Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12229 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12229 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la sentenza n. 2422/2022 del la Corte d’Appello di Firenze, depositata il 14.10.2022;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29263/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e dife sa dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
e contro
– controricorrente –
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Arezzo dichiarò inammissibile, per carenza dei presupposti di legge, la domanda di concordato preventivo presentata da RAGIONE_SOCIALE e contestualmente pronunciò il fallimento di quella società, accogliendo la domanda in tal senso della creditrice Agenzia delle Entrate -Riscossione.
RAGIONE_SOCIALE propose reclamo contro la sentenza del Tribunale, che venne respinto d alla Corte d’Appello di Firenze, la quale condannò la reclamante alla rifusione delle spese in favore d ell’Agenzia delle Entrate Riscossione, costituitasi per resistere all’impugnazione .
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Agenzia delle Entrate -Riscossione si è difesa con controricorso.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunciano «nullità per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’ art. 186 -bis legge fall. e in ordine all’art. 161, comma 2, lettera e) , legge fall. ».
La ricorrente contesta il giudizio negativo che la Corte d’Appello confermando quello del Tribunale -ha espresso sulla fattibilità del piano di concordato preventivo proposto da RAGIONE_SOCIALE ai suoi creditori. Si sostiene che la sentenza impugnata sarebbe inficiata da una «erronea valutazione degli elementi probatori a disposizione», stante l’asserita
«impossibilità tecnicogiuridica, senza l’espletamento di una c.t.u. ad hoc , di censurare la ricostruzione analitica della proposta concordataria e del business plan ».
1.1. Il motivo è inammissibile, perché, sotto la dichiarata intenzione di censurare una «violazione e falsa applicazione delle norme di diritto» (artt. 161, comma 2, lettera e) , e 186 -bis legge fall.), si formula in realtà una critica all’apprezzamento del fatto (addirittura esplicita laddove si denuncia una «erronea valutazione degli elementi probatori a disposizione»).
La Corte territoriale, vagliando e facendo proprio il giudizio del Tribunale, ha affermato che « l’Impresa … neppure con l’integrazione fornita ha rappresentato adeguatamente quelli che dovrebbero essere i flussi di cassa attesi, sulla base di un business plan basato, non solo sul rendiconto finanziario dell’anno precedente, ma anche su un budget finanziario che consenta di monitorare i fabbisogni finanziari futuri, per soddisfare i creditori nel miglior modo possibile».
A fronte del constatato mancato deposito del business plan (pur indicato tra i documenti prodotti) e della mancata indicazione dei flussi di cassa, la decisione impugnata risulta perfettamente conforme al diritto, che impone ai giudici del merito di verificare con rigore la fattibilità del piano e quindi di negare l’ammissione a concordati manifestamente privi delle indicazioni necessarie per apprezzarne le concrete chance di successo. In particolare, se il concordato è presentato come basato su un piano in continuità aziendale , l’art. 186 -bis , comma 2, lett. a) , legge fall. dispone che «il piano di cui all ‘ articolo 161, secondo comma, lettera e) , deve contenere anche un ‘ analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla
prosecuzione dell ‘ attività d ‘ impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura».
Nelle sue affermazioni in diritto, la sentenza impugnata è dunque in linea con la giurisprudenza di legittimità (Cass. nn. 9061/2017; 5825/2018; 23315/2018; 5653/2019), mentre l’apprezzamento del fatto non è di per sé censurabile in questa sede. Si deve soltanto aggiungere che anche la necessità di nominare un consulente tecnico per esprimere un giudizio sulla fattibilità del piano è valutazione che spetta al giudice del merito, non essendoci alcuna disposizione di legge che la renda obbligatoria. Ciò vale tanto più nel caso di specie in cui la Corte territoriale non ha censurato «la ricostruzione analitica della proposta concordataria e del business plan », bensì ha constatato l’assenza di tali necessari elementi di credibilità del piano.
Il secondo motivo censura «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 1 e art. 15, comma 9, legge fall. nonché dell’art. 3 -bis della legge n. 53 del 1994».
Il motivo si concentra sulla posizione della ricorrente nei confronti della creditrice Agenzia delle Entrate -Riscossione, rilevando, in particolare, la nullità delle notificazioni delle cartelle di pagamento esponenti crediti di vari enti pubblici, in quanto effettuate da indirizzi di posta elettronica certificata non risultanti da pubblici elenchi ufficiali (IPA, REGINDE e INIPEC). Inoltre, nell’illustrazione del motivo s i fa cenno, «per mero scrupolo defensionale», all’eccezione di difetto di ius COGNOME
dell’avvocato del libero foro che difendeva l’Agenzia in luogo de ll’ Avvocatura di Stato.
2.1. Anche questo motivo è inammissibile, per mancanza di specificità, in quanto non si comprende in che termini le censure mosse dovrebbero comportare la cassazione della sentenza impugnata, né si ravvisa una connessione tra le norme di legge che in rubrica si indicano come violate e la successiva illustrazione della censura.
In effetti, non pare messa in discussione la qualità di creditore legittimato a chiedere il fallimento in capo a ll’Agenzia delle Entrate -Riscossione, posto che non si denuncia la violazione dell’art. 6 legge fall. Né si prospetta in modo chiaro che, al netto delle cartelle ritenute illegittime, il passivo complessivo (ovverosia, non solo il debito residuo verso l’Agenzia, ma anche tutti gli altri debiti verso qualsiasi altro creditore) fosse inferiore a € 30.000, come si sarebbe dovuto fare per sostenere l’affermazione in rubrica della violazione dell’ art. 15, comma 9, legge fall.
Quanto alla questione della notificazione delle cartelle da indirizzi PEC non inseriti in elenchi ufficiali -che trova la sede dove essere trattata ex professo nei giudizi davanti alle corti tributarie -basterà ricordare che n ell’istruttoria prefallimentare non è necessario che il creditore istante sia munito di un titolo di credito certo e definitivo, essendo sufficiente una sommaria delibazione sull’esistenza del credito da parte del giudice (Cass. S.u. n. 1521/2013; Cass. n. 30827/2018).
È dunque perfino superfluo aggiungere che la validità delle notificazioni effettuate da pubbliche amministrazioni mediante utilizzo di una PEC (di spedizione) non iscritta in elenchi ufficiali
è già stata affermata da questa Corte a Sezioni unite, essendo invece necessario che sia inserita in un pubblico registro la PEC del destinatario della notificazione (Cass. S.u. n. 15979/2022).
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore della controricorrente, mentre non si dà luogo a decisione sulle spese nei confronti della parte rimasta intimata.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in € 12.000, per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del