del decidere », in relazione all’art. 360, n. 4,
c.p.c., poiché il tribunale avrebbe accertato, ai fini del rilevato conflitto di interessi, « un danno, certo ed immediato nei confronti di GIT », senza ‘ contestare ‘ la perizia di parte prodotta da RAGIONE_SOCIALE, nella quale si concludeva che l’operazione in questione aveva al contrario « ingenerato oneri e costi in capo a RAGIONE_SOCIALE (…) e solo vantaggi per GIT e per le altre società facenti parte del Gruppo », poiché la prima, assumendo il ruolo di società immobiliare del gruppo, preservata dalle procedure concorsuali, « in sede di elaborazione del progetto di ristrutturazione » della domanda prenotativa di concordato in continuità ex art. 161 co. 6 l.fall., « avrebbe dovuto assumere un ruolo essenziale ai fini del buon esito delle procedure di concordato fungendo da ‘perno’ sul quale innestare la manovra finanziaria a servizio dei piani concordatari ».
-Viene preliminarmente al vaglio l ‘eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente con riguardo al primo motivo, in ragione della mancata impugnazione della delibera del Consiglio di amministrazione di GIT o, comunque, della mancata sospensione del giudizio di opposizione ai sensi dell’ art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio di responsabilità ex art. 2476 c.c. promosso dai Commissari straordinari.
3.1. -Come noto, l ‘art. 2475 -ter c.c. (post riforma societaria del 2003) consta di due commi: il primo dispone che «I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo»; il secondo prevede che «Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall’articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione».
3.2. -Secondo una parte degli interpreti, il primo comma troverebbe applicazione quando la s.r.l. sia amministrata da un amministratore unico, o in presenza di un’amministrazione
disgiuntiva o congiuntiva ai sensi dell’art. 2475 c.c., purché non si sia in presenza di un consiglio di amministrazione, né di un procedimento collegiale che richieda l’espressione di un voto in senso tecnico, nel qual caso sarebbe applicabile il secondo comma, che contempla l’impugnabilità, entro tre mesi, delle decisioni adottate dall’organo di amministrazione della s.r.l assunte in conflitto di interessi (e cioè quando al vantaggio, anche potenziale, dell’amministratore fa riscontro lo svantaggio, o anche un minor vantaggio, della società) se adottate col voto determinante dell’amministratore interessato.
Si sostiene altresì che anche il contratto concluso dal legale rappresentante in esecuzione di una decisione degli amministratori viziata da conflitto di interessi sarebbe annullabile ai sensi del primo comma dell’art. 2475 -ter c.c., a condizione però che vi siano stati margini di discrezionalità nella definizione del contenuto negoziale, diversamente venendo in rilievo l’art. 1395 c.c. (per cui il contratto concluso con sé stesso dal rappresentante in conflitto di interessi non è annullabile se il suo contenuto è stato predeterminato dal rappresentato), con la conseguenza che la società, per sciogliersi dalle obbligazioni derivanti dall’ attuazione di una decisione assunta col voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, avrebbe l’onere di impugnare la decisione (fatti salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede).
3.3. -Anche in giurisprudenza si è ribadito, dopo la riforma societaria del 2003, che mentre l’art. 2391 c.c. (per le s.p.a.) è destinato a disciplinare il conflitto di interessi manifestatosi al momento dell’esercizio del potere deliberativo, l ‘art. 1394 c.c. è diretto a regolare il conflitto di interessi palesatosi al momento dell’esercizio del potere rappresentativo, anche quando, «pur essendovi il consiglio di amministrazione, l’operazione da compiere sia devoluta alla specifica competenza di uno soltanto dei suoi componenti (l’amministratore delegato) che abbia il potere di agire con gli stessi poteri che competono all’amministratore unico e, quindi, senza necessità di un intervento del consiglio», ovvero «il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto che rientri,
invece, nella competenza di tale organo» (Cass. 255/2022), o ancora quando «l’amministratore disattenda le indicazioni contenute nella delibera autorizzativa adottata dal consiglio di amministrazione» proprio per escludere il conflitto di interessi (Cass. 24156/2022), o infine nell’ipotesi in cui l’operatività dell’art. 2391 c.c. resti esclusa per essere stato il contratto «concluso in esecuzione di una deliberazione inficiata per vizio proprio a causa della rilevata sussistenza di un conflitto di interessi, tanto da determinare l’adozione di un successivo annullamento da parte dell’organo legittimato della Gestione commissariale», in via di autotutela (Cass. 20179/2024).
3.4. -Sennonché di tale questione, che implica le molteplici sfaccettature di cui si è dato sommariamente conto, non v ‘ è traccia nella parte motiva del decreto impugnato.
In esso si legge solo (v. pag. 4 s.) che risulta « pacifico che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE poi RAGIONE_SOCIALE all’epoca della conclusione dei contratti (di leasing e di locazione) erano soggetti a direzione e coordinamento dei signori NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, ciascuno dei quali partecipante al 20% del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE; i signori NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME erano anche amministratori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; il sig. NOME COGNOME quale Presidente del Consiglio di Amministrazione di RAGIONE_SOCIALE e il sig. NOME COGNOME quale Presidente del Consiglio di Amministrazione di RAGIONE_SOCIALE hanno sottoscritto il contratto il locazione ».
E d anche nel riepilogo delle deduzioni dell’opponente non c’è riferimento a tali aspetti (v. decreto, pag. 2 s.).
Si deve allora concludere che la questione, in quanto posta per la prima volta in questa sede, non può trovarvi ingresso.
3.5. -Va comunque sottolineato che nel caso in esame non viene in rilievo l’azione dell’organo concorsuale diretta all’annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi, bensì la mera eccezione di annullabilità volta a paralizzare una pretesa creditoria fondata su detto titolo, la quale si colloca nell’ampio perimetro, tracciato dall’art. 95, co mma 1, l.fall., del
potere del curatore di «eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione».
3.6. -Con riguardo poi alla pendenza del giudizio di responsabilità promossa dai Commissari straordinari, è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte per cui non v ‘è spazio per l’adombrata praticabilità della sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. , del giudizio di opposizione ex art. 98 l.fall.
-Anche il tema dell’identità degli assetti proprietari soffre delle stesse ragioni di inammissibilità per novità della questione.
Nondimeno può segnalarsi che l’ evocata pronuncia di Cass. 24547/2016 attribuisce rilevanza all ‘ eventuale identità delle compagini societarie non già ex sé , ma in combinazione con altri elementi dai quali emerga la piena corrispondenza dell’interesse unico a tutte le parti coinvolte, sicché, per rilevare il conflitto di interessi nel rilascio di una fideiussione da parte di una società a favore del finanziamento di altra società amministrata dallo stesso soggetto, non basta che tutti i soci della prima – sia essa di persone o di capitali -siano anche soci della seconda, con una partecipazione complessivamente tale da garantirne il controllo, ma occorre anche dimostrare che le due società perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario o quantomeno coordinato, perché solo in quel caso il buon andamento della società garantita si riverbera necessariamente a vantaggio della garante.
4.1. -Tale principio è stato anche di recente ribadito, sul presupposto che l’eventuale identità dell’assetto proprietario delle società coinvolte non è sufficiente ad escludere il conflitto di interessi, e che l’accertamento della unitarietà o coordinamento del progetto imprenditoriale passa anche attraverso l’esame dei rispettivi oggetti sociali (v. Cass. 20245/2023, 15033/2024, ove si è valorizzato in senso negativo il fatto che l’oggetto sociale dell’una RAGIONE_SOCIALE consistesse nell’attività di vendita e locazione di immobili, acquisizione di aree fabbricabili e per l’altra RAGIONE_SOCIALE, invece, in attività legate a compravendita e noleggio di imbarcazioni).
-Parimenti nuova, e perciò inammissibile in questa sede, è la questione del difetto di legittimazione dei Commissari giudiziali « a ‘ lamentare ‘ alcunché riguardo al trasferimento a RAGIONE_SOCIALE di un contratto di leasing che, in realtà, non ha mai fatto parte del patrimonio di GIT », potendosi solo rilevare che pacificamente RAGIONE_SOCIALE ha incorporato RAGIONE_SOCIALE che aveva concluso il contratto de quo .
-Sgombrato il campo dai temi di indagine non ‘ arati ‘ nel giudizio di merito, si osserva che entrambi i motivi, pur deducendo formalmente vizi di errores in iudicando e in procedendo , mirano sostanzialmente a una rivisitazione delle risultanze istruttorie -non ammessa in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 34476/2019; conf., tra le più recenti, Cass. nn. 5043, 9429, 10712, 15033 del 2024) -diretta a sovvertire l ‘accertamento dei giudici di merito circa l’esistenza d ei presupposti di fatto del conflitto di interessi su cui si basa l’accoglimento dell’eccezione di annullabilità, ex art. 2475-ter c.c., del contratto di locazione per cui è causa.
6.1. -Del resto, in diritto il tribunale non ha violato il principio per cui il conflitto di interessi ex art. 1394 c.c. non può essere fatto discendere genericamente e aprioristicamente dalla coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società contraenti, ma va accertato in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori la società danneggiata dall’atto , e il suo amministratore, o l’altra società che egli ugualmente rappresenti (Cass. 25361/2008, 27547/2014, 29475/2017, 20245/2023, 15033/2024), e va dimostrato non in modo astratto o ipotetico, ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro (Cass. 8472/1998, 3385/2004, 14481/2008, 271/2017, 2529/2017, 1038/2019, 255/2022).
6.2. -E tuttavia, muovendo da tali basi, ma facendo leva sulla persistente autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società appartenenti a un gruppo, questa Corte ha affermato che la strumentalità di una fideiussione (prestata tra due società aventi il medesimo amministratore e facenti parte dello stesso gruppo) alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel
capitale della garantita, non può ritenersi “in re ipsa”, in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al gruppo, ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia, soprattutto quando vi siano fondati elementi (nella specie, la manifesta sproporzione dell’ammontare della fideiussione “omnibus” rispetto al capitale sociale della garante e l’operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del gruppo) per ritenere che non vi sia l’interesse strategico del gruppo a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento (Cass. 10103/2019; conf. Cass. 20245/2023; v. anche Cass. 15033/2024, in motivazione).
6.3. -Ebbene, allineandosi ai richiamati principi, il tribunale ha ampiamente descritto (v. pag. 6 s. del decreto) le articolate ragioni in base alle quali ha ritenuto « incontrovertibile l’inconciliabilità dell’interesse di RAGIONE_SOCIALE rispetto a quello di GIT: la prima, interponendosi fra l’odierna esponente e la società di leasing, aveva infatti interesse di acquisire canoni di locazione il più elevati possibile e a trarre il maggior profitto dall’immobile di Milano mentre GIT aveva interesse ad ottenere il godimento del bene alle migliori condizioni possibili. Sul punto non rileva che i canoni di locazione fossero congrui secondo il valore di mercato -circostanza allegata secondo la perizia allegata dall’opponente . Rileva invece che, in assenza dell’interposizione di RAGIONE_SOCIALE, GIT avrebbe potuto continuare ad utilizzare il bene al canone mensile del contratto di leasing inferiore rispetto a quello di locazione pattuito con RAGIONE_SOCIALE, di non versare alcun deposito cauzionale e di acquistare infine la proprietà al termine del contratto di leasing pagando il prezzo di riscatto di € 300.000 (inferiore a quanto versato a titolo di deposito cauzionale . In ciò, dunque, si concretizzava l’interesse di GIT, avente carattere indubbiamente antagonista rispetto a quello che muoveva RAGIONE_SOCIALE, carattere che non è suscettibile di essere eliso in forza di quanto osservato nella perizia dimessa dall’opponente a proposito del progetto di riorganizzazione dell’intero gruppo: va, infatti, ricordato che il cd. vantaggio compensativo, se presuppone l’esistenza di un gruppo di imprese, non si identifica tuttavia con essa, richiedendo la realizzazione di benefici, non solo
effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente, ed in un lasso di tempo ragionevole, gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta (cfr. Cass., 10 dicembre 2013, n. 49787). Nella specie, il progetto di ristrutturazione attuato mediante la separazione delle attività industriali ‘core’ da quelle immobiliari e l’affidamento di queste ultime a RAGIONE_SOCIALE, se anche rispondente ad un interesse generale e generico del gruppo, ha sicuramente cagionato un danno, certo ed immediato, a GIT, danno che non risulta essere stato in alcun modo compensato, né all’epoca del compimento dell’operazione, né successivamente (in particolare, il prospettato intervento di RAGIONE_SOCIALE a supporto di un progetto di ristrutturazione del gruppo è rimasto meramente ipotetico, ed esso inoltre avrebbe trovato attuazione a distanza di una quindicina d’anni dal compimento degli atti pregiudizievoli) ».
6.4. -A fronte di una motivazione così ampia e dettagliata non può darsi accesso a una rilettura degli accertamenti in fatto del giudice di merito, sui quali si basa la decisione (cfr., in termini, da ultimo, Cass. 20179/2024, 15033/2024).
Non rientra invero tra i compiti di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, o procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, sovrapponendo la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, e ciò anche se il ricorrente prospettasse un più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. 12052/2007, 3267/2008), poiché, se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
6.5. -Al fondo resta fermo che, s econdo l’in dirizzo nomofilattico di questa Corte, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., non si riduce alla semplice menzione delle norme che si assumono violate, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., ma onera il ricorrente per cassazione di indicare in modo chiaro e specifico quali siano le affermazioni in diritto contenute nel provvedimento impugnato che si debbano ritenere in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. Sez. U, 23745/2020; cfr. anche in motivazione Cass. 28462/2021, 31071/2022, 13408/2023, 15033/2024).
Va insomma escluso che la censura di violazione o falsa applicazione delle norme di legge possa essere ‘filtrata’ d alla valutazione del materiale istruttorio, in assenza di una denunzia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (cfr. Cass. 255/2022 proprio in tema di conflitto di interessi in ambito societario).
-La stessa robustezza della motivazione e il (sia pur circoscritto) riferimento in essa contenuto alla perizia di parte -costituente una mera allegazione difensiva, e come tale da valutarsi nell’ambito del materiale istruttorio rende inconsistente il vizio denunciato col secondo motivo.
7.1. -Va subito sgombrato il campo dall’ipotizzato (ma non pertinente) errore di percezione, avendo le Sezioni unite di recente chiarito che «il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» (Cass. Sez. U, 5792/2024).
7.2. -In secondo luogo, il ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge
processuale, quale è l’art. 115 c.p.c., dipendano o siano dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno della norma citata può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori, o al di là, dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (da ultimo, in motivazione, Cass. 15033/2024, 5375/2024, 35782/2023).
Le stesse Sezioni unite hanno anche sancito l’inammissibilità della doglianza che il giudice, «nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. U., 20867/2020).
7.3. -Ora, nel caso in esame, il giudicante ha mostrato di aver tenuto conto della perizia prodotta dall’opponente (v. pag. 3, 4 e 5 del decreto), senza che fosse tenuto, quale ‘ peritus peritorum ‘ , né a contestarne le conclusioni, né a disporre apposita c.t.u., una volta assolto il dovere di rendere una congrua motivazione, in linea con il parametro costituzionale (Cass. Sez. U, 8053/2014).
Ed è noto che, ai fini del decidere, il giudice di merito non è tenuto a dar conto analiticamente dell’esame di tutti gli elementi probatori, né ad esprimersi su ogni singola deduzione delle parti (Cass. 42/2009, 11511/2014, 16467/2017), potendo selezionare, tra tutte le risultanze istruttorie, quelle ritenute più attendibili (Cass. 18134/2004, 20455/2006, 27197/2011, 24679/2013, 25188/2017, 28916/2020), purché sia fornita una motivazione chiara e logica della decisione adottata, tale da rendere evidente che le risultanze con essa incompatibili siano state implicitamente rigettate (Cass. 15033/2024, 956/2023, 29860/2022, 3126/2021, 24434/2016, 25509/2014, 5586/2011, 17145/2006, 12121/2004, 1374/2002, 13359/1999).
7.4. -Lo stesso giudizio sulla necessità di far ricorso a una c.t.u. rientra nel potere discrezionale del giudice del merito (Cass. 4518/2021, 22130/2020) e la sua decisione di disporla o meno non è di regola censurabile nel giudizio di legittimità, salvo che il vizio
sia denunciato secondo il paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., avuto riguardo anche al requisito della decisività (Cass. 7472/2017, 25281/2023), fermo restando che la motivazione del diniego (o della scelta di non disporre) c.t.u. può essere desumibile anche implicitamente -come nel caso di specie -dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (Cass. 326/2020).
-Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
-Ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, se dovuto, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16/01/2025.