Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16241/2024 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME e NOME
– intimati
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1164/2024 depositata il 12/6/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/6/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 760/2021, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del coniuge separato NOME COGNOME volta ad accertare la sussistenza della comunione legale sul bene immobile intestato soltanto a quest ‘ultimo sito in Mestre, INDIRIZZO previa revoca della confessione stragiudiziale da lei resa -quale coniuge non acquirente -davanti al notaio rogante al momento dell’acquisto.
Osservava, in particolare, che la revoca della dichiarazione confessoria della COGNOME contenuta nel contratto di compravendita non acquirente sarebbe potuta avvenire solo nei limiti di cui all’art. 2732 cod. civ. e quindi ove fosse stato provato che la stessa era stata determinata da un errore sul fatto o da violenza; constatava che nessuna di queste circostanze era stata dimostrata dall’attrice, atteso che le allegazioni di parte sul punto erano generiche e i capitoli di prova articolati inammissibili.
La Corte d’appello di Venezia, a seguito dell’impugnazione presentata da NOME COGNOME ricordava che l’intervento del coniuge non acquirente all’atto di acquisto e la dichiarazione ex art. 179, comma 2, cod. civ. resa nell’ambito del medesimo atto non avevano natura di atto negoziale di rinuncia alla comunione.
Escludeva, di conseguenza, che il meccanismo previsto dall’art. 179, comma 2, cod. civ. e la previsione di limiti alla possibilità di ritrattare la dichiarazione resa dal coniuge non acquirente si ponessero in contrasto con la natura indisponibile delle disposizioni di cui all’art. 177 cod. civ. che regolavano l’inclusione dei beni nella comunione legale, precisando che la dichiarazione del coniuge non acquirente operava sul piano probatorio e poteva avere portata confessoria nel caso in cui costituisse la descrizione di una situazione di fatto, non quando rappresentava una mera manifestazione di intenti.
Rilevava che nel caso di specie l’COGNOME aveva dato atto, all’interno del contratto di acquisto, che il prezzo era stato pagato con denaro proveniente dalla vendita di beni personali del marito ai sensi dell’art. 179, lett. a), cod. civ., già appartenenti al coniuge prima che la comunione legale venisse in essere, con una dichiarazione che aveva vale nza di ‘generico asserto qualificatorio’, dato che esprimeva una valutazione circa la natura di tali beni che non aveva l’effetto vincolante proprio della confe ssione.
Evidenziava che se la dichiarazione resa in sede negoziale dall’COGNOME non aveva l’efficacia probatoria privilegiata di una dichiarazione
confessoria, non operava neppure la presunzione di esclusione della contitolarità dell’acquisto, rimovibile soltanto mediante la revoca per errore di fatto o violenza, che a tale dichiarazione attribuiva l’appellato.
Constatava che difettava la prova dell’effettiva sussistenza di una causa di esclusione dell’immobile dalla comunione legale tra i coniugi, cosicché , non operando la deroga di cui all’art. 179, comma 2, cod. civ., il bene acquistato dal Vianello in costanza di matrimonio era divenuto parte della comunione legale tra i coniugi, come previsto in via ordinaria dall’art. 177 cod. civ..
Accertava così, in accoglimento della domanda dell’appellante, che i beni immobili censiti al catasto fabbricati del Comune di Venezia, zona censuaria 9, sezione Mestre, fg. 14, con i mappali n. 3103, sub. 18, 3103, sub. 8, e 3103, sub. 13, con ogni accessione e pertinenza, erano caduti in comunione legale dei beni tra i coniugi NOME COGNOME ed NOME COGNOME dal momento del loro acquisto, in data 21 dicembre 2005.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 12 giugno 2024, prospettando un unico motivo di doglianza.
Gli intimati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ., sollecitando il rigetto del ricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., con riferimento alla diversa domanda formulata in appello dall’COGNOME la quale, nel proporre impugnazione, aveva ritenuto non più rilevante ai fini dell’accoglimento della
domanda di accertamento della comproprietà dell’immobile di MestreVenezia, INDIRIZZO l’azione di revoca ex art. 2732 cod. civ..
La Corte distrettuale doveva accertare, anche d’ufficio, l’inammissibilità della domanda nuova presentata in sede di impugnazione, constatando la mancanza di coerenza interna tra l’ambito del giudizio di primo grado e quello di appello.
Il motivo non merita accoglimento.
5.1 L’esame delle conclusioni riportate nella sentenza impugnata è sufficiente ad escludere la fondatezza dell’impugnazione.
La Corte di merito, nel registrare in esordio (pagg. 2 e 3) le conclusioni delle parti, ha dato atto che l’appellante, nell’atto di impugnazione, aveva domandato ‘ il totale accoglimento delle conclusioni di merito ed istruttorie della domanda introdotta in primo grado riportate a pagg. 2 e ss. dell’atto d’appello con vittoria di spese per i due gradi ‘, aveva richiamato le precisazioni di cui alla prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. del 20 settembre 2017, con cui era stato chiesto, fra l’altro: ‘ 3) accertarsi la legittima revoca della confessione stragiudiziale contenuta nel rogito di acquisto dell’appartamento di INDIRIZZO (notaio Callegari del 21 dicembre 2005, rep. 33699) nella parte in cui la signora COGNOME dava atto che l’appartamento veniva acquis tato in proprietà esclusiva dal marito e pagato con proventi del medesimo di cui alla lettera a) dell’art. 179 c.c. ‘ e ‘ 4) accertarsi e dichiararsi la comproprietà indivisa tra la signora NOME COGNOME come sopra generalizzata e il signor NOME INDIRIZZO del seguente immobile: Comune di Venezia zona censuaria 9 sez. Mestre foglio 14 mappale 3103 sub. 18, mappale 3103 sub. 8 e mappale 3103 sub. 13 ‘, e si era limitata a rappresentare che ‘ i punti 2, 4 e 5 delle conclusioni di merito sono maturi per la decisione, che il punto 1 è divenuto probabilmente irrilevante per la modifica dell’orientamento giurisprudenziale prevalente ‘.
Simili conclusioni non comportano alcun abbandono delle domande presentate in primo grado, ma ripropongono in termini coincidenti le medesime istanze, limitandosi a segnalare la probabile irrilevanza della richiesta di revoca della confessione svolta in origine.
5.2 Quand’anche si volesse ritenere che l’appellante, laddove ha rappresentato (nell’atto di citazione in appello, pag. 18) che ‘ l’azione di accertamento della comunione legale sull’ex casa coniugale non ha più come presupposto la revoca della confessione sui mezzi di pagamento ‘, abbia rinunciato alla domanda in precedenza spiegata a questo proposito, l’impugnazione avrebbe il medesimo esito.
La Corte d’appello ha ricordato che, in caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, comma 2, cod. civ., si pone come condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento, da parte dei coniugi, della natura personale del bene medesimo, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione, tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, lett. c), d) ed f), cod. civ. (Cass. 7027/2019).
A quest’ultimo scopo l’intervento adesivo del coniuge non acquirente ‘ può rilevare solo come prova dei presupposti di tale effetto limitativo, quando assuma il significato di un’attestazione di fatti. Ma non rileva come atto negoziale di rinuncia alla comunione ‘ (Cass., Sez. U., 22755/2009, pag. 9).
Dunque, sotto questo profilo la dichiarazione del coniuge non acquirente opera sul piano probatorio, assumendo natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti quando risulti descrittiva di una situazione di fatto, ma non quando sia solo espressiva di una manifestazione di intenti; ne discende che la
revoca della confessione stragiudiziale ex art. 2732 cod. civ. assume una sua utilità nell’economia della decisione della lite se la dichiarazione resa ha simili caratteristiche.
La mancata riproposizione di una simile domanda non comporta perciò un mutamento dei fatti costitutivi della richiesta di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato, ma della prova della sua fondatezza, rimanendo immutato il diritto soggettivo azionato (come ammette lo stesso ricorrente, a pag. 10). Pertanto, se si ha mutatio libelli quando la parte trasformi l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso la modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tale da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio (Cass. 1585/2015), come ha opportunamente ricordato il P.G., non rimane che constatare come nel caso di specie l’appellante non abbia introdotto un tema d’indagine nuovo, ma, ben diversamente, abbia sottratto al dibattito processuale un tema d’indagine inutile, alla luce del valore non confessorio da attribuire alla dichiarazione del coniuge non acquirente.
D’altra parte, la limitazione della domanda con rinuncia a una parte di essa non comporta alcuna mutatio libelli (Cass. 9730/2022), tanto più se tale limitazione operi solo sul piano probatorio.
Giova evidenziare, da ultimo ed a riprova della mancanza di alcuna rilevante mutatio libelli , che la Corte distrettuale, se la domanda fosse stata riproposta esattamente negli stessi termini, sarebbe arrivata alle medesime conclusioni, giacché, una volta constatato che la dichiarazione resa dall’COGNOME aveva la valenza di un ‘generico asserto qua lificatorio’, avrebbe constatato che la domanda presentata ex art. 2732 cod. civ. era irrilevante ai fini del decidere, passando poi all’esame del merito della cont roversia.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede delle parti intimate esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma il 10 giugno 2025.