Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19020/2019 R.G. proposto da :
MINISTERO RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti nonché ricorrenti incidentalinonchè contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE LEGALE COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente nonché ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 635/2019 depositata il 08/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio il Ministero Dell’Industria, Commercio e Artigianato e il Consorzio RAGIONE_SOCIALE assumendo di essere proprietari di alcuni terreni siti nel Comune di Oliveto Citra, occupati d’urgenza per realizzare la strada fondo valle Sele, e che il definitivo decreto di esproprio non era intervenuto nei termini di legge, con conseguente richiesta di risarcimento del danno per la perdita dei fondi e per l’impossibilità di utilizzare le residue parti e le sorgenti di acque termali ivi esistenti.
Il Tribunale di Salerno ha dichiarato illegittima, a far data dal 28.2. 1989, l’occupazione degli appezzamenti di terreno in oggetto, ed ha condannato i convenuti in solido al risarcimento del danno, liquidato in € 245.116,19 per NOME COGNOME, € 109.891,11 per NOME COGNOME ed € 9.558,70 per NOME COGNOME.
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 635/2019, depositata in data 8.5.2019, ha ridotto gli importi riconosciuti agli attori in primo grado del 10%, determinandoli in € 220.604,58 per NOME COGNOME, € 98.002, 00 in favore di NOME COGNOME, in € 8.602,90 per NOME COGNOME.
Il giudice d’appello, previo rigetto delle eccezioni di litispendenza e di giudicato, sollevate dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE e dal Ministero (nel frattempo divenuto dello Sviluppo Economico), ha accolto i rilievi sollevati dal Ministero e dal Consorzio in ordine alla mancata considerazione in primo grado, nella liquidazione del danno, della presenza di un conduttore sul fondo, riducendo, come detto, del 10% gli importi riconosciuti agli attori dal Tribunale di Salerno ‘considerati i parametri di riferimento utilizzati dalla consulente’.
Il giudice d’appello ha, altresì, rigettato l’eccezione sollevata dagli appellati di inammissibilità per tardività dell’appello incidentale proposto dal Ministero.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione principale il Ministero dello Sviluppo Economico, affidandolo ad otto motivi.
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE e i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (queste ultime nella qualità di eredi di NOME COGNOME, già deceduto nella fase di appello) si sono costituiti in giudizio con controricorsi ed hanno proposto ricorsi incidentali.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale del Ministero e del ricorso incidentale del Consorzio e l’accoglimento del ricorso incidentale dei soggetti espropriati limitatamente al motivo di cui al paragrafo VIII.
Il RAGIONE_SOCIALE e i signori COGNOME hanno depositato la memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Ministero dello Sviluppo ha in questi termini sintetizzato gli otto motivi del proprio ricorso per cassazione principale:
‘ 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove il Giudice del gravame non ha ravvisato la sussistenza di una litispendenza, con il conseguente divieto di ne bis in idem tra l’attuale giudizio e la causa conclusa con la sentenza n. 7/14 della Corte d’Appello di Salerno e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stata oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., non avendo la Corte d’Appello di Salerno minimamente argomentato sulla relativa eccezione sollevata sia dallo scrivente Ministero che da Co.Infra in entrambi i precedenti gradi di giudizio;
Violazione dell’art. 112 c.p.c., nullità del capo della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per non essersi il Giudice dell’Impugnazione in alcun modo pronunciato sulla deduzione svolta dal MISE nella propria comparsa conclusionale circa la ricorrenza dell’identità soggettiva tra le due suddette cause, essendo rimasta l’Amm.ne pubblica evocata e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., non avendo la Corte d’Appello di Salerno nemmeno preso in considerazione tale eccezione;
Violazione dell’art. 112 c.p.c., nullità del capo della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per non essersi la Corte d’Appello di Salerno minimamente pronunciata sull’eccezione sollevata da ambedue gli appellanti circa l’omessa presa in considerazione ad opera del Giudice di prima istanza della litispendenza di cui sopra, seppur regolarmente allegata;
Violazione dell’art. 112 c.p.c., nullità del capo della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per non essersi la Corte d’appello di Salerno pronunciata su precisi e dettagliati rilievi mossi alla sentenza gravata da ambedue gli appellanti circa l’acritica adesione da parte del primo Giudice a quanto statuito nella CTU, senza alcuna considerazione per i vizi lamentati nei suoi confronti dagli allora convenuti e dai loro consulenti, con particolare riferimento alla valutazione delle aree a vocazione termale;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 195 c.p.c., 200 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stata oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., laddove il Giudice del gravame ha sentenziato che: ‘In re-
lazione ai vantaggi che sarebbero derivati alle aree residue (..) gli stessi sono stati negati dalla consulente d’ufficio e non sono stati puntualmente dimostrati dalla parte, che li ha affermati solo genericamente’ in quanto affermazione palesemente errata e contraddetta da un esame superficiale della CTU, e dalle allegazioni delle parti interessate;
Violazione dell’art. 112 c.p.c., nullità del capo della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stata oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c per non essersi la Corte d’Appello di Salerno pronunciata sul motivo di gravame formulato sia dal Ministero epigrafato che da Co.Infra in ordine alla individuazione della data rispetto alla quale eseguire la stima dei cespiti interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica, con conseguente necessità di modifica altresì del calcolo dell’indennità di occupazione, da computarsi fino a tale data.
Violazione dell’art. 112 c.p.c., nullità del capo della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., e/o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., perché il Giudice del Gravame non ha statuito sul puntuale motivo di doglianza sollevato sia dal MISE che da Co.Infra circa la necessità di escludere dalla materia del contendere, nonché dal quantum del risarcimento, la parte dei cespiti avversari, appresi in esecuzione del progetto n. 39/40/6068, in quanto estranea al giudizio amministrativo di annullamento degli atti ablatori più volte richiamato, che ha avuto ad oggetto soltanto gli atti relativi al progetto n. 39/40/6053.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della convenzione stipulata in data 15.9.1982 tra il MISE e il consorzio concessionario RAGIONE_SOCIALE, e successivi atti aggiuntivi, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha disatteso l’eccezione di difetto
di legittimazione passiva del MISE, facendo leva su precedenti giurisprudenziali inconferenti, non tenendo in alcuna considerazione il disposto di cui all’art. 8 citato, seppur debitamente e prontamente allegato dal Ministero odierno ricorrente’.
Il RAGIONE_SOCIALE ha svolto sette motivi di ricorso incidentale, che sono stati sintetizzati con contenuto assolutamente identico (nelle singole parole, persino nelle virgole) a quello dei primi sette motivi del ricorso principale.
Con il primo motivo del ricorso incidentale NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 343 c.p.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico avverso la sentenza di primo grado.
Espongono i ricorrenti incidentali che, pur avendo la Corte d’Appello affermato correttamente, in astratto, che l’interesse all’impugnazione incidentale sorge laddove l’impugnazione principale abbia messo in discussione l’assetto di interessi cui la parte aveva prestato acquiescenza, è, tuttavia, pacifico che tale interesse vada valutato in concreto. Diversamente, tutto sarebbe immutato rispetto all’ assetto di interessi ‘accettato’ dalla parte soccombente.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale (illustrato al paragrafo VIII del ricorso, pag. 25) è stata censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevante l’esatta collocazione temporale dell’effetto traslativo (effetto che secondo il Ministero si sarebbe verificato nel 1995). Assumono i ricorrenti incidentali che tale aspetto si riverbera sulla corretta quantificazione del risarcimento per l’occupazione illegittima, anche indipendentemente dal mutamento di valore del bene dal 1995 al 1998.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale (illustrato al paragrafo XI del ricorso incidentale, pag. 29) è stato, in primo luogo,
censurato al punto a) (pag. 29) il capo della sentenza che ha ridotto l’importo del risarcimento del danno determinato in prime cure, in ragione dell’illegittimità del punto della motivazione che lo sorregge.
Lamentano i ricorrenti che il giudice d’appello, nel decurtare l’importo del risarcimento del danno del 10% in ragione della presenza sui terreni di cui è causa di un conduttore, non si è avveduto che il conduttore in questione fosse NOME COGNOME moglie dell’allora proprietario ed attuale proprietaria.
