Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13759 Anno 2024
Oggetto
R.G.N. 15066/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 13759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15066-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 937/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 13/11/2018 R.G.N. 918/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da NOME ed in accoglimento dell’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE
Monte dei Paschi di Siena (d’ora in avanti la RAGIONE_SOCIALE) ha escluso il concorso colposo della RAGIONE_SOCIALE nella produzione del danno e di conseguenza la limitazione nella misura dei due terzi del risarcimento del danno ritenuto nella sentenza appellata, che confermava per il resto.
A fondamento della sentenza la Corte sosteneva che fosse oramai passata in giudicato, in quanto non contestata, l’accertata responsabilità personale del lavoratore per l’insieme delle ‘operazioni illegittime’ da lui compiute (descritte nella seconda pagina della sentenza prodotta), a loro volta indicate come causa del danno patrimoniale provocato alla RAGIONE_SOCIALE e posto a base della domanda di risarcimento (che il ctu aveva contabilmente verificato per € 5.918.891,32).
Secondo la Corte andava però esclusa la compartecipazione della RAGIONE_SOCIALE nella causazione del danno perché era rimasta indeterminata la fonte delle procedure di controllo e di conseguenza del tutto indeterminata la struttura aziendale e cui tali procedure avrebbero dovute essere affidate e le relative funzioni e procedure.
In sostanza si ignorava, secondo la Corte di appello, quale sarebbe stata la c.d. condotta alternativa lecita doverosa da parte della banca.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME con cinque motivi ai quali ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo si deduce violazione per mancata applicazione dell’art. 1227 c.c. e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto discussione tra le parti, violazione per mancata applicazione dell’art. 115
c.p.c. e violazione per falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’appello escluso in radice l’applicabilità alla fattispecie per cui è causa sia del primo che del secondo comma dell’art. 1227 c.c. mostrando di non aver tenuto conto minimamente conto delle risultanze probatorie e delle disposizioni normative emergenti anche dalla memoria autorizzata a seguito della proposizione dell’appello incidentale depositata il 3/8/2018; negli atti di causa il NOME, oltre richiamare i generici obblighi di buona fede diligenza e correttezza e l’art. 47 della Costituzione, aveva sostenuto che, ai sensi dell’art. 21, primo comma T.U Finanza d.lgs. 58/1988, ogni istituto di credito è tenuto a disporre di risorse e procedure anche di controllo interno idoneo ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.
2.Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.1227, 1° comma c.c. per avere la Corte d’appello riformato la sentenza di primo grado affermando che non potesse trovare applicazione la norma codicistica in quanto l’odierno ricorrente non avrebbe indicato una condotta alternativa lecita doverosa da parte della RAGIONE_SOCIALE.
2.1.- Il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati unitariamente per connessione, e devono essere accolti nei limiti di seguito indicati.
2.2. La sentenza assolve del tutto la RAGIONE_SOCIALE dall’onere di comprovare di aver adottato condotte diligenti atte ad evitare il danno relativo alla operazioni di cui si discute, sostenendo che fosse rimasto privo di accertamento quali fossero i controlli e le procedure che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto mettere in campo. Laddove, a fronte delle allegazioni effettuate dallo stesso danneggiante -idonee a sostenere l ‘ipotesi della condotta del danneggiato che concorra alla produzione del danno – doveva essere la RAGIONE_SOCIALE a dover allegare e provare quali fossero i comportamenti e le misure adottate,
ovviamente adeguate al parametro della diligenza professionale qualificata propria di un operatore bancario.
2.3. Inoltre, in senso contrario alla conclusione presa dalla Corte di appello, rileva, in primo luogo, che già il tribunale avesse accertato l’assenza di un adeguato sistema di controlli per contrastare le condotte infedeli dei propri dipendenti ed idoneo a concorrere alla produzione del danno.
2.4. In secondo luogo, conta che il dipendente avesse allegato, oltre alla mancanza di controlli interni, che egli non aveva avuto alcuna utilità economica dal complesso delle operazioni e che avesse sempre lavorato in squadra; e che dunque i suoi comportamenti fossero conseguenza di strategie commerciali provenienti dai vertici della RAGIONE_SOCIALE e non certamente espressione di scelte individuali.
2.5. Aveva pure evidenziato l’attuale controricorrente che le operazioni contestate fossero per lo più riferibili ad un operatore specializzato, la RAGIONE_SOCIALE con cui collaborava la RAGIONE_SOCIALE.
2.6. Ed aveva sottolineato, altresì, che la RAGIONE_SOCIALE d’Italia avesse pesantemente sanzionato nel 2013 i vertici della RAGIONE_SOCIALE per carenze nell’organizzazione dei controlli interni.
2.7. Su tutte queste circostanze, che risultano dalla stessa sentenza gravata come dedotte in fase di appello, la Corte d’appello non spende una parola eludendo il piano essenziale della valutazione dell’adeguatezza dei comportamenti tenuti dalla banca sotto il profilo organizzativo, nell’ambito di una struttura complessa.
2.8 . Inoltre, la sentenza d’appello omette ogni motivazione sulla delibera Consob n. 20344 del 15/3/2018 pubblicata sul bollettino Consob del 26 giugno 2018, prodotta anche ai sensi dell’articolo 347, 2° comma c.p.c. con la memoria autorizzata. In detta delibera, erogatrice di sanzioni ai vertici dell’Istituto di credito, si legge al paragrafo 5, di pagina 7: non emergono in atti elementi sufficienti a dimostrare
l’effettiva adozione e attuazione di modelli di organizzazione idonei a prevenire gli illeciti, nonché l’elusione fraudolenta degli stessi modelli da parte dei soggetti che hanno commesso il fatto illecito.
2.9. La Corte di appello non si confronta nemmeno con il contenuto dell’art. 21, primo comma D, T.U. Finanza d.lgs. n. 58/1988 secondo cui ogni istituto di credito è tenuto a disporre di risorse e procedure anche di controllo interno idoneo ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.
2.10. Non solo, la Corte territoriale ha pure errato ad affermare che fosse necessario individuare la fonte delle procedure di controllo; posto che ai fini dell’applicazione dell’art 1227, 1 comma c.c. – oltre a dover valutare la violazione degli specifici obblighi prima indicati – il concorso della vittima nella causazione del danno può derivare più in generale anche dalla violazione di regole di ordinaria prudenza (come affermato da Cass. sentenza n. 36357 del 29/12/2023).
2.11. La pronuncia oggetto del giudizio, quindi, senza tenere conto della particolare natura del servizio bancario, della sua rilevanza costituzionale, anche a tutela del risparmio di cui all’art. 47 della Cost., dei particolari doveri di diligenza che gravano su chi tale servizio esercita, arriva a sostenere che sarebbe stato onere del lavoratore indicare quali fossero le procedure di controllo e la struttura aziendale a cui le stesse procedure avrebbero dovuto essere affidate e le relative funzioni e procedure. E che fosse onere del lavoratore indicare quale sarebbe stata la cosiddetta condotta alternativa lecita doverosa da parte della banca. Quando, al contrario, era la RAGIONE_SOCIALE a dover dimostrare di aver fatto il possibile per evitare che si producessero le condotte del dipendente alla luce delle regole generali di correttezza e diligenza ex artt. 1127 e 1337 c.c. ed anche alla luce dell’art.
21 comma 1 lettera D) testo unico Finanza (d.lgs. n. 58/1998) secondo cui l’istituto bancario è tenuto a disporre di risorse e procedure anche di controllo interno, idonee ad assicurare l ‘ efficiente svolgimento dei servizi e delle attività. 2.12. Possono essere dunque accolte le censure sollevate con i primi due motivi, nei limiti sopraindicati; resta solo da rimarcare in diritto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. sentenza 3703/2018), il giudice deve proporsi d’ufficio l’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato sempre che risultano prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente sul piano causale dello stesso.
2.14. È noto infatti come l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui al primo comma dell’art. 1227 cod. civ.) vada distinta da quella (disciplinata dal secondo comma della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione.
Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, solo quest’ultima situazione deve formare oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Al contrario, nella prima situazione, che è quella che rileva nella fattispecie in esame, il giudice procede d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente dello stesso, sul piano causale (cfr. ex multis, Cass. civ. Sez. III, 25/05/2010, n. 12714).
2.15. Sotto questo aspetto, va rilevato che il ricorrente aveva pure prospettato come la RAGIONE_SOCIALE fosse stata interessata esclusivamente al raggiungimento dei budgets mirando alla sola operatività commerciale; e che gli ordini superiori ai 50.000 € fossero pure soggetti a conferma da parte di un altro operatore.
E tutto quanto sopra descritto porta quindi ad escludere che COGNOME abbia potuto provocare da solo il danno contestato senza che vi sia stato quantomeno il concorso del comportamento colposo del creditore (o di altri soggetti di cui il creditore è tenuto comunque a rispondere secondo l’ordinamento).
2.16. Non è vero neppure che nel caso in esame si configuri una fattispecie di ‘doppia conforme’, posto che il primo giudice aveva al contrario accolto l’eccezione di responsabilità della banca ai sensi dell’art. 1227, 1° comma c.c.
3.- Con il terzo motivo si deduce la violazione per mancata applicazione dell’articolo 342 c.p.c. , dell’articolo 118 c.p.c. e dell’articolo 111 Costituzione per aver omesso l’esame, non motivando sul punto, circa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di sinteticità e chiarezza essendo esso composto da ben 94 pagine depositate in cartaceo anziché con comodità telematiche.
Il motivo è inammissibile perché non trascrive e localizza l’eccezione effettuata e perché comunque l’omissione di pronuncia in discorso sarebbe irrilevante atteso che la censura è pure infondata nel merito.
Va premesso che il giudizio sulla sinteticità degli atti deve essere calibrato in relazione ai singoli gradi ed al concreto sviluppo di ogni tipologia di giudizio. Inoltre secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez Un. ordinanza n. 37552/21) l’inosservanza del dovere di sinteticità ‘ può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi
l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c.’.
Non basta quindi la mera lunghezza dell’appello ad integrare la violazione in discorso. Mentre, in ogni caso, nel caso in esame la situazione di pregiudizio deve ritenersi esclusa alla luce della pronuncia di appello che ha esaminato puntualmente l’atto di appello.
4.- Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., violazione per mancata applicazione dell’art. 210 c.p.c., violazione dell’art. 111 Cost. per avere la sentenza impugnata ritenuto provata l’entità del danno stimato dal c.t.u. in euro 5.918.891,37.
Il motivo è inammissibile perché si risolve in una contestazione del merito dell’accertamento peritale. La Corte territoriale ha infatti richiamato in modo esteso e puntuale le conclusioni del CTU. La sentenza è altresì motivata riguardo alla quantificazione del danno. Per contro il motivo censura in maniera piuttosto confusa la decisione della Corte di appello di adesione alle risultanze peritali. Questa Suprema Corte, al riguardo, ha in più occasioni chiarito che il giudice di merito può legittimamente fare richiamo alle risultanze emergenti dalla CTU, non essendo necessario che vengano fornite ulteriori motivazioni in ordine all’adesione all’elaborato peritale (Cass. n. 282/2009; Cass. n. 1815/2015), né al rigetto delle tesi contrarie. Inoltre in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un’esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova ctu, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. n. 9379/2011; Cass. n. 17693/2013; Cass. 22799/2017). Conseguentemente, neppure può, nel caso concreto, ravvisarsi un’ipotesi di motivazione solo apparente.
5.- Con il quinto motivo si deduce violazione per mancata applicazione dell’art. 1227, 2 comma per avere la Corte d’appello disatteso l’applicazione dell’art. 1227, 2 comma c.c. con la richiesta di completa reiezione della domanda della RAGIONE_SOCIALE. Infatti in ordine all’assenza di diligenza ordinaria del creditore, richiesta per l’esclusione del risarcimento dall’art.1227, 2°comma c.c., l’attuale ricorrente aveva sempre rappresentato di aver operato in un sistema diffuso di operatività della RAGIONE_SOCIALE secondo un sistema che della dirigenza del bonus argentarius aveva ben poco, interessando alla banca solo la movimentazione ed il raggiungimento dei budget commerciali. La RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito che la norma invocata per fondare l’appello cioè l’articolo 1227, 2° comma c.c. costituiva una eccezione in senso stretto e fosse come tale inammissibile perché evocata per la prima volta in secondo grado.
5.1. Il motivo è infondato non essendovi ragione per cambiare indirizzo giurisprudenziale ed essendo incontestata la tardività dell’eccezione sollevata ai sensi dell’art. 1227, 2 comma c.c. solo in appello.
Vale quanto affermato in proposito dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui al primo comma dell’art. 1227 c.c.) va distinta da quella (disciplinata dal secondo comma della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacché mentre nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso – la seconda di tali situazioni forma oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto
comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. sentenza n. 19218/2018, Cass. n. 12714/2010).
6.- Alla luce di quanto fin qui osservato il ricorso deve essere accolto in relazione ai primi due motivi. La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa in conformità ai principi sopra affermati e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
7.- Non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio del 26.3.2024