Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15095 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
SENTENZA
R.G.N. 23849/19 U.P. 23/5/2025
Vendita -Conferma d’ordine Mediatore -Clausola arbitrale -Risoluzione -Penale sul ricorso (iscritto al N.R.G. 23849/2019) proposto da:
Società agricola COGNOME NOME, COGNOME e NOME RAGIONE_SOCIALE. (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e RAGIONE_SOCIALE NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo procuratore NOMECOGNOME in forza di procura di cui alla scrittura privata autenticata del 12 febbraio 2008, rep. n. 103.938, racc. n. 31.322, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2256/2019, pubblicata il 23 maggio 2019, notificata a mezzo PEC il 31 maggio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse dei ricorrenti e della controricorrente, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, gli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per i ricorrenti nonché l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 9 maggio 2014, la RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché i suoi soci RAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME Silvio convenivano, davanti al Tribunale di Milano, la RAGIONE_SOCIALE proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 7448/2014 del 5 marzo 2014 per la somma di euro 172.514,09, emesso in forza del lodo arbitrale irrituale n. 1090 del 14 novembre 2013 adottato dalla Camera arbitrale presso l’Associazione granaria emiliano -romagnola di Bologna, che -a sua volta -aveva pronunciato la risoluzione del contratto di vendita di mais concluso tra le parti a mezzo della mediatrice RAGIONE_SOCIALE n. 9476/2012 del 31 maggio 2012, per inadempimento imputabile all’alienante, con la condanna della Società RAGIONE_SOCIALE al pagamento, a titolo di penalità contrattuale, della somma di euro 160.000,00, oltre interessi e spese.
All’uopo, gli opponenti eccepivano: -l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, a fronte dell’elezione convenzionale del foro di Bologna; l’inesistenza di un rapporto contrattuale tra le parti e della clausola compromissoria, in difetto della sottoscrizione della proposta a cura del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE; l’invalidità della clausola arbitrale per mancanza di forma scritta; l’inapplicabilità della clausola arbitrale alla pretesa risarcitoria; – la violazione del principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale; -l’impossibilità sopravvenuta della prestazione; -l’erronea quantificazione della penalità.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza, in fatto e diritto, delle ragioni dell’opposizione, concludendo per il rigetto dell’opposizione.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 7288/2017, depositata il 28 giugno 2017, rigettava l’opposizione e confermava il provvedimento monitorio opposto.
2. -Con atto di citazione notificato il 29 gennaio 2018, la Società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE nonché i suoi soci RAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea esclusione dell’incompetenza territoriale del Tribunale adito; 2) l’erronea negazione dell’insussistenza del contratto tra le parti, in ragione della revoca della proposta in data 17 luglio 2012, ossia prima che la Società agricola venisse a conoscenza dell’accettazione della controparte, senza che l’intervento del mediatore e il richiamo agli usi negoziali avessero alcun rilievo; 3) l’erronea affermazione della validità ed efficacia della clausola arbitrale nonostante il difetto della forma scritta e l’assoluta genericità del rinvio alle norme stabilite dal regolamento arbitrale; 4) in ogni caso, l’inapplicabilità della clausola arbitrale in relazione ad una domanda risarcitoria; 5) la violazione del principio del contraddittorio nello svolgimento del procedimento arbitrale; 6) l’indebita esclusione dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione; 7) l’errata quantificazione della penalità.
Resisteva all’impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale concludeva per la declaratoria di inammissibilità o per il rigetto dell’appello, con la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’accordo contrattuale raggiunto tra le parti, anche a prescindere dalla formale intestazione quale ‘conferma di compravendita’, aveva l’oggettiva valenza di scrittura privata contenente le sottoscrizioni dei legali rappresentanti delle parti, da esse non disconosciute; b ) che il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto che l’incontro delle volontà si era perfezionato il 13 giugno 2012, allorquando le parti avevano restituito al mediatore RAGIONE_SOCIALEattraverso il quale l’affare si era concluso la conferma d’ordine con i rispettivi timbri e la sottoscrizione dei relativi legali rappresentanti; c ) che lo schema utilizzato dalle parti per la conclusione del contratto appariva peraltro conforme alle modalità previste dagli usi commerciali vigenti nel territorio provinciale bolognese, i quali individuavano nella conferma scritta rilasciata dal mediatore un atto attraverso il quale poteva perfezionarsi -in alternativa all’accordo scritto tra le parti la volontà negoziale, allorché le stesse si fossero avvalse della sua interposizione nella conclusione dell’affare; d ) che l’intervento di natura ricognitiva effettuato dal mediatore era consono agli obblighi del medesimo, ai sensi dell’art. 1760, terzo comma ( recte n. 3), c.c., il quale prevedeva espressamente il dovere del mediatore di annotare su apposito libro gli estremi essenziali del contratto che si fosse stipulato con il suo intervento, con il rilascio alle parti di copia da questi sottoscritta di ogni annotazione; e )
che il perfezionamento dell’accordo tra le parti in materia non soggetta a forma vincolata, in quanto afferente a beni mobili individuati solo nel genere, era quindi conforme, nel contempo, sia alle norme codicistiche, sia alle prassi vigenti nel luogo di conclusione dell’operazione commerciale, le quali, ai sensi dell’art. 12 del regolamento della Borsa Merci di Bologna, stabilivano l’obbligo per chiunque, in tale contesto, di sottoporsi alle norme dei regolamenti arbitrali della Borsa stessa nonché all’os servanza degli usi e consuetudini della piazza di Bologna; f ) che tali usi operavano in funzione integrativa e interpretativa della volontà delle parti, ai sensi dell’art. 1340 c.c., consistendo in pratiche costanti e generalizzate seguite da una determinata cerchia di contraenti; g ) che era inequivoca la volontà delle parti di deferire la definizione di eventuali controversie all’arbitrato irrituale presso l’Associazione granaria di Bologna, in conformità alle norme stabilite nel regolamento arbitrale, che le parti dichiaravano di ben conoscere, impegnandosi ad osservarle, volontà espressa nella stessa conferma d’ordine mediante il riferimento, sotto la voce ‘Condizioni generali’, al contratto ‘103 Ager’, che era il contratto tipo relativo alle compravendite di granturco nazionale disciplinato dalle condizioni generali unificate; h ) che anche la clausola compromissoria era pienamente valida ed era, dunque, infondata la censura relativa all’assenza di forma scritta, poiché tale forma doveva ritenersi rispettata nella fattispecie e, in ogni caso, la forma scritta non era richiesta a pena di nullità nei casi in cui il rapporto sottostante non fosse stato soggetto alla forma scritta ad substantiam , essendo, in tal caso, sufficiente soltanto la prova per iscritto costituita da qualsiasi attestazione scritta circa l’esistenza
del mandato compromissorio; i ) che l’avvenuta conclusione del contratto nei termini indicati escludeva ogni rilevanza della revoca comunicata con la missiva del 17 luglio 2012, non potendo la stessa far venir meno gli effetti di un incontro delle volontà già perfezionatosi; l ) che, con riferimento al contestato difetto di rappresentanza di COGNOME NOME, la visura camerale prodotta dagli appellanti confermava che quest’ultimo fosse dotato di poteri di rappresentanza della società per gli atti di ordinaria amministrazione, tra cui rientrava la fornitura di mais nazionale, operazione ricadente pienamente nell’oggetto sociale della Società agricola; m ) che, in ordine al contestato difetto di contraddittorio nell’esperimento della procedura arbitrale, erano state rispettate come ritenuto dal Tribunale -le formalità previste dagli artt. 4 e 6 del regolamento arbitrale della Borsa Merci di Bologna/Ager, con l’invio alla Società RAGIONE_SOCIALE dell’atto compromissorio, contenente l’invito a esprimere l’adesione all’arbitrato, e con la trasmissione -da parte dell’Ager dell’invito a provvedere, entro il termine perentorio di 7 giorni, alla nomina del proprio arbitro, avvertendo il destinatario che, in difetto, si sarebbe provveduto alla nomina di un arbitro d’ufficio, con la comunicazione sempre da parte di Ager -della nomina di un arbitro designato d’ufficio; n ) che il contraddittorio poteva ritenersi validamente realizzato allorquando ciascuna parte avesse avuto la possibilità di partecipare al procedimento attraverso la designazione -anche nella forma sostitutiva d’ufficio prevista dal Regolamento a garanzia dei diritti della parte rimasta inattiva -di un proprio mandatario, preposto ad intervenire, a nome e per conto della stessa, alla definizione contrattuale della controversia insorta; o )
che le censure relative all’impossibilità sopravvenuta e all’errore nella quantificazione della penalità contrattuale non rientravano in nessuna delle fattispecie normative tipiche previste dall’art. 808 -ter c.p.c. e non potevano essere inquadrate tra i vizi che avessero vulnerato la manifestazione di volontà del Collegio arbitrale, riguardando piuttosto l’applicazione di regole di ermeneutica contrattuale o l’errore di giudizio o di apprezzamento, che non potevano costituire oggetto di discussione; p ) che, in ogni caso, con riguardo all’asserita risoluzione per impossibilità sopravvenuta, doveva essere condivisa la motivazione assunta dal Tribunale, in relazione alla tardività della deduzione rispetto alla comunicazione del 17 luglio 2012, con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva manifestato la volontà di revoca della proposta, anche in relazione al contenuto dell’art. XII delle Condizioni Ager, secondo cui la presenza di una causa di forza maggiore doveva essere comunicata al suo insorgere, o comunque non oltre tre giorni, a mezzo telegramma, alla propria controparte, con l’obbligo di fornire la prova certa del sopraggiunto impedimento, considerato altresì che l’art. 1465, terzo comma, c.c. addebitava il rischio dell’indisponibilità della merce oggetto della compravendita di genere a carico del venditore, ove tale rischio si fosse verificato prima della consegna o dell’individuazione di essa; q ) che, in merito alla determinazione della penale, l’art. XI delle Condizioni generali unificate prevedeva che la parte inadempiente dovesse rimborsare l’ammontare delle differenze eventuali tra il prezzo di contratto e il prezzo corrente al manifestarsi dell’inadempienza, da valutarsi, in linea di massima, sulle indicazioni del mercuriale del Mercato immediatamente successivo, sicché appariva corretto
il riferimento ad un mercuriale della Borsa di Bologna, nel cui ambito il contratto era sorto, non essendovi alcuna ragione in virtù della quale avrebbe dovuto applicarsi il mercuriale della Borsa Merci di Rovigo, quale asserito luogo di produzione e consegna della merce.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a diciotto motivi, la Società agricola COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE Silvio RAGIONE_SOCIALE nonché i suoi soci COGNOME Luciano, COGNOME e COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, i ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, 1326 e/o 1328 e/o 1418, primo e/o secondo comma, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che il contratto tra le parti si fosse perfezionato in ragione di una ‘conferma di compravendita’, non tenendo conto che la RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente revocato ogni (ipotizzabile) proposta contrattuale prima dell’accettazione della controparte, in nessun caso potendosi comunque legittimamente far leva sulla sufficienza della sottoscrizione di tale conferma ad opera del solo mediatore ai fini della conclusione del contratto.
Obiettano gli istanti che il perfezionamento del contratto non avrebbe potuto farsi risalire all’incontro delle volontà delle parti in data 13 giugno 2012, attraverso la restituzione al mediatore della conferma d’ordine con i rispettivi timbri e la sottoscrizione dei relativi legali rappresentanti, tanto da escludere la rilevanza della revoca della proposta inviata dalla Società RAGIONE_SOCIALE con la missiva del 17 luglio 2012 -come prospettato dalla sentenza impugnata -; e ciò perché, a fronte dell’invio a cura del mediatore RAGIONE_SOCIALE Covolato in data 31 maggio 2012 -, a mezzo fax, nei confronti della Società RAGIONE_SOCIALE, della versione sottoscritta dal solo mediatore della ‘conferma di compravendita’, il successivo 13 giugno 2012 la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva trasmesso il medesimo documento all’indirizzo fax del mediatore, previa sottoscrizione di COGNOME NOME, mentre -con successiva comunicazione del 17 luglio 2012, indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE -la Società RAGIONE_SOCIALE aveva testualmente, oltre a negare di aver validamente siglato alcun atto negoziale, neppure nel testo della ‘conferma di compravendita’, provveduto comunque a revocare qualsivoglia proposta di vendita del mais, prima d’allora non essendo pervenuta alcuna accettazione da parte del compratore.
Evidenziano, ancora, i ricorrenti che la versione della ‘conferma di compravendita’ firmata da Cargill sarebbe stata rappresentata dal medesimo documento sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE e dal mediatore, senza che vi fosse la prova di alcun documento sottoscritto dal mediatore e inviato alla RAGIONE_SOCIALE, che fosse stato sottoscritto, a sua volta, solo da quest’ultima e, all’esito, trasmesso alla RAGIONE_SOCIALE.
Sennonché, ad avviso degli istanti, la prima manifestazione di volontà contrattuale di RAGIONE_SOCIALE risalirebbe al 20 luglio 2012 e, dunque, ad un momento successivo alla revoca della RAGIONE_SOCIALE avvenuta il 17 luglio 2012, dimostrando addirittura tale missiva della RAGIONE_SOCIALE che la società, in quel momento, avrebbe disposto solo dell’atto del mediatore e neppure della versione della ‘conferma di compravendita’ firmata dalla RAGIONE_SOCIALE, il che avrebbe confermato che, nel momento in cui la Società RAGIONE_SOCIALE aveva revocato ogni propria volontà negoziale, la RAGIONE_SOCIALE neppure avrebbe avuto conoscenza di una volontà negoziale espressa da COGNOME, tanto che la versione della ‘conferma di compravendita’ siglata pure da COGNOME sarebbe comparsa, per la prima volta ed ex professo postume , soltanto il 22 luglio 2013, nel corso del procedimento arbitrale, in seguito a specifica richiesta inoltrata dal Collegio arbitrale.
In questa logica, sostengono i ricorrenti che nessun contratto si sarebbe perfezionato, poiché la revoca della proposta sarebbe pervenuta prima della conoscenza della sua accettazione.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti censurano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte territoriale -con motivazione contraddittoria e, quindi, incomprensibile -reputato che il contratto tra le parti si fosse perfezionato con la sottoscrizione e lo scambio della ‘conferma di compravendita’, poiché, secondo le norme regolamentari asseritamente richiamate in detta conferma -norme rappresentate genericamente dagli usi commerciali vigenti nel
territorio provinciale bolognese -, la sola firma del mediatore avrebbe avuto, di per sé, valenza ricognitiva di un affare verbalmente definito tra le parti, come intermediato dallo stesso mediatore, inserendosi in uno schema contrattuale appunto delineato dagli usi de quibus , che avrebbero dovuto essere qualificati come usi integrativi e interpretativi della volontà dei contraenti ex art. 1340 c.c.
Sarebbe stato, dunque, incomprensibile l’assunto della pronuncia d’appello, nella parte in cui avrebbe affermato che, in base a tali usi, la sottoscrizione del mediatore apposta su un atto del tipo di cui all’art. 1760, n. 3, c.c., quale sarebbe stata la ‘conferma di compravendita’ agli atti, avrebbe avuto effetto non di perfezionamento, ma solo di riconoscimento di un vincolo negoziale verbale, laddove le parti di esso non avessero avuto a dissentire sul suo contenuto con immediatezza e/o quantomeno entro il termine che il mediatore era solito fissare nella conferma d’ordine.
Con la conseguenza che -sempre secondo la sentenza impugnata -la comunicazione del 17 luglio 2012, a cura della Società RAGIONE_SOCIALE, ove intesa quale dissenso per difformità del contenuto della ‘conferma di compravendita’ rispetto alla propria effettiva volontà, sarebbe stata nondimeno tardiva, in quanto pervenuta al di fuori di ogni ragionevole parametro di immediatezza previsto dagli usi stessi, in relazione a produzioni agricole annuali.
2.1. -I due motivi che precedono -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Non si ricade, infatti, nella fattispecie regolata dall’art. 1326 c.c. del contratto concluso tra persone lontane.
Il modello cui le parti hanno fatto riferimento, come recepito dalla pronuncia impugnata, ricalca piuttosto altro schema negoziale.
Segnatamente, secondo la ricostruzione fattuale operata in sede di merito, la sottoscrizione è avvenuta da parte dei contraenti con riferimento alle clausole contrattuali riportate nel documento ‘conferma di compravendita’ quale atto ricognitivo e confermativo del contratto già stipulato verbalmente tramite il mediatore -, loro inviato ai sensi dell’art. 1760, n. 3, c.c.
Esso riporta espressamente il riferimento alla precedente pattuizione verbale, come confermata, prevedendo che eventuali difformità tra la pattuizione verbale e le condizioni riportate nella conferma dovessero essere immediatamente segnalate.
All’uopo, il giudice di merito ha puntualizzato che l’intervento di natura ricognitiva effettuato dal mediatore era consono agli obblighi del medesimo, ai sensi dell’art. 1760, n. 3, c.c., il quale prevede espressamente il dovere del mediatore di annotare su apposito libro gli estremi essenziali del contratto stipulato con il suo intervento, con il rilascio alle parti di copia da lui sottoscritta di ogni annotazione.
Sicché detta sottoscrizione non può che assumere il valore e l’efficacia, per un verso, di accettazione del contenuto del documento da parte dei contraenti destinatari e, per altro verso, della sussunzione dello stesso documento nell’ambito delle loro rispettive sfere giuridiche, sì da rivestire la natura di prova scritta del contratto e di tutte indistintamente le sue clausole e condizioni
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18679 del 12/09/2011; Sez. 1, Sentenza n. 7048 del 07/07/1999; Sez. 2, Sentenza n. 6497 del 13/12/1979; Sez. 1, Sentenza n. 272 del 20/01/1977).
Per vero, il contratto stipulato tra le parti (avente ad oggetto la vendita di mais con 14% di umidità) non esigeva la forma scritta ad substantiam .
Pertanto, la conferma d’ordine sottoscritta dal mediatore ex art. 1760, n. 3, c.c., e inviata alle parti, è successiva alla pattuizione raggiunta tra le stesse ed ha carattere meramente ricognitivo, contenendo la conferma dell’avvenuto accordo e facendo salva la volontà delle parti di comunicare al mediatore il loro eventuale dissenso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10240 del 05/09/1992).
Dissenso che nella fattispecie non è stato manifestato dalla venditrice Azienda agricola COGNOME, che ha invece sottoscritto la conferma d’ordine inviata dal mediatore (senza che abbia alcun rilievo la mera svista rappresentata dalla sottoscrizione nello spazio riservato al compratore, anziché al venditore), provvedendo alla sua trasmissione allo stesso mediatore, a mezzo fax.
All’esito anche l’acquirente COGNOME ha sottoscritto la conferma d’ordine (senza che abbia alcun rilievo la mera conseguente sottoscrizione nello spazio riservato al venditore, anziché al compratore), già sottoscritta dall’alienante COGNOME e -comunque -non ha mai contestato che le condizioni ivi riepilogate non corrispondessero a quelle effettivamente pattuite verbalmente tra le parti con l’interposizione del mediatore. In ogni
caso, tale sottoscrizione di RAGIONE_SOCIALE non aveva valenza costitutiva del perfezionamento del contratto.
Ne discende che la revoca del 17 luglio 2012 è avvenuta quando il contratto di vendita si era già concluso, come statuito dalla pronuncia impugnata con argomentazioni coerenti e comprensibili.
D’altronde, i mezzi di critica articolati sebbene deducano apparentemente i vizi sottesi alla violazione di legge o alla motivazione fittizia -non possono costituire un espediente idoneo a giustificare una rivalutazione delle acclarate circostanze in fatto, rivalutazione che non può essere svolta in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Ed, ancora, tali mezzi di critica non possono legittimare, in questa sede, l’adesione ad un’interpretazione alternativa circa il ruolo meramente ricognitivo della conferma, a fronte di un accordo verbale già raggiunto.
Ora, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti (il che non risulta avvenuto nella specie), ma è tenuto, altresì, a precisare in
quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (ed anche questa attività non è stata compiuta nella specie), non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 236 del 07/01/2025; Sez. L, Ordinanza n. 18214 del 03/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009).
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1340 c.c. e/o 8 delle preleggi, per avere la Corte d’appello ritenuto applicabili gli usi, benché le disposizioni preliminari al codice civile riconoscano efficacia agli usi solo se espressamente richiamati dalla legge, senza che essi possano avere valore negoziale prima che il contratto sia venuto ad esistenza.
4. -Con il quarto motivo i ricorrenti adducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1340 c.c., per avere la Corte distrettuale attribuito agli usi evocati non solo funzione integrativa, ma altresì interpretativa della volontà delle parti, mentre si sarebbe trattato, semmai ed al più, di usi a carattere negoziale, che -come tali -non avrebbero potuto fungere da parametro di interpretazione della volontà delle parti
ex art. 1368 c.c., poiché essi avrebbero dovuto riferirsi agli effetti di un contratto già perfezionatosi e, in ogni caso, gli usi del territorio bolognese non avrebbero avuto alcuna valenza.
Osservano gli istanti che, concepiti come usi negoziali, essi non avrebbero potuto comunque applicarsi al contratto ai sensi dell’art. 1340 c.c., in difetto di chiara ed inequivoca volontà delle parti; e tanto perché nella ‘conferma di compravendita’ non vi sarebbe stato alcun preciso e inequivocabile richiamo al Regolamento di Borsa Merci di Bologna, né -contrariamente all’assunto della pronuncia impugnata il riferimento esplicitato solo in corrispondenza della voce ‘condizioni generali’ nella ‘conferma di compravendita’ al ‘103 Ager’, seppure le parti avessero dichiarato di conoscere e rispettare tali condizioni, sarebbe valso a considerare detto richiamo come un rinvio consapevole e inequivocabile specificamente al Regolamento della Borsa Merci di Bologna.
E, del resto, aggiungono i ricorrenti che Bologna non avrebbe avuto alcun collegamento rispetto al negozio de quo , in quanto non sarebbe stata la sede del mediatore, né di Cargill, né di Carbognin, né la sede di conclusione del contratto, né il luogo di consegna del mais, senza che peraltro tali usi fossero stati allegati al contratto.
5. -Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1340 c.c., per avere la Corte del gravame desunto il perfezionamento del contratto dagli usi, mentre essi avrebbero, al più, potuto solo integrare o consentire di interpretare un contratto già concluso,
senza che potesse sostenersi, sul piano giuridico, che l’incontro delle volontà negoziali, ai fini del perfezionamento del contratto, potesse differire in qualche modo dalle precise regole codicistiche, salvo appunto che non si fosse già prima condiviso ed espresso da entrambe le parti il rinvio ad un uso volto a disciplinare l’ iter di formazione dell’accordo.
6. -Con il sesto motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1340 e/o 1418 c.c., per avere la Corte di secondo grado considerato perfezionato il contratto in base agli usi evocati, benché essi si ponessero in contrasto con le norme codicistiche sul perfezionamento del contratto, consentendo di ipotizzare la conclusione negoziale perfino da contegni omissivi.
6.1. -I motivi che precedono -che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto connessi -sono infondati.
Sul punto, la pronuncia impugnata ha evidenziato: – che lo schema utilizzato dalle parti per la conclusione del contratto era conforme alle modalità previste dagli usi commerciali vigenti nel territorio provinciale bolognese, i quali individuavano nella conferma scritta rilasciata dal mediatore un atto attraverso il quale poteva perfezionarsi -in alternativa all’accordo scritto tra le parti -la volontà negoziale, allorché le stesse si fossero avvalse della sua interposizione nella conclusione dell’affare; – che il perfezionamento dell’accordo tra le parti, in materia non soggetta a forma vincolata, in quanto afferente a beni mobili individuati solo nel genere, era quindi conforme, nel contempo, sia alle norme codicistiche, sia alle prassi vigenti nel luogo di conclusione
dell’operazione commerciale, le quali, ai sensi dell’art. 12 del regolamento della Borsa Merci di Bologna, stabilivano l’obbligo per chiunque, in tale contesto, di sottoporsi alle norme dei regolamenti arbitrali della Borsa stessa nonché all’osservanza degli usi e consuetudini della piazza di Bologna; – che tali usi operavano in funzione integrativa e interpretativa della volontà delle parti, ai sensi dell’art. 1340 c.c., consistendo in pratiche costanti e generalizzate seguite da una determinata cerchia di contraenti; – che era inequivoca la volontà delle parti di deferire la definizione di eventuali controversie all’arbitrato irrituale presso l’Associazione granaria di Bologna, in conformità alle norme stabilite nel regolamento arbitrale, che le parti dichiaravano di ben conoscere, impegnandosi ad osservarle, volontà espressa nella stessa conferma d’ordine mediante il riferimento, sotto la voce ‘Condizioni generali’, al contratto ‘103 Ager’, che era il contratto tipo relativo alle compravendite di granturco (o granoturco) nazionale disciplinato dalle condizioni generali unificate.
Dunque, gli usi applicati (sebbene inerenti ad altro territorio) sono stati reputati conformi alle prassi vigenti nel luogo di conclusione dell’operazione commerciale.
Allo stesso modo si è ritenuto che le parti avessero manifestato la volontà di deferire la definizione di eventuali controversie all’arbitrato irrituale presso l’Associazione granaria di Bologna.
Il richiamo a siffatti usi era, dunque, specifico, proprio in ragione dell’espresso riferimento contenuto nella ‘conferma di compravendita’ alla conoscenza e alla volontà di rispettare integralmente le condizioni ‘103 Ager’ (Ager appunto quale
acronimo di Associazione granaria emiliano-romagnola), modello che -a sua volta -evocava gli usi commerciali della piazza di Bologna ed era sottoposto alle condizioni dello Statuto e dei Regolamenti dell’Associazione granaria emiliano -romagnola di Bologna, tra cui il Regolamento della Borsa Merci di Bologna.
Orbene gli usi negoziali, che operano integrando o interpretando la volontà dei contraenti quando essa sia incompletamente o ambiguamente espressa e consistono in pratiche seguite da una determinata cerchia di contraenti individuati su base territoriale o per l’appartenenza ad una individuata categoria di operatori economici (nella fattispecie l’applicazione di detti usi è stata proprio collegata all’inerenza dell’operazione al settore commerciale dei cereali), obbligano le parti, anche se da esse ignorati (in quanto l’applicazione degli stessi è esclusa soltanto ove risulti con certezza che i contraenti non abbiano voluto riferirsi ad essi), e prevalgono sulle stesse norme di legge aventi carattere dispositivo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5135 del 06/03/2007).
Per l’effetto, gli usi negoziali o interpretativi, in quanto operanti sullo stesso piano delle clausole contrattuali, ben potevano considerarsi inseriti nel contratto, in virtù di un’espressa o implicita manifestazione di volontà dei contraenti; e ciò nonostante il loro contenuto sostanzialmente derogatorio delle norme sul contratto in generale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1489 del 11/02/1987; Sez. 2, Sentenza n. 4388 del 05/08/1985; Sez. 1, Sentenza n. 5943 del 10/11/1981; Sez. L, Sentenza n. 2583 del 19/04/1980).
7. -Con il settimo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1340 c.c. e/o dell’art. 2, lettera A, capitolo II, del Regolamento Borsa Merci di Bologna, per avere la Corte meneghina sostenuto che il contratto si era concluso in base a tali usi, mentre l’analisi della ‘conferma di compravendita’ ne avrebbe escluso il suo valore tipicamente ricognitivo, stante che il contratto non sarebbe stato concluso verbalmente prima di allora, almeno fino al 17 luglio 2012.
Deducono gli istanti che l’ iter della negoziazione avrebbe presupposto innanzitutto che il mediatore avesse acquisito gli intenti negoziali delle parti e, poi, sostanzialmente che quest’ultime avessero dato ratifica al documento volto a sancire l’incontro di una vera e propria volontà contrattuale.
Ebbene, ad avviso dei ricorrenti, nella fattispecie né l’una, né l’altra delle circostanze predette sarebbero state integrate, quantomeno fino al 17 luglio 2012, in mancanza di alcuna manifestazione di intento negoziale di Cargill, tradottosi nella ‘conferma di compravendita’, e di una preventiva raccolta, a cura del mediatore, dell’intento negoziale quantomeno di COGNOME, in costanza, invece, di una sostanziale rettifica di COGNOME, la quale aveva negato di aver sottoscritto la ‘conferma di compravendita’ e, comunque, aveva revocato, anziché ratificare, ogni suo intento negoziale.
8. -Con l’ottavo motivo i ricorrenti assumono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1760, n. 3, e/o 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1340 c.c. e/o dell’art. 2, lettera A, capitolo II, del Regolamento
Borsa Merci di Bologna, per avere la Corte dell’impugnazione prefigurato la natura ricognitiva della ‘conferma di compravendita’, mentre dalla semplice analisi del documento giunto via fax alla RAGIONE_SOCIALE, da parte del mediatore, il 31 maggio 2012 sarebbe emerso che essa non rappresentava tipicamente una copia di annotazione del mediatore su apposito proprio registro, sicché essa non avrebbe potuto essere ricondotta alla fattispecie legale tipica di cui all’art. 1760, n. 3, c.c.
8.1. -I superiori motivi, tra loro connessi, sono infondati.
Si premette che l’interpretazione (ovvero l’asserita loro violazione o falsa applicazione) degli usi negoziali ex art. 1340 c.c., ossia delle clausole d’uso integrative della volontà dei contraenti -come effettuata dal giudice di merito con motivazione adeguata e non illogica -, in ragione della loro natura giuridica, non è censurabile in sede di legittimità, in quanto si risolve in un’indagine di fatto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21833 del 14/10/2009; Sez. 1, Sentenza n. 1842 del 08/03/1996; Sez. 3, Sentenza n. 693 del 06/02/1982; Sez. 1, Sentenza n. 1130 del 22/02/1979).
Senonché non sono altresì sindacabili le circostanze in fatto, poste a fondamento della decisione impugnata, con precipuo riguardo all’intervenuta pregressa conclusione verbale del contratto tra le parti, di cui il mediatore ha sintetizzato i termini essenziali nella conferma d’ordine.
D’altronde la ‘conferma di compravendita’ fa riferimento al contratto n. 9476/2012 del 31 maggio 2012 (ossia la compravendita confermata), specificando che la conferma avrebbe
dovuto essere restituita con debita sottoscrizione e, in mancanza, che comunque il contratto si sarebbe ritenuto valido, il che espressamente evocava il precedente raggiungimento di un accordo tra le parti, come intermediato da RAGIONE_SOCIALE (accordo verbale espressamente richiamato nella conferma).
A fronte di questo quadro conclamato, le annotazioni dei registri di affari, regolarmente tenuti da mediatori, avrebbero avuto la sola efficacia rafforzativa di tale convincimento e non già costitutiva del pregresso vincolo negoziale assunto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 185 del 31/01/1962).
9. -Con il nono motivo i ricorrenti rilevano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, lettera A, capitolo II, del Regolamento Borsa Merci di Bologna, per avere il Giudice di seconde cure prospettato la tardività della lettera della Società RAGIONE_SOCIALE del 17 luglio 2012, secondo le regole di cui agli usi, senza che nessun termine fosse stato fissato per una tale espressione di dissenso, né stabilito specificamente nella ‘conferma di compravendita’, né ricavabile, in via generale, dagli usi evocati, emergendo, invece, in termini di ragionevolezza, la circostanza che tale lettera era stata formalizzata a poco più di un mese dall’assunta sigla apposta da COGNOME sulla conferma d’ordine e, comunque, in epoca antecedente di oltre un mese rispetto alla data stabilita d’inizio delle forniture e soprattutto prima di ogni comunicazione da parte di COGNOME che mai aveva trasmesso il proprio assenso.
9.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, secondo quanto già esposto esaminando le prime due doglianze, la revoca del 17 luglio 2012 è intervenuta allorché il contratto tra le parti si era già perfezionato, in ragione della conferma d’ordine sottoscritta e trasmessa dal mediatore, riepilogativa di un accordo verbale già concluso.
10. -Con il decimo motivo i ricorrenti sostengono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 2266 e/o 1398 c.c., per avere la Corte di merito reputato valida ed efficace, sul piano formale, la manifestazione di volontà espressa dalla Società RAGIONE_SOCIALE in quanto il modulo di conferma di compravendita sarebbe stato sottoscritto per adesione da RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe avuto la legale rappresentanza della società per gli atti di ordinaria amministrazione, fra i quali sarebbe rientrata la ‘conferma di compravendita’, secondo la visura camerale in atti.
E tanto senza che tale legale rappresentanza, in capo a COGNOME NOME, constasse dalla citata visura, come riprodotta in estratto nel corpo del ricorso, dalla quale sarebbe emerso che la legale rappresentanza era testualmente attribuita al socio COGNOME NOME
10.1. -Il motivo è infondato.
La visura camerale riprodotta nel corpo del ricorso di legittimità conferma, infatti, che, mentre la rappresentanza legale e i poteri di gestione e di amministrazione della società spettavano al socio amministratore COGNOME Silvio, i poteri di firma sociale spettavano disgiuntamente ai soci in ordine al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, tra i quali –
come argomentato dalla sentenza impugnata -rientrava la vendita del mais, in quanto attinente all’oggetto sociale della Società RAGIONE_SOCIALE e, dunque, alla sua gestione normale (sulla distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione nell’attività d’impresa, indipendentemente dalla natura conservativa o dispositiva dell’atto, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32714 del 16/12/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 20935 del 26/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 13261 del 16/05/2019; Sez. 1, Sentenza n. 25952 del 05/12/2011; Sez. 1, Sentenza n. 10229 del 18/10/1997; Sez. 1, Sentenza n. 4856 del 04/05/1995).
11. -Con l’undicesimo motivo i ricorrenti delineano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325, n. 1, e/o 1326 e/o 1328 e/o 1430 e/o 1760, n. 3, c.c. e/o dell’art. 8 delle preleggi e/o dell’art. 2, lettera A, capitolo II, del Regolamento Borsa Merci di Bologna e/o dell’art. 808 -ter , primo comma, c.p.c., per avere la Corte territoriale affermato la validità ed efficacia della clausola arbitrale richiamata nella ‘conferma di compravendita’, sulla scorta della formale sufficienza dell’evocazione della sua disciplina, di fonte regolamentare, come contenuta nel suddetto atto, mentre la mancata conclusione o il difetto di cogenza del contratto tra le parti avrebbero travolto anche la convenzione di arbitrato in esso prevista.
Pertanto, espongono gli istanti che il mancato perfezionamento del contratto avrebbe implicato la caducazione di qualsiasi deroga alla competenza del giudice ordinario.
11.1. -Il motivo è infondato.
Il difetto di validità ed efficacia della clausola compromissoria è, infatti, dedotto come mero precipitato dell’inesistenza di un accordo perfezionatosi tra le parti.
Per converso, il perfezionamento dell’accordo, all’esito del rigetto delle precedenti censure, non è in grado di inficiare la natura vincolante della clausola compromissoria in esso richiamata.
12. -Con il dodicesimo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 808 -ter , primo comma, c.p.c., per avere la Corte d’appello pur ammettendo che si fosse perfezionato il contratto tra le parti, come disciplinato dalle pattuizioni contenute nella ‘conferma di compravendita’ affermato la validità della clausola compromissoria, nonostante la sua forma verbale, contraria alla prescrizione della forma scritta ad substantiam , posto che la giurisprudenza richiamata dalla sentenza impugnata, anteriore al 2006, non avrebbe potuto applicarsi al caso di specie.
Illustrano gli istanti che, per effetto del d.lgs. n. 40/2006 -il cui art. 20 aveva introdotto, tra l’altro, l’art. 808 -ter c.p.c. -, a far data dall’entrata in vigore del 2 marzo 2006, la scelta di rimettere la controversia ad un procedimento arbitrale di tipo irrituale avrebbe richiesto un’espressa previsione scritta, con la conseguenza che la clausola arbitrale non avrebbe potuto essere affidata a documenti ricognitivi di una volontà orale, per di più provenienti da terzi.
12.1. -Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha, sul punto, dato atto che la clausola arbitrale rispettava la forma scritta, in quanto contenuta in un
contratto sottoscritto dalle parti e debitamente perfezionato, come da conferma d’ordine, che sotto la voce ‘Condizioni generali’ riportava le condizioni ‘103 Ager’, aggiungendo che le parti avevano espressamente dichiarato di conoscere e di volere rispettare integralmente tali condizioni.
Solo in via rafforzativa la pronuncia d’appello ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale (superato all’esito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006) a mente del quale la clausola contenente la previsione di un arbitrato irrituale non avrebbe dovuto essere, in ogni caso, redatta per iscritto a pena di nullità, in quanto tale previsione generale era dettata dall’art. 807 c.p.c. in riferimento al solo arbitrato rituale; sicché la forma scritta sarebbe stata richiesta solo se la clausola avesse interessato rapporti derivanti da alcuni degli atti previsti dall’art. 1350 c.c., mentre, se la clausola arbitrale avesse riguardato altri rapporti, sarebbe stato sufficiente che di essa si fosse data prova scritta, che avrebbe potuto consistere in qualsiasi attestazione scritta attribuibile alle parti circa l’esistenza del mandato compromissorio, anche successiva alla pattuizione ed a carattere meramente ricognitivo (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 18534 del 13/07/2018; Sez. 3, Sentenza n. 21139 del 04/11/2004; Sez. 2, Sentenza n. 1476 del 22/02/1999; Sez. 1, Sentenza n. 8417 del 25/08/1998; Sez. 1, Sentenza n. 4258 del 14/05/1997; Sez. 1, Sentenza n. 10240 del 05/09/1992).
Ora, tale conferma d’ordine è stata sottoscritta dalla Società RAGIONE_SOCIALE
E in calce a tale conferma era riportata la clausola compromissoria, secondo cui ‘qualsiasi divergenza tra le parti
contraenti e/o tra una di queste e il mediatore in ordine all’interpretazione della presente conferma di compra vendita e/o all’esecuzione dell’affare dovrà essere deferita ad arbitrato irrituale presso l’Associazione granaria di Bologna, in conformità alle norme stabilite nel regolamento arbitrale che le parti dichiarano di ben conoscere impegnandosi ad osservarle’.
Non nuoce che la conferma trasmessa dal mediatore sia stata sottoscritta dalla sola Società RAGIONE_SOCIALE (mentre la RAGIONE_SOCIALE ha sottoscritto solo ex post il modulo già riportante la sottoscrizione della RAGIONE_SOCIALE).
E tanto perché il requisito della forma scritta ad substantiam , richiesto per la validità del compromesso e della clausola compromissoria, non postula che la volontà negoziale sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo esso realizzarsi anche con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l’accettazione del deferimento della controversia ad arbitri (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18579 del 30/06/2023; Sez. 1, Sentenza n. 2256 del 02/02/2007; Sez. 1, Sentenza n. 1989 del 22/02/2000).
Peraltro, quand’anche tale sottoscrizione della RAGIONE_SOCIALE fosse mancata, in tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam , la produzione in giudizio del contratto su iniziativa del contraente che non l’ha sottoscritto vale come equipollente della sottoscrizione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5919 del 24/03/2016; Sez. 6-3, Ordinanza n. 12711 del 05/06/2014; Sez. 2, Sentenza n. 11409 del 16/05/2006; Sez. 2, Sentenza n. 13103 del 23/12/1995).
13. -Il tredicesimo motivo del ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1341 e/o 1342, secondo comma, c.c., per avere la Corte distrettuale considerato vincolante la clausola arbitrale, benché -quantunque fosse valevole la regola della mera forma ad probationem -non vi fosse stata apposita e specifica sottoscrizione delle parti nella ‘conferma di compravendita’.
13.1. -Il motivo è infondato.
Ed invero la clausola compromissoria rientra fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. solo se istitutiva di arbitrato rituale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15729 del 17/05/2022; Sez. 3, Sentenza n. 9315 del 08/05/2015; Sez. 3, Sentenza n. 21139 del 04/11/2004; Sez. 2, Sentenza n. 8788 del 28/06/2000; Sez. 1, Sentenza n. 10240 del 05/09/1992).
14. -Il quattordicesimo motivo del ricorso concerne, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 808ter , primo comma, c.p.c. e/o 1418 c.c., per avere la Corte del gravame mancato di rilevare la nullità della clausola compromissoria, benché la sua validità, quand’anche evocata per relationem , dipendesse dalla circostanza che il rinvio avesse quantomeno previsto un richiamo specifico al diverso atto di riferimento, e non già allorché il rinvio fosse stato generico, impreciso o equivoco.
Nella fattispecie la mera rimessione ad una non meglio precisata Associazione granaria di Bologna, in conformità alle norme stabilite nel Regolamento arbitrale, anch’esso non meglio
specificato, né allegato alla ‘conferma di compravendita’, non avrebbe consentito di ritenere assolto tale onere.
D’altronde continuano gli istanti -la stessa ‘conferma di compravendita’ avrebbe previsto espressamente una generale e generica competenza del foro di Bologna, che evidentemente avrebbe tolto qualsiasi valenza alla clausola compromissoria o quantomeno non ne avrebbe consentito un’univoca e inequivocabile individuazione.
14.1. -Il motivo è infondato.
Si è già evidenziato che la clausola compromissoria è stata debitamente e specificamente richiamata, come testimoniato dalla ‘conferma di compravendita’ sottoscritta dalla Società RAGIONE_SOCIALE, che rinviava per le controversie insorte tra le parti alla composizione amichevole dell’Associazione granaria emiliano -romagnola di Bologna, secondo il modello ‘103/Ager’, in conformità alle norme stabilite nel Regolamento arbitrale, di cui si attestava espressamente la conoscenza e la volontà di osservarle.
15. -Il quindicesimo motivo del ricorso riguarda, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 808ter e/o 808 c.p.c. e dell’art. 1453 c.c., per avere la Corte di secondo grado considerato le risultanze del procedimento arbitrale, nonostante il contenzioso risolto non potesse essere rimesso in arbitrato (irrituale), poiché l’oggetto del giudizio arbitrale ineriva alla risoluzione di un contratto di vendita, con la conseguente condanna al risarcimento dei danni.
Per contro, ad avviso degli istanti, a fronte di una clausola compromissoria che avesse demandato agli arbitri la cognizione di controversie relative all’esecuzione del contratto, l’arbitrato
irrituale non sarebbe stato applicabile a domande di natura risarcitoria.
15.1. -Il motivo è infondato.
Questo perché la clausola compromissoria relativa alle controversie sull’interpretazione, la conclusione e la risoluzione di un contratto ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di risarcimento del danno da inadempimento, la quale, analogamente alla domanda di risoluzione, attiene alla fase esecutiva del contratto, implicando l’accertamento dell’inottemperanza delle parti alle obbligazioni assunte (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 28011 del 31/10/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 31466 del 05/12/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 17660 del 04/09/2015; Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013; Sez. 61, Ordinanza n. 15068 del 10/09/2012; Sez. 2, Sentenza n. 13531 del 20/06/2011).
16. -Il sedicesimo motivo del ricorso attiene, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 808ter , secondo comma, n. 5, e/o 816bis , primo comma, e/o 816ter c.p.c. e/o dell’art. 11 del Regolamento arbitrale della Borsa Merci di Bologna, per avere la Corte meneghina escluso la violazione del principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale, benché le riunioni nell’ambito dell’arbitrato si fossero svolte in difetto di una convocazione in almeno due occasioni, una delle quali oltretutto dedicata all’assunzione dei mezzi istruttori (per prova orale con il legale rappresentante della società mediatrice e con il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE), che poi nel lodo arbitrale si sarebbero dimostrate determinanti, pur se non riportate per la
decisione, e senza che tali dichiarazioni fossero verbalizzate, essendo state semplicemente riprodotte nel lodo.
16.1. -Il motivo è inammissibile.
Il giudice di merito ha avuto modo, in ordine a tale profilo, di precisare che il contraddittorio poteva ritenersi validamente realizzato allorquando ciascuna parte avesse avuto la possibilità di partecipare al procedimento attraverso la designazione -anche nella forma sostitutiva d’ufficio prevista dal Regolamento a garanzia dei diritti della parte rimasta inattiva -di un proprio mandatario, preposto ad intervenire, a nome e per conto della stessa, alla definizione contrattuale della controversia insorta, possibilità garantita nel caso di specie alla Società agricola Carbognin, che era stata debitamente invitata a provvedere alla nomina di un arbitro, con l’avvertimento che, in difetto, la nomina sarebbe avvenuta d’ufficio, nomina in effetti avvenuta e comunicata.
Senonché i ricorrenti nulla hanno dedotto sulla specifica violazione delle regole procedimentali da seguire, in forza del mandato conferito al collegio arbitrale (con precipuo riguardo alla necessaria convocazione delle parti ai fini dell’assunzione di elementi di prova).
Ebbene l’inosservanza del principio del contraddittorio verificatasi nel corso di un arbitrato irrituale rileva esclusivamente ai fini dell’impugnazione del lodo ex art. 1429 c.c., cioè come errore che, muovendo dalla violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri, abbia inficiato la volontà contrattuale espressa da questi ultimi, sicché la relativa deduzione comporta un’indagine da parte del giudice di merito sull’effettivo contenuto
del mandato stesso, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25054 del 18/09/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 22310 del 07/08/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 14986 del 28/05/2021; Sez. 1, Sentenza n. 1097 del 21/01/2016; Sez. 1, Sentenza n. 17636 del 10/08/2007; Sez. L, Sentenza n. 15353 del 09/08/2004).
Di tale errore, idoneo ad inficiare la volontà contrattuale, non vi è traccia nella doglianza esposta (né, a monte, nelle obiezioni mosse davanti ai giudici di merito).
17. -Il diciassettesimo motivo del ricorso afferisce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1382 e/o 1384 e/o 1182, secondo comma, e/o 1225 e/o 1429 c.c., per avere la Corte dell’impugnazione negato che la doglianza concernente la quantificazione della penalità per assunto inadempimento contrattuale fosse confacente allo schema dei vizi per l’impugnativa del lodo arbitrale irrituale, in quanto si sarebbe trattato di censura non prevista tra le fattispecie tipiche enucleate dalla norma di settore (riconducibili ai vizi della volontà del collegio arbitrale), riguardando piuttosto l’applicazione di regole di ermeneutica contrattuale o errori di giudizio o d’apprezzamento, aspetti non censurabili con l’impugnazione del lodo.
Per converso, assumono gli istanti che l’errore dedotto avrebbe avuto rilievo giuridico ai fini dell’impugnativa del lodo, non essendosi avveduto il giudice a quo che la prestazione oggetto della ‘conferma di compravendita’ non avrebbe dovuto far riferimento al mais di Bologna, bensì al mais di Rovigo, quale
luogo di produzione e soprattutto di consegna del prodotto; né i listini applicati dagli arbitri sarebbero stati quelli ufficiali.
E d’altronde precisano i ricorrenti che il lodo sarebbe stato errato, poiché avrebbe dovuto tenersi conto del prezzo al momento del sorgere del contratto e non del corrispettivo vigente al momento della sua esecuzione.
17.1. -Il motivo è inammissibile.
Esso -come già puntualizzato dalla sentenza impugnata -inerisce ad un asserito errore nella quantificazione della penalità contrattuale, che non rientrava in nessuna delle fattispecie normative tipiche previste dall’art. 808 -ter c.p.c., tanto da escludere che detto errore potesse essere inquadrato tra i vizi idonei a vulnerare la manifestazione di volontà del Collegio arbitrale, riguardando piuttosto l’applicazione di regole di ermeneutica contrattuale o un errore di giudizio o di apprezzamento.
18. -Il diciottesimo motivo del ricorso interessa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1463 c.c., per avere il Giudice di seconde cure ritenuto irrilevante il rilievo attinente all’eccezione già svolta in sede di costituzione in arbitrato circa il fatto che la prestazione oggetto della ‘conferma di compravendita’ fosse divenuta frattanto impossibile già nel momento iniziale fissato per l’esecuzione della prestazione del 24 agosto 2012, a causa di uno straordinario evento atmosferico certificato dal Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, della Sicurezza alimentare e degli Organi collegiali per la tutela della salute, come da comunicazione del 14 settembre 2012.
Specificano gli istanti che tale censura sarebbe stata certamente riconducibile all’ipotesi di un errore avente rilievo giuridico, tale da consentire di annoverarlo tra i motivi di censura di un lodo irrituale.
Né la doglianza sarebbe stata tardiva, in ragione della inapplicabilità, nella fattispecie, delle norme regolamentari.
E, del resto, la sussistenza e la gravità del suddetto evento atmosferico avrebbero avuto rilievo ai fini dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione, in quanto si sarebbe trattato di fenomeno interessante l’intera produzione nazionale, a fronte di un contratto di fornitura di una specifica quantità di mais (14% di umidità), con l’evidente interesse della COGNOME alla fornitura, che avrebbe dovuto intervenire in quell’anno, secondo la relativa produzione e raccolta, a cura della Società agricola COGNOME, quale società agricola e non di intermediazione negli scambi commerciali.
18.1. -Il motivo è inammissibile.
Come argomentato dalla pronuncia impugnata, con riguardo all’asserita risoluzione per impossibilità sopravvenuta, la deduzione era tardiva, anche in relazione al contenuto dell’art. XII delle Condizioni Ager (pienamente operanti tra le parti per quanto anzidetto), secondo cui la presenza di una causa di forza maggiore avrebbe dovuto essere comunicata al suo insorgere, o comunque non oltre tre giorni, a mezzo telegramma, alla propria controparte.
Per converso, tale impossibilità è stata comunicata solo con la revoca del 17 luglio 2012 (revoca peraltro inefficace).
19. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 8.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda