Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8360 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
NOME COGNOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 344/2020 della CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA, depositata il 2/03/2020;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11484/2021 proposto da: COGNOME
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
e
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/01/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 2/3/2020, la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento per quanto di ragione degli appelli principale e incidentale rispettivamente proposti da NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE, e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato l’entità della responsabilità dei protagonisti del sinistro deAVV_NOTAIOo in giudizio da NOME COGNOME, attribuendo un paritario grado di partecipazione, tanto al COGNOME, quanto all’antagonista NOME COGNOME e, preso atto dell’avvenuta corresponsione, dalla RAGIONE_SOCIALE (compagnia assicuratrice del veicolo conAVV_NOTAIOo dal COGNOME) al COGNOME, in epoca anteriore all’introduzione del giudizio di merito, di una somma complessivamente satisfattiva delle originarie ragioni risarcitorie rivendicate dal COGNOME, ha disatteso ogni altra ulteriore rivendicazione risarcitoria di quest’ultimo, disponendo la compensazione della metà delle spese di lite del giudizio di primo grado (per la restante parte posta a carico del COGNOME e dell’RAGIONE_SOCIALE), nonché l’integrale compensazione delle spese del giudizio di secondo grado;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
NOME COGNOME non ha svolto difese in questa sede;
la RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2700 e 2054, co. 2, c.c. (con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte
territoriale erroneamente escluso che, in relazione alla fattispecie deAVV_NOTAIOa in giudizio, non fosse stata raggiunta la prova dell’integrale responsabilità di NOME COGNOME nella causazione del sinistro; e ciò, sulla base di una travisata interpretazione del materiale istruttorio complessivamente acquisito;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, al di là delle deAVV_NOTAIOe plurime violazioni di legge, le censure avanzate dall’odierno ricorrente si risolvano in una sostanziale proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
mette peraltro conto di rilevare come nell’illustrazione della doglianza in esame non compaia alcuna traccia vòlta all’ evocazione in concreto delle norme degli artt. 2700, 2727 e 2729 c.c. e nemmeno delle norme degli artt. 115 e 116 c.p.c. (se si eccettua l’assertoria e inspiegata affermazione contenuta nella pag. 23 in chiusura dell’illustrazione ), emergendo piuttosto come le considerazioni svolte in relazione agli artt. 2727 e 2729 risultino comunque irrispettose dei criteri indicati da Sez. U, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018, così come quelle relative agli artt. 115 e 116 c.p.c. non rispettano i criteri di cui a Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, mentre il vizio relativo al c.d. travisamento della prova risulta deAVV_NOTAIOo senza alcun riguardo ai limiti specificamente delineati da Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 26/04/2022, Rv. 664816 -01;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 2700 c.c. (in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto che la collisione tra i veicoli protagonisti del sinistro non fosse avvenuta nel punto indicato dagli agenti intervenuti sul luogo del fatto (e confermato in sede
testimoniale dai testi oculari), e per avere altrettanto erroneamente escluso che la caduta del motoveicolo conAVV_NOTAIOo dal COGNOME fosse antecedente la collisione, senza neppure considerare, in contrario, il contenuto di quanto dichiarato dallo stesso COGNOME agli agenti intervenuti;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, anche in relazione alla censura in esame, le argomentazioni del ricorrente si risolvano, al di là delle denunciate plurime violazioni di legge, in una sostanziale proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità, avendo il COGNOME prospettato solo in thesi l’eventuale decisività dei criteri indicati da Sez. U, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018 ai fini del rispetto delle norme di legge sull’uso delle presunzioni, senza tuttavia prospettare alcuna argomentazione o dimostrazione suscettibile di attestarne la rilevanza nel caso di specie;
varrà al contrario evidenziare come il giudice d’appello non abbia in alcun modo tratto, dagli indici presuntivi sottoposti al proprio esame, alcun contenuto rappresentativo arbitrario o irragionevole, o comunque non fondato su elementi dotati di gravità, precisione e reciproca concordanza, essendosi il ricorrente limitato a intendere in modo illegittimo il valore rappresentativo di quegli indici presuntivi secondo il proprio soggettivo punto di vista;
del tutto fuori luogo, infine, deve ritenersi la deAVV_NOTAIOa censura dell’art. 2700 c.c., non venendo in alcuna considerazione la veridicità di quanto attestato dai pubblici ufficiali in relazione ai fatti avvenuti alla propria presenza, ferma restando l’assenza di alcuna efficacia probatoria privilegiata delle ricostruzioni ‘tentate’ dagli agenti sopravvenuti sul luogo del sinistro posteriormente alla sua verificazione;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il giudice d’appello violato il divieto posto dall’art. 345 c.p.c. di consentire l’introduzione di fatti nuovi nel giudizio di gravame, dovendo ritenersi che la questione relativa alla corresponsabilità del danneggiato nella produzione del sinistro non avesse costituito oggetto del giudizio di primo grado, essendosi la controparte in tale sede limitata a concludere per l’integrale rigetto dell’avversa domanda e non già per l’accertamento di una corresponsabilità dell’attore;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come le modalità di verificazione del sinistro deAVV_NOTAIOo in giudizio abbiano costituito oggetto, tanto del primo grado di giudizio (per averle deAVV_NOTAIOe l’attore) , quanto del grado d’appello (per averle deAVV_NOTAIOe l’RAGIONE_SOCIALE) , con la conseguenza che tutte le questioni connesse a tali modalità (ivi compreso il tema relativo alla corresponsabilità del danneggiato) devono ritenersi costantemente mantenute nei limiti di disponibilità di giudizio della corte territoriale;
varrà in tal senso rilevare come la prospettazione avanzata dal ricorrente risulti smentita dallo stesso tenore delle conclusioni assunte dalla controparte (riportate a pag. 32, righi 7-9, dell’odierno ricorso), atteso che le stesse, sollecitando il rigetto della domanda (e considerato che in iure ad essa trovava applicazione la disciplina dell’art. 2054 c.c.), implicavano pienamente l’eventuale rivendicazione del secondo comma di tale norma, con la conseguente qualificazione di tutto ciò che il ricorrente riconduce al perimetro di rilevanza dell’art. 345 c.p.c. all’illustrazione di mere argomentazioni in iure ;
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054, co. 2, c.c. (in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente applicato il concorso di colpa di cui all’art. 2054 c.c. senza procedere alla verifica del comportamento stradale di entrambi i conducenti onde accertare se ciascuno di essi avesse violato o meno le norme sulla circolazione stradale e i normali precetti di prudenza;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come il ricorrente abbia prospettato il vizio in esame senza cogliere in modo specifico la ratio individuata dal giudice a quo a sostegno della decisione assunta;
sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘ non motivo ‘ , è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. Civ. (Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01);
nella specie, avendo la corte territoriale affermato (cfr. parr. 13.1.3 e 13.3 della sentenza impugnata) come, sulla base della complessiva valutazione degli elementi di prova acquisiti al giudizio, non fosse stato possibile ricostruire con esattezza le modalità di ricostruzione del fatto (arrivando peraltro ad affermare come, in ogni caso, entrambi i protagonisti del sinistro si fossero positivamente sottratti al rispetto dei doveri cautelari sugli stessi incombenti), l’odierna censura del ricorrente, nel dolersi della pretesa erronea applicazione del concorso di colpa di cui all’art. 2054 c.c. senza procedere alla verifica del comportamento stradale di entrambi i conducenti (onde accertare se ciascuno di essi avesse violato o meno le norme sulla circolazione stradale e i normali precetti di prudenza), dimostra di non essersi punto confrontata con la decisione impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 6.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del
15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione