Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11935 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11935 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29121/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO e dall ‘ AVV_NOTAIO, tutti elettivamente domiciliati presso quest’ultimo , INDIRIZZO Roma;
-controricorrente-
Nonché contro
LA MARCA GIACINTO GIOACCHINO;
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di CALTANISSETTA n. 82/2020 depositata il 08/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 2007, NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE (quale impresa incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE) al fine di ottenere l ‘ accertamento della sussistenza di un contratto di investimento in strumenti finanziari con capitale iniziale assicurato in favore dello COGNOME e la condanna di RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle predette somme a titolo di risarcimento danni ex art. 2049 in ragione dell ‘ illecito commesso dall ‘ agente NOME COGNOME, dipendente in servizio presso l ‘ RAGIONE_SOCIALE Gela.
Il Tribunale di Gela, con sentenza n. 493/2012, ravvisava la responsabilità extracontrattuale delle RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell ‘ art. 2049 c.c. per fatto illecito perpetrato dal RAGIONE_SOCIALE ai danni dello COGNOME e, conseguentemente, condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, della somma di 155.700, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; accoglieva la domanda di manleva formulata dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e condannava quest ‘ ultimo a tenere indenne le RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello.
La Corte d ‘ appello di Caltanissetta, con sentenza n. 82/2020 dell ‘ 8 febbraio 2020, in parziale riforma della sentenza impugnata dichiarava RAGIONE_SOCIALE tenuta al pagamento in favore di
COGNOME della somma di euro 8.757,27 e condannava, conseguentemente, quest ‘ ultimo a restituire a RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 230.728,07, con gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo, compensando integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
Il giudice dell ‘ appello confermata la responsabilità delle RAGIONE_SOCIALE ex art. 2049 c.c. ravvisava comunque nella condotta dello COGNOME una grave condotta colposa rilevante ai sensi dell ‘ art. 1227 c.c..
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi. Ha depositato memoria.
3.1. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia la violazione degli artt. 342, comma 1, nn. 1 e 2, c.p.c. e 345 c.p.c., in relazione all ‘ art. 1227 c.c. e al d.l. 31 maggio 1991, n. 143.
La Corte d ‘ appello si sarebbe erroneamente pronunciata sulla sussistenza di un concorso di colpa ex art. 1227, comma 1, c.c., di COGNOME nella determinazione del danno sofferto e sulla violazione della normativa antiriciclaggio, quando invece, trattandosi di domande ed eccezioni nuove, sarebbero state inammissibili ai sensi dell ‘ art. 345 c.p.c.
4.2. Con il secondo motivo, lo COGNOME denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2049, 1227 c.c., del d.l. 31 maggio 1991, n. 143 (convertito con legge 5 luglio 1991, n. 197) e del d.m. 17 ottobre 2022, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché la contraddittorietà della motivazione in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Contesta ancora la decisione di secondo grado per avere la Corte d ‘ appello ritenuto sussistente un suo concorso colposo nella
causazione del danno, consistito nell ‘ avere consegnato al La COGNOME dei contanti in misura superiore al limite di legge e sulla scorta di tale erroneo presupposto, con motivazione illogica e contraddittoria, avrebbe limitato l ‘ entità del danno risarcibile per responsabilità ex art. 2049 c.c.
La motivazione sarebbe altresì contraddittoria per non essersi la Corte avveduta che lo COGNOME, con memoria di replica ex art. 6, d.lgs. n. 5/2003, aveva spiegato azione risarcitoria contro il RAGIONE_SOCIALE, in solido, con RAGIONE_SOCIALE.
4.3. Con il terzo motivo, infine, parte ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2049 c.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello erroneamente letto gli atti processuali e travisato i fatti.
Lamenta ancora l ‘ erroneità della decisione per aver escluso l ‘ integrale risarcimento del danno sul rilievo della mancata proposizione di domanda risarcitoria anche nei confronti del La COGNOME, in realtà proposta con la memoria di replica ex art. 6, d.lgs. n. 5/2003.
5. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Secondo costante orientamento di questa Corte, infatti, la pronuncia sulla sussistenza di un concorso colposo del danneggiato nella causazione del danno ex art. 1227, comma 1, c.c., costituisce, in appello, non già una domanda nuova, ma una semplice difesa. Come tale il suo esame e la sua verifica rientra nei poteri d ‘ ufficio del giudice di merito, che deve indagare sull ‘ eventuale sussistenza di colpa del danneggiato e sulla qualificazione della sua incidenza causale nella produzione dell ‘ evento dannoso, prescindendo dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 29 dicembre 2023, n. 36372; Cass. civ., Sez. II, 4 ottobre 2023, n. 27991;
Cass. civ., Sez. II, 20 marzo 2023, n. 7965; Cass. civ., Sez. III, Ord., 28 novembre 2022, n. 34920).
Nel caso in esame, parte ricorrente, nel dolersi della decisione impugnata, ha omesso di confrontarsi con il citato generale principio di rilevabilità d ‘ ufficio del concorso di colpa ex art. 1227, comma 1, c.c.
Principio correttamente applicato dalla Corte nissena, che ha ampiamente argomentato la sua decisione e altrettanto correttamente statuito secundum alligata et probata (prove documentali e testimoniali), riconoscendo una responsabilità concorrente dello COGNOME nella causazione del danno da lui patito (cfr. pp. 26-33 sentenza impugnata n. 82/2020).
Del resto, una conclusione generica nel senso della non spettanza di alcunché a controparte comprende, come il più il meno, quella di spettanza di somma per la quale risulti provato il nesso causale.
5.1. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, avendo parte ricorrente articolato nella rubrica vizi di cui al n. 3 insieme al n. 5 dell ‘ art. 360, comma 1, c.p.c., quando invece, trattandosi di ipotesi ontologicamente diverse, non sono sovrapponibili.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento a cui si intende dar seguito, ha affermato che il ricorso per cassazione è in tali casi inammissibile, poiché ‘non è consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione’ (v. ex plurimis, Cass. civ., Sez. lav., 26 gennaio 2024, n. 2529; Cass. civ., Sez. IV, 26 gennaio 2024, n. 2526; Cass. civ., Sez. lav., 29 dicembre 2023, n.
36514; Cass. civ., Sez. I, Ord., 6 novembre 2023, n. 30878; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 31 maggio 2023, n. 15391).
Osserva inoltre il collegio come, rispetto alla dedotta violazione di legge, sussista un ulteriore profilo di inammissibilità delle doglianze.
Invero, al di là della sua qualificazione, le censure sono meramente fattuali e si sostanziano in una richiesta al giudice di legittimità di una rivalutazione del materiale probatorio, non consentita dalla legge. A ben vedere, in tale motivo, non v ‘ è alcuna specifica comparazione tra i capi della decisione impugnati e i precetti normativi inosservati, non è nemmeno specificato perché le statuizioni della Corte nissena non sarebbero conformi alle previsioni di legge né tantomeno è dimostrato l ‘ errore del giudizio di diritto in cui quest ‘ ultima sarebbe incorsa. Simili censure non superano il vaglio di ammissibilità, non consentendo a questa Corte di individuare il fondamento delle lamentate violazioni di legge (cfr. Cass. civ., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2024, n. 1918; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 gennaio 2024, n. 1346; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. II, Ord., 21 novembre 2023, n. 32320; Cass. civ., Sez. II, Ord., 20 ottobre 2023, n. 29237; Cass. civ. Sez. I, Ord., 12 luglio 2023, n. 19822, Cass. civ., Sez. I, Ord., 20 dicembre 2022, n. 37257; Cass. civ., SS. UU., 28 ottobre 2020, n. 23745).
In tale contesto, ogni questione relativa alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2049, 1227 c.c., nonché del d.l. 31 maggio 1991, n. 143 (convertito con legge 5 luglio 1991, n. 197) e del d.m. 17 ottobre 2022, può ritenersi assorbita da quanto sopra illustrato.
Osserva, poi, il collegio, con riferimento alla dedotta violazione del n. 5 dell ‘ art. 360, comma 1, c.p.c., come le doglianze di parte ricorrente, involgendo semplicemente il vizio di contraddittorietà
della motivazione, finiscono col riferirsi alla formulazione del vecchio testo di tale norma, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso (v. Cass. civ., SS. UU., Ord., 30 luglio 2021, n. 21973).
Tanto esime dal rilievo che l ‘ argomentazione sul grado di colpa nella corresponsione per contanti ed oltre i limiti stabiliti dalla normativa antiriciclaggio è lineare giustificazione dell ‘ esclusione solo del danno relativo alla relativa e particolare dazione di somme.
5.2. Il terzo motivo di ricorso -dove non assorbito dallo scrutinio negativo dei primi due -è infondato.
Occorre qui ribadire il principio di diritto secondo cui: ‘La norma dell ‘ art. 292 c.p.c., per la parte che impone la notifica al contumace delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali, costituisce una particolare applicazione del principio del contraddittorio, ed è dettata nell ‘ esclusivo interesse del contumace, il quale soltanto, costituendosi in giudizio, potrà far valere la inosservanza della citata norma (Sez. 3, Sentenza n. 3435 del 24/11/1971)’ (v. così, Cass. civ., Sez. II, Ord., 18 aprile 2018, n. 9538; da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 ottobre 2023, n. 29107; Cass. civ., Sez. II, 14 luglio 2023, n. 20266; Cass. civ., Sez. III, 15 dicembre 2022, n. 36827; Cass. civ., Sez. I, Ord., 27 luglio 2021, n. 21556).
Nel caso in esame, la Corte nissena non ha escluso l ‘ integrale risarcimento del danno sul rilievo della mancata proposizione di domanda risarcitoria dello COGNOME nei confronti del La COGNOME, ma perché ne ha riconosciuto una responsabilità colposa ex art. 1227, comma 1, c.c. (v. pp. 32-34, sentenza impugnata n. 82/2020).
Aggiungasi che la sentenza impugnata si sottrae alle censure mossele con il mezzo in esame anche perché, dagli atti di causa, risulta che lo stesso COGNOME non ha notificato al COGNOME, rimasto contumace nei due gradi di giudizio di merito, la propria
domanda risarcitoria, così incorrendo nelle conseguenze di cui all ‘ art. 292 c.p.c. e, in particolare, non potendosi dire ritualmente proposta la domanda diretta nei confronti del preposto per la cui condotta invocava la responsabilità della preponente.
A seguito del rigetto del ricorso diventa irrilevante la verifica della regolarità della notifica del ricorso al La COGNOME, in applicazione dei principi affermati fin da Cass. Sez. U. 6026/2010, secondo cui, nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un ‘ evidente ragione d ‘ inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un ‘ attività processuale del tutto ininfluente sull ‘ esito del giudizio.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge e rimborso spese generali.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza