Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12358/2021 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del procuratore speciale, AVV_NOTAIO; rappresentata e difesa dalle Avvocate NOME COGNOME ( ) e NOME COGNOME ( ), in virtù di procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME ;
-intimato- per la cassazione della sentenza n. 366/202 0 della CORTE d’APPELLO di LECCE -SEZ. DISTACCATA di TARANTO, pubblicata il 17 novembre 2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A.C. 15.12.2023
NNUMERO_DOCUMENTO
Pres. COGNOME
Est. COGNOME
Con sentenza n.2838 del 2019, il Tribunale di Taranto rigettò la domanda con cui RAGIONE_SOCIALE aveva invocato l’accertamento del carattere sine titulo dell’occupazione dell’alloggio di servizio da par te del suo dipendente, NOME COGNOME (con conseguente condanna dello stesso al rilascio e al risarcimento del danno), per essere definitivamente scaduta la concessione in uso per la durata di tre anni, tacitamente rinnovatasi per altri tre, disposta in suo favore, ai sensi dell’art.9 della legge n. 39 del 1982 e dell’art.33 del D.M. 19 luglio 1984, con decorrenza dal 2 gennaio 1987; e per essersi il concessionario rifiutato di stipulare un contratto di locazione a canone concordato, in seguito alla trasformazione dell’amministrazione postale in ente pubblico economico e poi in società per azioni, nonché dell’entrata in vigore della legge n. 431 del 1998, continuando a versare il canone concessorio.
Con la detta sentenza il Tribunale accolse, invece, la domanda riconvenzionale con cui il COGNOME aveva invocato l’ accertamento della trasformazione del rapporto in contratto di locazione tacitamente rinnovatosi alle medesime condizioni originarie, dunque con applicazione del canone sociale, inferiore anche all ‘ equo canone di cui alla legge n. 392 del 1978.
La decisione del Tribunale è stata confermata dalla Corte d’ appello di Lecce, Sez. distaccata di Taranto, la quale, con sentenza 17 novembre 2020, n. 366, ha rigettato l’ impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale ha rilevato che alla scadenza della concessione (1993), le parti non avevano assunto alcuna iniziativa, né per ricontrattare il rapporto né per farlo cessare, sicché esso era proseguito alle medesime condizioni, anche dopo la privatizzazione dell’ente , sino al 2011, epoca in cui RAGIONE_SOCIALE aveva finalmente invitato il COGNOME a stipulare un contratto di locazione, adeguando il canone.
Ciò rilevato, la Corte d’appello ha ritenuto che, peraltro, « a tale data si era già instaurato in via di fatto un rapporto di locazione abitativa dell’immobile, per la cui costituzione prima dell’entrata in vigore della legge 98 non era richiesta la
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Pres. COGNOME
Est. COGNOME
forma scritta, alle medesime condizioni del rapporto concessorio già intercorso » (p.2 della sentenza impugnata) e ha quindi concluso -richiamando la pronuncia n.8697 del 2015 di questa Corte, avente asseritamente ad oggetto « un caso analogo » -che, in mancanza di formale disdetta, il rapporto era proseguito alle stesse condizioni originarie.
Per la cassazione della sentenza della Corte salentina ricorre RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi , cui non risponde l’intimato NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art.33 del D.M. 19 luglio 1984, dell’art.9 della legge n.39 del 1982 e dell’art.12 RAGIONE_SOCIALE disposizioni sulla legge in generale, nonché , ai sensi dell’art.360 n.5 cod. proc. civ., vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La ricorrente deduce che, ai sensi della norma regolamentare richiamata, attuativa di quella legislativa, la concessione dell’alloggio di servizio aveva la durata di tre anni, tacitamente rinnovabile per altri tre, ponendo in tal modo il termine di durata massima di anni sei, periodo oltre il quale non avrebbe potuto proseguire trasformandosi in rapporto locativo, come erroneamente ritenuto dal giudice d’ appello.
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art.1325, n. 1, cod. civ., nonché degli artt. 1326 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ.; viene altresì denunciato, ai
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Pres. COGNOME
Est. COGNOME
sensi dell’art.360 n. 5 cod. proc. civ., vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La ricorrente sostiene che la stipulazione di un contratto di locazione non potrebbe essere desunta da un mero comportamento inerte del proprietario dell’immobile né dal fatto della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine; pertanto, erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto costituito un siffatto rapporto in mancanza di accordo tra le parti.
Con il terzo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n.3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art.1325, n. 4, cod. civ. e degli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2240/1923, nonché degli artt.115 e 116 cod. proc. civ.; viene altresì denunciato, ai sensi dell’art.360 n. 5 cod. proc. civ., vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe altresì errato nel reputare non necessaria la forma scritta in funzione della conclusione del contratto di locazione, sol perché asseritamente costituitosi prima dell ‘entrata in vigore della legge n.431 del 1998; osserva che il rapporto concessorio era scaduto il 2 gennaio 1993, epoca in cui essa aveva ancora la natura giuridica di pubblica amministrazione, sicché qualsiasi rapporto contrattuale non avrebbe potuto stipularsi che in forma scritta, prevista ad substantiam dagli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2240 del 1923.
3.1. Gli illustrati motivi, congiuntamente esaminati per ragioni di connessione -inammissibili quanto alle doglianze formulate ai sensi dell’art.360 n.5 cod. proc. civ., risultanti dall’indebita crasi tra la denuncia del vizio di motivazione e quella dell’omesso esame di fatto decisivo e controverso -, sono invece fondati, nei limiti che si vanno a precisare, con riguardo alle doglianze formulate ai sensi dell’art.360 n.3 cod. proc . civ..
A.C. 15.12.2023
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Pres. COGNOME
Est. COGNOME
3.1.a. Questa Corte, con riferimento ad una fattispecie largamente simile ma non identica a quella in esame, ha statuito che la pronuncia del giudice del merito diretta ad accertare la ‘ conversione ‘ in locazione del rapporto concessorio tra RAGIONE_SOCIALE e un suo dipendente in ordine all’alloggio di servizio, non aveva concretato violazione dell’art. 33 del D.M. 19.7.1984, in quanto la Corte territoriale non aveva affermato la rinnovazione del regime concessorio, limitandosi ad individuare una ‘ trasformazione del rapporto concessorio in rapporto locativo ‘ nel comportamento RAGIONE_SOCIALE parti, segnatamente per il fatto che, dopo la cessazione della concessione, la società aveva continuato a riscuotere il canone (chiedendone anche un aumento), aveva effettuato la denuncia verbale della locazione ed aveva atteso diversi anni per inviare una disdetta che -essendo espressamente motivata con richiamo alla legge n. 431 del 1998 -aveva portata ricognitiva dell ‘ esistenza di un rapporto di locazione.
Nella fattispecie, la Corte ha anche rilevato che la ricostruzione della vicenda nei termini di una riconduzione tacita del rapporto come ordinaria locazione abitativa non trovava ostacolo nella mancanza di forma scritta, perché, al momento in cui essa si era verificata (ossia nell ‘ anno 1998), era ancora in vigore la disciplina della legge n. 392 del 1978 e l ‘ RAGIONE_SOCIALE si era già trasformato (dal 28 febbraio 1998) in società per azioni (Cass. 29/04/2015, n. 8697).
3.1.b. Nell’estendere, sic et simpliciter , i principi affermati in questa pronuncia alla diversa fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte d’appello di Lecce, nella sentenza impugnata, non ha tenuto conto della circostanza che in tale fattispecie (simile ma non identica alla precedente) non risultava affatto che RAGIONE_SOCIALE, pur continuando per molti anni a riscuotere il canone concessorio, avesse effettuato la denuncia verbale della locazione ed avesse inviato una disdetta espressamente motivata con richiamo alla legge n. 431 del 1998, sicché il comportamento RAGIONE_SOCIALE parti non tradiva la medesima univocità in
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funzione della tacita riconduzione del rapporto ad una ordinaria locazione abitativa.
Ma, soprattutto, la Corte territoriale non ha tenuto conto che tale riconduzione doveva essere esclusa in radice per il fatto che, al momento della scadenza del rapporto concessorio (2 gennaio 1993), diversamente dalla fattispecie considerata dalla pronuncia n. 8697 del 2015 di questa Corte, l’ RAGIONE_SOCIALE non aveva ancora mutato la natura giuridica da pubblica amministrazione ad ente privato, atteso che essa sarebbe stata trasformata in ente pubblico economico con legge n.71 del 1994 (entrata in vigore il 1° febbraio 1994) e in società per azioni solo dal 28 febbraio 1998.
La natura pubblica dell’ente , infatti, imponeva la forma scritta ad substantiam per i contratti da esso stipulati, così impedendo la possibilità di ravvisare nella prosecuzione de facto della detenzione del bene da parte del concessionario dell’alloggio di servizio dopo la scadenza del rapporto concessorio, la riconduzione tacita di esso ad un rapporto locativo ordinario.
L’ accoglimento dei primi tre motivi comporta l’ assorbimento del quarto, con il quale la ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art.360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1223 e 1226 cod. civ., per esserle stato negato l’invocato risarcimento del danno per l’occupazione sine titulo e la mancata restituzione dell’immobile all’esito della scadenza del rapporto concessorio.
La domanda risarcitoria, infatti, è stata rigettata sul presupposto dell’ accertamento della trasformazione del rapporto in locazione a condizioni invariate (e dunque della liceità della detenzione sulla base della prosecuzione del pagamento del canone concessorio); venuto meno questo presupposto, essa domanda dovrà essere nuovamente delibata dal giudice del merito.
In definitiva, vanno accolti, per quanto di ragione, i primi tre motivi con assorbimento del quarto. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra Sezione della C orte d’ap pello di Lecce, comunque in diversa composizione.
A.C. 15.12.2023
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Pres. COGNOME
Est. COGNOME
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, i primi tre motivi di ricorso e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Lecce, comunque in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in