Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21324 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21324 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
Controricorrente
e
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME
avverso la sentenza n. 8008/2021 della Corte di appello di Roma, depositata l’1.12.2021 .
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.7.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
1.NOME NOME e NOME, figli ed eredi di NOME NOME, agirono in giudizio chiedendo che fossero dichiarati nulli o annullati, per incapacità naturale, per errore o per dolo ovvero per sussistenza di conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 1394 c.c., la procura speciale conferita dal proprio genitore il 22.11.1996 a COGNOME per la vendita di un compendio immobiliare sito in Lanuvio ed il successivo atto di vendita con cui, in data 23.11.1996, la procuratrice aveva alienato i beni a RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE, al prezzo di lire 800.000.000, in parte pagato con la permuta di altri immobili.
Il tribunale di Velletri rigettò le domande.
Su appello degli attori, con sentenza n. 1930 del 2012 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, accolse la domanda di annullamento della procura speciale impugnata, ai sensi dell ‘ art. 1394 c.c., per l’esistenza di un conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante e , per l’effetto , dell ‘atto di compravendita concluso con la società RAGIONE_SOCIALE condannando quest’ultima alla restituzione degli immobili ed entrambe le parti convenute, sia pure per cause diverse, al risarcimento dei danni.
Proposto ricorso principale da parte della società e ricorso incidentale da parte di COGNOME COGNOME, questa Corte, con sentenza n. 2529 del 2015, cassò la sentenza di appello nella parte in cui aveva accolto la domanda di annullamento della procura e, quale mera conseguenza, dell’atto di vendita, rilevando che la situazione di conflitto di interessi che giustifica l’annullamento ai sensi dell’art. 1394 c.c. non colpisce l’atto di procura, ma il successivo contratto posto in essere dal rappresentante; aveva pertanto errato la Corte di appello nel disporre, per tale causa, l’annullamento della procura, facendo discendere automaticamente da tale statuizione anche l’annullamento del successivo contratto di vendita; rilevò inoltre che anche l’accertamento in ordine alla sussistenza di un conflitto di interessi scontava vizi di motivazione e errori di diritto, avendo il giudice a quo reputato applicabili nel caso di specie le condizioni previste dall’art. 1395 c.c. per la diversa fattispecie del contratto concluso dal rappresentante con se stesso; rinviò quini la causa alla Corte di appello di
provenienza, per una nuova valutazione circa la sussistenza in concreto, sulla base dei principi di diritto affermati, delle condizioni previste dall’art. 1394 c.c. per l’annullamento del contratto concluso da COGNOME COGNOME quale rappresentante di COGNOME COGNOME, con la società acquirente.
Riassunto il giudizio, con sentenza n. 8008 dell’1.12.2021 la Corte di appello di Roma rigettò la domanda di annullamento dell’atto di vendita del 23.11.1996, avanzata dalla parte attrice, rilevando che non era stata fornita la prova che il contratto fosse stato concluso in una situazione di conflitto di interessi con il rappresentato. In particolare, la Corte romana affermò che tale prova non poteva desumersi dall’esistenza di comportamenti scorretti posti in essere dalla COGNOME prima del contratto in danno del rappresentato, la cui conoscenza da parte della acquirente non era stata dimostrata; né rilevava in tal senso l’esistenza di un precedente contratto preliminare intervenuto tra le parti per un prezzo inferiore, per il quale il COGNOME aveva rifiutato la stipula del definitivo, atteso che il nuovo contratto aveva condizioni più vantaggiose per il rappresentato riguardo al corrispettivo, che risultava aumentato, ed alle modalità di versamento del prezzo, in parte corrisposto in contanti, in parte in cambiali ed in parte mediante permuta di immobili; non rilevava il fatto, accertato a seguito di un giudizio penale, che la rappresentante COGNOME COGNOME avesse incassato le cambiali consegnate dall’acquirente a parziale pagamento del prezzo, falsificando la firma del rappresentato ed appropriandosi delle relative somme, trattandosi di comportamenti successivi alla conclusione del contratto; non risultava, infine, che l’atto avesse in concreto sacrificato l’interesse del rappresenta to, non risultando provato né allegato in modo specifico che vi fosse un divario tra il prezzo della vendita ed il valore di mercato degli immobili.
Per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso COGNOME COGNOME affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso, mentre le altri parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria.
Preliminarmente va esaminata e quindi disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società acquirente per intervenuta acquiescenza della sentenza impugnata da parte di COGNOME COGNOME . L’eccezione è motivata dalla circostanza che l’odierno ricorrente ha proposto un atto di intervento ad adiuvandum dinanzi al Consiglio di Stato nel giudizio in cui era stato impugnato il provvedimento di rigetto, da parte del comune, della istanza di condono edilizio per le opere eseguite nel fabbricato di cui facevano parte gli appartamenti che COGNOME aveva ricevuto in permuta, in conto parziale del corrispettivo convenuto, dalla società RAGIONE_SOCIALE in forza del contratto, qui impugnato, del 23,11.1996. Tale iniziativa processuale, in quanto posta in essere nella dichiarata qualità di proprietario dei suddetti immobili, dimostrerebbe, ad avviso della controricorrente, la chiara intenzione d ell’odierno ricorrente d i accettare la sentenza impugnata, facendo propri gli effetti del contratto di vendita.
L’eccezione è infondata in quanto, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’acquiescenza tacita alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 cod. proc. civ., può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione (Cass. n. 23482 del 2010; Cass. Sez. un. n. 13 del 2007).
Tali caratteri non si rinvengono nella circostanza sopra descritta, tenuto conto che essa manifesta solo un intento conservativo di salvaguardia della consistenza e del valore degli immobili ricevuti in permuta per effetto del contratto per cui è causa, in ragione della situazione proprietaria esistente al momento in cui l’iniziativa è stata posta in essere, senza alcun a volontà definitiva o dispositiva in ordine alla loro definitiva acquisizione in proprietà da parte del ricorrente.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la Corte di appello abbia deciso la causa
in assenza dell’integrità del contraddittorio . Ciò in quanto la notificazione dell’atto di riassunzione del processo, che era stata ordinata dal giudice nei confronti degli eredi dell’originario attore NOMECOGNOME non era andata a buon fine con riguardo a COGNOME NOME. L ‘odierno ricorrente aveva chiesto un nuovo termine per procedervi, ma l’istanza non era stata non era stata presa in esame dalla Corte.
Il motivo, su cui il ricorrente insiste nella memoria depositata il 30.6.2025, è inammissibile per difetto di interesse.
Lo stesso ricorrente ha dedotto, nella istanza di rinvio depositata il 31.3.2025, che, in seguito ad un accordo intervenuto con NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, coeredi di NOME, le stesse ‘ non fanno più parte del contraddittorio ‘. Il ricorrente non indica il contenuto del menzionato accordo, ma pare evidente che l’allegazione intenda rappresentare il difetto di interesse dei suddetti eredi alla prosecuzione del giudizio.
Deve inoltre osservarsi che il ricorrente lamenta non già che la sentenza di rigetto della sua domanda non sia stata emessa nei confronti di tutte le parti, bensì che la Corte di appello si sia pronunciata nonostante la non regolarità della notifica dell’atto di riassunzione a COGNOME NOME, erede di NOME, che aveva, insieme a lui, proposto la domanda di annullamento. Tale considerazione porta a ritenere che la censura non sia sorretta da un interesse giuridicamente rilevante. La Corte di appello, quale giudice di rinvio, si è infatti pronunciata nel merito e rigettato la domanda proposta dall’odierno ricorrente; l’asserita nullità della notifica del proprio atto di riassunzione del giudizio ad uno dei litisconsorti attivi, a seguito della pronuncia di cassazione della sentenza di secondo grado, non ha arrecato all’interessato alcun pregiudizio, dal momento che egli non si trova nella posizione di poter vantare, in relazione alla predetta decisione, alcuna pretesa a cui possa, in tesi, essere opposta la dedotta nullità della notifica dell’atto di riassunzione all’erede dell’altr a parte. Solo quest’ultima avrebbe potuto denunciare l’errore della Corte di appello, per avere pronunciato una sentenza nei suoi confronti nonostante la nullità della notifica dell’atto con cui era stata convenuta in giudizio. Ed invero, a fronte di una sentenza di secondo grado che abbia rigettato la sua domanda, non può ritenersi sussistente
alcun interesse da parte dell’attore alla rinnovazione del giudizio in contraddittorio con gli eredi della parte con cui egli ha condiviso, in primo grado, la stessa domanda. L’interesse all’annullamento della decisione sfavorevole si atteggia infatti, in questo caso, ad una mera aspettativa ad un nuovo giudizio con un differente esito, situazione questa evidentemente non tutelabile alla luce dei principi della ragionevole durata e del giusto processo di cui all’art. 111 Cost..
Né , infine, l’ interesse può essere riconosciuto, come dedotto dal ricorrente, con riguardo alla statuizione con cui la Corte di appello ha condannato il solo COGNOME NOME e non gli eredi di COGNOME NOME, non costituiti, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio, costituendo esse statuizione autonome, che prescindono dalla violazione qui contestata e che avrebbero pertanto dovuto essere censurate per la violazione delle norme che attengono alla regolamentazione delle spese di giudizio.
4. Il secondo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza o del procedimento per violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 116 e 342 c.p.c. ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per avere condotto la valutazione dei fatti di causa al fine del riscontro delle condizioni richieste dall’art. 1394 c.c. in modo omissivo e lacunoso, trascurando una serie di elementi decisivi, consistiti: nel rifiuto di COGNOME Vittorio di stipulare il contratto definitivo di vendita alle condizioni previste nel precedente preliminare del 3.9.1996 e nella controversia insorta tra le parti sul punto, quali fatti rivelatori della preesistenza di un conflitto di interessi in danno del rappresentato e della conoscenza dello stesso da parte della acquirente; nel comportamento posto in essere dalla rappresentante COGNOME che aveva apposto sulle cambiali rilasciate dalla RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo della vendita firme di girata false in suo favore, portandole all’incasso; nella mancata consegna degli immobili alla società acquirente; nelle modalità di pagamento del prezzo, in parte in contanti, di facile occultazione, in parte in cambiali ed in parte tramite permuta di immobili; nella perizia in atti depositata dall’attore, da cui risultava che il valore
complessivo del compendio immobiliare era superiore al doppio del prezzo stabilito nella compravendita.
Il motivo è in parte infondato e per il resto inammissibile.
Sotto il primo profilo, in quanto dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la Corte di appello ha esaminato le circostanze di fatto indicate nel motivo e, segnatamente, il rifiuto opposto dal COGNOME alla stipula del definitivo in esecuzione di un precedente e diverso preliminare, il pagamento del corrispettivo tramite permuta di altri immobili e versamento in contanti, la condotta di appropriazione posta in essere dalla rappresentante sopra descritta, ma le ha ritenute non rivelatrici di un conflitto di interesse tra rappresentante e rappresentato e rilevato che comunque non risultava provato che il contratto posto in essere avesse comportato il sacrificio degli interessi del rappresentato al fine di favorire gli interessi del rappresentante o di un terzo, che costituisce, secondo la giurisprudenza e la dottrina , l’essenza del conflitto di interessi preso in considerazione dall’art. 1394 c.c. Nello specifico la Corte ha motivato tale conclusione sulla base del rilievo che il contratto impugnato, stipulato con rogito del 23.11.1996, presentava un aumento del prezzo rispetto al preliminare di vendita intercorso precedentemente delle parti, superando di fatto il contenzioso insorto a causa del rifiuto del promittente venditore di stipulare il definitivo, che la previsione, a titolo di parziale corrispettivo, della permuta di immobili non poteva era svantaggiosa per il rappresentante e che la condotta indebita posta in essere dalla COGNOME, in quanto successiva alla conclusione del contratto, non era indicativa della sussistenza del conflitto di interessi.
Trattasi all’evidenza di valutazioni di fatto, di es clusiva competenza del giudice di merito, che, come tali, sono sottratte al sindacato di questa Corte. Sotto tale profilo il motivo è anche inammissibile, in quanto, come osservato dalla controricorrente, più che denunciare l’omesso esame di fatti decisivi lamenta l’esito della loro valutazione d a parte del giudice di merito, sollecitando una mera riconsiderazione alternativa degli stessi.
L’unico aspetto che sfugge a tali rilievi è quello relativo alla congruità del prezzo degli immobili previsto in contratto, quale indice rivelatore della prevalenza attribuita dal rappresentante all’interesse del terzo rispetto all’interesse del
rappresentato. Assume infatti il ricorrente di avere indicato e provato tramite una perizia tecnica che il valore di mercato degli immobili era superiore al doppio del prezzo applicato, mentre la Corte di appello ha ritenuto di non poter valorizzare tale profilo per mancata allegazione e prova del reale valore dei beni.
Si ritiene al riguardo che anche tale censura debba essere disattesa, risultando il documento che la Corte di appello non avrebbe considerato indicato dal ricorrente in maniera del tutto generica, senza una descrizione anche sintetica della conclusione raggiunta dal tecnico di parte e delle ragioni e dei dati su cui essa veniva giustificata, mancanze che non consentono di ravvisare in tale documento un fatto decisivo, che, se fosse stato considerato, avrebbe portato ad una decisione diversa.
5. Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025.