SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4798 2025 – N. R.G. 00002737 2025 DEPOSITO MINUTA 07 08 2025 PUBBLICAZIONE 07 08 2025
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE PRIMA CIVILE
riunita in camera di consiglio e composta dai seguenti Magistrati:
Dott. NOME COGNOME Presidente
Dott. NOME COGNOME Consigliere
Dott. NOME COGNOME relatore
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di secondo grado, iscritta al n. 2737 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’ anno 2025 , trattenuta in decisione all’udienza del 04.07.2025 e vertente
T R A
(C.F.
, amministratore di
C.F.
rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
RECLAMANTE
E
(C.F. ), con sede INDIRIZZO
in Roma, INDIRIZZO in persona del Sig. nella sua qualità di Responsabile del Contenzioso Regionale della Direzione Regionale Piemonte, in forza della procura speciale a rogito del Notaio
di Roma rep. n. 181515 racc. n. 12772 del 25/07/2024, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
RECLAMATA
E
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DI
(n.
290/2025
Tribunale di Roma), in persona del curatore p.t. Avv. NOME COGNOME
OGGETTO: Reclamo ex art. 51 CCII avverso sentenza di apertura della liquidazione giudiziale.
CONCLUSIONI
RECLAMANTE) ‘ Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita,
-in via preliminare, concedere la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza reclamata;
-in via preliminare, dichiarare l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma, in favore del Tribunale di Novara;
in via principale, nel merito, per i motivi di cui in narrativa, revocare la dichiarata liquidazione giudiziale’.
‘ Piaccia all’Ecc.mo Collegio, contrariis reiectis, per i motivi esposti in narrativa, rigettare l’istanza di sospensione della sentenza reclamata e rigettare il reclamo con conferma della sentenza n. 350/25 emessa in data 16-17.4.2025 dal Tribunale di Roma nel procedimento rubricato al n. di RG 111/2025 di apertura della liquidazione giudiziale della . Con vittoria di spese, competenze e onorari da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME che si dichiara antistataria’.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
La Corte, visti gli atti e sentito il relatore, osserva quanto segue.
, qualificatosi ‘ socio e amministratore della , ha proposto tempestivo reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 350/2025 , pubblicata il 17.04.2025, con la quale è stata dichiarata aperta la liquidazione giudiziale della predetta società, chiedendone la revoca e in limine che fosse dichiarata l’incompetenza per territorio del Tribunale adito in favore del Tribunale di Novara, per avere la società, risultante da atto di fusione
inversa con cui la controllante ( con sede in Vaprio d’Agogna, provincia di Novara) è stata incorporata dalla controllata ( con sede in Roma, che ha poi mutato denominazione in , il centro degli interessi principali (c.d. COMI) in provincia di Novara ( primo motivo ) e per non versare in uno stato di insolvenza, giacché i debiti di carattere tributario per i quali ha agito ex art. 40 comma 6 CCII sono oggetto di contestazione, in procedimenti tuttora pendenti, la società dispone di asset di proprietà intellettuale e industriale (in particolare, i microcontrollori TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO) del valore complessivo di oltre 700 milioni USD e rappresenta una azienda di interesse strategico a livello nazionale ed europeo, nel settore dei microchip ( secondo motivo ).
Il reclamo unitamente al decreto di fissazione dell’udienza è stato ritualmente notificato al curatore della liquidazione giudiziale, che non si è costituito, e al creditore istante, , che invece si è tempestivamente costituito in data 23.06.2025, chiedendo il rigetto del gravame, evidenziando con riferimento all’eccezione di incompetenza territoriale come la società incorporante ( già avesse avuto sin dalla sua costituzione la propria sede in Roma, come l’unità locale di Vaprio D’Agogna (NO), già sede legale della fosse cessata nel gennaio 2024 e come nel parallelo procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Novara e pendente dinanzi al Tribunale Civile di quella città, la società avesse contraddittoriamente eccepito la competenza territoriale del Tribunale di Roma. Con riferimento allo stato di insolvenza, la reclamata ha dedotto che le cartelle di pagamento in forza delle quali ha agito (ruoli 2016 -2024) non sono oggetto di contenzioso e che ricorrono plurimi indicatori dello stato di decozione di , tra i quali i pignoramenti presso terzi tentati con esito infruttuoso, il mancato deposito del bilancio 2023, la tardiva approvazione ed il tardivo deposito dei bilanci 2021 e 2022 e l’esistenza già nel 2018 di un patrimonio netto negativo per oltre 7 milioni di Euro.
Dopo che le parti hanno discusso oralmente all’udienza camerale del 4 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
L’eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Roma sollevata dalla debitrice nel giudizio di primo grado è infondata, sia pure per ragioni parzialmente diverse da quelle indicate dal Giudice di prime cure.
Preliminarmente, occorre rilevare che, al contrario di quanto dedotto da parte reclamata, che ne ha contestato la tardività, l’eccezione è stata tempestivamente sollevata dalla società debitrice. La competenza per territorio in materia di procedure concorsuali è considerata di natura funzionale ed inderogabile, sicchè può essere oggetto di eccezione anche rilevabile d’ufficio entro il grado in cui si svolge il procedimento che conduce all’apertura della liquidazione giudiziale. Ritiene la giurisprudenza di legittimità che, dovendosi postulare l’applicazione dell’art. 38 c.p.c. a tutti i processi di tipo camerale utilizzati dal legislatore per la tutela giurisdizionale di diritti, e dunque anche al procedimento promosso dal creditore ai sensi dell’art. 40 comma 6 CCII, l’eccezione debba essere sollevata entro l’udienza ex art. 41 CCII ed entro lo stesso termine la questione di incompetenza per territorio debba essere rilevata d’ufficio dal giudice (v. nel vigore dell’art. 9 l. fall. Cass. n. 29711/2019, Cass. n. 5257/2012). Ora, nel caso di specie, risulta che la società debitrice, che nella comparsa di costituzione aveva sollevato eccezione di litispendenza con riferimento al procedimento unitario pendente dinanzi al Tribunale di Novara (n. 90/2023), abbia eccepito l’incompetenza per territorio del Tribunale capitolino con richiesta di trasmissione degli atti al Tribunale di Novara alla prima udienza in cui era stata convocata ex art. 41 CCII, svoltasi il 05.03.2025 (cfr. relativo verbale), nella quale peraltro non si era conclusa la trattazione del ricorso, che era stata differita alla successiva udienza del 09.04.2025.
In tema di competenza per territorio, così come in tema di giurisdizione, nei procedimenti di insolvenza assume, come noto, rilievo la nozione di COMI ( Center of Main Interests ), che è nozione di diritto comunitario, introdotta dal Reg. CE n. 1346/2000, e che, come tale, va individuata primariamente secondo la normativa eurounitaria così come è stata interpretata dalla Corte di Giustizia UE. Occorre innanzitutto rilevare che il Reg. UE n. 848/2015, che ha sostituito il già menzionato Reg. n. 1346/2000, ha introdotto una presunzione di carattere relativo di coincidenza del COMI con la sede statutaria dell’imprenditore, oltre che con la residenza abituale del debitore, trovando detto Regolamento
applicazione anche nei confronti di soggetti che non esercitano attività d’impresa. E’ dunque consentita la prova contraria quando si dimostri che il COMI è ubicato in un luogo diverso dalla sede legale dell’impresa, dando rilievo al riguardo al requisito della riconoscibilità ai terzi e a quello dell’abitualità della gestione dei propri interessi da parte del debitore.
Il Codice della Crisi che programmaticamente, secondo le indicazioni della legge delega (legge n. 155/2017), ha recepito il già citato Regolamento Insolvency sembra invece delineare con riferimento alla competenza per territorio una presunzione assoluta di coincidenza del COMI con la sede legale dell’impresa, laddove, all’art. 27 comma terzo n. 3, sancisce che ‘ il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente (…) con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale (…)’. Senonché, ad onta della non felice formulazione letterale della norma e dell’ancora più infelice precisazione contenuta nella Relazione illustrativa di accompagnamento al D.L.vo n. 14/2019, occorre rilevare che la disciplina interna non può che essere interpretata in coerenza con la disciplina sovranazionale di cui costituisce attuazione e che ricorrono molteplici argomenti per sostenere che la disciplina contenuta nell’art. 27 CCII non di discosti da quella di cui all’art. 9 l. fall. e consenta di fornire prova contraria atta a vincere la presunzione di coincidenza del COMI con la sede legale.
Innanzitutto, l’art. 2 lett. f) della legge delega chiedeva al Governo di ‘ recepire ai fini della disciplina della competenza territoriale la nozione di centro degli interessi principali del debitore definita dall’ordinamento dell’Unione Europea ‘, che, come detto, individuava una presunzione relativa e non assoluta di coincidenza del COMI con la sede legale, vincibile in presenza di elementi obiettivi e verificabili da parte dei terzi che permettano di identificare una situazione realmente differente da quella che si ritiene corrispondente con la sede statutaria (v. Corte Giustizia UE, 02/05/2006, C341/04) e, in forza del principio dell’abitualità della gestione degli interessi da parte del debitore, attribuendo prevalenza alla sede effettiva rispetto alla sede legale (v. Corte Giustizia UE, 20/10/2011, C-396/09).
E, ancora, l’art. 2 lett. m) CCII, nel fornire una definizione del COMI, ha valorizzato il criterio dell’affidamento dei terzi (‘ il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi ‘), e risulterebbe pleonastico
laddove si ritenesse di carattere assoluto la presunzione di coincidenza di cui all’art. 27 comma 3 CCII.
C’è poi anche un argomento di continuità normativa, se si considera che il vecchio art. 9 l. fall. faceva riferimento alla ‘sede principale’ dell’impresa, criterio che è sempre stato ritenuto sinonimo non tanto di sede legale quanto di sede effettiva.
Deve quindi ritenersi che la presunzione di coincidenza tra COMI e sede legale dell’impresa sia di carattere relativo e che possa essere superata, come già avveniva nel vigore dell’art. 9 l. fall., in presenza di prove univoche che indichino in un luogo diverso dalla sede legale quello nel quale l’imprenditore gestisce abitualmente i suoi interessi in maniera riconoscibile ai terzi. Si ritiene ad esempio che questa situazione ricorra quando in questo luogo diverso sia ubicato il centro direttivo della società, quello nel quale operano l’organo amministrativo e i suoi dirigenti, quello nel quale viene tenuta la contabilità e normalmente si riuniscono le assemblee dei soci, quello dunque che può essere individuato quale centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa (v. Cass. n. 22270/2020, Cass. n. 7900/2020, Cass. n. 16116/2019, Cass. n. 9244/2018, Cass. n. 17882/2016).
Ora, nel caso di specie, va evidenziato che sono state fornite (dalla società debitrice nel giudizio di primo grado e dall’odierno reclamante nel presente giudizio) prove univoche della non coincidenza del COMI con la sede legale di sino a però a data antecedente di oltre un anno la proposizione del ricorso ex art. 40 comma 6 CCII da parte di .
Ed invero, la all’epoca venne acquistata dalla società con sede in Vaprio D’Agogna (NO), nel 2019 e sino alla fusione per incorporazione della sua controllante è sempre stata una società inattiva, priva di ricavi e di personale dipendente, tanto da deliberare la sua messa in liquidazione nel 2016, poi revocata il 26.11.2019. Con atto del 09.12.2021 la ha quindi incorporato la sua controllante società invece che presentava cospicui fatturati e una rilevante
dotazione patrimoniale, e ne ha assunto l’oggetto sociale.
Dopo la fusione, così come personalmente constatato dal Dott.
amministratore giudiziario e custode delle quote di intestate a oggetto di sequestro preventivo, non solo l’attività imprenditoriale ha continuato ad essere esercitata presso lo stabilimento di di Vaprio D’Agogna, dove operavano tutti i dipendenti, ereditati dalla società incorporata, ma presso quella località della Provincia di Novara era depositata la merce commercializzata dalla società e ha svolto la sua attività gestoria, tanto da essere presente, senza essere stato previamente contattato, in occasione del sopralluogo eseguito dallo stesso amministratore giudiziario il 21.06.2023. Presso quella che era formalmente la sede operativa della inoltre, si è svolta, il 02.01.2024, l’assemblea dei soci che ha (tardivamente) approvato i bilanci degli esercizi
2021 e 2022.
Senonché, come risulta dalla visura storico camerale in atti prodotta dallo stesso reclamante (cfr. all. 12), in data 03.01.2024, il giorno successivo all’approvazione dei bilanci degli esercizi 2021 e 2022, è cessata la sede operativa novarese della La comunicazione della cessazione di detta sede al Registro delle imprese è stata effettuata dalla società il 29.01.2024, ma in detta comunicazione si è indicata come data di cessazione quella del 03.01.2024, sicché è a tale data (e non a quella della comunicazione) che occorre fare riferimento anche in relazione a quanto previsto dall’art. 28 CCII, secondo cui, in piena continuità normativa con il disposto dell’art. 9 comma secondo l. fall., il trasferimento del COMI intervenuto nell’anno antecedente al deposito della domanda di apertura della liquidazione giudiziale non ha rilievo ai fini della determinazione della competenza territoriale.
Dalla documentazione versata in atti dalla stessa parte reclamante, e nel precedente grado dalla società debitrice, non risulta che in data successiva all’approvazione dei bilanci 2021 e 2022 la abbia compiuto ulteriori atti di natura gestoria, organizzativa o anche solo di natura imprenditoriale. Del resto, lo stesso ha osservato come l’attività sociale fosse cessata a seguito dell’instaurazione del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale dinanzi al Tribunale di Novara e il decreto di convocazione delle parti aveva fissato l’udienza dell’11.01.2024 per la trattazione del ricorso.
Si può dunque ritenere che sino alla cessazione della sede operativa di Vaprio D’Agogna (NO), intervenuta il 03.01.2024, il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa della dunque il centro degli interessi principali del debitore, fosse ubicato non in Roma, INDIRIZZO bensì proprio in detta sede operativa, ma non sono stati forniti dalla parte reclamante, a ciò espressamente onerata, elementi per sostenere che a far data dal 03.01.2024, in una situazione di assoluta inattività della società, vi fosse una dissociazione tra il COMI e la sede statutaria, radicata nella Capitale. La presunzione di coincidenza sancita dall’art. 27 comma 3 CCII non è quindi stata vinta né con riferimento alla data della proposizione del ricorso di (07.01.2025) né con riferimento al periodo di un anno 07.01.2025), che pure ha rilievo ai fini dell’individuazione del tribunale territorialmente competente
antecedente alla proposizione di detto ricorso (07.01.2024 -alla luce di quanto previsto dall’art. 28 CCII.
L’eccezione di incompetenza per territorio deve essere pertanto respinta.
Parimenti, non sussiste litispendenza, stante la diversità delle parti procedenti (Procura della Repubblica presso il Tribunale di Novara in un caso, nell’altro) tra il procedimento instaurato dinanzi al Tribunale di Novara ed il procedimento instaurato dinanzi al Tribunale di Roma.
Anche le contestazioni mosse dal reclamante in punto di accertamento dello stato di insolvenza risultano infondate.
I debiti erariali assai cospicui (oltre 29 milioni di Euro), in forza dei quali l’agente della riscossione ha richiesto l’apertura della liquidazione giudiziale di sono portati da cartelle di pagamento, relative a ruoli iscritti tra l’anno 2016 e l’anno 2024, non impugnate dalla società e per le quali non sussiste alcun contenzioso. Le difese del reclamante fanno invece riferimento a controversie giudiziali che investono cartelle di pagamento relative a ruoli iscritti tra l’anno 2011 e l’anno 2016, che non costituiscono quindi oggetto del ricorso proposto da .
Oltre all’enorme debito erariale riscontrato e all’ancora più esorbitante ammontare del passivo accertato in occasione dell’udienza di verifica delle domande tempestive di insinuazione (Euro 130.884.086 in privilegio ed Euro
6.804.501,84 in chirografo), rilevano quali indicatori dello stato di insolvenza della società debitrice: (i) l’esito infruttuoso delle azioni esecutive promosse dal creditore istante (pignoramenti presso terzi); (ii) la mancata approvazione del bilancio di esercizio 2023 e la tardiva approvazione dei bilanci degli esercizi 2021 e 2022; (iii) l’inattendibilità della contabilità sociale, con particolare riferimento ai bilanci 2017, 2018 e 2019, che hanno sottostimato il consistente passivo erariale, e ai bilanci 2015 -2020, che non hanno indicato nella voce ‘Godimento di beni di terzi’ i canoni di locazione dello stabilimento di Vaprio D’Agogna (cfr. relazione dell’amministratore giudiziario delle quote della società dott. all. 11 di parte reclamante); (iv) l’avere registrato, proprio in forza delle false annotazioni nei bilanci appena richiamate, sin dall’esercizio 2018 un patrimonio netto negativo per oltre 7 milioni di Euro, progressivamente accresciutosi in ragione dell’incremento della debitoria erariale (cfr. all. 11 di parte reclamante); (v) il mancato rimborso degli aiuti di Stato ottenuti mediante finanziamenti garantiti dal Mediocredito Centrale S.p.A. (cfr. all. 11 di parte reclamante); (vi) la mancata restituzione dei finanziamenti erogati dalla finalizzati alla realizzazione di una struttura commerciale in Albania, mai realizzata (è significativo al riguardo quanto la stessa ha comunicato a il 18.10.2022, riferendo di non avere ‘l e risorse per adempiere alla richiesta avanzata ‘ e chiedendo di ‘ concordare un importo a saldo e stralcio che consente la restituzione delle somme de quibus’; cfr. sempre all. 11 di parte reclamante).
Lo stato di insolvenza della società debitrice risulta dunque conclamato e non è senz’altro pertinente la difesa svolta dal reclamante che ha richiamato il valore degli asset di proprietà intellettuale e industriale di cui la disporrebbe, tenuto conto che solo con riferimento alle società in liquidazione, quale non era l’odierna debitrice, va condotta ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza una verifica diretta ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio prevalgano o meno sulle poste passive e consentano o meno di assicurare l’uguale ed integrale soddisfacimento di tutti i creditori sociali (v. Cass. n. 13644/2013, conf. Cass. n. 25167/2016, Cass. n. 24660/2020). Ciò senza considerare che la pronta liquidabilità di tali asset non è stata nemmeno dedotta dal reclamante.
Non residuando dubbio alcuno sul possesso da parte della dei requisiti dimensionali per l’assoggettamento alla liquidazione giudiziale, appare evidente che ricorrano tutti i presupposti, oggettivi e soggettivi, per l’apertura della procedura di insolvenza.
Il reclamo va conseguentemente respinto e la parte reclamante va condannata a rifondere alla parte reclamata costituitasi le spese di lite da questa anticipate, che si liquidano come indicato in dispositivo in applicazione del DM 55/2014 come modificato dal DM 147/2022, e che vanno distratte in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:
Rigetta il reclamo;
Condanna il reclamante al pagamento in favore di
delle spese di lite, che liquida in Euro 40.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , D.P.R. n. 115/2002, per il pagamento da parte del reclamante di un ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello già versato.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte d’Appello di Roma, il 06.08.2025.
Il consigliere estensore Il presidente Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME