Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12313 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12313 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28261/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME con DOM. COGNOME presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in MODICA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CATANIA n. 1052/2022, depositata il 19/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME innanzi i l Tribunale di Ragusa, lamentando l’apertura da parte di quest’ultimo di un accesso nel muro di confine tra la proprietà di quest’ultimo, rappresentata dalla p.lla 582 del F. 43 del Catasto del Comune di Modica, e la confinante stradina di proprietà comune tra gli attori ed altri ma non con il convenuto.
Costituitosi in giudizio, il convenuto contestava la domanda attorea deducendo di avere diritto ad accedere alla sua proprietà attraverso la vanella comune, rappresentata dalla p.lla 113, in quanto la sua parte finale, all’intersezione con la pubblica via, nella sua attuale conformazione, derivava dalla cessione in uso di terreno da parte dei proprietari finitimi.
1.1. Il Tribunale di Ragusa rigettava la domanda principale, facendo proprie le risultanze della CTU, che evidenziava come la vanella venisse citata nei vari atti, dimodoché la particella 113 doveva considerarsi comune.
Impugnavano la suddetta pronuncia NOME COGNOME e NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Catania, che rigettava integralmente il gravame.
A sostegno delle sue ragioni, osservava la Corte che:
correttamente il primo giudice aveva riconosciuto che NOME COGNOME era comproprietario della stradella in questione, in quanto a lui trasferita in quota parte, stante la sua natura di bene comune, unitamente ai terreni acquisiti, sia in forza dell’atto di donazione e successiva divisione («stralcio di quota») con i fratelli, sia per effetto dell’ulteriore acquisto della particella 446 già facente parte della particella 262;
una volta accertata, sulla scorta dei titoli di provenienza, la comproprietà della stradella in capo a NOME COGNOME il Tribunale aveva correttamente applicato il disposto dell’art. 1102 cod. civ., ai sensi del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione.
La sentenza d’appello è stata impugnata per la cassazione dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME e il ricorso affidato a due motivi.
Resiste NOME COGNOME
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, i ricorrenti hanno chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ utile precisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, in qualità di componente del Collegio che definisce il presente giudizio, non rileva quale ragione di incomp atibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1346, 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 2643, n. 4 cod. civ. Vizio della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4) cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per motivazione incomprensibile, contraddittoria. Con la motivazione della quale i ricorrenti trascrivono la parte motiva ritenuta rilevante, la Corte di Appello di Catania non riconosce la fondatezza della domanda negatoria della servitù, statuendo che il sig. COGNOME NOME è comproprietario della stradella in contestazione per averla acquisita tramite l’acquisto del suo dante
causa COGNOME in dipendenza dell’atto di donazione del 1985, successiva divisione del 1986 e dell’atto del 1989 ,con il quale dal sig. COGNOME vendeva a COGNOME una parte, la particella n. 446, del più grande terreno contraddistinto dalla particella 262, ora di proprietà dei coniugi COGNOME. Quanto all’atto di trasferimento a titolo gratuito del 1985: la Corte d’Appello di Catania, ove afferma che è certo che la particella relativa alla strada è stata trasferita con un atto che non la menziona tra le particelle relative all’immobile, viola tutti i principi in tema di interpretazione (letterale) del contratto e di individuazione dell’oggetto (la vanella è citata tra i confini delimitativi del fondo di NOME COGNOME e mai tra le particelle trasferite in donazione). La motivazione impugnata allora sarebbe illogica, incomprensibile, anche nel punto in cui detta particella risulta catastalmente intestata al livellario COGNOME NOME fu NOME, che secondo quanto si legge in sentenza sarebbe il dante causa di NOME Il livellario, infatti, non essendo proprietario, mai avrebbe potuto trasferire la particella 113 che apparteneva al demanio. Le medesime considerazioni valgono per l’atto di divisione del 1986, anche per la natura dichiarativa del suo oggetto, tale non potendo considerarsi la dicitura «con vanella di accesso comune», delimitativa dei confini . Quanto all’a cquisto della striscia di terreno dal Terranova: la motivazione è assolutamente incomprensibile, poiché attribuisce la comproprietà di un bene in virtù di un atto notarile che non lo contempla minimamente.
Con il secondo motivo si deduce vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 39 cod. proc. civ. per violazione falsa applicazione degli artt. 1102, 1108 cod. civ. I ricorrenti censurano la motivazione nella parte in cui dichiara che, essendo la vanella bene comune per tutte le ragioni indicate in sentenza, trova applicazione l’art. 1102 cod. civ.,
che consente l’utilizzo di detto bene da parte del partecipante senza alternarne la destinazione. Per tutte le ragioni indicate nel motivo che precede, la stradella non è comune anche a NOME COGNOME sì che non vi è dubbio che la norma di cui all’art. 1102 cod. civ. non possa trovare applicazione, trattandosi invece di imposizione di un peso sul bene di proprietà di terzi, tra i quali i COGNOME senza consenso unanime scritto, ex art. 1108 cod. civ.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono inammissibili, atteso che i ricorrenti -pur avendo specificato i canoni interpretativi violati -in effetti propongono un’interpretazione alternativa delle risultanze documentali , che si traduce in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti e si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito ( ex multis : Cass. Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022, Rv. 664334 -02; v. anche: Cass Sez. 2, Ordinanza n. 40972 del 2021, che conf.: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15603 del 04/06/2021 – Rv. 661741 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9996 del 10/04/2019 – Rv. 653577 – 01).
3.1. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha esaminato i documenti considerati rilevanti (un atto di donazione del dante causa dell’odierno resistente , un atto di divisione tra i fratelli e un atto di acquisto) attenendosi al canone ermeneutico primario dell’interpretazione letterale , laddove afferma che «… l’utilizzo del termine ‘comune’ vale inequivocabilmente ad indicare che essa era comune anche al donante NOME COGNOME padre e dante causa dell’appellato; in caso contrario, si sarebbe utilizzata la dicitura ‘di proprietà di altri’ o ‘di terzi’ » (v. sentenza p. 5, righi 10-13). Anche il fatto che la particella 113 non sia espressamente menzionata in atti
viene superato dalla Corte territoriale attenendosi alla lettura del successivo atto di acquisto voluto da NOME COGNOME di una piccola striscia di terreno (identificata come particella 446), che rappresenta una porzione della più ampia particella 262 (di proprietà degli odierni ricorrenti) che gode di accesso attraverso la stradella in contestazione (v. sentenza p. 5, 2° e 3° capoverso).
3.1.1. Da tanto deriva logicamente la correttezza della statuizione con cui la Corte d’Appello ritiene legittimo, ex art. 1102 cod. civ., l’uso della cosa comune da parte del resistente senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
4. In definitiva, il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagame nto dell’ulteriore somma ex art. 96, comma 4 cod. proc. civ., come liquidata in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 1.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 1.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda