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Concorso di colpa investitore: la Cassazione decide

Un investitore, dopo essere stato frodato dal proprio promotore finanziario, ha citato in giudizio la società di intermediazione per ottenere il risarcimento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato la responsabilità della società, ma ha accolto il motivo di ricorso relativo al concorso di colpa dell’investitore. L’aver consegnato al promotore somme di denaro in contanti e con altre modalità irregolari è stato considerato un comportamento anomalo che ha contribuito al danno. Di conseguenza, la Corte ha annullato la precedente sentenza e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per ricalcolare il risarcimento, tenendo conto della colpa concorrente del risparmiatore.

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Concorso di colpa investitore: quando la negligenza riduce il risarcimento

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta un tema cruciale nella gestione dei rapporti tra intermediari finanziari, promotori e clienti: il concorso di colpa dell’investitore. La Suprema Corte chiarisce che, anche di fronte a una comprovata truffa da parte del promotore, il comportamento del risparmiatore non è irrilevante. Se l’investitore adotta modalità di pagamento anomale e contrarie alle norme di settore, può vedersi ridurre il risarcimento del danno subito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I fatti del caso: una fiducia mal riposta

Un risparmiatore aveva affidato ingenti somme di denaro a un promotore finanziario che operava per conto di una nota società di intermediazione. L’investitore aveva sottoscritto contratti di gestione patrimoniale e acquistato prodotti finanziari, ricevendo periodicamente dal promotore dei rendiconti che attestavano cospicui guadagni.

Successivamente, scopriva l’amara verità: il promotore era irreperibile, gli investimenti reali ammontavano a una frazione minima delle somme versate e i rendiconti erano completamente falsi. Il promotore si era illecitamente appropriato del denaro. L’investitore ha quindi agito in giudizio contro la società di intermediazione, ritenuta responsabile in solido con il promotore, ottenendo una condanna al risarcimento di oltre 500.000 euro sia in primo grado che in appello.

Il ricorso in Cassazione della società

La società intermediaria ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su quattro motivi. I primi tre, relativi a presunti vizi di motivazione e a una errata valutazione delle prove (come articoli di giornale o la sentenza di patteggiamento del promotore), sono stati respinti dalla Corte per inammissibilità. La decisione dei giudici di merito, secondo la Cassazione, si fondava solidamente su prove documentali e testimoniali che dimostravano l’illecito e il nesso con l’attività del promotore.

Il concorso di colpa dell’investitore e l’accoglimento del ricorso

Il quarto motivo di ricorso, tuttavia, è stato accolto. La società lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente escluso il concorso di colpa dell’investitore ai sensi dell’art. 1227 del codice civile. Nello specifico, l’investitore aveva consegnato al promotore denaro contante e assegni intestati al promotore stesso e da lui girati: modalità di pagamento irregolari, non tracciabili e contrarie alla disciplina di settore che impone l’uso di strumenti nominativi intestati direttamente all’intermediario.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la responsabilità della società per l’illecito del promotore viene meno solo se il cliente tiene una condotta talmente anomala da potersi considerare collusiva o, quantomeno, caratterizzata da una consapevole acquiescenza alla violazione delle regole.

Tuttavia, anche quando non si raggiunge un livello tale da escludere del tutto la responsabilità dell’intermediario, un comportamento anomalo dell’investitore può essere valutato come concorso di colpa, portando a una riduzione del risarcimento.

La Corte ha specificato che la violazione di norme precise, come il divieto di consegnare contanti al promotore, obbliga il giudice a un’attenta valutazione. Non si può escludere aprioristicamente la rilevanza di tale condotta. La Corte d’Appello, nel negare ogni contributo causale del cliente, non ha applicato correttamente questi principi.

Le conclusioni: il rinvio alla Corte d’Appello

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il quarto motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso e valutare specificamente l’incidenza del comportamento negligente dell’investitore nella causazione del danno. La decisione finale dovrà quindi stabilire in quale misura il risarcimento dovuto dalla società debba essere ridotto in ragione del concorso di colpa dell’investitore. Questa pronuncia rafforza l’idea che anche il risparmiatore ha un dovere di diligenza e non può ignorare le regole fondamentali a presidio della sicurezza delle operazioni finanziarie.

Un investitore truffato dal promotore ha sempre diritto al risarcimento totale dalla società intermediaria?
No. Secondo la Corte, se l’investitore contribuisce al danno con un comportamento negligente e anomalo (ad esempio, usando modalità di pagamento irregolari), il suo diritto al risarcimento può essere ridotto in proporzione alla sua colpa (concorso di colpa).

Consegnare denaro in contanti a un promotore finanziario può ridurre il risarcimento?
Sì. La consegna di denaro contante è una violazione di specifiche norme di settore. Tale condotta, essendo anomala, deve essere valutata dal giudice come possibile fatto colposo concorrente dell’investitore, che può portare a una diminuzione dell’importo del risarcimento.

Quale valore ha la sentenza di patteggiamento del promotore nel processo civile per il risarcimento?
Nel processo civile, la sentenza di patteggiamento emessa nel procedimento penale a carico del promotore non costituisce una prova piena, ma ha un valore ‘meramente indiziario’. Può essere considerata dal giudice insieme ad altre prove, ma non è di per sé sufficiente a fondare la decisione né a invertire l’onere della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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