Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1921 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1921 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 14071-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, giusta procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa ;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2683/2017 della CORTE DI APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/11/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/02/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa otteneva la concessione di un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di euro 162.657,92, pretesa in forza della scrittura privata sottoscritta il 3 maggio 2012 dalla società RAGIONE_SOCIALE e da essa RAGIONE_SOCIALE in bonis per risolvere contestualmente un contratto di appalto tra loro concluso il 31 dicembre 2008, avente ad oggetto la costruzione di un edificio residenziale sito in Forlì.
Con sentenza n. 629/2015, pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., il Tribunale di Ravenna respingeva l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE, la quale interponeva appello, lamentando in particolare l’omessa lettura e valutazione integrale della scrittura privata del 3 maggio 2012, con la quale l’appellante dichiarava di non avere più nulla da pretendere, rinunciando alla garanzia per i vizi già segnalati dal direttore dei lavori, facendo salva la garanzia per i vizi non conosciuti o non conoscibili.
Con sentenza n. 2683/2017 la Corte di Appello di Bologna, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE , rigettava l’appello e confermava, con diversa motivazione, l’impugnata sentenza.
Avverso tale decisione NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi di doglianza, illustrati da memoria.
5. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede.
RAGIONI COGNOME DECISIONE
1.Con il primo motivo ( ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n.3 c.p.c., segnatamente degli artt. 183, 187 e 189 c.p.c., nonché degli artt. 24 e 111 Cost. per avere il giudice di appello ritenuto il corretto instaurarsi del contraddittorio in primo grado in palese violazione dello stesso ‘ ) RAGIONE_SOCIALE sostiene che il giudice di appello sarebbe incorso nello stesso errore del primo giudice, che ha trattenuto la causa in decisione sulla questione preliminare relativa alla proponibilità o meno della domanda/eccezione riconvenzionale di compensazione da essa proposta in giudizio, per poi deciderla sulla base della infondatezza della denuncia dei vizi, senza sottoporre previamente la questione alle parti, così violando il diritto di difesa di queste nell’esercizio del contraddittorio, determinando la nullità della sentenza (c.d. sentenza della ‘terza via’ o ‘a sorpresa’). La Corte di merito non avrebbe consentito a sua volta un corretto contradditorio, ritenendo errate le motivazioni poste a base della sentenza di primo grado per poi respingere l’appello sulla base del fatto che l’appellante non aveva provato quali vizi erano stati denunciati prima della sottoscrizione dell’accordo e quali dopo.
2.Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: ‘ violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., segnatamente degli artt. 183, 187 e 189 c.p.c.; nonché degli artt. 24 e 111 Cost. per violazione del contraddittorio e del giusto processo con specifico riferimento al diritto alla prova ‘ , la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere questa negato un completo e reale diritto
alla prova non essendole stata data la possibilità di dedurre i mezzi di prova perché non aveva specificato quale ‘ sarebbe stato il thema decidendum sul quale il Giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare se quella richiesta fosse stata accolta e quali prove avrebbe dedotto ‘ , quando sia l’atto di appello sia la conclusionale contengono, in uno con la censura dell’omessa concessione dei termini, una definizione sia del thema probandum sia del thema decidendum.
3.Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, con riferimento a ll’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1667 e 1669 c.c. e l’ inversione dell’onere probatorio dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di Appello di Bologna gravato RAGIONE_SOCIALE della prova che i vizi lamentati erano diversi da quelli oggetto della scrittura privata del 3 maggio 2012.
Sostiene NOME di non essersi sottratta all’onere probatorio che le incombeva, per avere denunciato i vizi una volta che erano emersi; per averli provati in parte (quelli accertati nel corso dell’ATP); per avere chiesto di accertare i restanti – quelli emersi successivamente -in base ad una CTU, producendo le lettere di contestazione e denuncia degli stessi. Il tutto, in assenza di contestazione di parte intimata.
4.Con il quarto motivo di ricorso COGNOME deduce, con riguardo all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1355, 1183, 1362 e 1367 c.c. per non avere il giudice fatto un corretto uso dei canoni ermeneutici e per avere qualificato la clausola contenuta nella scrittura privata (‘entro 10 120 giorni dalla data di ultimazione di lavori) come clausola che stabilisce un termine, in contrasto con il suo stesso tenore letterale, intendendo peraltro i lavori la cui
ultimazione ne segna la decorrenza come quelli oggetto della stessa scrittura, ossia quelli diretti alla totale liberazione del cantiere (liberazione verificatasi entro la data concordata del 13/05/2012).
