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Concordato con continuità e creditori a ‘zero’ utility

Una società, dichiarata fallita dopo il rigetto della sua proposta di concordato con continuità per aver offerto zero soddisfazione ai creditori chirografari, ha fatto ricorso in Cassazione. Sostiene che l’utilità per i creditori possa consistere nella prosecuzione dei rapporti commerciali, legittimando una ‘classe a zero’. La Corte di Cassazione, riconoscendo l’elevata importanza giuridica della questione, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per la decisione finale.

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Concordato con Continuità: L’Utility per i Creditori Può Essere Diversa dal Denaro?

Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riaccende il dibattito su uno dei temi più discussi del diritto fallimentare: la natura della soddisfazione dovuta ai creditori nel concordato con continuità. La questione centrale è se un’impresa possa legittimamente presentare un piano che non preveda alcun pagamento per una categoria di creditori (la cosiddetta “classe a zero”), offrendo in cambio un’utilità diversa dal denaro, come la prosecuzione dei rapporti commerciali. Approfondiamo i contorni di questa vicenda giudiziaria di grande rilevanza.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Fallimento al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine con la richiesta di fallimento di una società a responsabilità limitata avanzata dal Pubblico Ministero. In risposta, la società ha presentato domanda di ammissione al concordato con continuità aziendale. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato inammissibile la proposta, ritenendo dirimente il fatto che i creditori chirografari non avrebbero ricevuto alcun pagamento. Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato il fallimento della società.

La società ha impugnato la sentenza di fallimento dinanzi alla Corte d’Appello, la quale ha però confermato la decisione di primo grado. Secondo i giudici d’appello, anche nel concordato in continuità è imprescindibile la previsione di una, seppur modesta, soddisfazione economica per tutti i creditori. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando due motivi principali.

Le Doglianze della Società e l’Importanza del concordato con continuità

Il ricorso della società si fonda su argomentazioni che toccano il cuore della disciplina del concordato con continuità, evidenziando un’interpretazione evolutiva della normativa.

L’Evoluzione Normativa e l’Interpretazione della “Utility”

Il primo motivo di ricorso contesta la violazione dell’art. 161 della Legge Fallimentare. La società ha sostenuto che le recenti modifiche legislative, poi recepite anche dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (art. 84 c.c.i.i.), hanno ampliato il concetto di “utilità” per i creditori. Tale utilità non sarebbe più limitata al solo pagamento in denaro, ma potrebbe consistere anche “nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa”.

Secondo questa tesi, la possibilità di continuare a fare affari con l’impresa risanata rappresenta un vantaggio economico concreto per i creditori (spesso fornitori), che potrebbe compensare la perdita subita sui crediti pregressi. Ciò renderebbe legittima la creazione di una “classe a zero”, ovvero una categoria di creditori che accetta di non ricevere nulla in termini monetari in cambio della salvaguardia del rapporto commerciale futuro.

La Presunta Violazione del Diritto di Difesa

Con il secondo motivo, la società ha lamentato la violazione del diritto di difesa. Ha evidenziato come il Pubblico Ministero abbia esplicitato le ragioni della sua richiesta di fallimento solo in una fase avanzata del procedimento, ovvero durante il giudizio di reclamo, impedendo di fatto una difesa piena e tempestiva prima della dichiarazione di fallimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: Una Questione Meritevole di Pubblica Udienza

La Corte di Cassazione non ha deciso la controversia nel merito. Con un’ordinanza interlocutoria, ha riconosciuto la “particolare rilevanza in diritto” delle questioni sollevate. Il contrasto interpretativo sulla natura della soddisfazione dei creditori nel concordato con continuità e la legittimità di una “classe a zero” sono temi di fondamentale importanza, con impatti significativi sulla gestione delle crisi d’impresa.

L’evoluzione normativa ha introdotto concetti che richiedono un’interpretazione chiara e uniforme per garantire la certezza del diritto. La possibilità di offrire utilità non monetarie è un pilastro del concordato in continuità, volto a preservare il valore aziendale e i rapporti economici che ne derivano. La Corte ha ritenuto che una questione così delicata, che bilancia la tutela dei creditori con l’obiettivo della conservazione dell’impresa, non potesse essere decisa nella camera di consiglio, ma meritasse un’approfondita discussione in pubblica udienza. Per questo, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, affinché venga trattata dalla prima sezione civile in composizione collegiale allargata.

Conclusioni

L’ordinanza in esame lascia aperti interrogativi cruciali, la cui risposta influenzerà profondamente il futuro delle procedure di risanamento aziendale. La decisione finale della Cassazione dovrà chiarire se il principio della soddisfazione dei creditori possa essere interpretato in modo flessibile nel concordato con continuità, ammettendo che il valore per un creditore possa risiedere anche nella conservazione di un partner commerciale. Una pronuncia favorevole alla tesi della società aprirebbe la strada a piani di concordato più innovativi e flessibili, potenzialmente più efficaci nel salvare le imprese. Al contrario, una conferma dell’orientamento più rigido, che richiede una soddisfazione pecuniaria minima per tutti, potrebbe limitare l’applicabilità di questo importante strumento di risoluzione della crisi d’impresa.

È possibile proporre un concordato preventivo con continuità aziendale che non preveda alcun pagamento in denaro per alcuni creditori (la cosiddetta ‘classe a zero’)?
L’ordinanza non fornisce una risposta definitiva, ma identifica questa come una questione legale di primaria importanza. La società ricorrente sostiene di sì, basandosi su un’interpretazione della legge secondo cui l'”utilità” per i creditori può anche consistere nella continuazione dei rapporti commerciali. La Corte di Cassazione ha ritenuto il tema così rilevante da rinviare la decisione a una pubblica udienza per un esame più approfondito.

Quale tipo di ‘utilità’ deve essere garantita ai creditori in un concordato con continuità?
Secondo la tesi della società ricorrente, l’utilità non deve essere necessariamente monetaria. Può concretizzarsi anche nella “prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali”, un vantaggio che permette al creditore-fornitore di mantenere un cliente e continuare a generare fatturato. I giudici di merito avevano invece richiesto una, seppur minima, soddisfazione pecuniaria. Sarà la Cassazione a dover risolvere questo contrasto interpretativo.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria perché ha giudicato le questioni sollevate di “particolare rilevanza in diritto”. Il dibattito sulla natura della soddisfazione dei creditori e sulla legittimità delle classi “a zero” nel concordato in continuità ha implicazioni profonde per il diritto fallimentare. Pertanto, ha preferito rinviare il caso a una pubblica udienza per consentire un dibattito completo prima di emettere una sentenza definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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