Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3482 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3482  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 29/01/2025
VENDITA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto dalla:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa,  in  virtù  di  procura  speciale  rilasciata  in  calce all’atto di costituzione di nuovo difensore, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il  suo studio in  Roma, alla  INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata  e  difesa, in virtù di  procura  speciale rilasciata su separato  foglio  materialmente  allegato  al  controricorso,  dagli  AVV_NOTAIOti NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  e  con  indicazione  di  domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL;
– controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1805/2019 (pubblicata il 22 luglio 2019);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie depositate da entrambe le parti.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 485/2015, il Tribunale di Lucca, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, accertata la carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, revocava il decreto ingiuntivo n. 689/2012 emesso dallo stesso Tribunale il 25 luglio 2012, diretto ad ottenere il pagamento della somma di euro 12.300,00 (oltre interessi), in ordine alla vendita del veicolo modello Peugeot Bipper TARGA_VEICOLO, sul presupposto che -dalle acquisite emergenze probatorie -era risultato che, in effetti, la compravendita era intervenuta tra la citata società RAGIONE_SOCIALE ed altra società, la RAGIONE_SOCIALE, a cui favore era stata, tra l’altro, operata la cessione, a titolo di permuta, di altro veicolo di proprietà dell’acquirente, modello Nissan Primera TARGA_VEICOLO TARGA_VEICOLO.
Decidendo sull’appello formulato dalla RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello di Firenze, nella resistenza della società appellata, con sentenza n. 1895/2019 (pubblicata il 22 luglio 2019), accoglieva il gravame e, in riforma della pronuncia impugnata, pur confermando la revoca del provvedimento monitorio opposto, condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della citata società appellante, della somma (inferiore rispetto a quella di cui ricorso per decreto ingiuntivo) di euro 10.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo; condannava, altresì, la suddetta appellata al pagamento dei 2/3 delle spese del doppio grado di giudizio, compensate per il residuo terzo.
A fondamento della decisione adottata, la Corte toscana esponeva, innanzitutto, un quadro generale sulla disciplina normativa in tema di vendita di autoveicoli, precisando che se la trascrizione presso il PRA non è idonea a certificare il reale proprietario dell’automezzo, nondimeno tale prova può essere desunta non solo dalla documentazione intervenuta fra le parti, ma anche dagli stessi atti che l’intestatario formale ha prodotto all’ufficio, al fine di ottenere la trascrizione della proprietà del veicolo in suo favore.
In tale contesto, la Corte territoriale rilevava che agli atti non vi era nessuna prova della effettiva partecipazione alla vendita da parte della RAGIONE_SOCIALE, che non era stata neppure chiamata in giudizio, sicché non poteva neppure contestarsi che la fattura dalla stessa emessa a titolo  di  provvigione,  per  la  vendita  del  mezzo  in questione (la citata Peugeot), non fosse derivata da una ovvia attività di intermediazione della stessa società svolta a vantaggio della RAGIONE_SOCIALE
Del  resto,  dalle  risultanze  istruttore  raccolte  era  emerso  che  fu  la stessa RAGIONE_SOCIALE a  consegnare  ad  apposita  agenzia  (‘Il RAGIONE_SOCIALE‘)  ogni  documento  utile  volto  ad  ottenere  la  trascrizione della vendita presso il PRA, dichiarando esplicitamente in tali atti che la venditrice del veicolo era la RAGIONE_SOCIALE
Infine, la Corte di merito osservava che – poiché la società appellante aveva esplicitamente ammesso che, in relazione al pagamento del prezzo in discorso, la società RAGIONE_SOCIALE aveva consegnato, in permuta altro veicolo (il citato Nissan), valutato in euro 2.300,00 e pacificamente intestato alla medesima -ne conseguiva che dal prezzo totale della vendita, pari all’importo di euro 12.300,00, si sarebbe dovuto detrarre il prezzo concordato per la cessione di tale ultima automobile, residuando, in favore dell’appellante RAGIONE_SOCIALE il credito di euro 10.000,00.
 Avverso  la  predetta  sentenza  di  appello  ha  proposto  ricorso  per cassazione, affidato a sette motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’intimata RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo la ricorrente RAGIONE_SOCIALE ha denunciato -ai  sensi  dell’art.  360,  comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.  la  violazione  e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 100 e 115 c.p.c., nella parte in cui, con la sentenza impugnata, il giudice di appello aveva deliberatamente  escluso  dal  materiale  probatorio  tutti  i  documenti
dalla stessa prodotti (quali: un contratto di acquisto tra la stessa società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per un furgone modello Peugeot Bipper del 16-12-2011; un contratto di finanziamento tra RAGIONE_SOCIALE, mutuataria/acquirente, e la RAGIONE_SOCIALE, quale fornitrice convenzionata, del 28-12.2011; una fattura emessa dalla prima; una lettera sottoscritta dalla società RAGIONE_SOCIALE per la ricezione di assegno circolare di euro 9.600,00, emesso dalla citata RAGIONE_SOCIALE; una integrazione di ordine di acquisto; una dichiarazione del 10.4.2012 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE in ordine all’assicurazione RAGIONE_SOCIALE, una lettera della RAGIONE_SOCIALE e l’estratto della dichiarazione di fallimento della stessa società RAGIONE_SOCIALE).
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto -con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e ss. c.c., 115 e 116 c.p.c. per aver la Corte di appello escluso, con la sentenza impugnata, la valutazione delle nuove prove indicate da essa ricorrente ed aver attribuito valore di autocertificazione ai sensi degli artt. 46, 47, 75 e 76 d.P.R. n. 445/2000 alla dichiarazione sostitutiva costituente affidamento dell’incarico di vendita da parte della RAGIONE_SOCIALE ad altra società per la registrazione delle pratiche.
Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato -in relazione all’art. 360,  comma  1,  n.  4,  c.p.c. -l’omessa  pronuncia  in  ordine  alla valutazione di tali prove con violazione degli artt. 134 e 112 c.p.c.
Con il quarto motivo la ricorrente ha prospettato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame di un fatto asseritamente decisivo,  avuto  riguardo  al  mancato  apprezzamento  del  rapporto commerciale tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE con riferimento al veicolo oggetto di controversia, per il quale quest’ultima aveva chiesto il corrispettivo.
Con  il  quinto  motivo  la  ricorrente  ha  denunciato -con  riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione
dell’art.  1188  c.c.  per  aver  la  Corte  di  appello  escluso  l’efficacia  del pagamento effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE
Con il  sesto  motivo  la  ricorrente  ha  dedotto -in  relazione  all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione e falsa applicazione dell’art. 1189  c.c.  per  essere  stata,  comunque,  esclusa,  con  la  sentenza impugnata, l’efficacia  del  pagamento  eseguito  dalla  RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, quale creditrice apparente.
Con il settimo ed ultimo motivo la ricorrente ha lamentato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. l’omessa pronuncia in ordine alle dedotte questioni relative agli artt. 1188 e 1189 c.c.
Rileva il collegio che il primo motivo è inammissibile per una duplice ragione.
La prima  per difetto di specificità (cfr., tra le tante, Cass. n. 19985/2017  e  Cass.  n.  13625/2019)  perché  –  avuto  riguardo  al dedotto  ‘malgoverno  delle  prove’  (art.  115  c.p.c.)  e  ad  un’asserita violazione  dell’art.  2697  c.c.  –  la  ricorrente  pone  riferimento  ad  una serie di documenti  (indicati a pag.  5 -6), dei quali non  riporta minimamente il contenuto.
La seconda perché, con esso, si tende a risollecitare una rivalutazione sulle risultanze di merito apprezzate dalla Corte di appello che è giunta alla conclusione plausibile dell’avvenuta conclusione del contratto di vendita del veicolo dedotto in giudizio tra la ricorrente RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, rispetto al quale la RAGIONE_SOCIALE è rimasta estranea (non essendo stata, oltretutto, nemmeno evocata in causa), avendo svolto un mero ruolo di intermediatrice, senza assumere alcuna obbligazione diretta al riguardo.
Il secondo motivo è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
Si profila inammissibile nella parte in cui deduce, ancora una volta, una omessa valutazione di prove documentali per difetto di specificità.
E’ infondato con riferimento all’efficacia riconosciuta dalla Corte di appello alla dichiarazione sostitutiva di certificazione (le cui dichiarazioni mendaci assumono rilevanza penale) -siccome valida come autocertificazione ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 -con la quale il legale rappresentante dell’attuale società ricorrente attestava di aver affidato all’agenzia ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’espletamento di ogni ulteriore incombente necessario alla corretta immatricolazione del furgone oggetto del contendere (targ. EM 115 AL) e alla conseguente iscrizione al PRA del relativo passaggio di proprietà (fondantesi su un principio consensualistico in tema di compravendita di veicoli). Del resto, la Corte di appello ha desunto la prova che la società RAGIONE_SOCIALE fosse la venditrice -oltre che da altri elementi istruttori – dalla stessa formalità indicata dall’agenzia quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE.
Il  terzo  motivo  si  prospetta  inammissibile  in  quanto  riconduce  il mancato esame di risultanze istruttorie alla violazione di cui all’art. 112 c.p.c.,  la  quale,  invece,  è  riferibile  solo  alle  domande  ed  eccezioni formulate nel corso del giudizio di merito (e non anche alla eventuale inadeguatezza del percorso motivazionale nella valutazione delle risultanze probatorie).
11. Il quarto motivo è inammissibile per una doppia ragione.
In primo luogo perché con lo stesso si deduce un diverso apprezzamento probatorio circa il rapporto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (che la Corte di appello ha motivatamente ricondotto ad una relazione di intermediazione svolta della citata società RAGIONE_SOCIALE, come del resto emergente dalla fattura rilasciata a titolo di provvigioni per vendita del veicolo oggetto di controversia).
In secondo luogo perché, con esso, si fa solo un generico riferimento a detto  rapporto  che  sarebbe  evincibile  da  una  mera  denuncia  penale depositata con memoria ex art. 183 c.p.c. nel giudizio di primo grado,
senza  che  ne  sia  riportato  il  contenuto  in  modo  tale  da  desumerne l’ipotetica decisività.
Il quinto, sesto e settimo motivo devono essere considerati inammissibili perché -malgrado la ricorrente abbia indicato che le relative questioni circa la possibile sussistenza di una delle ipotesi di cui all’art. 1188 e 1189 c.c. fossero state proposte nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e nella comparsa di risposta e di costituzione in appello -il relativo contenuto di quest’ultimo atto (in relazione al quale si sarebbe venuta a configurare anche la supposta violazione dell’art. 112 c.p.c.), anche in funzione del prospettato assorbimento ritenuto con la pronuncia di primo grado, non è stato riprodotto nei motivi in esame, i quali risultano perciò difettanti di specificità (e al riguardo si rileva che la Corte di appello non dà atto nella sentenza impugnata dell’effettività della deduzione di tali questioni, non riportate nemmeno nelle richiamate conclusioni precisate, dalle quali, perciò, in difetto di emergenze contrarie, si desume il carattere di novità delle questioni stesse).
In definitiva, il ricorso va integralmente respinto con la conseguente  condanna  della  ricorrente  al  pagamento  delle  spese  del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater, del  d.P.R.  n.  115  del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, in un ulteriore importo a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso,  a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.600,00, di
cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del  2002  dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  della  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della