Risulterebbe infine violato anche l’art. 1183 comma 2 c.c. per non avere il giudice di seconde cure ritenuto inesigibile il credito al momento della richiesta del decreto ingiuntivo e di avere invece identificato un termine per l’adempimento.
5.Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, per motivi di connessione, attenendo entrambi alla asserita violazione del contradditorio.
Si deve anzitutto precisare che la ricorrente, pur invocando formalmente il vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 3 c.c., e quindi la violazione di legge, nella sostanza invoca un error in procedendo e dunque prospetta il differente vizio di cui all’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c. Tuttavia, l’illustrazione contenuta nel ricorso è sufficientemente chiara nel prospettare la censura mossa alla sentenza gravata, la quale avrebbe ritenuto la sussistenza di un corretto esercizio del contradditorio in primo grado e, in fase di gravame, non avrebbe consentito all’appellante di dedurre i mezzi di prova sul presupposto che non sarebbero stati specificati il thema decidendum e il thema probandum .
5.1.I motivi sono infondati.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che l’ omessa indicazione alle parti ‘ di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità della sentenza (cd. della terza via o a
sorpresa) per violazione del diritto di difesa, tutte le volte in cui la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato ‘ (Cass. n. 11440/2021; Cass. n. 11308/2020).
Come specificato anche nella memoria illustrativa, la ricorrente lamenta che la mancata sottoposizione della questione alle parti ad opera del giudice di primo grado, che ha trattenuto la causa in decisione sulla questione preliminare relativa alla proponibilità o meno della domanda/eccezione riconvenzionale per poi decidere sulla base dell ‘ infondatezza della denuncia dei vizi avrebbe comportato l’impossibilità : a) di allegare e dibattere in ordine all’esistenza e al la portata dell ‘art. 8 della scrittura privata del 3 maggio 2012, che faceva salva la garanzia per vizi occulti; b) l’impossibilità di articolare mezzi istruttori, ossia l’acquisizione del fascicolo dell’accertamento tecnico preventivo R.G. n. 956/13 del Tribunale di Forlì; la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio per accertare i vizi emersi successivamente all’espletamento dell’APT; ‘ o ccorrendo’, la concessione di termini di cui all’art. 183 comm a 6 c.p.c. per formulare i mezzi istruttori.
Il giudice a quo ha rilevato che nella pronuncia di primo grado era effettivamente mancata una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte da una delle parti, con conseguente nullità della stessa. Tuttavia, trattandosi di violazione non rientrante tra i casi tassativi di rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art . 354 c.p.c., la Corte distrettuale ha provveduto ad esaminare il merito delle domande ed eccezioni sollevate dall’appellante in prime cure e
riproposte dallo stesso in sede di gravame, sostenendo anzitutto che, contrariamente a quanto esposto nella sentenza di primo grado, la scrittura del 03/05/2012 definì ogni contestazione relativa solo ai vizi e difetti apparenti rilevati nel contraddittorio tra le parti, ma non quelle relative a eventuali vizi occulti non ancora manifestatisi a quella data, come eccepito dall’opponente stesso.
Le istanze istruttorie formulate dall’appellante sono state tutte prese in considerazione dalla sentenza impugnata (‘ accertata la proponibilità dell’eccezione riconvenzionale di compensazione dell’opponente RAGIONE_SOCIALE occorre esaminare le istanze istruttorie dalla stessa svolta in questa sede per provarne il fondamento ‘: cfr. pag. 10 della motivazione).
Più precisamente, la sentenza di appello:
-ha respinto l’istanza di concessione dei termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. (nella versione all’epoca vigente) per il deposito delle memorie istruttorie, sul presupposto che qualora la parte lamenti la mancata concessione del suddetto termine, la stessa non può limitarsi a dedurre la violazione del proprio diritto di difesa, ma deve specificare quale sarebbe stato il thema decidendum sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare se quella richiesta fosse stata accolta e quali prove avrebbe dedotto (mentre l’appellante ‘ si è limitata a chiedere la concessione del termine in questione per formulare istanze di cui non ha chiarito il contenuto ‘) ;
-ha ritenuto superflua l’acquisizione del fascicolo del procedimento per ATP n. 956/13 del Tribunale di Forlì, avendo la società RAGIONE_SOCIALE prodotto in copia i relativi atti, in allegato al proprio atto di opposizione a decreto ingiuntivo;
ha reputato che l’asserito accertamento di vizi occulti manifestatisi successivamente alla risoluzione bonaria del contratto di appalto sia stato smentito dall’esame delle risultanze dell’RAGIONE_SOCIALE , che ha provveduto ad analizzare;
quanto, infine, alla richiesta di una CTU (a tacere della sua esclusione dal novero dei mezzi di prova nella disponibilità delle parti: di recente v. Cass. n. 25354/2022), ha affermato che l’impossibilità di accertare con la dovuta precisione l’ambito di applicazione dell’obbligo di garanzia rimasto a carico dell’appaltatore ai sensi dell’art. 8 della transazione stipulata tra le parti conduce ad una incertezza che non può essere colmata con l’ammissione della CTU.
Alle pagg. 11-13 della motivazione, il giudice di appello ha dunque provveduto ad analizzare, con un accertamento di fatto che appare sorretto da adeguata motivazione e che è incensurabile in questa sede, le deduzioni istruttorie avanzate da RAGIONE_SOCIALE, rilevando la violazione dell’onere di allegazione, non avendo RAGIONE_SOCIALE chiarito ‘ quali ‘vizi e difetti’ erano stati ‘già segnalati dal D.L. Porcellini Davide ‘ rispetto ai quali RAGIONE_SOCIALE dichiarò ‘di non avere nulla a pretendere, per alcun titolo o ragione’ (art. 7 scrittura 3.05.2012) ‘ (cfr. pag. 12 della decisione impugnata).
5.2.Si deve pertanto escludere che NOME non sia stata messa in grado di ‘argomentare sulla valenza della scrittura privata o quanto meno sulla rilevanza degli art. 7 e 8 della scrittura privata, né di articolare prove a supporto delle proprie tesi’ (cfr. pag. 11 -12 ricorso),
È consolidato indirizzo di questo Giudice che la soluzione di questioni di puro diritto, ove non preceduta dalla attivazione del contraddittorio, non determini necessariamente ex se la
nullità della sentenza. La nullità processuale deve avere impedito l’esercizio del diritto alla prova. Per usare le parole della stessa ricorrente che si leggono nella memoria illustrativa, se ‘ la lesione non arreca alcun danno concreto alla posizione processuale della parte questa non ha in sostanza motivo di dolersene ‘ , posto che la stessa non ha un interesse tutelabile al rispetto del contraddittorio in astratto ma ha un interesse meritevole di tutela ogni qualvolta il mancato rispetto delle forme del contraddittorio abbia leso concretamente un suo diritto.
Tale lesione non sussiste nel caso di specie.
La ratio della decisione impugnata, sul punto, va individuata nella impossibilità di stabilire quali vizi e difetti vennero contestati alla RAGIONE_SOCIALE prima e in occasione della conclusione dell’accordo e quali invece furono ritenuti insorti successivamente. Questo accertamento è stato impedito dalla mancanza di allegazione dei fatti di causa (è d’altra parte la stessa ricorrente ad affermare che le è stata preclusa la possibilità di ‘ allegare e dibattere in ordine all’esistenza e alla portata dell’art. 8 della scri ttura privata del 3 maggio 2012 …’: v. pag. 3 della memoria), alla quale non può supplire neppure la successiva produzione di documentazione (Cass. n. 24607/2017).
6.Anche il terzo motivo è infondato.
Nel caso di specie la dimostrazione dell’esistenza di vizi non ricompresi tra quelli oggetto di considerazione nella scrittura privata stipulata tra le parti, oggetto dell’eccezione di compensazione con il credito ingiunto, è stata posta correttamente dalla sentenza impugnata in capo all’attuale ricorrente, contrariamente a quanto dalla stessa sostenuto,
non ravvedendosi quindi nel caso di specie alcuna violazione del riparto degli oneri probatori.
Tutto ciò appare conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte che, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’articolo 1490 c.c. (ma il principio può essere applicato anche in tema di appalto), pone in capo al compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. l’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi (Cass. S.U. n. 11748/2019).
Nel caso in esame la ricorrente non risulta neppure avere assolto, come si è già precisato, l’onere di allegazione, secondo quanto ha riscontrato la sentenza impugnata, la quale ha concluso che, non essendo possibile ‘ stabilire quali vizi e difetti vennero in concreto contestati alla RAGIONE_SOCIALE prima e in occasione della conclusione dell’accordo del 3.5.2012 che portarono … alla notevole riduzione del corrispettivo preteso dalla cooperativa per le opere eseguite fino al 3.2.2012, non è neppure possibile accertare con la dovuta precisione l’ambito di applicazione dell’obbligo di garanzia rimasto a carico dell’appaltatore ‘, in forza dell’art. 8 della transazione.
7.Il quarto motivo merita invece accoglimento.
Come si legge in sentenza, la clausola (art. 5) del l’accordo siglato tra le parti per la risoluzione consensuale del contratto di appalto) così recita: ‘ l’ importo (di euro 78.000,00 oltre Iva), unitamente al corrispettivo di cui al SAL n. 5 relativo alle opere eseguite sino alla data del 15/02/2012 (pari a euro 90.000 come da citata lett. b) per un totale di euro 168.000,00 (…) oltre Iva verrà corrisposto da RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art 11 del contratto di appalto entro 120 giorni dalla data di ultimazione dei lavori ‘.
La Corte distrettuale ha ritenuto che tale clausola preveda l’apposizione di un termine, posto che, ‘ diversamente opinando, si finirebbe, tra l’altro, per subordinare il sorgere del credito in questione ad una condizione sospensiva meramente potestativa (nulla ex art. 1355 c.c.) ovvero alla mera volontà di NOME di decidere se, quando e con quali modalità portare a termine le opere ‘.
Tale interpretazione è errata, ponendosi in contrasto con quello che al giudice a quo è parso ‘ il chiaro tenore letterale della scrittura ‘, posto che i 120 gg. decorrono da un evento futuro e incerto -l’ultimazione dei lavori -avente le caratteristiche strutturali di una condizione in quanto privo di certezza.
L’ ultimazione dei lavori fatta coincidere con lo sgombero del cantiere da parte dell’intimata non tiene poi conto delle altre clausole della scrittura privata e della necessità della loro interpretazione complessiva, per attribuire ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto . Presupposto dichiarato di tale accordo (quindi, accettato da ambo le parti) era infatti la riconosciuta impossibilità di RAGIONE_SOCIALE ‘ di riprendere i lavori ‘ e della necessità della committente ‘ di proseguirli con altra impresa ‘ , dunque con un soggetto terzo . Al contempo ‘ RAGIONE_SOCIALE rilasciava quindi, ‘i n data odierna ‘ (ossia la data della stipulazione dell’accordo: 3.5.2012) il cantiere ‘ libero e vuoto da persone e nella piena disponibilità di RAGIONE_SOCIALE ‘, impegnandosi a ‘ smontare e rimuovere i beni ancora presenti ‘ di cui l’allegato elenco entro il 13/05/2012 ” , al fine -deve supporsi -di consentire il completamento dei lavori da parte di altri appaltatori.
7.1.La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ravvisato la sussistenza di una condizione meramente potestativa ‘ in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto ‘, configurando invece la condizione potestativa ‘ quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato ‘ (Cass. n. 18239/2014; e v. Cass. n. 11774/2007).
La conclusione cui approda la sentenza gravata secondo la quale, in alternativa alla configurazione di un termine (tra l’altro affermata in motivazione con toni quasi apodittici: ‘ essendosi trattato della fissazione di un termine lo stesso non può che essere individuato nella ultimazione dei lavori oggetto della scrittura del 03/05/2012, quali quelli diretti alla totale liberazione del cantiere ‘ ), la clausola esprimerebbe una condizione meramente potestativa, non ha tenuto in adeguata considerazione l’interesse di NOME, condiviso anche da RAGIONE_SOCIALE, di affidare ad altro appaltatore l’ultimazione dei lavori e di mettere sul mercato l’ immobile.
L’attribuzione alla clausola della natura giuridica di un termine, che sovrappone sostanzialmente il tempo di decorrenza (120 giorni) con l’evento iniziale condizionante, ha
condotto poi la Corte di appello bolognese a considerare esigibile il credito vantato per intervenuta scadenza del tempo dell’inadempimento, quando il fatto condizionante non avverato non legittimava una tale conclusione.
Spetterà al giudice del rinvio, in diversa composizione, operare un nuovo esame sul punto degli atti di causa e riconsiderare le difese della ricorrente alla stregua dei principi sopra ricordati.
8.In conclusione, merita accoglimento il quarto motivo di ricorso, mentre devono essere respinti i restanti. La decisione impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Appello di Bologna, che -in diversa composizione -si uniformerà ai principi di diritto indicati sul punto e deciderà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso; rigetta i primi tre motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda