Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9435 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9435 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
Oggetto: Mediazione – Provvigione – Contratto sottoposto a condizione sospensiva.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18437/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMEcontroricorrente – avverso la sentenza n. 672 emessa dalla Corte d’Appello di Genova il 15/6/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, premesso che aveva svolto, su incarico dell’amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, attività di mediazione in relazione alla vendita, intercorsa tra la predetta e RAGIONE_SOCIALE, di un immobile commerciale, sito in Genova, INDIRIZZO che la proposta di acquisto era stata sottoscritta per accettazione dall’amministratore unico della società venditrice e che le parti avevano successivamente rinunciato all’affare, convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE onde ottenerne la condanna al pagamento della provvigione dovutale.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE dedusse che il contratto era stato concluso senza la mediazione dell’attrice, essendosi le parti conosciute e avendo intavolato trattative per la compravendita dell’immobile prima dell’intervento della stessa, e che l’affare non era andato a buon fine in quanto non si era verificata la condizione sospensiva alla quale ne era stata subordinata l’efficacia, essendo stata prevista l’estinzione anticipata dal contratto o il subentro dell’acquirente nel contratto di leasing stipulato dalla Geim con MPS.
Il Tribunale di Genova accolse la domanda dell’attrice, condannando la convenuta al pagamento della provvigione di € 90.000,00, con sentenza n. 1177 del 27/04/2018, che, impugnata dalla medesima RAGIONE_SOCIALE fu confermata dalla Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 672/2021, pubblicata il 15/06/2021.
Contro la predetta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in liquidazione si difende con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano omesso di motivare sulla reiezione della censura con la quale l’appellante aveva evidenziato che l’attrice non aveva affatto contribuito alla conclusione dell’affare, avvenuta già nel mese di novembre 2009, e che l’incarico conferitole alla fine del dicembre 2009 aveva avuto riguardo alla sola risoluzione delle questioni relative all’esatta determinazione del confine del bene in vendita e ai rapporti con la RAGIONE_SOCIALE per il subentro dell’acquirente nel contratto di leasing, nonché alla trasfusione per iscritto dell’accordo raggiunto, avvenuto con l’impegnativa di acquisto del 18/1/2010, come dimostrato dalla data dell’assegno (30/11/2009) di euro 50.000,00, emesso dalla società acquirente RAGIONE_SOCIALE a garanzia della proposta stessa, dal fatto che nessuna provvigione fosse stata chiesta a quest’ultima e dal tenore delle prove testimoniali acquisite.
I giudici di merito si erano, infatti, limitati a sintetizzare le deposizioni di alcuni testi, a rilevarne il contrasto con la deposizione di altro teste, a riassumere la corrispondenza intercorsa tra le parti successivamente alla firma dell’impegnativa e a concludere che le precedenti proposte non avevano avuto seguito, diversamente da quella del Valente del 18/1/2010, così da non rendere chiare le ragioni poste alla base della valutazione e decisione assunta.
1.2 Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, proposta dalla controricorrente, sul presupposto che i singoli motivi siano da sussumere nella fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., soggetta alla preclusione della c.d. doppia conforme, e comportino una rivisitazione nel
merito del compendio probatorio, dovendosi interpretare ciascun motivo in modo autonomo e trovando ciascuno di essi fondamento nei diversi vizi della violazione di legge e del difetto di motivazione.
Venendo al merito, il primo motivo è infondato.
Occorre, in primo luogo, osservare come, ai sensi dell’art. 1754 cod. civ., si qualifichi mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare e come il diritto alla provvigione ex art. 1755 cod. civ. sorga tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale (c.d. causalità adeguata) con l’attività intermediatrice (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403; Cass., 08/04/2022, n. 11443; Cass. 3134/2022, 7029/2021, 5495/2021, 4644/2021, 3055/2020; Cass., Sez. 3, 20/12/2005, n. 28231).
