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Condanna alle spese: no alla parte vittoriosa

La Corte di Cassazione ha stabilito che la parte sostanzialmente vittoriosa in un giudizio non può essere condannata a rimborsare le spese legali della controparte, neppure per una singola fase processuale. Il caso riguardava il rifiuto di un’offerta di pagamento considerata incompleta. La Suprema Corte ha chiarito che il principio di causalità non può portare a condannare la parte vittoriosa, specialmente se la proposta transattiva della controparte non includeva il rimborso delle spese legali già maturate. Di conseguenza, la condanna alle spese inflitta dalla Corte d’Appello è stata annullata.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condanna alle Spese: la Parte Vittoriosa Non Paga se l’Offerta è Incompleta

La gestione delle spese processuali è uno degli aspetti più delicati di una controversia legale. Il principio generale è semplice: chi perde, paga. Tuttavia, la recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza una situazione più complessa, offrendo chiarimenti fondamentali sulla condanna alle spese quando una parte, sebbene vincitrice nel merito, si vede addebitare i costi di una fase del giudizio per aver rifiutato un’offerta transattiva. Questa decisione ribadisce un concetto cruciale: la vittoria sostanziale prevale, e non si può essere puniti per aver rifiutato un’offerta incompleta.

I Fatti di Causa: Una Controversia Ereditaria

Il caso nasce da una disputa sull’eredità e, in particolare, sulla ripartizione dei proventi di alcune polizze assicurative stipulate dalla defunta. Un’erede, insoddisfatta della decisione del giudice di primo grado, presentava appello per ottenere una quota maggiore. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente le sue richieste, aumentandole l’importo spettante e riducendo quello delle altre eredi.

La Decisione della Corte d’Appello e la Controversa Condanna alle Spese

Nonostante l’esito favorevole all’appellante, i giudici di secondo grado operavano una distinzione singolare sulle spese legali. Condannavano le altre eredi a rimborsare alla parte vittoriosa le spese della fase iniziale del giudizio, ma, al contempo, condannavano quest’ultima a pagare alle controparti le spese della fase decisoria. La motivazione? L’appellante aveva rifiutato un’offerta di pagamento di 13.333,33 euro, somma che, secondo la Corte d’Appello, era sostanzialmente equivalente a quanto poi ottenuto con la sentenza. Questo rifiuto, a dire dei giudici, aveva reso la fase decisoria del processo ‘superflua’, giustificando così l’inversione dell’onere delle spese per quella specifica porzione del giudizio.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio di Causalità

L’erede vittoriosa, ma parzialmente condannata alle spese, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’illegittimità di tale decisione. Ha evidenziato tre punti cruciali:
1. L’offerta di pagamento proveniva da una delle altre eredi e non dalla compagnia assicurativa, unico soggetto tenuto al pagamento.
2. L’offerta era stata fatta con un assegno circolare intestato a una delle controparti, rendendolo di fatto non incassabile per lei.
3. L’importo offerto, sebbene sufficiente a coprire la pretesa sostanziale, non includeva il rimborso delle spese processuali già sostenute.

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato, centrando la sua analisi sull’applicazione del principio di causalità in relazione a quello della soccombenza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha chiarito che la condanna alle spese prevista dall’art. 91 c.p.c. è un’applicazione del principio di causalità: le conseguenze economiche del processo devono gravare su chi ha agito o resistito in giudizio senza fondamento. Il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., escludere il rimborso di spese che ritiene eccessive o superflue, ma non può spingersi fino a condannare la parte vittoriosa a rimborsare le spese della parte soccombente.

Questa inversione dell’onere è consentita solo in ipotesi eccezionali, come la violazione del dovere di lealtà e probità processuale (art. 88 c.p.c.), e richiede una motivazione specifica ed espressa. Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere ‘scorretto’ il rifiuto dell’appellante. La proposta di conciliazione, infatti, era palesemente incompleta perché non comprendeva le spese legali delle fasi di studio e introduzione della causa, spese che la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto come dovute all’appellante. In altre parole, la parte vittoriosa non poteva essere costretta ad accettare una somma che non copriva integralmente i suoi diritti, comprese le spese legali che era stata costretta a sostenere per tutelarli.

Le Conclusioni: un Principio a Tutela della Parte Vittoriosa

Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma un principio fondamentale: una parte che ha ragione non può essere penalizzata economicamente per aver proseguito un giudizio quando l’offerta della controparte è incompleta. La condanna alle spese non può essere usata come uno strumento per forzare l’accettazione di accordi parziali. La sentenza impugnata è stata quindi ‘cassata’ e il caso rinviato alla Corte di Appello, in diversa composizione, per una nuova decisione che tenga conto di questo principio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Una parte che vince la causa può essere condannata a pagare le spese legali della controparte?
Di norma, no. La parte vittoriosa non può essere condannata a rimborsare le spese sostenute dalla parte soccombente. Tale condanna è ammessa solo in ipotesi eccezionali, come la violazione del dovere di lealtà processuale, e deve essere supportata da una motivazione specifica, cosa che in questo caso mancava.

Perché il rifiuto di un’offerta di pagamento è stato considerato legittimo in questo caso?
Il rifiuto è stato ritenuto legittimo perché l’offerta, pur coprendo la pretesa principale, era incompleta. In particolare, non includeva il rimborso delle spese legali che la parte vittoriosa aveva già sostenuto per le fasi iniziali del processo. Non si può pretendere che una parte accetti un accordo che non la risarcisca integralmente.

Cosa stabilisce il principio di causalità in materia di spese processuali?
Il principio di causalità, sotteso a quello della soccombenza, stabilisce che le spese del processo devono essere a carico della parte che, con il suo comportamento, ha dato causa al giudizio o ne ha causato un’inutile prosecuzione. Tuttavia, questo principio non può portare a condannare la parte vittoriosa, a meno che non abbia agito in modo scorretto o sleale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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