I signori COGNOME nello stesso motivo, hanno dedotto, sotto altro profilo di indagine, illustrato al punto b) (pag. 30 del ricorso), la violazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c.., per avere il giudice d’appello applicato, in ragione della presenza di un conduttore sui fondi, una riduzione del risarcimento del danno del 10%, senza, tuttavia, applicare un criterio oggettivo, o comunque non dandone conto in motivazione. Infatti, a fronte della proposta del Consorzio RAGIONE_SOCIALE di riduzione del risarcimento del danno del 27%, il giudice d’appello ha fatto riferimento ai parametri utilizzati dal consulente, senza indicarli, stimando, quindi, congrua la riduzione del 10%.
14. Per una questione di priorità logica, deve essere, in primo luogo, esaminato il primo motivo del ricorso incidentale dei signori COGNOME–COGNOME con cui hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico avverso la sentenza di primo grado.
15. Tale motivo è infondato.
Va osservato che, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24627/2007, ribadito negli anni (cfr. Cass. n. 23396/2015; Cass. n. 1879/2018; Cass. n. 14596/2020), e, soprattutto, confermato dalla recente sentenza delle Sezioni Unite n. 8486/2024, ‘Sulla base del principio dell ‘interesse all’impugnazio-
ne, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale’.
E’ stato, infatti, condivisibilmente evidenziato che l’impugnazione incidentale tardiva deve ritenersi ammissibile tutte le volte che l’accoglimento dell’impugnazione principale in ordine all’ an o anche solo al quantum dell’obbligazione solidale mette sempre in discussione l’assetto di interessi risultante dalla sentenza ed accettato dal coobbligato rimasto inerte, poiché ne resta conseguentemente pregiudicato, in tutto o in parte, l’esercizio del suo diritto di regresso che potrebbe restare escluso o determinato in misura inferiore. In sostanza, l’accoglimento del gravame principale da parte di uno dei coobbligati solidali comporta, per coloro che hanno prestato acquiescenza alla sentenza di condanna, il venir meno di coobbligati solidali con cui ripartire l’esito negativo della soccombenza, ed è per questo che gli si consente di proporre l’impugnazione incidentale tardiva.
Né, peraltro, può negarsi al coobbligato solidale che abbia prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado il diritto di proporre impugnazione incidentale tardiva sul rilievo che l’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale proposta dal coobbligato
solidale modificherebbe l’assetto di interessi scaturito dalla sentenza impugnata in senso favorevole al coobbligato rimasto inerte.
E’ stato, infatti, affermato più volte da questa Corte che la sentenza con cui ci si pronuncia sulla domanda proposta dal creditore nei confronti di una pluralità di condebitori, «pur essendo formalmente unica, consta di tante distinte pronunce quanti sono i coobbligati con riguardo ai quali essa è stata emessa», con la conseguenza che, in caso di mancata impugnazione da parte di un condebitore, si determina il passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti (Cass. n. 16390/2009), senza che egli possa giovarsi dell’eventuale accoglimento dell’impugnazione del coobbligato, neanche qualora gli sia stata notificata l’impugnazione (Cass. n. 24728/ 2018).
Ne consegue che, correttamente, la sentenza impugnata ha ritenuto ammissibile l’appello incidentale tardivo proposto dal Ministero delle Sviluppo.
Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale Co.Infra sono inammissibili, in primo luogo, per difetto di autosufficienza e specificità.
Va osservato che questa Corte, anche recentemente, (cfr. Cass. n. 25700/2024) ha enunciato il principio di diritto secondo cui, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di specificità del ricorso. Pertanto, la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (v. Cass. 17310/2020, n. 13988/2018; n. 15737/2017).
Nel caso di specie, sia il Ministero dello Sviluppo che il RAGIONE_SOCIALE non solo non hanno riprodotto nel ricorso il testo integrale della sentenza (ma neanche di suoi stralci) in relazione alla quale invocano il giudicato, ma non hanno riprodotto neppure le
conclusioni per esteso degli atti introduttivi dei due giudizi, non consentendo quindi a questa Corte di cogliere la portata della sua censura.
In ogni caso, dalle stesse allegazioni della ricorrente principale (v. pag. 12 del ricorso principale) emerge che i comproprietari, odierni ricorrenti incidentali, avevano chiesto nel primo giudizio la restituzione dei beni o il risarcimento dei danni, sulla base dell’asserita illegittimità del decreto di occupazione in quanto carente dei presupposti di cui alla legge n. 219 del 1981, mentre, nel successivo giudizio, hanno richiesto il risarcimento dei danni per l’occupazione appropriativa e l’indennità di occupazione, deducendo l’intervenuta scadenza dell’occupazione legittima, con la conseguenza che, poiché la seconda domanda trovava fondamento nell’allegazione di un fatto (inefficacia del decreto di occupazione) successivo a quello fatto valere nel precedente giudizio, che non poteva essere dedotto in quest’ultimo né nel giudizio amministrativo, non può ritenersi coperta dal giudicato. In proposito, questa Corte ha già enunciato il principio di diritto secondo cui ‘Il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, ma non può spiegare i suoi effetti in ordine alle questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono’ (cfr. Cass. n. 6091/2020).
Il secondo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale CoRAGIONE_SOCIALEInfra sono assorbiti per effetto della declaratoria d’inammissibilità del primo motivo.
Il terzo motivo del ricorso principale e del ricorso RAGIONE_SOCIALE presentano concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
Va, in primo luogo, osservato che se è pur vero che l’eccezione di litispendenza può essere sollevata in ogni stato e grado del giudizio, tuttavia, è necessario che l’interessato dimostri la persistenza, fino all’udienza di discussione, delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c. (vedi Cass. n. 27920/2017), le quali non sussistono nel caso di specie, atteso che l’altro giudizio si è pacificamente concluso con la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 7/2014.
Peraltro, lo stesso ricorrente ha fornito elementi che rivelano il proprio difetto d’interesse, avendo riferito che il giudizio in riferimento al quale è stata eccepita la litispendenza è stato già definito anni fa.
In ogni caso, palesemente infondata è l’eccezione di omessa pronuncia del giudice d’appello sull’eccezione di litispendenza. La Corte d’Appello ha, infatti, esaminato tale questione a pag. 5 della sentenza impugnata e l’ha respinta.
Il quarto motivo del ricorso principale e del ricorso RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili per difetto di specificità.
I predetti ricorrenti lamentano che il giudice d’appello non si sarebbe pronunciato sui precisi e dettagliati rilievi critici dagli stessi mossi contro la sentenza di primo grado in ordine all’acritica e immotivata adesione di tale pronuncia alle conclusioni del CTU, senza tenere conto dei vizi prospettati, illustrati dalle pagine da 10 a 15 della comparsa di risposta con appello incidentale del MISE.
Sul punto, va osservato che questa Corte ha recentemente statuito (cfr. 11325/2023) che ‘ Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo il quale, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d’appello, è necessario che questi ultimi siano riportati nell’atto d’impugnazione, deve essere interpretato in maniera elastica, in conformità all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte – oggi recepita dal nuovo testo dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 – dovendosi per-
ciò ritenere che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, a condizione che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da renderlo pienamente comprensibile e ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l’individuazione nell’ambito dell’atto di appello ‘.
Dunque, se è pur vero che la trascrizione del motivo d’appello in ordine al quale si denunci la mancata pronuncia non è indispensabile, tuttavia, è necessario che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da renderlo pienamente comprensibile e ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l’individuazione nell’ambito dell’atto di appello.
Nel caso di specie, i predetti ricorrenti non hanno assolto al proprio onere di allegazione, avendo indicato genericamente, solo per punti, le questioni su cui nell’atto di appello avrebbero sollevato dettagliate critiche alla CTU, senza illustrare i punti salienti della CTU e quali fossero i precisi e dettagliati rilievi critici su cui la sentenza di primo grado non avrebbe risposto e che sarebbero stati sottoposti all’esame della Corte d’Appello, limitandosi ad indicare le pagine della comparsa di costituzione in appello del MISE in cui tali rilievi erano contenuti.
20. Il quinto motivo del ricorso principale e del ricorso Co.Infra sono inammissibili.
I predetti ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso gli asseriti vantaggi che sarebbero derivati alle aree residue dall’esecuzione dei lavori da parte del Consorzio. Sul punto, rilevano che sarebbe stato lo stesso consulente tecnico a riconoscere i vantaggi apportati dalla realizzazione dell’opera pubblica ed evidenziano che tali vantaggi sarebbero stati sufficientemente provati dal MISE.
Non vi è dubbio che le censure sopra indicate siano inammissibili in quanto di merito, essendo finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti e valutazione del materiale probatorio rispet-
to a quelle operate dalla Corte d’Appello. Peraltro, i predetti ricorrenti riportano valutazioni del CTU in ordine ai vantaggi derivanti dalla realizzazione delle opere pubbliche di cui è causa senza neppure allegare ‘come’ e ‘dove’ tali allegazioni sarebbero state sottoposte all’esame del giudice d’appello.
Il sesto motivo del ricorso principale e del ricorso RAGIONE_SOCIALE sono infondati.
I predetti ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello di Salerno non si sarebbe pronunciata sul motivo di gravame dagli stessi svolto in appello in ordine alla individuazione della data rispetto alla quale eseguire la stima dei cespiti interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica.
La censura non coglie nel segno.
Come emerge dalla lettura della sentenza impugnata (vedi pag. 7), il giudice d’appello si è espressamente pronunciato su tale motivo di gravame, avendo rilevato che l’esame del merito dell’osservazione dell’Avvocatura di Stato, secondo cui il valore dei beni doveva essere calcolato dall’ottobre 1995 e, non come avvenuto, al dicembre 1995, ‘può ritenersi assorbito nella considerazione della non rilevante differenza di date e nella mancanza di prova che, nel periodo intermedio, il valore dei fondi sia mutato’.
Il secondo motivo del ricorso incidentale dei signori COGNOME avente ad oggetto la stessa statuizione del giudice d’appello, sopra esaminata, ovvero l’individuazione della data rispetto alla quale eseguire la stima dei cespiti interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica, è inammissibile.
Va osservato che i signori COGNOME nel grado di appello, non hanno proposto gravame, neppure incidentale, nel quantum , contro la sentenza di primo grado che aveva loro riconosciuto il risarcimento del danno per l’occupazione illegittima dei loro terreni, avendo rivestito, in quella fase, solo la qualità di ‘appellati’. Ne consegue che tali ricorrenti incidentali non possono proporre ricorso
per cassazione contro una statuizione della sentenza impugnata che ha confermato, sul punto oggetto di esame, le valutazioni del giudice di primo grado su cui gli stessi hanno prestato acquiescenza (ragionamento diverso si svolgerà con riferimento alla parte della sentenza impugnata che ha ridotto del 10 % l’ammontare del risarcimento del danno riconosciuto ai comproprietari dal giudice di primo grado).
Il settimo motivo del ricorso principale e del ricorso RAGIONE_SOCIALE sono fondati.
Va osservato che la stessa sentenza impugnata ha dato atto nell’ultimo capoverso di pag. 3 che il Ministero, in distinto motivo d’appello (incidentale) aveva affermato che ‘dovevano essere espunti dal thema decidendum i suoli appresi sulla base della dichiarazione di pubblica utilità delle opere relative al progetto 39/40/6068, rimasti estranei rispetto al parallelo giudizio amministrativo e per i quali non poteva, pertanto, affermarsi l’illegittimità della procedura espropriativa’.
Orbene, il giudice d’appello, dopo aver riportato il motivo in oggetto (che era stato svolto anche da Co.Infra, come dedotto nel ricorso incidentale in ossequio al principio di autosufficienza), ha omesso ogni pronuncia sul punto.
L’ottavo motivo del ricorso principale è fondato.
Va preliminarmente osservato che l’art. 81 della legge n. 219 del 1981 così recita: ‘ Gli interventi di cui all’articolo precedente sono realizzati in modo unitario, sulla base di programmi costruttivi, comprensivi della urbanizzazione primaria e secondaria, e con riferimento ai costi di costruzione stabiliti dal CIPE su proposta del Ministro dei lavori pubblici.
Le opere sono affidate in concessione, entro 15 giorni dall’occupazione delle aree, a mezzo di apposite convenzioni in deroga alle norme vigenti, a società, imprese di costruzione, anche cooperative o loro consorzi, idonee sotto il profilo tecnico e imprenditoriale.
Formano oggetto della concessione tutte le operazioni necessarie per l’acquisizione delle aree occupate, ivi comprese le procedure di espropriazione ed il pagamento delle indennità ai sensi della presente legge, la formulazione del programma costruttivo sulla base delle indicazioni del sindaco di Napoli per quanto concerne il numero degli alloggi da realizzare, le tipologie degli stessi, le prescrizioni urbanistico-edilizie da osservare e i termini per la realizzazione dell’intervento, la progettazione esecutiva delle opere, la realizzazione delle stesse e quant’altro necessario per rendere le opere compiute, la consegna degli alloggi agli assegnatari.
Scaduto inutilmente il termine di cui al secondo comma, all’affidamento della concessione provvede, nei successivi 15 giorni, il CIPE su proposta del Ministro dei lavori pubblici’
Sulla interpretazione della predetta norma speciale è più volte intervenuta questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze nn. 10500/ 2016 e 17190/2018.
In particolare, nella prima sentenza, è stato enunciato il seguente principio di diritto: ‘ In tema di esecuzione di opere ricomprese nel programma straordinario di urbanizzazione nell’area metropolitana del Comune di Napoli, previste dalla l. n. 219 del 1981, le norme di cui agli articoli 81 e seguenti di detta legge demandano necessariamente all’ente concessionario il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, ancorché comportanti l’esercizio di poteri di carattere pubblicistico, quali quelli inerenti all’espletamento delle procedure di espropriazione. Correlativamente l’ente concessionario e non già l’amministrazione concedente risponde direttamente dei danni cagionati a terzi dall’opera pubblica e delle obbligazioni strumentalmente preordinate alla sua esecuzione, derivino gli stessi da attività legittima ovvero (e a maggior ragione, atteso anche il carattere personale della relativa responsabilità) da illecito aquiliano e, in questo secondo caso, sia
dalla illegittima occupazione temporanea di immobili privati, sia da ogni altro vizio inficiante il procedimento espropriativo e tale da determinare la inesistenza del potere ablativo, anche se la colpa sia riferibile al concedente nella predisposizione del progetto e nella imposizione delle direttive, potendo ciò rilevare esclusivamente nei rapporti interni derivanti dalla concessione, al fine di una eventuale rivalsa.
Nella sentenza n. 17190/2018 le sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio : ‘In tema di opere per la realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale per le zone terremotate, l’esclusiva responsabilità del concessionario per gli interventi di ricostruzione – la cui fonte si rinviene nella larga formulazione contenuta nell’art. 81 l. n. 219 del 1981 che disciplina una speciale fattispecie di concessione cosiddetta traslativa – è prevista solo per gli atti ablatori che siano stati posti in essere dal citato concessionario’.
In conclusione, avendo l’art. 81 della L. n. 219/1981 previsto una fattispecie di concessione traslativa dell’esercizio di pubbliche funzioni, la titolarità del rapporto controverso fa capo solo al concessionario, che è quindi unico responsabile, e non anche all’Amministrazione concedente.
25. Il terzo motivo del ricorso incidentale dei signori COGNOME è fondato limitatamente al profilo sub b).
Con riferimento al profilo sub a), il motivo è palesemente inammissibile, indicando circostanze di fatto -ovvero che il conduttore dei terreni di cui è causa fosse NOME COGNOME al contempo, comproprietaria -di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata e che neppure i ricorrenti incidentali allegano di aver sottoposto all’esame dei giudici di merito.
26. Con riferimento al profilo sub b), va osservato che il giudice d’appello non ha effettivamente precisato sulla base di quale criterio ha applicato (in ragione della presenza del conduttore) la ridu-
zione del risarcimento del danno quantificato dal giudice di primo grado nella misura del 10%. E’ stato, infatti, effettuato un richiamo ‘ai parametri di riferimento utilizzati dalla consulente’, ma senza indicarli, di talché non è dato sapere in base a quali parametri la riduzione del risarcimento sia stata operata.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il settimo e l’ottavo motivo del ricorso principale, ed il settimo motivo del ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE dichiara inammissibili il primo, il quarto ed il quinto motivo e infondati il terzo ed il sesto, assorbito il secondo, sempre del Ministero e del Consorzio; accoglie il terzo motivo, limitatamente al profilo sub b), del ricorso incidentale dei signori COGNOME, infondato il primo, inammissibili il secondo ed il terzo sub a); cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10.7.2025