Orbene, l’aspetto che viene in rilievo con la censura in esame è quello relativo alla c.d. ‘causalità adeguata’, con la cui locuzione deve intendersi la situazione nella quale la conclusione dell’affare sia effetto causato adeguatamente dall’intervento del mediatore (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403), e questa sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, sempre che questo possa ritenersi conseguenza prossima o remota dell’opera dell’intermediario tale che, in assenza, il contratto stesso non si sarebbe concluso (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403; Cass., 08/04/2022, n. 11443; Cass. 3134/2022, 7029/2021, 5495/2021, 4644/2021, 3055/2020; Cass., Sez. 3, 20/12/2005, n. 28231), senza necessità che il mediatore intervenga o partecipi attivamente anche alle successive trattative sino all’accordo definitivo, né che sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare (Cass., Sez. 2, 16/01/2018, n. 869; Cass., Sez. 3,
09/12/2014, n. 25851; Cass., Sez. 2, 25/10/2010, n. 21836; Cass., Sez. 3, 24/01/2007, n. 1507).
Come affermato più volte da questa Corte, l’affare non può dirsi, però, concluso per effetto dell’intervento del mediatore solo perché questo ha messo in relazione le parti, non essendo possibile attribuire il diritto alla provvigione sulla base di un nesso puramente condizionalistico o della condicio sine qua non (in questi termini Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403), ma è necessario che la ricostruzione in positivo dell’efficienza causale adeguata dell’opera del mediatore sia valutata in maniera tale da rinvenire nella conclusione dell’affare un effetto adeguato della condotta del mediatore (Cass., Sez. 2, 2/2/2023, n. 3165; Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403), come possibile ricavare dall’interdipendente distinzione di ruolo e di portata normativa tra l’art. 1754 cod. civ. e l’art. 1755, primo comma, cod. civ., la quale, come chiarito da Cass., Sez. 2, 2/2/2023, n. 3165 cit., conduce ad affermare che mentre la prima disposizione si limita a definire la figura del mediatore come «colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza», la seconda attribuisce ad essa una portata normativa ulteriore di ordine negativo, rispetto al carattere esclusivamente definitorio che le è proprio, sostanzialmente negando che la semplice messa in relazione delle parti sia requisito idoneo, di per sé, a far reputare l’affare concluso per effetto dell’intervento del mediatore.
Se è vero che la valutazione operata dal giudice di merito in ordine all’esistenza del nesso di causalità adeguata è soggetta alla verifica di legittimità, posto che l’art. 1755, primo comma, cod. civ., descrive soltanto in negativo l’effetto adeguato e che la norma è destinata, in ragione della sua elasticità, ad essere progressivamente precisata dalla Corte di Cassazione
nell’estrinsecarsi della funzione nomofilattica fino alla formazione del diritto vivente (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403), è anche vero che i giudici di merito hanno ampiamente motivato sulle ragioni per le quali hanno ritenuto che il preliminare di vendita tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fosse stato concluso grazie all’intermediazione della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, tenendo conto di quanto affermato da NOME COGNOME e di quanto risultante dalla proposta di acquisto del 18/1/2010, redatta su carta intestata allo Studio immobiliare COGNOME, sottoscritta per accettazione dal NOME (ancorché seguita da revoca del 31 gennaio e rinuncia alla revoca in pari data) e comunicata al promissario acquirente, sostenendo che i precedenti contatti tra le parti non avessero avuto alcun esito probabilmente in ragione del prezzo originariamente richiesto.
Va, peraltro, evidenziato come la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, debba essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830). Scendendo più nel dettaglio
sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. da ultimo, Cass., Sez. U, 30/1/2023, n. 2767; vedi anche, tra le tante, Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061).
Tali criteri non sono stati però violati nella specie, avendo i giudici di merito argomentato sulle ragioni per le quali hanno ritenuto provato il nesso di c.d. causalità adeguata, senza che possa darsi rilievo al cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali il quale, come noto, non dà luogo ad un vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ., – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., Sez. 1, 26/9/2018, n. 23153; Cass., Sez. 3, 10/6/2016, n. 11892), sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi le proprie, la valutazione delle
risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie concreta operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità ( ex plurimis Cass., Sez. 1, 6/11/2023, n. 30844; Cass., Sez. 5, 15/5/2018, n. 11863, Cass., Sez. 6-5, 7/12/2017, n. 29404; Cass., Sez. 1, 2/8/2016, n. 16056).
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 1362 cod. civ. nell’interpretazione della condizione sospensiva prevista dall’impegno di acquisto del 18/01/2010, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano respinto il motivo col quale l’appellante aveva evidenziato il mancato avveramento della condizione apposta al contratto preliminare di vendita, avente ad oggetto l’estinzione anticipata del leasing oppure il subentro nel medesimo contratto di leasing della RAGIONE_SOCIALE o di altra società designanda, evidenziando che RAGIONE_SOCIALE aveva proposto di procedere con l’esercizio anticipato dell’opzione di acquisto prevista dal contratto di leasing .
Ad avviso del ricorrente, l’equivalenza tra estinzione anticipata del contratto di leasing ed esercizio anticipato dell’opzione di acquisto dell’immobile, costituenti, rispettivamente, estinzione anticipata del contratto e presupposto per l’esercizio del diritto del locatario di acquistare la proprietà del bene, ravvisata dai giudici di merito, non teneva conto del fatto che, nel primo caso, Oldmoor, una volta sciolto il contratto di leasing , avrebbe stipulato un nuovo contratto di leasing con MPS e che, nel secondo, l’immobile sarebbe stato acquisto da RAGIONE_SOCIALE e rivenduto a Oldmoor, così imponendo un doppio trasferimento e doppi costi anche fiscali, con la conseguenza che i giudici di merito non avevano considerato né il tenore letterale della clausola apposta al contratto, dicente ‘ estinzione anticipata del leasing’, né il comportamento tenuto dalle parti successivamente alla lettera di MPS del 10/2/2010, che
proponeva l’esercizio anticipato dell’opzione di acquisto, essendosi tutte, compreso lo stesso COGNOME, attivate perché la MPS accettasse il subentro di RAGIONE_SOCIALE (o meglio di RAGIONE_SOCIALE all’uopo costituita) nel contratto di leasing .
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza per apparenza e incomprensibilità della motivazione, in violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello, nell’interpretare l’estinzione anticipata del contratto di leasing come equipollente dell’esercizio anticipato dell’opzione di acquisto dell’immobile, aveva reso una motivazione apparente, non avendo argomentato sulla equivocità e insufficienza del dato letterale del contratto esaminato onde accedere a criteri interpretativi diversi per la ricostruzione della volontà delle parti.
4. Il secondo e terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto afferenti al medesimo thema decidendum della corretta interpretazione della condizione sospensiva apposta alla proposta di acquisto, ora affrontata in termini di violazione delle norme ermeneutiche di interpretazione del contratto, ora di difetto di motivazione, sono fondati.
Partendo dalla sentenza impugnata, occorre considerare come i giudici di merito abbiano respinto la censura riguardante il mancato avveramento della condizione sospensiva per non avere la Banca accordato né l’estinzione anticipata, né il subentro dell’acquirente nel leasing , sostenendo che questa, non potendo accordare all’acquirente il subentro nel contratto, avesse comunque concesso la facoltà di estinguerlo anticipatamente attraverso l’esercizio del diritto di opzione di acquisto dell’immobile, posto che, diversamente, la risoluzione del contratto ovvero l’interruzione anticipata del rapporto avrebbe comportato la retrocessione
dell’immobile alla Banca e la perdita della possibilità di acquistarne la proprietà.
Orbene, la questione afferente all’avveramento o meno della condizione sospensiva apposta al contratto preliminare di vendita attiene al diverso aspetto della conclusione dell’affare, il quale, come precisato nel motivo che precede, costituisce uno dei requisiti per l’insorgenza del diritto del mediatore alla provvigione.
Per ‘conclusione dell’affare”, deve intendersi, in particolare, ciò che, nel linguaggio comune, è l’equivalente del contratto (Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519) e, dunque, il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti, nel loro complesso, a realizzare un unico interesse economico, quand’anche con pluralità di soggetti, di modo che la condizione perché il predetto diritto sorga è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale (Cass., 06/04/2022, n. 11127) – purché vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, tenute al pagamento della provvigione (Cass., 06/04/2022, n. 11127) -, né quando non vi sia una coincidenza totale tra oggetto iniziale delle trattative ed oggetto conclusivo dell’affare (Cass., Sez. 3, 9/12/2014, n. 25851) per essere stati bene e prezzo modificati in esito alle trattative intavolate per effetto dell’opera del mediatore (Cass., Sez. 3, 9/12/2014, n. 25851). Occorre, in sostanza, il compimento di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno (come, nella specie, in caso di contratto preliminare di
compravendita di un immobile), purché sufficiente a far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di contratto validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e, quindi, della forma scritta richiesta ad substantiam ex artt. 1350 e 1351 cod. civ. (Cass., Sez. 3, 19/10/2007, n. 22000; Cass., Sez. 3, 26/9/2005, n. 18779), derivando altrimenti dalla presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell’affare la perdita ex art. 1757, terzo comma, cod. civ., del diritto al compenso (Cass., Sez. 3, 10/05/2002, n. 6731).
Allo stesso modo, il mancato verificarsi di una condizione sospensiva impropria, cui sia subordinata dalle parti l’efficacia del contratto stipulato per intervento di un mediatore, consistente nell’esito positivo dell’accertamento di un fatto anteriore alla conclusione del contratto stesso, e per la cui operatività non è richiesto il previo consenso del mediatore, impedisce la conclusione dell’affare, nei termini sopra specificati, ai fini dell’ottenimento della provvigione da parte del mediatore stesso (in questi termini Cass., Sez. 2, 18/12/2024, n. 33208; Cass., Sez. 3, 2/4/2009, n. 7994; Cass., Sez. 3, 20/02/1979, n. 1092; Cass., Sez. 3, 22/11/1978, n. 5463).
Questa Corte, analizzando il caso di un contratto preliminare di vendita immobiliare sottoposto alla condizione dell’ottenimento del mutuo da parte dell’acquirente onde poter provvedere al pagamento in tutto o in parte del prezzo, da qualificarsi in termini di condizione mista perché dipendente non solo dalla volontà della banca, ma anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la relativa pratica, ha affermato che la mancata concessione del mutuo comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’art. 1359 cod. civ., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile nel caso in cui la parte
tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della condizione, sia perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista, con conseguente esclusione dell’obbligo di corrispondere la provvigione in favore del mediatore (Cass., Sez. 2, 22/6/2023, n. 17919).
Orbene, i giudici di merito, pur avendo presente che la condizione apposta al contratto si riferiva esclusivamente alla concessione, da parte della Banca, all’estinzione anticipata del contratto di leasing oppure al subentro dell’acquirente nel medesimo contratto, ha ritenuto che la condizione si fosse comunque avverata in quanto il medesimo istituto aveva offerto alle parti di estinguere anticipatamente il contratto di leasing , esercitando il diritto di opzione dell’acquisto del bene da parte del promittente venditore.
In tal modo però i giudici di merito hanno sostanzialmente sostituito al contratto una clausola diversa, quanto a contenuto ed effetti, rispetto a quella pattuita, posto che la condizione inserita nel contratto aveva di mira l’esclusione del passaggio di proprietà del bene in capo all’acquirente, ciò che si sarebbe ottenuto soltanto con l’estinzione anticipata senza esercizio dell’opzione di riscatto oppure con il subentro dell’acquirente nel contratto di leasing .
Deriva da quanto detto la fondatezza della censura.
5. Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché, con riferimento alla pattuizione per cui i costi e gli oneri che fossero emersi a fronte dell’estinzione anticipata del contratto di leasing non avrebbero dovuto superare l’ammontare complessivo di euro 50.000,00, i giudici avevano ritenuto che i
costi dovuti alla Banca per l’estinzione del contratto non superavano il predetto importo, dovendosi escludere i canoni in scadenza e quelli da verificare in attesa dell’esito dell’operazione di acquisto, senza considerare che il limite massimo di spese pattuito si riferiva a tutti gli oneri che fossero emersi a qualunque titolo e, in particolare, ai costi e/o penali a fronte dell’estinzione anticipata, ivi compresi i canoni in scadenza, i quali tutti ammontavano, secondo il calcolo di MPS, a euro 72.757,46 complessivi, oltre alla somma di euro 1.129.389,04 a titolo di vendita.
Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta, infine, la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso del tutto di motivare nella parte in cui avevano escluso i canoni in scadenza degli oneri da considerare per verificare il rispetto del limite di euro 50.000,00 previsto nell’impegnativa di acquisto.
Il quarto e il quinto motivo, afferenti entrambi alla questione del limite quantitativo delle spese da affrontare per la fattibilità dell’operazione, restano assorbiti dall’accoglimento del secondo e terzo.
In conclusione, dichiarata l’infondatezza del primo motivo, la fondatezza del secondo e del terzo e l’assorbimento del quarto e del quinto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 marzo 2025.
La Presidente
NOME COGNOME