Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9456 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13620-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 51/2020 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 15/01/2020;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex artt. 688 e 703 c.p.c. NOME evocava in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Genova, chiedendone la condanna ad arretrare una recinzione sino al rispetto della distanza di tre metri dal muro perimetrale dell’edificio e dalle vedute, a non posteggiare la propria vettura ad una distanza inferiore di quella suindicata e a rimuovere gli ostacoli frapposti al passaggio sul marciapiede perimetrale allo stabile, impedito dall’esistenza della recinzione di cui sopra. Il Tribunale, dopo aver inizialmente respinto la richiesta, ordinava in sede di reclamo la rimozione parziale della recinzione.
Successivamente la COGNOME proponeva actio negatoria servitutis e la COGNOME, nel costituirsi, eccepiva la comproprietà dell’area in contestazione, contraddistinta dai mappali 19 e 23, nonché l’esistenza di un diritto di servitù di passaggio costituito per destinazione del padre di famiglia.
Con sentenza n. 3058/2016 il Tribunale di Genova accoglieva la domanda principale, rigettando le eccezioni della convenuta.
Con la sentenza impugnata, n. 51/2020, la Corte di Appello di Genova riformava la decisione di prime cure, rigettando la domanda originariamente proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e condannandola alla refusione dei 2/3 delle spese di lite, compensandole per la restante parte.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOME, affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 167 e 112 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe ravvisato la comunione di uso e godimento dell’area controversa, senza considerare che la NOME non aveva formulato alcuna domanda riconvenzionale, ma soltanto richiesto il rigetto della actio negatoria servitutis proposta dalla odierna ricorrente. La Corte distrettuale, dunque, avrebbe pronunciato oltre i limiti della domanda.
La censura è infondata.
La Corte di Appello, condividendo sul punto la decisione del Tribunale, ha ribadito che l’intercapedine ed il marciapiede oggetto di causa erano stati realizzati su terreno di proprietà esclusiva della COGNOME e che dunque non sussisteva alcun diritto di comproprietà della NOME su detti beni. Ha poi evidenziato che dette opere erano a servizio anche dell’immobile di proprietà della odierna controricorrente, ed ha dunque ravvisato una comunione incidentale di godimento, riconoscendo alla NOME il diritto di transitare a piedi sul marciapiede corrente tutto intorno all’edificio.
La statuizione della Corte distrettuale non eccede i limiti della domanda, poiché la RAGIONE_SOCIALE aveva agito per la negatoria servitutis , e dunque aveva chiesto accertarsi l’inesistenza di qualsiasi diritto della NOME sulle aree distinte dai mappali 19 e 23 di cui anzidetto, mentre la convenuta aveva eccepito di esserne comproprietaria o comunque di vantare su di esse un diritto di passaggio.
Peraltro, la statuizione è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘Nel caso in cui più soggetti, proprietari in via esclusiva di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una
costruzione, per il principio dell’accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la proprietà esclusiva della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, con la conseguenza che anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell’intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà esclusiva dell’uno o dell’altro, salvo l’istaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l’obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5112 del 09/03/2006, Rv. 587334; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29457 del 15/11/2018, Rv. 651388 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3714 del 19/04/1994, Rv. 486273). Nel caso di specie, infatti, secondo la ricostruzione in punto di fatto operata dal giudice di merito il marciapiede e l’intercapedine erano stati realizzati, su terreno della NOME, per consentire l’accesso all’edificio in cui si trova l’immobile di proprietà della NOME e dunque quest’ultima aveva diritto di transitarvi a piedi, appunto per accedere alla sua proprietà, in funzione della destinazione di fatto delle opere di cui si discute.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 131 c.p.c., perché sussisterebbe una sostanziale incongruenza tra la motivazione e la decisione della Corte di Appello.
La censura è inammissibile.
Va innanzitutto evidenziato che, a seguito dell’entrata in vigore della novella di cui all’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in Legge n. 134 del 2012, l’anomalia motivazionale deducibile in sede di
legittimità ‘… si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830; nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639), con conseguente esclusione dell’ammissibilità di ogni diverso profilo di vizio della motivazione, incluso quello di incongruenza della stessa rispetto al decisum . Sotto questo profilo, peraltro, non sussiste alcun irriducibile contrasto logico tra le diverse parti della decisione impugnata, poiché nel caso di specie l’unica domanda proposta era quella di negatoria servitutis , introdotta in via principale dalla RAGIONE_SOCIALE. La convenuta, infatti, si era costituita sollevando eccezioni, senza formulare domande riconvenzionali, come la stessa parte ricorrente afferma nello svolgimento del primo motivo di ricorso. Di conseguenza, la statuizione finale, limitata al rigetto della domanda proposta in prime cure dalla RAGIONE_SOCIALE, è corretta e coerente con il percorso motivazionale esposto dal giudice di merito. La motivazione della sentenza impugnata, peraltro, non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. ancora Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, citate).
Con il terzo ed ultimo motivo, la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo e lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 934 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente
ritenuto che il marciapiede e l’intercapedine oggetto di causa fossero stati realizzati a servizio del fabbricato nel quale si colloca la proprietà della NOME, in assenza di alcun elemento idoneo a far presumere la volontà della NOME di consentire l’insorgenza del diritto di passaggio riconosciuto alla odierna controricorrente.
La censura è inammissibile.
La Corte genovese ha ritenuto che le opere oggetto di causa fossero state realizzate a servizio del fabbricato in cui si colloca la proprietà della NOME, proprio per consentire a quest’ultima di accedervi. Si tratta di un apprezzamento di fatto, fondato sulla valutazione delle risultanze istruttorie, che la ricorrente attinge contrapponendovi una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i
rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Peraltro, nel caso di specie, il diritto della COGNOME di transitare a piedi sul marciapiede di cui si discute non è stato riconosciuto in funzione di una manifestazione di volontà della NOME, bensì in ragione della destinazione fattuale di detta opera a servizio dell’immobile in cui si trova la proprietà della odierna controricorrente. La censura, dunque, nel contestare l’esistenza di una volontà della NOME di costituire il diritto di cui sopra, non coglie neanche la ratio della decisione, con la quale non si confronta adeguatamente. In nessun punto del motivo in esame, infatti, viene revocato in dubbio il fatto, invero decisivo, nella ricostruzione logica seguita dal giudice di merito, che ‘… l’intercapedine è stata realizzata a beneficio dell’intero caseggiato ed il marciapiede che la copre serve alla NOME per entrare ed uscire dalla porta finestra del suo appartamento: porta aperta col consenso della controparte’ (cfr . pag. 3 della sentenza impugnata).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 6.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda