Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3659 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3659 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22718 – 2023 R.G. proposto da:
CURATORI della liquidazione giudiziale della RAGIONE_SOCIALE, in persona del l’avvocato NOME COGNOME e del dottor NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Catania, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che li rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTI
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. P_IVA – in persona dei legali rappresentanti pro tempore , elettivamente domiciliata in Siracusa, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
P COGNOME GENERALE presso la CORTE d’APPELLO di CATANIA
INTIMATO
avverso la sentenza n. 1692 -20.9/4.10.2023 della Corte d’Appello di Catania, udita la relazione nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 del presidente, dottor NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso depositato in data 20.2.2023 al Tribunale di Catania la ‘RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato preventivo (cfr. ricorso, pagg. 3 – 4) .
La proponente premetteva che aveva il 22.11.2021 dato corso ad un’operazione di scissione, con cui aveva conferito alla ‘RAGIONE_SOCIALE società di nuova costituzione, una sostanziale frazione delle sue passività e l’intero suo patrimonio immobiliare, tra cui l’immobile sede dell’attività alberghiera .
Indi esponeva che il piano all’uopo predisposto sarebbe stato da attuare in cinque anni, articolati in due fasi, la prima, della durata di tre anni, destinata alla gestione dell’attività alberghiera mercè un contratto di affitto siglato, in qualità di affittuaria, nel febbraio 2022 con la società di nuova costituzione; la seconda, della durata di due anni, destinata alla vendita del complesso aziendale.
Esponeva altresì che, alla stregua del pari delle prefigurazioni del piano, i soci della beneficiaria ‘President’, al contempo suoi soci, si erano impegnati a vendere il complesso immobiliare adibito ad albergo nonché a devolverle, all’esito dell’integrale pagamento delle esposizioni debitorie della beneficiaria, il residuo, quale nuova finanza, per il pagamento dei suoi creditori.
In esito alla richiesta di chiarimenti formulata dal Tribunale di Catania con provvedimento del 23.3.2023, l a ‘ Resi dence RAGIONE_SOCIALE‘ provvedeva ad integrare la proposta, ovvero attendeva alla ridefinizione delle classi dei creditori e prefigurava, all’occorrenza , la vendita degli ulteriori immobili -del valore, come da perizia, di euro 100.000,00 – trasferiti alla società di nuova costituzione (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5) .
Con sentenza n. 78 dei 27.4/2.5.2023 il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile la proposta di concordato e, su ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, dichiarava aperta la liquidazione giudiziale della ‘RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 3) .
Segnatamente, il tribunale, a fronte delle puntualizzazioni operate dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella proposta integrativa – tra le quali quella per cui ‘dal progetto di scissione non possibile desumere con chiarezza le passività attribuite a ciascuno dei soggetti giuridici che partecipano alla scissione’ e quella per cui ‘nella fattispecie, in esito alla esecuzione della scissione, il patrimonio netto attribuito alla scissa è di sole € 50.000, mentre quello attribuito alla società beneficiaria ammonta a € 6.217.979,77’ reputava che si era al cospetto, in un quadro segnato dall’applicazione dell’art. 2506 bis , 3° co., cod. civ. (siccome l’atto ricognitivo delle passività assegnate alla beneficia ria non risultava dal progetto di scissione) , di un’operazione che mancava di fattibilità giuridica, nell’ambito della quale , per stessa ammissione della proponente, si privava la scissa quasi integralmente del suo patrimonio e si creavano ingiustificatamente due categorie dei creditori, ‘l’una garantita dal patrimoni o di entrambe le società, l’altra garantita dalla condebitrice in solido solo in via residuale e ove capien te’ (così ricorso, pag. 6) , ‘tra l’altro, nell’assenza di analitica indicazione
della composizione del passivo in testa alla beneficiaria’ (cfr. sentenza impugnata, pagg. 4 – 5).
L a RAGIONE_SOCIALE proponeva reclamo .
Resistevano i curatori della liquidazione giudiziale.
C on sentenza n. 1692/2023 la Corte d’Appello di Catania accoglieva il reclamo ed ‘omologa il concordato preventivo proposto da RAGIONE_SOCIALE e revoca la liquidazione giudiziale’.
Evidenziava, la Corte di Catania, in ordine alle doglianze della reclamante a censura dei rilievi del tribunale -rilievi (ulteriori) secondo cui ‘le società, scissa e beneficiaria, perché la proposta potesse essere considerata fattibile, avrebbero dovuto rispondere in via solidale dell’intera massa passiva, nei limiti del patrimonio effettivamente disponibile al momento della scissione sì come tra loro distribuito’ (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) e secondo cui tuttavia era previsto ‘l’intervento della beneficiaria, in v ia diretta, esclusivamente nei confronti del ceto bancario e dell’erario coperto dalla garanzia patrimoniale di cui all’art. 173 d.P.R. 917/86, e quale terza, datrice di nuova finanza, per la restante parte dei creditori e nei limiti dell’eventuale residuo a seguito del pagamento integrale della propria esposizione debitoria, e ciò a prescindere dalle legittime cause di prelazione che quest’ultimi possono vantare’ (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) – che , nel quadro dell’art. 117 c.c.i.i., i creditori della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ avrebbero conservato impregiudicati i diritti nei confronti della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di nuova costituzione; che invero la proposta di concordato in nessun modo contemplava la rinuncia alla responsabilità solidale ovvero la limitazione della responsabilità solidale della società di nuova costituzione prefigurata agli artt. 2506 bis e 2506 quater cod. civ., sicché in
nessun modo i diritti dei creditori risultavano conculcati nei confronti della società beneficiaria (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) .
Evidenziava dunque che la proposta di concordato, benché non contemplante alcun impegno diretto della società di nuova costituzione, ne prospettava comunque l’intervento a fini satisfattori in termini rimessi alla valutazione di convenienza del ceto creditorio (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) .
Evidenziava altresì, la corte, in ordine all ‘asserita violazione dell’art. 86 c.c.i.i., eccepita dalla curatela e correlata alla prefigurazione di una moratoria, ai fini del pagamento dei crediti privilegiati ex art. 2751 bis , n. 1, cod. civ., eccedente il termine semestrale ex art. 86 cit., che l ‘eccezione era destituita di fondamento; che invero il concordato era da ricondurre allo schema del concordato liquidatorio non già del concordato con continuità aziendale, siccome la proponente avrebbe dovuto concludere l’attività d’impresa con la vendita dell’azienda alberghiera (cfr. sentenza impugnata, pag. 10) .
Evidenziava inoltre, in ordine al rilievo della curatela circa il difetto di indicazioni, nella proposta, in merito alla convenienza della soluzione concordataria rispetto alla liquidazione giudiziale ed all’esperibilità in tale sede dell’azione revocatoria dell ‘ operata scissione, che la soluzione pattizia offriva ‘l’intero soddisfacimento del ceto creditorio (…) senza le connesse spese ed alea del giudizio’ (così sentenza impugnata, pag. 11) , viepiù che trattavasi di profilo la cui convenienza ed affidabilità sarebbe stata da demandare alla valutazione del ceto creditorio (cfr. sentenza impugnata, pag. 11) , al pari del profilo concernente l’omessa apposizione da parte della società di nuova costituzione di vincoli ex art. 2645 ter cod. civ. sul proprio patrimonio al fine di garantirne la destinazione a vantaggio dei creditori (cfr. sentenza impugnata, pag. 10) .
Evidenziava ancora che la proposta concordataria aveva finalità liquidatoria, cosicché, per un verso, era ben possibile l’esercizio temporaneo dell’attività nella prospettiva della liquidazione, cosicché, per altro verso, non era pertinente il rilievo della curatela alla cui stregua la reclamante non aveva chiarito in che modo intendesse far luogo alla ricostituzione del capitale successivamente all’omologazione del concordato (cfr. sentenza impugnata, pag. 11) .
Evidenziava infine, in ordine al rilievo della curatela circa il deficit informativo in merito alle utilità conseguibili mercé l’esercizio, in sede di liquidazione giudiziale, dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della ‘Residence COGNOME‘ , il valore del cui patrimonio sarebbe stato pari all’incirca ad euro 450.000,00, che la proposizione dell’azione di responsabilità avrebbe richiesto ‘l’instaurazione di un procedimento giudiziale mediamente di durata ultrannuale, costoso e connotato da una rilevante alea di causa, il cui risultato finale potrebbe non consentire al curatore di ritrarre le utilità sperate’ (così sentenza impugnata, pag. 12) , viepiù che il concordato non era atto a precludere ai creditori l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (cfr. sentenza impugnata, pag. 12) .
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i curatori della liquidazione giudiziale della ‘ RAGIONE_SOCIALE ne hanno chiesto sulla scorta di nove motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso ; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Il Procuratore G enerale presso la Corte d’Appello di Catania non ha svolto difese.
I curatori ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 48, 109, 110, 111 e 112 c.c.i.i.
Premettono che la Corte di Catania, e nella parte motiva e nel dispositivo, ha fatto luogo all’omologazione del concordato preventivo (cfr. ricorso, pag. 10) .
Indi deducono che all’ omologa zione può farsi luogo solo all’esito dell’approvazione del concordato da parte dei creditori e nella specie il Tribunale di Catania aveva dichiarato inammissibile la proposta, sicché non si era svolta alcuna votazione (cfr. ricorso, pag. 10) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 47 c.c.i.i.
Deducono che la Corte di Catania ha opinato per l’ammissibilità del concordato, ingiustificatamente degradando a mere valutazioni di convenienza, rimesse al vaglio del ceto creditorio, i rilievi del tribunale in ordine alla fattibilità giuridica della proposta concordataria, rilievi involgenti appieno il profilo della realizzabilità della causa concreta (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deducono segnatamente che il tribunale, con il provvedimento interlocutorio del 23.3.2023, aveva opinato per l’inidoneità del piano, siccome la società beneficiaria della scissione, deputata a fornire le risorse necessarie all’adempimento e condebitrice solidale della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nei limiti dell’art. 2506 quater , u.c., cod. civ., ‘presenta una rilevante esposizione debitoria, tra l’altro non correttamente determinata’ (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deducono ulteriormente che, a seguito della integrazione della proposta, contemplante, all’occorrenza, la vendita di ulteriori immobili del valore periziato di euro 100.000,00, il tribunale aveva rilevato che, ‘a causa di un errore di
rilevazione dei debiti della scissa, il progetto di scissione (…) stato elaborato senza tener conto di un debito della scissa non inferiore a € 630.000,00 circa (per Imu e Tarsu) che certamente non stato trasferito alla beneficiaria, con la conseguenza che il valore del patrimonio netto rimasto in capo alla scissa (…) deve ritenersi incontrovertibilmente negativo’ (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deducono conseguentemente che si prospetta l’applicabilità dell’art. 2506 bis , 3° co., cod. civ. -attesa l’inopponibilità ai creditori dell’atto ricognitivo delle passività assegnate alla beneficiaria – e quindi la responsabilità solidale diretta della scissa e della beneficiaria, laddove, viceversa, la proposta di concordato pref igura ‘l’intervento della beneficiaria, in via diretta, esclusivamente nei confronti del ceto bancario e dell’erario (…) e quale terza, datrice di nuova finanza, per la restante p arte dei creditori e nei limiti dell’eventuale residuo a seguito del pagamento integrale della propria esposizione debitoria’ (così ricorso, pag. 14) , cosicché è evidente la violazione delle norme in tema di scissione destinata a realizzarsi con l’approvazione della proposta (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deducono infine che in sede di reclamo, con la memoria di costituzione del 18.7.2023 e con le note d ell’11.9.2023, hanno chiarito che i dati dell’attivo e del passivo risultano palesemente errati e che l’analisi della situazione economicofinanziaria della ‘President’ induce va a concludere che tal ultima società ‘non ha le risorse sufficienti per garantire il pagamento dei creditori’, sicché difetta il presupposto della fattibilità giuridica (cfr. ricorso, pag. 14) .
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 c.c.i.i. e dell’art. 2506 bis cod. civ.
Deducono che la seconda parte dell’art. 117 c.c.i.i. ove è sancito che l’omologazione del concordato non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori e degli obbligati in via di regresso -contrariamente a quanto ha assunto la Corte di Catania, non si applica in ipotesi di scissione parziale, siccome i creditori della società scissa subiscono gli effetti remissori e dilatori atti a scaturire dalla proposta omologata pur nei confronti della società beneficiaria di nuova costituzione (cfr. ricorso, pag. 16) .
Deducono che la conservazione impregiudicata dei diritti dei creditori ex art. 117, 1° co., seconda parte, c.c.i.i. opera ‘esclusivamente quando si discute di soggetti garanti e coobbligati terzi diversi dai soci ed estranei al patrimonio della debitrice’ (così ricorso, pag. 16) e dunque non opera quando ‘il titolo da cui scaturisce il credito verso la società debitrice è il medesimo o addirittura, come nell’ipotesi di scissione, rimane immutato’ (così ricorso, pag. 16) .
Deducono del resto che la scissione è da considerare una mera riorganizzazione societaria, sicché ‘la beneficiaria deve essere considerata una continuazione della scissa e pertanto non può essere equiparata ad un terzo’ (così ricorso, pag. 17) .
Deducono quindi che la proposta di concordato si prospetta elusiva delle norme poste a tutela dei creditori nelle operazioni di scissione societaria (cfr. ricorso, pag. 18) .
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111, 6° co., Cost. per omessa motivazione.
Premettono, qualora si opini per l’applicabilità, così come ha reputato la Corte di Catania, della seconda parte del 1° co. dell’art. 117 c.c.i.i. e dunque nel senso che i creditori concordatari conservino impregiudicati i loro diritti nei confronti della società beneficiaria, che assume carattere decisivo – ai fini della concreta realizzabilità della causa della proposta concordataria – il riscontro della capacità patrimoniale della medesima società beneficiaria di provveder e all’a dempimento degli obblighi concordatari e al soddisfacimento delle pretese creditorie (cfr. ricorso, pagg. 19 -20) .
Indi deducono che la corte d’appello per nulla ha tenuto conto delle deduzioni, oggetto di ampio dibattito, concernenti l’incapienza del patrimonio della beneficiaria e dunque l ‘ inettitudine della beneficiaria a soddisfare le pretese creditorie (cfr. ricorso, pag. 19) .
Deducono poi che il tribunale aveva posto in risalto che l ‘ attività liquidatoria dei beni della beneficiaria sarebbe stata da svolgere al di fuori di ogni controllo da parte degli organi della procedura e nondimeno la corte distrettuale ha in toto omesso la disamina di tale questione (cfr. ricorso, pag. 20) .
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 87 c.c.i.i.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111, 6° co., Cost.
Deducono che la Corte di Catania non ha né riscontrato né chiarito se la società proponente il concordato ha adempiuto gli obblighi informativi posti dalla legge a suo carico (cfr. ricorso, pag. 22) .
Deducono che in sede di reclamo hanno evidenziato che la proponente nulla aveva addotto in ordine all’esperibilità dell’ azione revocatoria ex art. 2901 cod.
civ. avverso l’atto di scissione e si era limitata a prospettare l’assenza di profili di responsabilità a carico degli amministratori nonché l’incapienza del relativo patrimonio (cfr. ricorso, pagg. 22 – 23) .
Deducono che plurimi sono i profili di responsabilità degli amministratori e che l’utile esperimento dell’azione revocatoria ‘consentirebbe alla Curatela di vendere l’azienda unitamente alla struttura immobiliare e compendio mobiliare’ (così ricorso, pag. 24) .
Deducono che l’impugnata sentenza, pur in parte qua , è affetta da grave vizio di motivazione che ne comporta senz’altro la nullità (cfr. ricorso, pag. 25) .
Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 255 c.c.i.i. Deducono che la Corte di Catania, allorché ha opinato nel senso dell’esperibilità in pendenza di concordato dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società proponente, non ha tenuto conto che l’esperibilità concerne unicamente l’azione dei creditori sociali, mentre il curatore della liquidazione giudiziale è legittimato all’esercizio pur dell’azione sociale di responsabilità, sicché la ‘possibilità di soddisfacimento dei creditori sarebbe all’evidenza certamente più ampia’ (così ricorso, pag. 26) .
Con il settimo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 84 c.c.i.i.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111, 6° co., Cost. per omessa o apparente motivazione.
Deducono che nella specie si è al cospetto di una proposta di concordato con continuità, dapprima diretta e poi indiretta, e che la Corte di Catania, allorché
ha respinto le doglianze della curatela in ordine alla violazione da parte della proponente delle disposizioni di cui agli artt. 86 e 89 c.c.i.i., non ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto che la proposta di concordato fosse liquidatoria (cfr. ricorso, pag. 28) .
Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e 89 c.c.i.i.
Deducono che la Corte di Catania ha apoditticamente escluso l’applicabilità dell’art. 86 c.c.i.i. e per nulla ha tenuto conto e dei rilievi al riguardo del tribunale e delle deduzioni formulate dalla curatela in sede di reclamo con la memoria del 18.7.2023 e con le repliche dell’11.9.2023, deduzioni con cui si era addotto che ‘le tempistiche di soddisfazione dei creditori privilegiati ex art. 2751 bis n. 1 cod. civ. appaiono in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 86 c.c.i.i.’ (così ricorso, pag. 29) .
Deducono che la Corte di Catania ha apoditticamente escluso, alla stregua del rilievo per cui il concordato ha finalità liquidatorie, l’applicabilità dell’art. 89 c.c.i.i. e per nulla ha tenuto conto e delle motivazioni al riguardo del tribunale e delle de duzioni formulate dalla curatela, con cui si era addotto che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, quanto meno per i tre anni successivi all’omologazione del concordato, ‘avrebbe dovuto indicare quali iniziative intendeva assumere per la ricostituzione del patrimonio netto’ (così ricorso, pag. 30) .
Con il nono motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 85 c.c.i.i.
Deducono che, contrariamente a quanto in maniera implicita ritenuto dalla Corte di Catania, la proponente, allorché ha atteso alla formazione delle classi dei creditori, ha alterato l’ordine delle cause legittime di prelazione e ha violato
alla stregua dei rilievi veicolati con il secondo ed il terzo motivo di ricorso -le disposizioni dettate a tutela dei creditori nelle operazioni di scissione (cfr. ricorso, pag. 31) .
Il primo motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
Evidentemente la Corte di Catania ha, in maniera indebita, atteso all’omologazione del concordato preventivo.
È bastevole rimarcare che, così come adducono i curatori della ricorrente liquidazione giudiziale, all’ omologa zione può farsi luogo solo all’esito dell’approvazione del concordato e che nella specie il tribunale aveva dichiarato inammissibile la proposta, sicché alcuna votazione vi era stata.
La Corte di Catania ha altresì fatto luogo -lo si è premesso -alla revoca della liquidazione giudiziale.
Cosicché va specificamente dato atto della perdurante legittimazione dei curatori ad impugnare -con ricorso per cassazione – la sentenza della Corte catanese.
Tanto, ben vero, nel quadro delle disposizioni dell’art. 53 c.c.i.i.
Ossia dell a disposizione, inserita nel corpo del 1° co. dell’art. 53 c.c.i.i., a tenor della quale ‘gli organi della procedura restano in carica, con i compiti previsti dal presente articolo, fino al momento in cui la sentenza che pronuncia sulla revoca passa in giudicato’.
Ossia della disposizione di cui a l 2° co. dell’art. 53 c.c.i.i., a tenor della quale ‘dalla pubblicazione della sentenza di revoca e fino al momento in cui passa in giudicato, l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa spettano al debitore, sotto la vigilanza del curatore. Il tribunale, assunte, se occorre, sommarie informazioni ed acquisito il parere del curatore, può autorizzare il
debitore a stipulare mutui, transazioni (…) ed a compiere gli altri atti di straordinaria amministrazione’.
Ossia della disposizione di cui al 3 ° co. dell’art. 53 c.c.i.i., a tenor della quale ‘gli atti compiuti senza l’autorizzazione del tribunale sono inefficaci rispetto ai terzi. (…).’.
20. Ebbene, il ripristino della legittimazione ‘sostanziale’ (cioè, del prerequisito soggettivo di efficacia delle negoziazioni) del debitore, medio tempore – cioè nello spazio temporale compreso tra la revoca della sentenza che ha disposto l’apertura della liquidazione giudiziale ed il momento del suo passaggio in giudicato -seppur ‘sotto la vigilanza del curatore’ e subordinatamente alle prerogative tutorie del tribunale limitatamente agli atti oggetto di espressa enunciazione e comunque di straordinaria amministrazione, non osta a che perduri nel medesimo lasso cronologico la legittimazione ‘ processuale ‘ del curatore precipuamente ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello che abbia accolto il reclamo avverso la sentenza che ha disposto l’apertura della liquidazione giudiziale.
Propriamente, la perdurante legittimazione ‘processuale’ del curatore è, per un verso, indotta dalla sua permanenza in carica. È, per altro verso, in linea con l’el aborazione di questa Corte, a tenor della quale ‘ costituisce principio pacifico che la qualità di parte legittimata a proporre appello (o ricorso per cassazione) , come a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel giudizio di merito ‘ (così in motivazione Cass. 16.1.2012, n. 520; cfr. altresì Cass. 15.12.2010, n. 25344, secondo cui la legittimazione alle impugnazioni, diverse dall ‘ opposizione di terzo, spetta esclusivamente a chi abbia formalmente assunto la qualità di parte nel grado del giudizio di merito
conclusosi con la sentenza impugnata) . È, per altro verso ancora, avvalorata dall’elaborazione di questa Corte relativa al previgente sistema fallimentare (cfr. Cass. 29.4.1998, n. 4362, secondo cui non è configurabile l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal curatore fallimentare avverso la sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento, sotto il profilo della carenza di interesse della curatela a mantenere in vita una procedura concorsuale giudicata illegittima, atteso che la legittimazione del curatore alla impugnazione di tale sentenza discende dalla sua funzione di tutela di quell’interesse dei creditori la cui sussistenza è stata implicitamente ritenuta con la dichiarazione di fallimento) .
Il quarto motivo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente giacché all’evidenza connessi, sono fondati e meritevoli di accoglimento nei termini che seguono; il loro buon esito assorbe la disamina del terzo motivo, del quinto motivo, del sesto motivo, del settimo motivo, dell’ottavo motivo e del nono motivo.
Si è, in precedenza, dato analiticamente conto dei passaggi in cui si articola la motivazion e dell’impugnato dictum .
Ebbene, la valutazione , postulata dalle prefigurazioni del 1° co. dell’art. 47 c.c.i.i., circa l’effettiva realizzabilità della causa concreta della proposta concordataria, valutazione involta dal giudizio, demandato al tribunale, di fattibilità giuridica, di idoneità del piano, è senz ‘altro destinata a risolversi in un giudizio ‘di fatto’ .
E nondimeno il giudizio ‘di fatto’ cui , nella specie, la Corte di Catania ha atteso, è senza dubbio inficiato da quella peculiare forma di ‘anomalia motivazionale’ atta a tramutarsi, qualora risultante (è, appunto, il caso de quo) dal testo della sentenza impugnata, in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, siccome attinente all’esistenza della motivazione in sé (cfr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053 (Rv. 629830)) -che si qualifica sub specie di ‘motivazione apparente’.
E che ricorre, più esattamente, allorché la motivazione, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (cfr. Cass. sez. un. 3.11.2016, n. 22232 (Rv. 641526-01); Cass. 21.7.2006, n. 16762, secondo cui il vizio di omessa motivazione della sentenza ricorre, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito) .
23. Segnatamente la Corte siciliana, nonostante i puntuali -e dapprima riferiti – rilievi del tribunale, si è limitata ad affermare, sic et simpliciter ed in termini, per giunta, intrinsecamente non del tutto coerenti, che -lo si è detto -la proposta di concordato in nessun modo prefigurava la rinuncia ovvero la limitazione della responsabilità solidale della società di nuova costituzione. E che la proposta di concordato, benché non contemplante alcun impegno diretto della società di nuova costituzione (in ordine a tal ultimo assunto motivazionale, cfr. ricorso, pag. 21) , ne prospettava comunque l’intervento a fini satisfattori (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) .
Innegabilmente, in tal guisa, appieno si accredita la censura, veicolata dal quarto mezzo, alla cui stregua la corte d’appello avrebbe dovuto , viceversa, far luogo alla puntuale valutazione -ai fini del riscontro del l’effettiva realizzabilità
della causa concreta della proposta concordataria – della capacità patrimoniale della ‘President’, beneficiaria della scissione, di provvedere all’adempimento degli obblighi concordatari e al soddisfacimento delle pretese creditorie.
E ciò tanto più ché i curatori ricorrenti hanno addotto che e con la memoria di costituzione in data 18.7.2023 e con le note di replica dell’11.9.2023 avevano dato atto dell’ ‘insufficienza del patrimonio e dei flussi di cassa della beneficiaria RAGIONE_SOCIALE per poter far fronte ai debiti’ (così ricorso, pag. 20) .
Ovviamente, a nulla vale replicare che i ricorrenti hanno posto ‘a fondamento del motivo di ricorso (…) una propria valutazione inerente la potenziale incapacità patrimoniale della proponente’ (così controricorso, pag. 26) .
La riscontrata ‘anomalia motivazionale’ viepiù si prospetta alla stregua delle ragioni di censura veicolate dal secondo motivo di ricorso.
Il Tribunale di Catania, sulla scorta delle puntualizzazioni operate dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella proposta integrativa, aveva evidenziato che il progetto di scissione era stato predisposto senza tener conto di un debito della scissa non inferiore a circa euro 630.000,00, debito che non era stato trasferito alla beneficiaria, sicché il già esiguo patrimonio netto della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ doveva reputarsi incontrovertibilmente negativo.
A fronte di siffatto riscontro, al quale il primo giudice specificamente aveva atteso, i rilievi -dapprima riferiti della corte d’appello analogamente manifestano l’ evidenziato vizio di ‘ carente disamina logico-giuridica ‘ .
Segnatamente, al cospetto del duplice dato integrato, da un lato, dal ‘patrimonio netto negativo della scissa’ e, dall ‘altro, dal mancato riscontro della capacità patrimoniale della beneficiaria, l ‘afferma zione della realizzabilità della
causa concreta e dunque della fattibilità giuridica, della idoneità del piano si è risolta in una mera petizione di principio.
In accoglimento del primo motivo, del secondo motivo e del quarto motivo di ricorso la sentenza n. 1692/2023 della Corte d’Appello di Catania va cassata con rinvio alla stessa corte distrettuale in diversa composizione.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, i curatori ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, il secondo motivo ed il quarto motivo di ricorso -assorbiti il terzo motivo, il quinto motivo, il sesto motivo, il settimo motivo, l’ottavo motivo ed il nono motivo – cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza n. 1692/2023 della Corte d’Appello di Catan ia e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte