Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 243 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17095/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME e all’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti,
-controricorrente e ricorrente incidentale condizionato -avverso la sentenza n. 380/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 18/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La vicenda al vaglio può riassumersi nei termini di cui appresso, siccome ripresi dalla sentenza qui impugnata.
1.1. RAGIONE_SOCIALE citò in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendo accertarsi essersi verificata la ‘condizione risolutiva espressa’ apposta al contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato il 9/8/2011, integrato da successivo accordo del 10/2/2012 -che l’esponente aveva stipulato in qualità di promissaria acquirente -con conseguente condanna della convenuta, promittente alienante, alla restituzione dell’acconto prezzo di € 350.000,00.
La convenuta, in riconvenzionale, chiese pronunciarsi sentenza, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. e, in via di subordine, condannarsi l’attrice al risarcimento del danno, costituito dalle spese affrontate dalla convenuta in vista della stipulazione del contratto definitivo.
1.2. Il Tribunale dichiarò risolto il contratto e condannò la convenuta, la cui domanda riconvenzionale venne disattesa, a pagare all’attrice la somma di € 350.000,00.
1.3. La Corte di Genova, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla promittente alienante RAGIONE_SOCIALE, dispose il trasferimento immobiliare, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., condizionato al versamento da parte della Gemini dell’importo di € 2.750.000,00.
La sentenza d’appello riporta la clausola contrattuale seguente: <>.
Indi, richiama la motivazione del Tribunale, il quale aveva reputato che il contratto fosse sottoposto a condizione risolutiva in relazione a due eventi: approvazione della variante e del leasing e che la convenuta aveva fallito nel dimostrare che la mancata stipulazione del contratto di leasing fosse dipeso da condotta colpevole di RAGIONE_SOCIALE
La Corte locale, confermato che si era in presenza di condizione potestativa mista, apposta nell’interesse di entrambe le parti, giunge alla conclusione che <>.
Indi, disattende l’eccezione d’inammissibilità, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., avanzata dall’appellata in ordine al profilo di domanda della controparte, con la quale era stato richiesto dichiararsi, ex art. 1359 cod. civ., l’insussistenza dell’effetto risolutivo, in quanto già facente parte del contenuto sostanziale delle difese svolte in primo grado, con le quali RAGIONE_SOCIALE aveva addebitato alla Gemini la mancata stipulazione del contratto di leasing.
Confermata l’opinione del Tribunale sulla non essenzialità del termine apposto, la sentenza reputa, come si è anticipato, che l’onere della prova per l’ottenimento del leasing gravasse sulla Gemini, soggetto che avrebbe dovuto attivarsi.
Per contro, la variante urbanistica era intervenuta e la stessa Gemini, agendo in giudizio, non aveva addebitato condotta colpevole alla F.P. Edilizia, limitandosi a chiedere la ‘risoluzione’
del contratto per non essere intervenuti gli eventi condizionanti nel termine pattuito.
La Corte di Genova, esposto il motivo, con il quale l’appellante aveva affermato che la condotta di Gemini era stata contraria ai canoni di correttezza e buona fede (art. 1358 cod. civ.), non lo esamina, dichiarandolo assorbito dall’accoglimento degli altri.
RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di quattro motivi.
L’intimata resiste con controricorso, in seno al quale svolge quello che qualifica ‘ricorso incidentale condizionato’.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Con i correlati primo e secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 345 cod. proc. civ. e 1359 cod. civ., assumendo che la controparte, in violazione del divieto di ‘novum’ in appello, aveva solo in secondo grado dedotto che la condizione si era avverata e poiché si era in presenza di eccezione in senso stretto la Corte di Genova avrebbe dovuto dichiarare la stessa inammissibile. Invece, con motivazione apparente, aveva erroneamente ravvisato la sussistenza del contenuto dell’eccezione (mai, invece, proposta prima), <>.
3.1. Il complesso censorio è infondato.
La Corte di merito ha disatteso l’eccezione d’inammissibilità proposta dall’appellata ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., facendo riferimento <>; inoltre, La Gemini, soggiunge la sentenza impugnata, con la comparsa di risposta, aveva eccepito che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto dimostrare, non già la consumazione del termine non essenziale (a cui le parti avevano rinunciato), bensì che la società di leasing non era disponibile alla stipulazione del contratto.
È assodato, sulla scorta delle emergenze di causa, che RAGIONE_SOCIALE tempestivamente contestò alla Gemini di non essersi lealmente attivata perché si avverasse la condizione posta in contratto della stipula del negozio di leasing.
Appare speciosa e non concludente l’affermazione che nega validità ed efficacia di eccezione a una tale contestazione, sol perché la finalità perseguita dalla convenuta RAGIONE_SOCIALE non era funzionale a una domanda di risoluzione del contratto preliminare, bensì di esecuzione per sentenza, del consenso mancante dall’attrice COGNOME (art. 2932 cod. civ.).
Val la pena chiarire, in primo luogo, che la domanda di cui all’art. 2932 cod. civ., presuppone l’inadempimento di uno dei contraenti, venuto meno all’obbligo di stipulare il contratto definitivo. Di conseguenza, l’eccezione di avveramento per ‘fictio’ della condizione (art. 1359 cod. civ.) proposta dalla parte che ha interesse all’avveramento, senza che possa rilevare lo scopo finale perseguito dall’eccipiente, è necessariamente diretta a dimostrare l’inadempimento dell’altro contraente.
Sotto altro profilo, la proposizione dell’eccezione non deve rispettare formule sacramentali, purché soddisfi lo scopo, che la legge intende salvaguardare, di consentire alla controparte di
contro
dedurre e compiutamente e tempestivamente difendersi sul punto. Condizione, questa, pienamente soddisfatta, siccome ha compiutamente spiegato la sentenza d’appello.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 1359 cod. civ.
Questo, in sintesi, l’assunto impugnatorio.
La stessa RAGIONE_SOCIALE aveva affermato che la condizione era stata apposta nell’interesse di entrambe le parti.
La Corte di Genova aveva violato il principio di diritto, a mente del quale la finzione d’avveramento della condizione non trova applicazione nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento di essa (cita Cass. nn. 18512/2017 e 24977/2018).
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1358 e 1359 cod. civ.
COGNOME espone che la sentenza, errando, aveva affermato che spettasse esclusivamente all’esponente l’attuazione della porzione potestativa della condizione, rappresentata dalla stipulazione del mutuo.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione dell’art. 2932 cod. civ.
La ricorrente esclude, al contrario di quel che aveva affermato la sentenza, che su di essa gravasse l’onere di provare di avere agito secondo buona fede al fine di ottenere il finanziamento tramite leasing.
Il terzo, quarto e quinto motivo meritano di essere accolti nei termini di cui appresso.
(a) Questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare che, nel caso in cui le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario
acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito – patto di cui non è contestabile la validità, poiché i negozi ai quali non è consentito apporre condizioni sono indicati tassativamente dalla legge -, la relativa condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la relativa pratica, ma la mancata concessione del mutuo comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’art. 1359 cod. civ., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della condizione, sia perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista Sez. 2, n. 10074, 18/11/1996, Rv. 500605 – 01). Ed ancora: Ove le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica. La mancata erogazione del prestito, però, comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell’art. 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché questa disposizione è inapplicabile qualora la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia interesse all’avveramento della condizione (cd. condizione bilaterale), sia
perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (Sez. 2, n. 22046, 11/09/2018, Rv. 650073 – 01)
Ove il giudice, nell’accogliere la domanda di adempimento in forma specifica dell’ obbligo di trasferire la proprietà di un bene promesso in vendita, subordini il trasferimento del diritto alla condizione che il promissario acquirente paghi al promittente venditore il saldo del prezzo dopo la stipula del contratto di mutuo ipotecario, l’ottenimento del mutuo non integra una condizione posta nell’ interesse esclusivo di costui, perché entrambe le parti hanno interesse all’ avveramento della condizione (cd. bilaterale). Ne deriva che è inapplicabile l’art. 1359 cod. civ. che considera avverata la condizione se sia mancata a causa del comportamento del contraente titolare di un interesse contrario esclusivo. Inoltre, essendo di natura mista- in quanto il suo avveramento dipende non solo dal comportamento del promissario acquirente nell’ approntare la pratica, ma anche del terzo nel concedere il mutuo- ai fini dell’art. 1359 cod. civ. il comportamento omissivo del promissario acquirente non rileva, perché l’omissione di attività in tanto può ritenersi contraria a buonafede e costituisce fonte di responsabilità in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, da escludere per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (Sez. 3, Sentenza n. 23824 del 22/12/2004, Rv. 578807 – 01).
(b) Posto quanto sopra, tuttavia, la condotta delle parti relativamente al segmento della condizione avente natura potestativa assume rilievo e deve essere valutata in coerenza con l’art. 1358 cod. civ., secondo il doveroso canone della buona fede,
che implica l’obbligo di non frustrare capziosamente le aspettative dell’altra parte. Principio questo nitidamente specificato dalle Sezioni unite: Il contratto sottoposto a condizione potestativa mista è soggetto alla disciplina di cui all’art. 1358 cod. civ., che impone alle parti l’obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede durante lo stato di pendenza della condizione, e la sussistenza di tale obbligo va riconosciuta anche per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo della condizione mista (Sent. n. 18450, 19/9/2005, Rv. 583707-01).
(c) La Corte di Genova attribuisce alla <> il mancato finanziamento mediante leasing e, di conseguenza, accolta la domanda della promittente alienante, trasferisce l’immobile alla prima, che condanna alle spese, condizionatamente al pagamento del residuo prezzo di euro 2.750.000,00. Giunge a un tale epilogo spiegando che <>, evocando la giurisprudenza di questa Corte resa stabile con la sentenza n. 13533/2001 delle Sezioni unite.
(d) Quest’ultimo argomento è fallace. Qui, per vero, l’oggetto dell’obbligazione principale posta a carico della Gemini è costituito dall’obbligo di rendersi acquirente del bene che aveva promesso di comprare, versando il pattuito corrispettivo. Questa, quindi, è l’obbligazione della quale è chiamata a rispondere la promissaria acquirente, salvo a dimostrare di non avere potuto adempiere per causa ad essa non imputabile.
Nel caso al vaglio la controversia non avrebbe potuto essere risolta attraverso il richiamo al generale principio regolante l’onere
della prova nei contratti sinallagmatici, riguardante le obbligazioni principali.
Escluso, come si è visto, che per il segmento potestativo della condizione stipulata nell’interesse di entrambe le parti, il comportamento omissivo del promissario acquirente rilevi agli effetti dell’art. 1359 cod. civ., non è consentito sostenere che a costui debba addebitarsi il mancato avveramento della condizione per non avere assolto al preteso onere della prova su costui graverebbe.
Per contro, il Giudice avrebbe dovuto accertare, sulla scorta delle emergenze di causa e in concreto, se fosse individuabile una parte inadempiente o, comunque, prevalentemente inadempiente (nel caso gli inadempimenti fossero reciproci), per avere mancato di comportarsi secondo buona fede, avuto riguardo alla condizione apposta al negozio e in pendenza di essa, secondo le regole generali.
In conclusione, cassata con rinvio, per quanto esposto, la sentenza impugnata, il Giudice del rinvio, individuato nella Corte d’appello di Genova in altra composizione, riesaminerà la vicenda facendo applicazione del seguente principio di diritto:
‘ La controversia intercorsa tra promittente alienante e promissario acquirente a riguardo del mancato avveramento di una condizione potestativa mista, apposta nell’interesse di entrambe le parti, non può essere risolta facendo applicazione del generale principio regolante l’onere della prova nei contratti sinallagmatici. Ma deve accertarsi, sulla scorta delle emergenze di causa e in concreto, se sia individuabile una parte inadempiente o, comunque, prevalentemente inadempiente (nel caso gli inadempimenti fossero reciproci), per avere mancato di comportarsi secondo buona fede, avuto riguardo alla condizione apposta al negozio e in pendenza di essa ‘.
Il Giudice del rinvio regolerà anche il capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accolti il terzo, il quarto e il quinto motivo nei limiti di cui in motivazione e rigettati il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Genova, in altra composizione, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 30 ottobre 2024.