Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22101 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22101 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16988/2022 R.G.
proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del ricorso, domiciliati ex lege come da domicilio digitale;
-ricorrenti –
nei confronti di
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv . NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME e come da domicilio digitale;
-controricorrente-
CC 9 giugno 2025 Ric. 16988 del 2022 Pres. P.A.P. Condello Rel. I. Ambrosi
nonché contro
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-intimati- per la cassazione della sentenza n. 635/2022 della Corte d’ appello di BARI pubblicata il 27 aprile 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2025 dalla
Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
Fatti di causa
Ai fini dell’esame del presente giudizio, giova ricostruire la vicenda sottesa.
1.1. NOME COGNOME, ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di Bari in data 29/10/94, aveva ingiunto a NOME COGNOME il pagamento della somma di € 68.856,30 a titolo di maturate competenze professionali per una prestazione eseguita su incarico e per conto del predetto, titolare di una impresa edìle; l ‘ingiunto NOME COGNOME aveva proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Bari e, deceduto nelle more del giudizio, il giudizio veniva riassunto nei confronti degli eredi e si costituivano la moglie NOME COGNOME ed i quattro figli, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME.
Il giudizio di opposizione veniva estinto nel dicembre del 2004, a seguito di una transazione in forza della quale, gli eredi del COGNOME si impegnavano ad affidare all’ing. COGNOME un nuovo e diverso incarico professionale, avente ad oggetto la progettazione esecutiva, lottizzazione, urbanizzazione, sicurezza e frazionamento per la costruzione di ville in località di Palo del Colle, a fronte, per il creditore opposto, della rinuncia all’azione monitoria.
Asseriva Amendolara, in particolare, che si era convenuto, per ciascuna villetta, un compenso di € 4.000,00, condizionato al rilascio del permesso di costruire da parte del competente Comune e che, in forza della predetta transazione novativa ed adempiendo alla prestazione commissionata, egli aveva redatto il commissionato progetto per 14 ville a schiera, regolarmente approvato dal Consiglio Comunale, così maturando un compenso complessivo
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
di € 56.000,00, reiteratamente richiesto ai predetti eredi COGNOME e da costoro mai soddisfatto.
1.2. NOME COGNOME ha, quindi, convenuto in giudizio gli eredi COGNOME dinanzi al Tribunale di Bari, invocando, in via principale, la condanna dei convenuti al pagamento della somma di € 56.000,00 ovvero, in via subordinata , di quella di € 50.696,41, oltre accessori e conseguenziali statuizioni di rito. Si costituivano in giudizio tutti i convenuti, contestando la fondatezza dell’avversa domanda ; in particolare, eccepivano la genericità dell’accordo transattivo ex adverso richiamato, privo di data certa e comportante un convenuto compenso di € 4.000,00, di cui € 2.000,00 soggetto a fatturazione; contestavano l’incompletezza della prestazione professionale, con conseguente insussistenza di alcun inadempimento loro imputabile, atteso che nessun termine di adempimento era stato convenuto, e l’insufficienza del solo progetto e piano di lottizzazione a supportare l’avversa pretesa creditoria , nonché l’ irrilevanza ai fini probatori del prodotto parere di congruità a corredo della parcella, privo di alcuna efficacia in un giudizio di opposizione.
Il Tribunale di Bari, con sentenza del 5/09/2017, rigettava la domanda, con compensazione delle spese; per quanto ancora di rilievo, il Giudice di prime cure affermava che le parti avessero subordinato l’efficacia del contratto alla condizione sospensiva del rilascio del permesso di costruire, condizione mai avveratasi.
Avverso la sentenza di primo grado, proponeva gravame NOME COGNOME dinanzi alla Corte d’appello di Bari, chiedendone la riforma e l’accoglimento della domanda . Con due distinti atti e due diversi difensori, si costituivano gli appellati, chiedendo -con una comune linea difensiva- il rigetto dell’appello .
Con la sentenza n. 635/2022, qui impugnata, la Corte d’ appello di Bari, ritenendo la sussistenza di una condizione meramente potestativa rimessa alla volontà dei committenti, ha accolto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME ed, in integrale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
la domanda originaria e condannato gli appellati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido, al pagamento, in favore dell’appellante , della somma di € 56.000,00, oltre interessi legali decorrenti dalla notifica della domanda introduttiva, e alla integrale refusione, in solido tra loro , in favore dell’appellante delle spese e competenze difensive del doppio grado di giudizio.
3. Avverso la sentenza della Corte d’ appello, hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sorretto da quattro motivi; ha resistito con controricorso NOME COGNOME sebbene intimati, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc. civ.
Hanno depositato memoria i ricorrenti.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 1355 c.c. ‘ ; in particolare, contestano che l a Corte d’appello abbia ritenuto quale condizione meramente potestativa quella apposta alla lettera A dell’accordo transattivo in ordine al diritto al compenso dell’ing. COGNOME dichiarandone quindi l’inefficacia e ritenendola come non apposta (trascrivono sul punto uno stralcio della pag. 9 della motivazione della sentenza impugnata). A parere dei ricorrenti, l’applicazione dell’art. 1355 c.c. compiuta dal Giudice d’appello sarebbe totalmente errata, in quanto la richiamata norma non stabilisce la nullità della condizione ma, testualmente, la nullità dell’obbligazione; quindi, la natura meramente potestativa della condizione del rilascio del permesso di costruire (provvedimento questo che il Comune di Palo del Colle poteva rilasciare solo su domanda degli eredi COGNOME) avrebbe dovuto condurre la Corte a dichiarare la nullità originaria dell’obbligazione di pagamento da loro assunta nei confronti dell ‘ Amendolara.
1.2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
La confezione della censura oggetto del motivo, formalmente posta in relazione alla violazione o falsa applicazione di legge, si atteggia come contestazione all’interpretazione di una clausola contrattuale, senza specificare a quali criteri di ermeneutica in relazione all’art. 1355 c.c. non si sarebbe attenuto il Giudice d’appello.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al fine di far valere tale violazione, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).
Per vero, la censura veicolata con il mezzo in esame, nonostante la formale intestazione, nella sostanza, attiene a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello espresso dalla Corte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto la valutazione ad esso funzionale delle risultanze istruttorie e della loro inferenza probatoria è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove in base al libero apprezzamento, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (tra tante, Cass. 16/04/2024 n. 10161; Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Neppure i ricorrenti si peritano, come rilevato correttamente dal controricorrente (pag. 9 del controricorso), di spiegare per quale ragione la nullità della singola clausola renderebbe nullo l’intero contratto secondo la disciplina di cui all’art. 1419 c.c.
CC 9 giugno 2025 Ric. 16988 del 2022 Pres. P.A.P. Condello Rel. I. Ambrosi
La Corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, lungi dall’aver erroneamente applicato la norma invocata in relazione alla clausola del patto transattivo oggetto di lite, sulla base di pacifiche emergenze rilevabili dall’istruttoria documentale in atti, ha in primo luogo considerato «prima fra tutte, la evidente ripartizione dei rispettivi obblighi contrattuali gravanti sulle parti, gravando, in capo al prestatore professionista, la prestazione attinente alla progettazione preliminare delle costruzioni, la cui corretta esecuzione risulta avvalorata dalla prodotta delibera consigliare di approvazione del progetto, a fronte della correlativa prestazione a carico dei proprietari committenti di attivarsi per conseguire il permesso di costruzione, adempimento agli stessi esclusivamente ascrivibile»; in secondo luogo, ha adeguatamente dato conto del comportamento tenuto dai germani COGNOME «ben consapevoli dell’approvazione del progetto di cui innanzi e della esaustività dello stesso (v. interrogatori formali degli stessi) e successivamente allo stesso, alcuna attività o richiesta esplicitavano al Comune per il rilascio del permesso, non potendo lo stesso, evidentemente, essere rilasciato d’ufficio, necessitando di un’esplicita richiesta corredata dalla prescritta documentazione, persistendo tale inerzia malgrado il sollecito stragiudiziale operato dall’COGNOME con la prodotta racc., così evidenziandosi una palese mala fede contrattuale, sanzionabile ai sensi dell’art. 1359 c.c.». Ha rilevato, altresì, la Corte d’appello che una ulteriore circostanza, « chiaramente evincibile dalla disamina del ‘progetto’ era che lo stesso riguardava ben quattrordici ville a schiera con completa previsione di lottizzazione di tutte le villette, con conseguente agevole determinazione del corrispettivo complessivo, ottenuto con una mera moltiplicazione del corrispettivo unitario pattuito per una villa di € 4.000,00 , così correttamente determinandosi la ‘controprestazione’ a carico dei COGNOME. In terzo luogo, deve valorizzarsi l’omissione probatoria -documentale, a carico dei convenuti, attinente il deposito di una richiesta finalizzata al rilascio del permesso di costruzione delle ville» (pag. 8 della sentenza impugnata).
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
Da tale contesto fattuale e processuale, la Corte barese ha reputato, «incontestata la natura di contratto condizionato della transazione in atti, con l’introduzione della clausola condizionale al cui avveramento era subordinata la controprestazione contrattuale dei committenti la prestazione professionale», di non condividere «la limitata natura di condizione sospensiva casuale, alla stessa attribuita dal primo giudice, evidentemente priva di una specifica valutazione in ordine sia al comportamento assunto dai COGNOME in pendenza di condizione e sia con riguardo all’incidenza, determinante, che il loro comportamento avrebbe avuto sul verificarsi dell’evento, ovvero sul rilascio del permesso di costruire le ville già correttamente progettate dall’Amendolar a» (pag. 8 della sentenza impugnata) e ha concluso nel ravvisare in detta clausola, posto che «l’evento condizionante era, a sua volta, condizionato ad una specifica iniziativa che solamente i proprietari avrebbero potuto assumere» (istanza o richiesta del permesso di costruire), la natura di condizione ‘meramente potestativa’ con le rilevanti conseguenze d’inefficacia di cui all’art.1355 c.c., «deponendo, in tal senso, il libero arbitrio con cui gli eredi COGNOME deliberavano di fatto di rinunciare al permesso amministrativo, omettendo di inoltrare la necessaria istanza» (pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata).
2. Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 1359 c.c. ‘ ; in particolare, la Corte d’appello accogliendo la ricostruzione della vicenda proposta dall’Amendolara e giungendo, in questo quadro, anche all’accoglimento della domanda pecuniaria svolta, ha ritenuto fittiziamente avverata la condizione del rilascio del permesso di costruire da parte del Comune di Palo del Colle in quanto «mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa»(articolo 1355 c.c.); in altri termini, la Corte ha addebitato a Misciagna e ai germani COGNOME di aver voluto puramente e semplicemente sottrarsi all’obbligo di pagamento e di non aver richiesto il rilascio del permesso di costruire in assenza di qualunque “razionale valutazione di opportunità e convenienza” (pagina 9 della sentenza
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
d’appello). Sostengono i ricorrenti che in tal modo la Corte ha violato ed erroneamente applicato l’articolo 1359 c.c., imputando agli eredi COGNOME un’inerzia ingiustificata e, come risulta tra le righe, fraudolenta. Sostengono che con la transazione era stato affidato al predetto un incarico professionale generale concernente tutte le attività, anche accessorie, relative all’esecuzione dell’intervento di lottizzazione sui terreni di proprietà COGNOME e che, quindi, l’onere di predisposizione e presentazione di tutte le relative domande amministrative e di tutti i relativi documenti era, altrettanto pacificamente, a carico del professionista tecnico incaricato. La domanda di rilascio del permesso di costruire doveva dunque essere predisposta dall’Amendolara, adempimento questo che non è stato effettuato e di cui controparte non ha dato né offerto prova alcuna.
2.1. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto l’invocata violazione e falsa applicazione dell’art. 1359 c.c. investe, ancora una volta, profili meramente fattuali correttamente esaminati dalla Corte d’appello; invero, con la doglianza in esame, i ricorrenti ripropongono questioni già ritenute infondate dal Giudice d’appello e tendono, come evidenziato a proposito del motivo precedente, a richiedere surrettiziamente un accertamento di merito precluso a questa Corte, a fronte di un adeguato accertamento compiuto nel merito.
La Corte territoriale, con motivazione in sé logica, coerente ed aderente alle circostanze prospettate ed alle emergenze probatorie acquisite, ha dato conto di quanto già chiarito da questa Corte che, nell’ipotesi di negozio condizionato, per l’operatività dell’art. 1359 cod. civ., in virtù del quale la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, considera necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o colposa di detta parte, non riscontrabile nel caso di mero comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge (v. Cass. Sez. L, 11/04/2013 n. 8843).
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
Nella specie, la Corte territoriale ha accertato, con indagine di fatto non idoneamente censurata e non scrutinabile in questa sede, che gli eredi COGNOME hanno tenuto un ‘comportamento inattivo’, per non avere richiesto il provvedimento amministrativo, ed ha dunque considerato determinante l’assenza di qualsiasi iniziativa finalizzata, quanto meno, ad una istruzione della pratica edilizia.
3. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano ‘ omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio e violazione di legge in relazione all’articolo 115 c.p.c. ‘; nello specifico , sarebbe stato o messo l’esame della lettera (doc. n. 4 prodotto a prova contraria con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c. dagli eredi COGNOME) in cui l’COGNOME affermava e, per l’appunto, riconosceva, la ragione del mancato rilascio del permesso di costruire: ovvero che l’intervento edilizio e la stessa prosecuzione dell’ iter amministrativo di suo assenso sarebbero stati portati avanti da un’impresa, da reperire, che avrebbe acquistato i terreni degli eredi COGNOME, presentato la domanda di rilascio del permesso di costruire, realizzato l’intervento e sostenuto tutti i relativi costi, anche quelli professionali oggetto del presente giudizio. Pertanto, i ricorrenti osservano che solo il mancato reperimento di un compratore aveva portato all’arresto del progetto edilizio ed alla mancata completa attuazione dell’accordo transattivo. Ma ciò, sottolineano, è avvenuto in piena coerenza con l’accordo transattivo, come la lettera in esame dell’Amendolara aveva riconosciuto.
3.1. Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura incentrata nell’omesso esame del documento n. 4 (lettera dell ‘ Amendolara nella quale questi avrebbe riconosciuto la mancata ragione del mancato rilascio del permesso di costruire sia del contenuto dell’accordo transattivo che poneva a carico del professionista adempimento mai da questi adempiuti) è generica e viene prospettata in violazione del principio sancito dell’art. 366 , primo comma, n. 6, c.p.c.
Ebbene, questa Corte ha già da tempo affermato che in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, primo comma,
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, 27/12/2019 n. 34469).
I ricorrenti hanno omesso di riprodurre in ricorso il contenuto del documento, asseritamente allegato alla memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c., di cui addebitano alla Corte d’appello l’omesso esame, al fine di porre questa Corte nella condizione di valutare la rilevanza e decisività della lettera dell’Amendolara, né tanto meno hanno chiarito quando e in quali termini sia stata prospettata al giudice di merito la questione qui posta con il motivo in esame, considerato, peraltro, che l’Amendolara, a pag. 13 del controricorso, ha eccepito che tale documento ‘non risulta depositato tra gli atti processuali di primo grado non avendolo i ricorrenti nemmeno indicato nella memoria istruttoria ex art. 183 VI comma n. 3 c.p.c. depositata in primo grado’.
A tanto deve aggiungersi che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867).
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
4. Con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti, infine, denunciano la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1359 e 2237 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ‘; in particolare, evidenziano che , ritenuta integrata la fictio iuris dell’avveramento della condizione del rilascio del permesso di costruire da parte del Comune di Palo del Colle, la Corte ha ritenuto adempiuta la prestazione che la transazione poneva a carico dell’Amendolara ed ha condannato gli eredi COGNOME al pagamento del relativo intero compenso; in realtà, a parere dei ricorrenti, le risultanze di causa e le norme di legge portano a conclusioni totalmente diverse; assumono che la fictio iuris effettuata dalla Corte costituisce altresì erronea e falsa applicazione dell’articolo 1359 c.c. e può tutt’al più essere riferita al solo comportamento degli eredi COGNOME, e cioè (fermo quanto esposto nel terzo motivo di ricorso) alla mancata presentazione della richiesta di rilascio del permesso di costruire, ma non può in alcun modo essere estesa al punto da ritenere fittiziamente eseguita la prestazione professionale dell ‘ Amendolara; difatti, quest’ultimo ha realizzato unicamente la prima della lunga serie di attività che dovevano portare alla concreta costruzione delle villette; in particolare, ha predisposto solo la progettazione di massima dell’intervento di lottizzazione ed ha presentato la relativa domanda e nulla controparte ha realizzato oltre a questo, né ha provato di aver realizzato oltre a questo. Lamentano che la domanda di pagamento del compenso avrebbe dovuto essere limitata alla sola parte di esso corrispondente alla parte effettivamente svolta dell’intera complessiva attività commissionata. In definitiva, quindi, la Corte d’appello non ha speso in sentenza ‘ parola alcuna, omettendo totalmente di considerare che la prestazione professionale commissionata all’ing. COGNOME è stata eseguita in minima parte ed al contrario riconoscendo per intero un compenso pattuito per un’attività ben più ampia ed impegnativa di quanto effettivamente attuato ‘ e di quanto lo stesso professionista ha documentato in causa.
4.1. Parimenti inammissibile è il quarto motivo del ricorso.
Non sussiste la duplice violazione paventata con la censura in esame.
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
Per un verso, la violazione di legge attiene, nuovamente, a profili meramente fattuali correttamente esaminati dalla Corte d’appello; nello specifico, con la doglianza in esame, i ricorrenti ripropongono questioni già ritenute infondate dal Giudice d’appello e tendono, come evidenziato a proposito dei motivi precedenti, a richiedere surrettiziamente un accertamento di merito precluso a questa Corte, a fronte di un adeguato accertamento compiuto nel merito, e, peraltro, del tutto inconferente si rivela il richiamo all’art. 2237 c.c., che riguarda la diversa ipotesi del recesso dal contratto.
In realtà, con le doglianze in esame i ricorrenti, richiamando in modo generico le norme che si assumono violate, senza fornire adeguate argomentazioni a supporto delle pretese violazioni, si dolgono che il giudice d’appello abbia ritenuto eseguita la prestazione professionale da parte dell’Amendolara.
Orbene, quella che nel caso di specie appare, in effetti, come contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che -per il tramite dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. -dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. 3, 10/06/2016 n. 11892; Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054); e ciò sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione
CC 9 giugno 2025
Ric. 16988 del 2022
Pres. P.A.P. Condello
Rel. I. COGNOME
(contrapponendovi le proprie) la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (tra tante, Cass. Sez. 6 – 5, 15/05/2018 n. 11863; Cass., sez. 5, 22/11/2023, n. 32505). Può concludersi in proposito che è evidente, infatti, che ammettere in sede di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella decisione impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. U, 06/11/2018 n. 28220).
Neppure quanto osservato dai ricorrenti nella memoria difensiva, nella quale hanno reiterato le doglianze già illustrate, scalfisce l’adeguatezza dell ‘argomentazione resa in iure e in facto dalla decisione impugnata.
5. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e vengono poste a carico dei ricorrenti, in solido tra loro, in favore della parte controricorrente, così come liquidate in dispositivo.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, in favore del controricorrente, che si liquidano in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Dichiara la sussistenza , ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002 .
CC 9 giugno 2025 Ric. 16988 del 2022 Pres. P.A.P. Condello Rel. I. Ambrosi
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione