Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9030 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Ravanusa, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME
Ricorrente
contro
NOME NOME
Intimato avverso la sentenza n. 1940/2018 della Corte di appello di Palermo, depositata l’1.10 .2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12.2.2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con atto di citazione del 2014, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Giuseppe, COGNOME NOME e COGNOME NOME, condomini dello stabile di INDIRIZZO in Agrigento, proposero opposizione agli atti di precetto loro notificati dalla RAGIONE_SOCIALE altra condomina, con cui veniva loro intimato il pagamento pro quota della somma di euro 104.179,97, liquidata in favore della società dalla sentenza n. 898/2014
del Tribunale di Agrigento, che aveva condannato il condominio a titolo di risarcimento dei danni. A sostegno della opposizione dedussero che la loro quota di debito non andava calcolata rispetto all’intera somma al cui pagamento era stato condannato il condominio, dovendo da essa scomputarsi l’ importo corrispondente alla quota millesimale di proprietà del creditore ingiungente.
Il Tribunale di Agrigento accolse la domanda ed annullò il precetto opposto.
Proposto gravame da parte della società opposta, con sentenza n. 1940 dell’1.10.2018 la Corte di appello riformò solo in parte la decisione di primo grado, riconoscendo il diritto della I.RAGIONE_SOCIALE ad agire esecutivamente per il più limitato importo complessivo di euro 40.318,69. Motivò tale conclusione affermando che la sentenza di condanna era stata emessa nei confronti del l’intero condominio e che tutti i condomini erano solidamente responsabili e tenuti al pagamento della somma in essa liquidata, compreso il condomino danneggiato; il credito di quest’ultimo nei confronti degli altri condomini , pertanto, non poteva avere per oggetto la ripartizione del l’inter o importo liquidato, ma doveva tenere conto della quota di debito che, in quanto anch’e ssa condomino, era a suo carico; la sentenza di primo grado era tuttavia errata, laddove aveva fatto discendere da tali considerazioni l ‘invalidità dell’intero atto di precetto, in luogo di riconoscere il credito della società intimante in misura inferiore.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato a mezzo posta con invio in data 29.3. 2029 nei confronti del solo COGNOME DomenicoCOGNOME ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE affidato ad un unico motivo.
L’intimato COGNOME non ha svolto attività difensiva.
In via preliminare deve darsi conto che il ricorso risulta notificato al solo NOME COGNOME e non anche delle altre parti opponenti che hanno partecipato al giudizio di merito; tale omissione, tuttavia, non rende necessario alcun provvedimento da parte di questa Corte al fine di ristabilire l’integrità del contraddittorio, atteso che la decisione da adottare è -come si vedrà a breve – nel senso della infondatezza del ricorso. Trova infatti applicazione nel caso di specie l’indirizzo affermato da questa Corte, secondo cui il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, se il ricorso viene rigettato, di
non adottare alcun provvedimento diretto a garantire l’integrità del contraddittorio nei confronti delle controparti del ricorrente, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela delle garanzie di difesa dei litisconsorti (tra le tante, Cass. n. 19175 del 2023; Cass. n. 10839 del 2019; Cass. n. 11287 del 2018; Cass. n. 15106 del 2013)
Ciò precisato e passando all’esame del l ‘unico motivo di ricorso, con esso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 1292, 1293 e 20155 c.c. e dell’art. 615 c.p.c., censurandosi la sentenza impugnata per avere ritenuto che, in caso di sentenza di condanna del condominio al risarcimento del danno patito da un condomino, il credito del danneggiato non sia pari all’importo liquidato, dovendo da esso detrarsi una quota corrispondente alla sua responsabilità in quanto partecipante del condominio.
A dire della parte ricorrente, tale conclusione è errata, posto che, come la giurisprudenza ha evidenziato, il condomino danneggiato assume, nella situazione descritta, la posizione di terzo rispetto al condominio. Il danneggiato è infatti portatore di un interesse del tutto contrapposto al condominio, con l’effetto che, n el giudizio di risarcimento dei danni, il condominio convenuto rappresenta gli altri condomini, ma non il condomino danneggiato. La contrapposizione esistente tra il danneggiato ed il condominio impedisce quindi di riversare, sia pure in parte, sul primo gli effetti della condanna, quasi ad attribuirgli la doppia veste di parte lesa ed autore del danno.
Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia superato i limiti dei poteri di indagine attribuiti dalla legge al giudice dell’ opposizione a precetto, intervenendo sull’accertamento della situazione sostanziale del rapporto obbligatorio scaturente dal fatto illecito, che è materia propria del giudizio di cognizione in cui il titolo esecutivo si è formato. Questi limiti, si sostiene, sono stati superati dalla Corte territoriale laddove ha indagato sulla identità dei soggetti effettivamente tenuti all’adempimento , includendovi il danneggiato, e postulato una responsabilità dello stesso ai sensi dell’art. 1227 c.c., in stridente contrasto sia con la sentenza, che non ha affatto compiuto tale accertamento, che con il comando giudiziale in essa contenuto,
chiaramente rivolto nei confronti del condominio e non nei confronti del danneggiato.
Il motivo è infondato.
La ricorrente confonde e sovrappone due profili sostanziali che, nella vicenda in esame, devono invece essere tenuti ben distinti e separati: quello del rapporto obbligatorio che, a causa del fatto dannoso, si instaura tra il condomino danneggiato ed il condominio e che genera la responsabilità di quest’ultimo, e quello della ripartizione della spesa tra i condomini che segue alla sentenza di condanna del condominio al risarcimento del danno.
Sotto il primo profilo, non vi è dubbio che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 2, 14/02/1987, n. 1618; Cass. Sez. 3, 02/04/2001, n. 4797; Cass. Sez. 2, 18/05/2001, n. 6849; Cass. Sez. 3, 08/11/2007, n. 23308), richiamata dalla ricorrente, nel giudizio instaurato dal condomino per ottenere la condanna del condominio al risarcimento del danno, egli assume la posizione di terzo rispetto all’ente condominiale, essendo portatore di una situazione sostanziale contrapposta ed antitetica a quella del condominio, che addita come responsabile del pregiudizio subito. Posizione di terzietà che consente l’applicazione anche in queste fattispecie delle regole che governano il giudizio di responsabilità per fatto illecito, prima fra tutte quella che pone a carico del custode della cosa che ha cagionato il danno di provare, al fine di andare esente da responsabilità, che l’evento dannoso è stato causato da caso fortuito (art. 2051 c.c. ).
Sotto l’altro profilo, occorre invece rilevare che la pronuncia di condanna del condominio non esercita alcuna influenza sulla regola generale che stabilisce la responsabilità dei condomini per le obbligazioni contratte del condominio e la loro ripartizione pro quota . Questa regola non incontra alcun elemento di contrarietà o contraddizione nel caso in cui il condominio sia condannato a risarcire il danno subito da un condomino. La ripartizione del debito, infatti, trova il suo titolo nella situazione di comproprietà delle cose comuni in capo ai condomini, in forza di un nesso tra obbligo e proprietà che permane e non viene eliso dal fatto che la condanna del condominio sia affermata nei confronti di un condomino piuttosto che di un terzo. In tali situazioni, pertanto, il condomino
danneggiato non può essere considerato estraneo ed in posizione di terzietà rispetto all’ente condominiale, dal momento che la dichiarazione di responsabilità di quest’ultimo nei suoi confronti non interrompe il suo rapporto di comproprietà sui beni comuni, che rappresenta il titolo su cui si fonda, ai sensi dell’art. 1123 c.c., il suo obbligo di contribuzione.
In questo senso si è già espressa questa Corte, formulando il seguente principio di diritto: ‘ Il condomino, che subisca nella propria unità immobiliare un danno derivante dall’omessa manutenzione delle parti comuni dell’edificio ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza tuttavia essere esonerato dall’obbligo, che trova la sua fonte nella comproprietà o nella utilità di quelle e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile, di contribuire a sua volta, in misura proporzionale al valore della rispettiva porzione, alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni dell’edificio e alla rifusione dei danni cagionati ‘ (Cass. n. 18187 del 2021).
Non vale in contrario richiamare l’indirizzo della giurisprudenza che esclude , ritenendo l’eventuale delibera nulla, che l’assemblea di condominio possa ripartire le spese della controversia vertente con un condomino anche a carico di quest’ultimo (Cass. n. 1629 del 2018; Cass. n. 13885 del 2014; Cass. n. 801 del 1970).
La situazione richiamata è affatto diversa, dal punto di vista sostanziale, dalla fattispecie in esame. Nel caso indicato, l’esclusione dall’obbligo di contribuzione del condomino alle spese processuali sostenute dal condominio o che esso sia stato condannato a pagare, in quanto soccombente, in favore della controparte, discende, infatti, dalla considerazione che esse trovano causa non già nella situazione di comproprietà dei beni comuni, bensì nella determinazione del condominio, diretta a tutelare un interesse proprio ed opposto a quello del condomino in lite, di agire in giudizio nei confronti dello stesso ovvero di difendersi dalla sua pretesa. Si comprende quindi che, nel caso indicato, non possa porsi a carico di quest’ultimo alcun obbligo di contribuire all e spese
processuali del condominio, derivando esse da una autonomia iniziativa del condominio nei cui confronti egli è del tutto estraneo.
Nella fattispecie in esame, invece, il debito di contribuzione discende dalla situazione di comproprietà dei beni comuni, che coincide con il titolo stesso in forza del quale era stata riconosciuta la responsabilità del condominio per fatto illecito, ai sensi dell’art. 2051 c.c., ed emessa la sua condanna al risarcimento dei danni.
Il ricorso va pertanto respinto.
Nulla si dispone sulle spese del giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.