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Concorrenza sleale dipendente: quando è lecita?

Una società specializzata in servizi di comunicazione aziendale ha citato in giudizio un suo ex dipendente e la nuova azienda datrice di lavoro, accusandoli di concorrenza sleale dipendente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che lo sfruttamento del bagaglio di conoscenze ed esperienze professionali acquisite da un lavoratore non costituisce di per sé un atto di concorrenza sleale. Per configurare l’illecito, è necessario dimostrare la violazione di specifici patti di non concorrenza o la sottrazione e l’utilizzo di informazioni segrete, prove che nel caso di specie non sono state fornite. La Corte ha ribadito che il passaggio di un dipendente a un’altra azienda è uno sviluppo fisiologico delle relazioni professionali.

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Concorrenza Sleale Dipendente: Quando Sfruttare le Competenze Acquisite è Legittimo?

Il passaggio di un dipendente qualificato da un’azienda a una concorrente è un evento comune nel mondo del lavoro, ma spesso genera tensioni e contenziosi legali. La questione centrale è stabilire il confine tra la legittima mobilità professionale e la concorrenza sleale dipendente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su questo tema, sottolineando come il bagaglio di competenze di un lavoratore sia parte della sua persona e il suo utilizzo presso un nuovo datore di lavoro non costituisca, di per sé, un illecito.

I Fatti del Caso: Il Passaggio di un “Key Account” alla Concorrenza

Una società leader nei servizi di customer communication management (Società Alfa) citava in giudizio un suo ex dipendente con ruolo di key account e la società presso cui era stato assunto (Società Beta). L’accusa era grave: l’ex collaboratore avrebbe illecitamente trasferito alla nuova azienda informazioni segrete e know-how, permettendole di diventare un concorrente diretto in un settore di mercato in cui prima non operava e di aggiudicarsi una gara a discapito della stessa Società Alfa.

La Società Alfa chiedeva quindi l’accertamento della responsabilità per concorrenza sleale (ex art. 2598, n. 3, c.c.), violazione di segreti industriali e responsabilità aquiliana, con una richiesta di risarcimento danni milionaria.

Le Decisioni di Merito: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Il percorso giudiziario è stato altalenante. Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le ragioni della Società Alfa, riconoscendo la responsabilità della Società Beta per concorrenza sleale. La motivazione si basava sull’aver assunto un dipendente chiave della concorrente e averlo destinato proprio ai clienti che seguiva in precedenza, garantendosi così un vantaggio anti-competitivo. Tuttavia, aveva escluso la violazione delle norme sui segreti industriali.

La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato completamente la decisione. Accogliendo i ricorsi della Società Beta e dell’ex dipendente, ha dichiarato insussistente la responsabilità per concorrenza sleale. Secondo i giudici di secondo grado, non era stato provato l’effettivo utilizzo di informazioni segrete. Inoltre, l’ex dipendente non si occupava più dei clienti specifici in questione da almeno quattro anni, rendendo poco verosimile che potesse garantire un vantaggio competitivo decisivo basato su conoscenze datate.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Concorrenza Sleale Dipendente

La Società Alfa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha respinto, confermando la sentenza d’appello e delineando principi fondamentali in materia di concorrenza sleale dipendente.

La Corte ha innanzitutto chiarito che il ricorso era inammissibile perché mirava a un riesame dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. Il ruolo della Cassazione è verificare la corretta applicazione del diritto, non rivalutare le prove.

Nel merito, la decisione si fonda su un principio cardine: le cognizioni e le esperienze acquisite da un lavoratore durante un rapporto di lavoro diventano parte della sua personalità e del suo bagaglio professionale. Pertanto, l’utilizzo di tali competenze presso un nuovo datore di lavoro non è illecito, ma rappresenta uno “sviluppo fisiologico delle relazioni professionali”.

Perché si possa parlare di concorrenza sleale, devono ricorrere due condizioni, che l’azienda ricorrente non ha dimostrato:
1. La violazione della segretezza delle informazioni: L’ex datore di lavoro deve provare che il dipendente ha utilizzato informazioni specificamente qualificate come segrete e riservate.
2. La violazione di patti di non concorrenza: Doveva esistere un patto valido che limitasse l’attività del dipendente per un certo periodo dopo la cessazione del rapporto.

In assenza di queste prove, il semplice fatto di assumere un professionista proveniente da un’azienda concorrente e di beneficiare delle sue competenze generali, anche se maturate in quel settore, non è sufficiente a integrare una condotta illecita.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Aziende e Lavoratori

Questa ordinanza della Cassazione offre una lezione importante. Per le aziende, evidenzia la necessità di proteggere il proprio patrimonio informativo non con cause generiche, ma con strumenti giuridici specifici ed efficaci, come patti di non concorrenza ben strutturati (che prevedano un congruo corrispettivo) e accordi di riservatezza chiari. La semplice speranza di poter blocare un ex dipendente accusandolo di concorrenza sleale si rivela spesso infondata.

Per i lavoratori, la sentenza conferma il diritto alla mobilità professionale e a mettere a frutto il proprio bagaglio di esperienze. Le competenze acquisite sul campo sono un patrimonio personale che può essere legittimamente speso sul mercato del lavoro, a patto di non divulgare segreti industriali o violare specifici accordi contrattuali.

L’assunzione di un ex dipendente di un concorrente costituisce sempre concorrenza sleale?
No. Secondo la Corte, l’assunzione di un ex dipendente di un concorrente non è di per sé un atto di concorrenza sleale. Diventa illecito solo se si dimostra che tale assunzione è avvenuta con lo scopo di acquisire informazioni segrete o se vengono violati patti di non concorrenza validi. Altrimenti, rientra nel normale sviluppo delle relazioni professionali.

Quali prove deve fornire l’ex datore di lavoro per dimostrare la concorrenza sleale?
L’ex datore di lavoro ha l’onere di provare che il dipendente ha utilizzato informazioni segrete e riservate dell’azienda precedente o che ha violato un patto di non concorrenza. Non è sufficiente dimostrare che il lavoratore ha utilizzato le sue competenze generali e la sua esperienza, anche se maturate presso l’ex datore di lavoro.

Le competenze e le esperienze acquisite da un dipendente durante un rapporto di lavoro a chi appartengono?
La Corte ha stabilito che le cognizioni e le esperienze acquisite diventano parte integrante della personalità e del bagaglio professionale del dipendente. Pertanto, appartengono al lavoratore, che può legittimamente utilizzarle a supporto di nuove opportunità lavorative, a meno che non si tratti di informazioni coperte da segreto industriale o da specifici vincoli contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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