Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19628 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17725-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la SENTENZA N. 4530/2024 della CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA, depositata il 26/6/2024;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 13/6/2025.
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Tribunale di Roma, con decreto emesso in data 12/5/2022, ha dichiarato, ai sensi dell ‘ art. 162 l.fall., l ‘ inammissibilità della domanda di concordato preventivo con continuità aziendale depositata dalla RAGIONE_SOCIALE
in data 28/4/2021 e, con sentenza del 16/5/2022, ha dichiarato il fallimento della società proponente.
1.2. Il tribunale ha fondato la pronuncia d ‘ inammissibilità della domanda di concordato preventivo sul rilievo, tra l ‘ altro, che: – la società istante, pur a fronte del previsto pagamento non integrale dei creditori privilegiati, non aveva depositato la relazione imposta dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., né aveva depositato la relazione prevista dall ‘ art. 182 ter , comma 1°, l.fall., pur avendo previsto nella transazione fiscale medio tempore depositata che i debiti fiscali e previdenziali scaduti sarebbero stati pagati nell ‘ arco di un triennio e, dunque, con una dilazione che avrebbe richiesto la relazione di un professionista; – né le rilevate carenze documentali potevano essere colmate da quanto attestato dal professionista incaricato dalla società ai sensi degli artt. 161 e 186 bis l.fall., e ciò ‘ in considerazione sia della sua diversa finalità ‘, ‘ volta alla attestazione in ordine alla veridicità dei dati e alla fattibilità del piano ‘ , ‘ sia del fatto che è richiesta la non coincidenza e dunque l ‘ alterità della persona dell ‘ esperto attestatore rispetto al professionista incaricato di esprimere le valutazioni previste dalle citate norme di cui agli artt. 160 comma 2 e 182 ter L.F .’ ; -tale relazione, peraltro, ‘ era inattendibile, poiché non conteneva alcuna specifica valutazione circa la possibilità di degrado e dilazione di pagamento dei creditori privilegiati e in relazione al fatto che lo stesso professionista si era limitato a dichiarare di ritenere congrui i valori di realizzo dei beni immobili indicati dallo stimatore, in quanto determinati sulla base di valori di mercato molto vicini ai dati OMI ‘.
1.3. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto reclamo avverso la sentenza che aveva dichiarato il suo fallimento deducendo, in sostanza, che: -nessuna norma impone
l ‘ affidamento della relazione prevista dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall. e di quella di cui all ‘ art. 161 l.fall. a due diversi professionisti; i ‘ principi di attestazione richiamati nei piani di risanamento ‘ , approvati con la delibera del CNDCEC del 16/12/2020, prevedono, infatti, che, ‘ in caso di concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non sussistono limitazioni normative all ‘ affidamento all ‘ Attestatore anche dell ‘ incarico relativo alla stima ai sensi dell ‘ art. 160, secondo comma, l.f. ‘ .
1.4. La corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il reclamo.
1.5. La corte, in particolare, dopo aver ritenuto che: l ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., consente al debitore di prevedere, nell ‘ ambito della proposta di piano concordatario, il pagamento non integrale e/o anche solo dilazionato dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, a condizione, però, che sia comunque prevista per costoro una soddisfazione non inferiore a quanto realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al bene ed ai diritti sul quali esiste la causa di prelazione; – la proposta, in tal caso, dev ‘ essere corredata da una relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti d ‘ indipendenza previsti dagli artt. 67, comma 3°, lett. d), l.fall. e 2399 c.c.; – tale relazione, la cui produzione è richiesta dall ‘ art. 162 l.fall. a pena d ‘ inammissibilità, ha un contenuto composito, ‘ dovendo lo stimatore esprimere un parere di congruità in merito al valore di mercato dei beni e dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione in relazione a quei crediti privilegiati oggetto di soddisfacimento non integrale ‘; – il professionista, quindi, non deve limitarsi alla ‘ stima dei beni’ ma deve ‘ estendere il proprio giudizio alla loro effettiva
liquidabilità in rapporto alle condizioni del mercato locale ed alle caratteristiche degli stessi, nonché in relazione ai tempi che nel piano medesimo sono stati previsti per addivenire alla cessione dei beni o al realizzo dei suddetti diritti ‘ ; ha rilevato che: – la società istante aveva incontestatamente prodotto, insieme alla proposta di piano, soltanto una perizia di stima ‘ il cui contenuto, a ben guardare, è limitato all ‘ accertamento del valore degli immobili, senza alcuna valutazione o verifica -come correttamente rilevato dal Tribunale nel decreto … opposto – in ordine alla possibilità di degrado e dilazione di pagamento dei creditori privilegiati ‘; – tali valutazioni, peraltro, in forza di quanto stabilito dall ‘ art. 161, comma 3°, l.fall., non sono surrogabili con quelle rimesse all ‘ attestatore designato a norma dell ‘ art. 161 l.fall., il quale, avendo il compito di asseverare in posizione di terzietà e di indipendenza la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, non può essere incaricato dalla proponente di predisporre anche la relazione di cui all ‘ art. 160, comma 2°, cit.; – resta, d ‘ altra parte, insuperato il rilievo del tribunale in ordine al mancato deposito della relazione di cui all ‘ art. 182 bis l.fall., la cui produzione è parimenti ineludibile attesa l ‘ indicazione, nel piano, della precondizione imposta dalla norma, ovvero del pagamento nell ‘ arco di un triennio dei relativi debiti scaduti e non pagati alla Agenzia delle entrate; – la reclamante, su tale aspetto, non ha, infatti, svolto nel reclamo alcuna espressa censura, essendosi limitata ad affermare di aver depositato la transazione fiscale ed avendo piuttosto concentrato tutta la propria difesa sulla surrogabilità, in forza dell ‘ attestazione in atti, della perizia estimativa di cui all ‘ art. 160, comma 2°, l.fall..
1.6. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 26/7/2024, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione della sentenza.
1.7. Il Fallimento è rimasto intimato al pari di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto l ‘ inammissibilità della domanda di concordato preventivo presentata dalla reclamante sul rilievo che la stessa aveva depositato, unitamente alla proposta, solo una perizia di stima che si era limitata ad accertare il valore degli immobili ma senza svolgere alcuna valutazione o verifica in ordine alla possibilità di degrado e dilazione di pagamento dei creditori privilegiati, e che le valutazioni demandate allo ‘ stimatore ‘ dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall. non possono essere surrogate da quelle rimesse all ‘ attestatore designato ai sensi dell ‘ art. 161 l.fall., il quale, dovendo asseverare, in posizione d ‘ indipendenza, la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, non può essere incaricato dalla proponente di predisporre anche la relazione prevista dall ‘ art. 161, comma 2°, l.fall., omettendo, tuttavia, di considerare che: – intanto, non si rinvengono norme che impongono l ‘ alterità dei soggetti chiamati a predisporre la relazione di cui all ‘ art. 160, comma 2°, l.fall. e la relazione prevista dall ‘ art. 161, comma 2°, l.fall.; – inoltre, è senz ‘ altro rispettoso dei principi regolatori della materia il fatto che il medesimo attestatore possa, oltre che attestare il piano di concordato a norma dell ‘ art. 161, comma 3°, l.fall., anche attestare l ‘ insufficienza dei beni oggetto di privilegio nel caso di
liquidazione ai sensi dell ‘ art. 160, comma 2°, l.fall. nonché, infine, attestare la proposta di transazione fiscale come previsto dall ‘ art. 182 ter l.fall.; -del resto, gli stessi principi di attestazione OIC, che regolano sul piano deontologico la condotta dei professionisti, stabiliscono che, ‘ in caso di concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non sussistono limitazioni normative all ‘ affidamento all ‘ Attestatore anche dell ‘ incarico relativo alla stima ai sensi dell ‘ art. 160, secondo comma, l.f. ‘; – in caso di concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non sussistono, dunque, limitazioni normative alla possibilità di affidare al professionista attestatore anche l ‘ incarico di procedere alla stima prevista dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall..
2.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che, nella relazione prevista dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., il professionista non deve limitarsi alla stima dei beni e dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione ma deve estendere il proprio giudizio alla loro effettiva liquidabilità in rapporto alle condizioni del mercato locale ed alle caratteristiche degli stessi nonché in relazione ai tempi che nel piano medesimo sono stati previsti per addivenire alla cessione dei beni o al realizzo dei suddetti diritti, omettendo, tuttavia, di considerare che, in realtà: – se i beni sono gravati da privilegi reali o generali e la loro eventuale liquidazione non è sufficiente al pagamento dei relativi creditori, il debitore deve nominare un professionista che attesti quanto richiesto dall ‘ art. 160, comma 2°, cit., senza
dover, tuttavia, procedere alla stima dei beni e dei diritti oggetto della garanzia, potendo, in realtà, limitarsi a verificare i valori indicati dal debitore e a rilasciare, in termini positivi o negativi, la relativa attestazione; – il debitore, a sua volta, per avere una maggiore certezza dei valori e per fugare ogni dubbio relativamente a possibili sottostime o sovrastime dell ‘ attivo, può incaricare un tecnico che proceda alla valutazione dei beni secondo le sue esperienze professionali; – lo stimatore, tuttavia, non ha certo il compito di verificare i crediti privilegiati, di stabilirne la consistenza e addirittura i gradi e scendere nella valutazione del degrado ai fini della formazione della classe dei votanti, trattandosi, piuttosto, di un accertamento che la legge demanda al professionista dotato dei requisiti di cui all ‘ art. 67, comma 3°, lett. d), l.fall., come un avvocato, un dottore commercialista, un ragioniere o un ragioniere commercialista iscritto nel registro dei revisori legali, vale a dire requisiti che certamente l ‘ architetto chiamato a stimare i beni non ha né può mai avere.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. e dell ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, travisando le prove fornite, non ha considerato che la società proponente aveva depositato in giudizio sia una perizia immobiliare, con l ‘ indicazione dei valori di stima, sia un piano che prevedeva in maniera dettagliata i valori attribuiti agli immobili, i creditori con ipoteca sugli stessi e le percentuali di degrado a chirografo delle relative pretese; – il piano era, dunque, completo e conteneva già tutti i requisiti dell ‘ attestazione prevista dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall.; – la debitrice, peraltro, ad integrazione della relazione di attestazione originaria, ha provveduto a depositare
un ‘ ulteriore ed autonoma relazione nella quale l ‘ attestatore ha confermato le percentuali indicate dalla proponente, convenendo sulla fattibilità del piano per le percentuali e nei tempi prospettati dalla stessa; – la corte d ‘ appello ha, dunque, ritenuto che il piano presentato dalla debitrice era privo dell ‘ attestazione di cui all ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., laddove, al contrario, l ‘ attestazione richiesta dalla norma era agli atti del processo e la stessa doveva essere ritenuta sufficiente per l ‘ apertura del procedimento concordatario.
2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 18 l.fall. e degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la proposta era priva dell ‘ attestazione imposta dall ‘ art. 182 bis ( rectius: ter ) l.fall. a fronte dell ‘ indicazione, nel piano, della condizione imposta da tale norma, e cioè il pagamento nell ‘ arco di un triennio dei relativi debiti tributari e contributivi scaduti, e che su tale aspetto la reclamante, essendosi limitata ad affermare di aver depositato la transazione fiscale, non aveva svolto alcuna espressa censura, omettendo, tuttavia, di considerare che: – nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l ‘ effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la predetta sentenza riguarda anche la decisione sull ‘ inammissibilità del concordato, sicché, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adìto ai sensi degli artt. 18 e 162 l.fall., è tenuto a riesaminare tutte le questioni concernenti tale ammissibilità, sempre che non riguardino fatti venuti ad esistenza successivamente alla
pronuncia del tribunale; – le questioni relative alla transazione fiscale erano state, dunque, devolute alla corte d ‘ appello, che avrebbe dovuto, di conseguenza, verificare se l ‘ attestazione relativa alle verifiche di cui all ‘ art. 182 ter l.fall. esisteva o meno.
2.5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 182 ter , comma 1°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la proposta era priva dell ‘ attestazione imposta dall ‘ art. 182 bis ( rectius: ter ) l.fall. a fronte dell ‘ indicazione, nel piano, della condizione imposta da tale norma, e cioè il pagamento nell ‘ arco di un triennio dei debiti tributari e previdenziali scaduti, omettendo, tuttavia, di considerare che: -la società istante ha depositato un ‘ integrazione al piano nella quale, con riferimento ai crediti erariali e previdenziali, ha prospettato il loro pagamento integrale nei tre anni successivi; – per tali crediti sono state, dunque, depositate le debite richieste di transazione e conseguentemente è stata integrata l ‘ attestazione; -il pagamento integrale del debito, con la sola dilazione triennale e l ‘ applicazione degli interessi, escludeva, dunque, la necessità dell ‘ attestazione prevista dall ‘ art. 182 ter , comma 1°, seconda parte, l.fall., che la impone soltanto nell ‘ ipotesi in cui il piano prevede la soddisfazione dei debiti in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all ‘ art. 67, comma 3°, lett. d), l.fall.; – non si comprende, dunque, cosa avrebbe dovuto attestare il professionista se del debito era previsto l ‘ integrale pagamento e non sussistevano le condizioni richieste dalla norma per la
apposita attestazione; – l ‘ attestatore, del resto, ha confermato la fattibilità della proposta e la correttezza del piano che prevedeva la dilazione dei crediti fiscali in tre anni e il loro pagamento integrale.
2.6. Con il sesto motivo, proposto alla condizione del mancato accoglimento del precedente, la ricorrente ha lamentato la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. e dell ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello non ha considerato che, ove l ‘ attestazione di cui all ‘ art. 182 ter l.fall. fosse ritenuta necessaria anche nell ‘ ipotesi di mera dilazione del pagamento integrale del debito, l ‘ attestazione e la sua integrazione, così come trascritte nel precedente motivo, contengono i requisiti per la corretta formazione dell ‘ elaborato.
2.7. I primi tre motivi sono infondati, con assorbimento degli altri.
2.8. La corte d ‘ appello, infatti, dopo aver ritenuto che il professionista che redige la relazione prevista dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., ‘ dovendo … esprimere un parere di congruità in merito al valore di mercato dei beni e dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione in relazione a quei crediti privilegiati oggetto di soddisfacimento non integrale ‘ , non può limitarsi alla ‘ stima dei beni ‘ ma deve ‘ estendere il proprio giudizio alla loro effettiva liquidabilità in rapporto alle condizioni del mercato locale ed alle caratteristiche degli stessi, nonché in relazione ai tempi che nel piano medesimo sono stati previsti per addivenire alla cessione dei beni o al realizzo dei suddetti diritti ‘ , ha rilevato che, nel caso in esame, la società istante, insieme alla proposta di piano, ha provveduto a depositare una semplice perizia di stima, ‘il cui contenuto, a ben guardare, è limitato all ‘ accertamento del valore degli immobili, senza alcuna
valutazione o verifica -come correttamente rilevato dal Tribunale nel decreto … opposto – in ordine alla possibilità di degrado e dilazione di pagamento dei creditori privilegiati ‘ .
2.9. Tale statuizione, per ciò che riguarda gli apprezzamenti in fatto sui quali risulta fondata, non è suscettibile, in mancanza di una precisa esposizione in ricorso dei fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio e dalla stessa del tutto trascurati, di essere in questa sede utilmente sindacata.
2.10. La società ricorrente, in effetti, ha finito, in sostanza, per censurare la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle presunte emergenze delle stesse, hanno ritenuto che la società reclamante aveva depositato, unitamente alla domanda di ammissione al concordato preventivo, anche una relazione avente il contenuto imposto dall’art. 160, comma 2°, l.fall.
2.11. La sentenza impugnata, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dalla reclamante, ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo né apparente né perplesso né contraddittorio, che la società proponente non aveva depositato una relazione riconducile, per il contenuto assunto, a quella imposta dall ‘ art. 160, comma 2°, l.fall.
2.12. Si tratta, com ‘è evidente, di un apprezzamento che la ricorrente non ha utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile), e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la corte d ‘ appello supposto l ‘ inesistenza (o, per converso, l ‘ esistenza) di uno o più fatti storici controversi tra le parti, la cui esistenza, (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente
dagli atti allo stesso allegati nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo della sentenza stessa o (più probabilmente) dagli atti processuali ed aventi carattere decisivo ai fini della soluzione della controversia (nel senso che, ove percepiti o, rispettivamente, esclusi, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento della domanda proposta o dell ‘ eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente).
2.13. Ed una volta che la corte d ‘ appello ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che la proponente non aveva prodotto in giudizio una relazione riconducibile, per il suo contenuto, alle informazioni imposte dall ‘ art. 160, comma 2°, cit., (così prendendo in esame, pur senza dar conto di tutte le risultanze istruttorie asseritamente acquisite in giudizio, il fatto storico rilevante ai fini della decisione sulla domanda proposta dalla reclamante, e cioè l ‘ ammissione della stessa al concordato preventivo pur a fronte di un ‘ offerta di pagamento non integrale ai creditori privilegiati), non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la stessa corte distrettuale ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto, per difetto della condizione prevista dagli artt. 160, comma 2°, e 162, comma 2°, l.fall., della domanda della società istante di ammissione al concordato preventivo.
2.14. Premesso, invero, che il giudice di merito non può omettere di prendere in considerazione gli elementi, originari o sopravvenuti, che influiscano sulla correttezza dell ‘ individuazione dell ‘ entità del passivo e dell ‘ attivo, la realizzabilità di tutte condizioni previste dall ‘ imprenditore per il buon esito della proposta concordataria e l ‘ esatta e regolare
compilazione delle relazioni previste dagli artt. 160, comma 2°, e 186 bis , comma 2°, lett. b), l.fall. e poste a base del piano e della proposta concordataria (Cass. n. 35423 del 2023), rileva la Corte che: – l ‘ art. 160, comma 2°, l.fall., prevede, in effetti, che la proposta di concordato preventivo può ‘ prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente ‘ ; – in siffatta ipotesi, tuttavia, ‘ il piano ‘ deve prevedere ‘ la soddisfazione ‘ di tali crediti ‘ in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione ‘; – a tal fine, peraltro, occorre avere ‘ riguardo al valore di mercato attribuibile al bene ed ai diritti sui quali esiste la causa di prelazione ‘, così come ‘ indicato nella relazione giurata di un professionista ‘ in possesso dei requisiti d ‘ indipendenza previsti dagli artt. 67, comma 3°, lett. d), l.fall. e 2399 c.c.
2.15. Risulta, dunque, evidente che la relazione predisposta dal professionista a norma dell ‘ art. 160, comma 2°, cit. non può limitarsi, come ben ha rilevato la corte d ‘ appello, alla mera ‘ stima dei beni ‘ , e cioè all ‘ attribuzione agli stessi d ell’attuale valore monetario, ma deve necessariamente determinare la somma presumibilmente corrispondente al (futuro) ‘ ricavato ‘ della loro ‘liquidazione’ e, in tal modo, la percentuale ‘ realizzabile ‘ , ‘ in ragione della collocazione preferenziale’ di ciascuno di essi, da tutti i creditori ‘muniti di privilegio, pegno o ipoteca’ dei quali la proposta preveda (a fronte della loro determinazione nella misura stabilita dagli artt. 169, comma 1°, e 55 l.fall.) la soddisfazione non integrale.
2.16. La corte d ‘ appello, lì dove ha ritenuto che la società istante aveva depositato, insieme alla proposta di concordato, una semplice perizia di stima ‘il cui contenuto ‘ si era ‘ limitato all ‘ accertamento del valore degli immobili ‘ ma senza alcun
riguardo ‘ alle condizioni del mercato locale ed alle caratteristiche degli stessi ‘ e, dunque, ‘ alla loro effettiva liquidabilità ‘ per il valore (di mercato) così accertato nei ‘ tempi che nel piano medesimo sono stati previsti per addivenire alla cessione dei beni o al realizzo dei suddetti diritti ‘, si è attenuta ai principi esposti e si sottrae, dunque, alle censure svolte, sul punto, dalla ricorrente.
Il ricorso dev ‘ essere, dunque, rigettato.
Nulla per le spese processuali in mancanza di attività difensiva degli intimati.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima