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Conflitto di interessi concordato: voto controllante

La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma che esclude dal voto nel concordato preventivo la società controllante, per conflitto di interessi concordato, non si applica se quest’ultima è a sua volta fallita. In tal caso, l’interesse della controllante fallita, rappresentata dal curatore, si allinea a quello degli altri creditori (massimizzare il recupero del credito), venendo meno il presupposto del conflitto. Il voto contrario espresso dalla controllante fallita è stato quindi ritenuto legittimo, portando al rigetto del reclamo della società debitrice.

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Conflitto di Interessi Concordato: Quando il Voto della Controllante Fallita è Valido

Il tema del conflitto di interessi concordato è cruciale nelle procedure di risanamento aziendale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale: una società controllante, seppur creditrice della propria controllata in concordato, può legittimamente votare sulla proposta quando essa stessa si trova in stato di fallimento. Questa decisione ribalta l’assunto generale che vede le parti correlate escluse dal voto, introducendo un’importante distinzione basata sullo stato di insolvenza della controllante.

Il Contesto: Un Voto Decisivo nel Concordato Preventivo

Il caso esaminato riguarda una società che aveva presentato una domanda di concordato preventivo per risolvere la propria crisi. Tra i suoi principali creditori figurava la sua stessa società controllante. Durante l’adunanza dei creditori, chiamata a votare sulla proposta di concordato, proprio il voto contrario espresso dalla controllante si è rivelato decisivo per il mancato raggiungimento della maggioranza necessaria.

Di conseguenza, il Tribunale ha respinto la domanda di omologazione del concordato e ha dichiarato il fallimento della società proponente. La società fallita ha impugnato la decisione, sostenendo che il voto della controllante avrebbe dovuto essere escluso a causa di un palese conflitto di interessi concordato.

L’Argomentazione e il Conflitto di Interessi Concordato

La tesi della società ricorrente si fondava su un principio cardine del diritto fallimentare: l’esclusione dal voto dei creditori che sono parti correlate all’imprenditore in crisi. La logica di questa norma è quella di impedire che soggetti legati al debitore possano influenzare la votazione, non per tutelare la massa dei creditori, ma per favorire il debitore stesso, ad esempio approvando un piano poco vantaggioso per gli altri creditori.

La ricorrente sosteneva che questo principio dovesse applicarsi sempre, indipendentemente dal fatto che la società controllante fosse, a sua volta, fallita. Secondo questa visione, il solo legame soggettivo di controllo tra le due società era sufficiente a generare un insanabile conflitto di interessi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, offrendo una lettura chiara e approfondita della nozione di conflitto di interessi in questo specifico contesto. Il ragionamento dei giudici si è sviluppato su alcuni punti chiave.

Il primo punto riguarda la ratio della norma che esclude dal voto le parti correlate. Lo scopo è neutralizzare l’interesse, proprio del socio o della controllante, a minimizzare il sacrificio patrimoniale del debitore, un interesse che si pone in netto contrasto con quello degli altri creditori, i quali mirano invece a massimizzare il proprio soddisfacimento.

Tuttavia, quando la società controllante è dichiarata fallita, questo scenario cambia radicalmente. Il fallimento, infatti, recide i legami con il debitore e sposta l’obiettivo. Il curatore fallimentare, che esprime il voto per conto della società fallita, non agisce più nell’interesse degli azionisti della controllante, ma nell’esclusivo interesse della massa dei creditori di quella procedura. L’obiettivo del curatore diventa, quindi, lo stesso degli altri creditori del concordato: ottenere il massimo recupero possibile dal proprio credito.

In altre parole, il fallimento trasforma la controllante da parte correlata potenzialmente in conflitto a creditore che condivide l’interesse comune della categoria. Il suo interesse non è più quello di ‘salvare’ la controllata a ogni costo, ma di massimizzare il riparto per i propri creditori.

Infine, la Corte ha sottolineato che il momento rilevante per valutare la sussistenza del conflitto di interessi è quello dell’esercizio del diritto di voto. Nel caso di specie, al momento della votazione, la società controllante era già fallita, e quindi il suo interesse era già allineato con quello della massa creditoria.

Le Conclusioni: Un Principio di Diritto Fondamentale

La Corte ha enunciato un principio di diritto di grande importanza pratica: l’esclusione dal voto della società controllante, prevista dalla legge fallimentare, non si applica se, al momento del voto, la controllante stessa è assoggettata a una procedura concorsuale come il fallimento. Il conflitto di interessi concordato che giustifica l’esclusione non sussiste quando l’interesse del votante è funzionale a massimizzare il soddisfacimento dei creditori concorsuali, poiché tale interesse coincide con quello degli altri creditori ammessi al voto.

Questa ordinanza fornisce quindi un criterio chiaro per distinguere le situazioni di reale conflitto da quelle in cui il legame societario è di fatto neutralizzato da una procedura concorsuale, garantendo che le decisioni sul destino di un’impresa in crisi siano prese da soggetti con interessi omogenei.

La società che controlla l’impresa in concordato preventivo può votare sulla proposta?
Di norma, la legge esclude dal voto la società controllante e le altre parti correlate, presumendo un conflitto di interessi. L’obiettivo è evitare che il loro voto sia finalizzato a favorire il debitore anziché la massa dei creditori.

Cosa succede se la società controllante è a sua volta fallita? Il suo voto è valido?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se la società controllante è fallita al momento del voto, il suo diritto di voto è valido. Il fallimento fa sì che il suo interesse si allinei a quello degli altri creditori (massimizzare il recupero), facendo venir meno il conflitto di interessi che ne giustificherebbe l’esclusione.

Qual è il momento decisivo per valutare la sussistenza di un conflitto di interessi nel voto?
Il momento rilevante per valutare l’esistenza di un conflitto di interessi è quello in cui il diritto di voto viene esercitato, e non il momento di apertura della procedura di concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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