Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8419/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
e contro
NOME COGNOME
– intimato – avverso la sentenza n. 562/2023 del la Corte d’Appello di Bari , depositata il 7.4.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi, per brevità, anche RAGIONE_SOCIALE) propose un concordato ai creditori insinuati al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi anche fallimento RAGIONE_SOCIALE)
La proposta venne approvata dai creditori e il concordato venne omologato dalla Corte d’Appello di Bari, accogliendo il reclamo contro il provvedimento con cui il Tribunale di Foggia aveva negato l’omologazione .
Successivamente, però, su ricorso del creditore NOME COGNOME il Tribunale di Foggia pronunciò sentenza di risoluzione del concordato per inadempimento della proponente e dichiarò riaperto il fallimento.
La sentenza venne reclamata da RAGIONE_SOCIALE, ma il reclamo fu respinto dalla Corte d’Appello di Bari .
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso, mentre NOME COGNOME è rimasto intimato.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE ha altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si censurano «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c.) in riferimento agli artt. 1418 e 1346 c.c.».
La ricorrente sostiene che il giudice del merito non avrebbe potuto dichiarare la risoluzione del concordato in presenza di una causa di nullità, che essa indica nella impossibilità dell’oggetto dell’accordo; ciò sul presupposto che, nelle more tra il diniego dell’ omologa del concordato fallimentare da parte del Tribunale di Foggia e l’ omologazione disposta dalla Corte d’Appello, il fallimento aveva proceduto alla vendita di un lotto di beni che la proponente il concordato intendeva acquisire come parte essenziale del complessivo compendio fallimentare.
La ricorrente afferma che la nullità del concordato avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio e che avrebbe dovuto impedire la pronuncia della risoluzione per inadempimento, che presuppone invece l’esistenza di un contratto valido ed efficace .
2. Il motivo è palesemente inammissibile.
2.1. Innanzitutto la ricorrente è carente di interesse ad impugnare la sentenza per il motivo indicato, posto che -qualora la Corte d’Appello avesse dichiarato l’invalidità del concordato fallimentare, invece che pronunciare la risoluzione, l’effetto sarebbe stato comunque quello della rimozione della omologazione e della riapertura del fallimento. L’interesse della proponente non può che essere quello a mantenere l’efficacia del concordato proposto, essendo invece per lei indifferente la causa della rimozione . Non è un caso che RAGIONE_SOCIALE non abbia chiesto né al Tribunale, né alla Corte d’Appello di dichiarare la nullità del concordato fallimentare e invochi solo ora, con il ricorso per cassazione, l a rilevabilità d’ufficio di tale radicale vizio dei contratti (art. 1421 c.c.): in effetti la ricorrente non aveva (e non ha) alcun interesse a chiedere essa stessa
l’accertamento della nullità del concordato da lei proposto ai creditori.
2.2. In secondo luogo, il regime dei rimedi contro il concordato fallimentare è speciale ed è dato dagli artt. 137 e 138 legge fall., i quali prevedono soltanto, rispettivamente, la risoluzione («Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato ») e l’annullamento (« quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo»).
Con l’esplicita precisazione contenuta nell’ art. 138, comma 1, secondo periodo -che «Non è ammessa alcuna altra azione di nullità».
Si tratta, pertanto, di un’ipotesi di inammissibilità della domanda esplicitamente prevista dalla legge.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore del controricorrente, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti della parte rimasta intimata.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida
in € 7 .000, per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del