Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31669 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31669 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15683/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in atti del 20 giugno 2023;
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma, ottava sezione civile, n. 18719/2019 del 1° settembre 2019, resa nel procedimento n.r.g. 35113/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 6 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso in cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma ha confermato la sentenza del locale Giudice di pace che l ‘ aveva ritenuta esclusiva responsabile del danno cagionato a Unipolsai Assicurazioni s.p.a. per effetto dell’abusivo incasso presso uno sportello postale da parte di ignoti di un assegno di traenza non trasferibile, emesso da Ugf Banca in favore di un danneggiato a definizione di un sinistro.
Il Tribunale, per quanto ancora in questa sede interessa, ha ritenuto: a) che sussisteva la responsabilità dell’istituto negoziatore dell’assegno, posto che esso aveva omesso di usare la diligenza professionale richiesta per l’operazione effettuata, in presenza di indici di anomalia nella fattispecie, identificati: a1) nell ‘ esibizione da parte del presentatore di un solo documento identificativo, peraltro privo di fotografia e risultato contraffatto; a2) nella non apprezzata lontananza del luogo di emissione dell’assegno rispetto a quello di pagamento; a3) nella non apprezzata circostanza che il presentatore non era cliente di Poste e, quindi, a essa del tutto sconosciuto, sino al momento in cui, proprio allo scopo di incassare il titolo, aveva aperto un libretto postale; b) nella specie doveva escludersi l’applicabilità dell’art. 1227 cod. civ. , invocata da Poste nei confronti dell’emittente il titolo, siccome le forme di spedizione del medesimo all’effettivo beneficiario non costituivano elemento valorizzabile ai fini
dell’interruzione del nesso causale che legava il fatto dannoso all’esclusiva responsabilità dell’istituto negoziatore del titolo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
«1° MOTIVO: art. 360 nn 3 e 5 cpc – violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del RD 1736/33 in riferimento agli artt. 1218, 1176, 2 comma, 1992 cc, e legge 445/2000 -omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto del giudizio» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nell’attribuzione della responsabilità, per averne la Corte territoriale oggettivizzato la valutazione in capo a essa ricorrente.
Il motivo è inammissibile poiché, in relazione all ‘ asserita falsa applicazione di legge, è in effetti volto a richiedere a questa Corte una non consentita riedizione del giudizio di fatto svolto nella fase di merito, avendo il Tribunale, come si evince dalla superiore narrativa, chiaramente ed espressamente enucleato le circostanze fattuali dalle quali ha dedotto la sussistenza dell’inadempimento contrattuale attribuito all’ odierna ricorrente. In relazione al vizio motivazionale, la censura omette di indicare specificamente quali fatti storico-naturalisitici sarebbero stati omessi, e di dedurne specificamente l’avvenuta sottoposizione a contraddittorio e la decisività ai fini del decidere, mostrandosi, pertanto, altrettanto inammissibile anche in tale parte. Va solo aggiunto che la fattispecie per cui è causa è diversa da quella oggetto di consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 15638, 15642, 15643, 15651, 15818, 6781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023; Sez. 1, Ordinanza n. 19351
del 2024), in tema di idoneità della carta di identità o della patente auto a costituire mezzo di identificazione sufficiente del presentatore dell’assegno. Invero, come si evince dalla superiore narrativa, nel caso di specie è stato esibito un documento privo di fotografia e risultato contraffatto, come tale del tutto diverso da quelli ritenuti idonei dalla appena citata giurisprudenza di questa Corte.
b. «2°: art. 360 nn 3 e 5 cpc – violazione e falsa applicazione dell’art. 83 DPR 156/73 e del DM 26/2/2004 (carta della qualità del servizio pubblico postale) in riferimento all’art. 1227 comma 1 cc e art. 43 L.A. Errato esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti» deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha negato rilevanza causale nella determinazione dell’evento dannoso alla dedotta spedizione del titolo da parte dell’assicurazione per posta ordinaria e, quindi , con assunzione del rischio connesso alle relative modalità di consegna.
Il motivo è fondato alla luce di Cass., Sez. U, Sentenza n. 9769 del 26/05/2020, laddove è stato affermato il principio di diritto secondo cui la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e
configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore.
A tale insegnamento la sentenza impugnata non risulta conforme, avendo negato (a pagg. 6-7) la rilevanza del concorso di colpa dell’assicurazione mittente nell’identica fattispecie.
Il terzo motivo, avente ad oggetto la denuncia di vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, è inammissibile perché, non avendo il giudice di appello pronunciato sul danno, in violazione dell’art. 366 comma 1 n. 6 cpc non risulta indicato se sul danno vi fosse uno specifico motivo di appello. La censura è inoltre inammissibile perché relativa, in realtà, al giudizio di fatto riservato al giudice del merito.
La sentenza va, dunque, cassata e le parti rinviate al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che provvederà a