Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9371 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 9371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso per regolamento necessario di competenza, iscritto al n.r.g. 865/2024, proposto da
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, al INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso , dall’Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio ( RAGIONE_SOCIALE ) elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
– intimati – avverso l ‘ordinanza del TRIBUNALE DI ROMA, pubblicata in data 27/12/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 03/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
NOME COGNOME che ha concluso il rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente , l’Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ;
letta la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. depositata dalla ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex artt. 40 e 44 CCII depositato il 2 novembre 2023 innanzi al Tribunale di Roma, RAGIONE_SOCIALEl. propose domanda di concordato preventivo con cui -oltre ad invocare l ‘assegnazione di un congruo termine per il deposito della proposta, del piano concordatario e della documentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2, CCII -richiese anche l’adozione di “… ogni e più ampia misura cautelare e/o protettiva che si rendesse necessaria per inibire condotte che potrebbero risultare ostative al buon esito del progetto e atta ad assicurare, seppure provvisoriamente, l’attuazione della sentenza di omologazione …”.
1.1. Con provvedimento del 22 novembre 2023, il giudice delegato dell’adito tribunale rilevata la pendenza di domande di apertura della liquidazione giudiziale proposte dalla società RAGIONE_SOCIALE e da n.
36 ex dipendenti in data successiva (6 e 19 novembre 2023) al deposito del ricorso suddetto -accolse l’istanza di misure protettive presentata dall’odierna ricorrente e, per l’effetto: a ) confermò che, « dalla data della pubblicazione del ricorso ex artt. 40 e 44 CCII nel Registro delle Imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa » e che, « dalla stessa data, le prescrizioni rimangono sospese, le decadenze non si verificano e la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata ‘; b ) stabilì « la durata di tali misure in giorni sessanta (60) dalla pubblicazione della domanda nel Registro delle Imprese ».
1.2. Con altro decreto reso in pari data, poi, il medesimo tribunale, in composizione collegiale, -ritenuta la propria competenza « a decidere sulla domanda in ragione del Comune ove è ubicata la sede principale della ricorrente, essendo esso ricompreso nel circondario del Tribunale di Roma », -assegnò il termine fino al 2 gennaio 2024 « ai fini del deposito, a cura del debitore, della proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la docu mentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2, CCII, oppure della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o della domanda di omologazione del piano di ristrutturazione di cui all’art. 64 -bis CCII, con la documentazione di cui all’ art. 39, comma 1, » e nominò il Commissario giudiziale.
1.3. Successivamente, con decreto del 18 dicembre 2023, lo stesso giudice -« rilevato che, in data 14.12.2023, la debitrice ha depositato il piano e la proposta di concordato preventivo, corredata da documentazione; rilevato che consta che la società debitrice ricorrente si sia iscritta nel Registro Imprese di Roma in data 24.10.2023, dopo essersi cancellata dal Registro delle Imprese di Siena » -dispose la convocazione dinanzi a sé delle parti all’udienza del 21 dicembre 2023 per la declaratoria di inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo e di incompetenza per
territorio del tribunale nonché per la revoca delle misure protettive. Quindi -all’esito della predetta udienza con ordinanza del 27 dicembre 2023, dichiarò la propria incompetenza in favore del Tribunale di Siena, ai sensi del combinato disposto degli artt. 27 e 28 CCII e, per l’effetto, dispose la trasmissione degli atti a quest’ultimo.
Per quanto qui di interesse, il giudice capitolino, « rilevato che, nel caso di specie, , la debitrice ricorrente ha trasferito la propria sede legale da Siena a Roma circa due settimane prima del deposito del primo ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale; rilevato che non risulta che nell’ann o antecedente al deposito delle domande di apertura della liquidazione giudiziale il centro direzionale dell’attività dell’impresa debitrice fosse ubicato nella città di Roma e che, dunque, la sede legale senese avesse carattere solo formale o fittizio. A tal fine non ha rilievo dirimente la circostanza che l’amministratore unico della società risieda (e risiedesse nell’anno antecedente al deposito della domanda) a Roma; invero, la debitrice avrebbe dovuto dimostrare che nella Capitale e non a Siena sono stati compiuti gli atti di amministrazione della società ».
Avverso tale ordinanza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza, affidato a due motivi, chiedendo la cassazione del provvedimento impugnato e la declaratoria di competenza del Tribunale di Roma a conoscere della predetta controversia.
Le parti destinatarie della notifica di detto ricorso sono rimaste solo intimate.
La Procura Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 25 ottobre/22 novembre 2024, n. 30212, la Prima Sezione civile ha ritenuto che « La questione complessivamente posta dal secondo motivo di ricorso, stante l’assenza di specifici precedenti di legittimità (posto che la pronuncia resa da Cass. n. 3239 del 2023 è stata resa con riguardo alla disciplina del concordato preventivo anteriore a quella, qui, invece, applicabile ratione temporis , del
d.lgs. n. 14 del 2019, recante il cd. Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza) e la sua particolare rilevanza nomofilattica, rende opportuna la rimessione della causa alla pubblica udienza », sicché ha disposto in conformità e rinviato la causa nuovo ruolo.
Successivamente è stata fissata l’odierna pubblica udienza in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., degli artt. 27 e 28 CCII ». Si assume che, nonostante il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 28 CCII, « si ritiene che la stessa dovrebbe essere interpretata in modo da riflettere le condizioni attuali e operative della società debitrice. In particolare, la lettera e lo spirito dell’articolo 28 CCII dovrebbero essere necessariamente applicati tenendo conto dell’evoluzione della posizione societaria e non solo della sua storicità. In tal senso è evidente che, a prescindere dal tenore letterale della disposizione richiamata, la modifica della sede legale – e con essa del centro degli interessi principali della debitrice – dovrebbe essere considerata come elemento determinante per la determinazione della competenza territoriale a prescindere dalla circostanza che la stessa sia stata modificata nell’anno antecedente la presentazione della domanda. La modifica della sede legale e il conseguente spostamento del centro di interessi, del resto, non consistono in un mero formalismo, ma rappresentano un cambiamento sostanziale che può avere implicazioni significative sulle operazioni aziendali. La sede legale è il riflesso delle attività effettive di un’impresa; il suo trasferimento è indice di una mutazione nelle dinamiche operative e strategiche della società. In tale prospettiva, un’interpretazione eccessivamente rigida e formalista della disposizione di cui all’art. 28 CCII risulterebbe in evidente contrasto con il principio di ragionevolezza. Il luogo dove il debitore svolge la maggior parte delle sue attività economiche e operativ e, d’altra parte, deve essere
considerato preminente ai fini della determinazione della competenza territoriale »;
II) « Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., degli artt. 9, 161, comma 1, e 182ter , comma 2, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.), 38 c.p.c. e 111 Cost. ». Muovendo dal presupposto che, come chiarito dalla giurisprudenza, il potere di sollevare d’ufficio la questione di competenza territoriale in ambito concordatario è temporalmente legato al momento in cui il giudice dispone di tutti gli elementi necessari per la relativa valutazione, si sostiene che, « Tuttavia, qualora (come riteniamo sia avvenuto nella specie) con il ricorso prenotativo siano stati già forniti elementi sufficienti a valutare la corretta individuazione del foro adito, il Tribunale sarebbe tenuto a pronunciarsi sul punto (come, in effetti, è avvenuto nel caso di specie), senza che tale decisione possa essere successivamente ritrattata in assenza di elementi di novità ». Assume la ricorrente che: i ) l’art. 38, comma 3, cod. proc. civ. deve essere adattata allo speciale procedimento ex art. 161, comma 6, l.fall.; ii ) superata ormai da tempo l’impostazione secondo la quale l’art. 38 cod. proc. civ. non troverebbe applicazione nei procedimenti camerali (e quindi anche in quello ai sensi dell’art. 161 l.fall.), la giurisprudenza ha chiarito che l’obbligo di formulare l’eccezione di incompetenza nella prima udienza di trattazione sarebbe applicabile anche alle controversie in materia fallimentare vertendo questa sulla tutela giurisdizionale dei diritti; iii ) adattando tali principi alla materia del concordato preventivo, che non conosce analoga udienza ed in cui il contraddittorio con i creditori è differito al momento dell’adunanza ex artt. 174-175 l.fall., nel rispetto dei principi di rango costituzionale del contraddittorio ma anche della ragionevole durata del processo e dell’effettività della tutela giurisdizionale, deve ritenersi che il giudice debba compiere tale valutazione non appena in possesso di tutti gli elementi a tal fine necessari. Orbene, nell’ambito della fattispecie in esam e – per precipua scelta difensiva – con il ricorso ex art. 44 CCII la ricorrente aveva fornito al tribunale tutti gli elementi utili per consentire una valutazione piena in ordine
alla competenza territoriale. « Tanto ciò è vero che, – come chiarito nelle premesse di fatto con decreto del 22.11.2023 , il Tribunale non solo dava atto della propria valutazione precisando espressamente di avere competenza ‘…a decidere sulla domanda in ragione del Comune ove è ubicata la sede principale della ricorrente, essendo esso ricompreso nel circondario del Tribunale di Roma…’, ma assumeva provvedimenti di natura cautelare al fine di garantire all’Istante di procedere con l’esecuzione del Piano Concordatario »; iv ) medio tempore , erano pervenute all’attenzione del Tribunale di Roma circa quaranta istanze di liquidazione giudiziale avanzate da altrettanti creditori e, per ognuna di esse, il medesimo tribunale aveva confermato la propria competenza rinviando per tutte per l’esame d ei presupposti di apertura della liquidazione giudiziale alla data del 31 gennaio 2024. Solo successivamente al deposito, da parte di RAGIONE_SOCIALE del piano e della proposta di concordato preventivo, viceversa, il giudice adito si era avveduto della circostanza che il mutamento della sede (e conseguentemente del centro di interessi) della prima era avvenuto nell’anno precedente la presentazione della domanda. « Non vi è dubbio, dunque, che: a) già al momento dell’adozione delle misure di prevenzione e della determinazione della propria competenza, il Tribunale adito fosse già ampiamente in possesso e a conoscenza di tutti gli elementi poi posti in un secondo momento alla base della propria decisione di incompetenza; b) nessun elemento di valutazione ulteriore in ordine alla ubicazione del centro di interessi della Società poteva dunque giustificare un riesame del pregresso giudizio positivo sulla competenza territoriale del tribunale adito; c) il Tribunale non ha posto alla base della sua decisione in ordine alla propria incompetenza territoriale elementi acquisiti successivamente. Di qui l’erroneità dell’ordinanza gravata , atteso che il Tribunale disponeva fin dal momento del deposito del concordato prenotativo di tutti gli elementi necessari per la valutazione della questione di competenza territoriale, con conseguente insussistenza delle condizioni derogatorie di cui al disposto dell’art. 38 c.p.c. ».
Tali doglianze, -anche a volerle riqualificare come proposte sotto il profilo della violazione di legge, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (attesa la chiara insussistenza dei presupposti del vizio di cui al n. 5 della medesima disposizione, avendo il tribunale espressamente valutato la circostanza del trasferimento di sede sociale della ricorrente) e pure a volere soprassedere sul rilievo che gli articoli della legge fallimentare richiamati nell’epigrafe del secondo motivo sono inapplicabile n ella specie, ratione temporis -sono scrutinabili congiuntamente, perché chiaramente connesse. Esse, tuttavia, non meritano seguito alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
2.1. Giova premettere che l’art. 27, comma 2, del d.lgs. n. 14 del 2019, recante il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (CCII), disciplina la competenza per territorio a conoscere ‘ i procedimenti di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o a una procedura di insolvenza diversi da quelli di cui al comma 1 e le controversie che ne derivano ‘, attribuendola al tribunale « nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali » (il cd. COMI, acronimo di Center of main interests ): pertanto, il giudice così individuato è destinato a divenire quello naturalmente competente per tutti i soggetti -diversi dalle imprese in amministrazione straordinaria e dai gruppi di imprese di rilevante dimensione -ai quali il Codice si applica.
Quest’ultimo, dunque, si è discostato dalla (ed innovato rispetto alla) previsione di cui all’art. 9 della legge fallimentare che, fino all’entrata in vigore del Codice predetto (risalente al 15 luglio 2022), radicava la competenza presso la sede principale dell’impresa.
Peraltro, in relazione all’articolo da ultimo citato, va opportunamente ricordato, da un lato, che, secondo la giurisprudenza di legittimità ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 3945 e 20661 del 2019), la competenza per territorio del tribunale fallimentare, come sancita da quella norma, era ” funzionale ” ed ” inderogabile “, ai sensi del combinato disposto degli artt. 28 e 38, comma 1, cod. proc. civ. (benché la prima espressione
indichi i casi in cui l’inderogabilità discende dalla funzione del giudice, ormai diffusamente si parla di competenza funzionale quale sinonimo di competenza per territorio inderogabile); dall’altro, che il medesimo art. 9 era stato costantemente interpretato dalla Suprema Corte nel senso che la sede principale dovesse ritenersi presuntivamente coincidere con quella legale risultante dal Registro delle Imprese, potendo, tuttavia, siffatta presunzione di coincidenza essere vinta dalla prova del carattere meramente fittizio o formale della detta sede legale ( cfr., e multis , Cass. n. 22389 del 2021; Cass. nn. 20661, 16116 e 1145 del 2019; Cass. n. 1489 del 2015). Così si era affermato che dovesse privilegiarsi il luogo in cui era situato il centro direttivo ed amministrativo degli affari dell’impresa ( cfr . Cass. n. 4206 del 2003), oppure era stato ritenuto determinante il luogo in cui venivano assunte le decisioni relative alle scelte imprenditoriali e strategiche (Cass., SU, n. 15872 del 2013, parlò, in proposito, di « cuore pulsante dell’impresa ») e, al cospetto di tali criteri, ne erano stati ritenuti recessivi altri quali la residenza dell’imprenditore, l’ubicazione degli stabilimenti produttivi o i luoghi ove era tenuta la contabilità (diede rilievo ai libri contabili e, in particolare, al libro matricola ed ai registri delle fatture Cass. n. 5945 del 2002). Né, infine, mancarono orientamenti che attribuivano rilevanza, sulla base di un criterio di visibilità e di apparenza, alla sede operativa della impresa intesa quale luogo in cui l’impresa avesse un impatto esterno riconoscibile da parte dei terzi che con essa entravano in contatto.
Il punto nodale è rappresentato, oggi, dall’indagine in ordine alla sussistenza degli elementi caratterizzanti il centro degli interessi principali.
Orbene, il Codice sul punto chiaramente replicando l’art. 3, comma 1, secondo periodo, del Regolamento UE n. 848/2015 – fornisce una definizione del centro degli interessi principali del debitore (COMI), individuandolo ( cfr . art. 2, comma 1, lett. m] ) nel « luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi », dovendosi qui rimarcare che la giurisprudenza della Corte di giustizia, nel concretizzare il concetto di centro degli interessi principali ai fini della ricorrenza del presupposto per l’apertura,
o meno, di una procedura principale, ha ritenuto che più possano essere gli indici da prendere in considerazione per superare la presunzione di coincidenza tra sede statutaria e COMI. Allorché si sia dinanzi ad una pluralità di circostanze, il giudice dell’insolvenza è tenuto a compiere una valutazione nel complesso ( cfr . il punto 52 di Corte giust. UE, 20 ottobre 2011, C396/09): cioè, a fronte di elementi di segno diverso, deve decidere secondo un criterio di prevalenza, ma sul presupposto che, nel dubbio, deve concludersi per la coincidenza del COMI con la sede legale; tanto è utile ad assicurare la maggiore certezza possibile a beneficio dei terzi in ordine al luogo in cui dovrebbe essere aperta una procedura di insolvenza principale e dunque alla disciplina applicabile.
Il medesimo Codice, poi, al comma 3 del successivo suo art. 27, ha introdotto un vero e proprio regime di presunzioni in base al quale il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente, se si tratta di persona fisica esercente l’attività di impresa, con la « sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale ». In tal caso, per l’interpretazione della sede effettiva non può che richiamarsi la giurisprudenza sopra descritta. Diversamente, quando si tratti di persona fisica non esercente l’attività d’impresa, la presunzione opera tenuto conto della residenza o del domicilio e, « se questi sono sconosciuti, con l’ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma ». Infine, quanto alle persone giuridiche ed agli enti, anche non esercenti l’attività d’impresa, il centro degli interessi principale del debitore si presume coincidente con « la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale » oppure, se anche questa risulta sconosciuta, si applicherà la stessa presunzione valida per le persone fisiche non esercenti attività di impresa avuto riguardo alla persona del legale rappresentante.
Determinante, per stabilire la sussistenza, o meno, della competenza territoriale dell’adito tribunale in relazione ai procedimenti per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, è la data del deposito del corrispondente atto
introduttivo, come indirettamente confermato dall’art. 28 del Codice, ma già desumibile dall’art. 5 cod. proc. civ. È quello, dunque, il momento in cui, per radicare la competenza predetta, è necessario che il debitore abbia il centro degli interessi princ ipali nel circondario di quell’ufficio.
Lo stesso art. 28 – come già, per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore, l’art. 9, comma 2, della legge fallimentare per il trasferimento della sede -disciplina, altresì, specificamente, l’ipotesi del trasferimento del centro degli interessi principali nell’anno antecedente al deposito della domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o di apertura della liquidazione giudiziale. Rispetto alla menzionata disposizione della legge fallimentare, il mutamento appare più formale che sostanziale: in quest’ultima, invero, il riferimento era alla sede (in sostanza, a tenore dell’art. 9, comma 2, l.fall., se l’imprenditore fallendo aveva trasferito la sede dell’impresa nell’anno anteriore alla presentazione, nei suoi con fronti, di un’istanza di fallimento, tribunale competente a decidere sull’istanza medesima a prescindere evidentemente dall’effettività o fittizietà del trasferimento – doveva continuare a ritenersi quello in cui aveva sede l’impresa prima del trasferime nto, prolungandosi così, ai soli fini dell’individuazione del tribunale competente nel procedimento fallimentare, gli effetti della pregressa sede reale), mentre, nell’art. 28 del Codice, è al centro degli interessi principali, ma immutata risulta la ratio che s’intende perseguire, vale a dire analogamente a quanto avvenuto anche tramite l’art. 26, comma 2, del medesimo Codice, con riguardo alla giurisdizione – di contrastare lo spostamento, oggi, del centro di interessi in modo strumentale al tentativo di differire o di sfuggire alla liquidazione giudiziale, oppure di scegliersi, così operando, un ufficio giudiziario per qualche ragione più gradito.
In questa logica, in passato si riteneva che la coincidenza tra sede legale e sede effettiva costituisse l’unico elemento che potesse fornire ai creditori una qualche chiarezza in ordine agli assetti organizzativi (e, dunque, dei possibili esiti procedimentali) dell’impresa con cui entrano in contatto, tanto
è vero che, sempre in passato, si reputava che la presunzione circa l’irrilevanza del trasferimento della sede nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento dovesse applicarsi al trasferimento della sede legale. Questa soluzione risulta oggi confermata, in quanto il legislatore adopera una presunzione assoluta di coincidenza tra il centro degli interessi principali e quello della sede legale, tuttavia, trattandosi di una presunzione, si può ritenere che venga in rilievo il trasferimento non solo della sede legale ma in generale del luogo ove effettivamente venga svolga l’attività o, secondo la definizione normativa, del « luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi ». In ogni caso, non può che trovare conferma quell’orientamento giurisprudenziale che riteneva rilevante, ai fini dell’applicazione dell’art. 9, comma 2, l.fall., il trasferimento effettivo della sede e non soltanto quello fittizio. È doveroso rimarcare, inoltre, che mentre tra gli Stati membri dell’Unione Europea i margini di perpetuazione della giurisdizione sono più ristretti, ai fini del riparto territoriale della competenza è maggiormente rigoroso il trattamento del cd. forum shopping , poiché il periodo di irrilevanza del trasferimento del COMI non è fissato in pochi mesi ma in un anno (considerazione del tutto analoghe a quelle finora esposte si rinvengono anche nella recente Cass. n. 5328 del 2025).
2.2. Va rimarcato, inoltre, che la giurisprudenza ( cfr., e multis , Cass. n. 29218 del 2019; Cass. n. 4059 del 2016; Cass. n. 16667 del 2010; Cass. n. 857 del 2008) e la pressoché unanime dottrina, nonostante la contraria lettera dell’art. 5 cod. proc. civ. ed invocando il principio di economia dei mezzi processuali, in linea generale ammettono la cd. competenza sopravvenuta: ritengono, cioè, che il giudice incompetente al momento dell’inizio del processo non possa dichiararsi tale e, dunque, spogliarsi del processo qualora, nel corso di questo, sopravvenga una situazione di fatto o di diritto idonea a radicare la sua competenza.
2.3 . Il Codice, poi, all’art. 29, ha preso posizione pure sulla forma che il provvedimento con il quale il tribunale dichiara la propria incompetenza deve
rivestire, stabilendo che una siffatta decisione deve avere la forma di ordinanza motivata.
Avverso la stessa (e malgrado il silenzio del medesimo Codice sullo specifico punto) deve ritenersi ammissibile, oggi, il regolamento necessario di competenza ex art. 42 cod. proc. civ., posto che la soluzione negativa già affermatasi vigente la vecchia disciplina della legge fallimentare del 1942 e, almeno inizialmente, anche dopo la novella del 2006/2007, è stata rivisitata e superata da Cass. 31 luglio 2019, n. 20666, che enunciò, ex art. 363, comma 3, cod. proc. civ., i seguenti principi di diritto nell’interesse della legge: « a) Il provvedimento che declina la competenza del tribunale sull’istanza di fallimento ex art. 9 -bis legge fall. deve essere comunicato alle parti costituite, secondo i principi generali in tema di provvedimenti del giudice; b) È ammissibile il regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza che decide sulla competenza, ai sensi dell’art. 9 -bis legge fall., con la possibilità, durante la sospensione del processo ex art. 48 cod. proc. civ., che il creditore istante ovvero il pubblico ministero invochino l’adozione di misure cautelari sul patrimonio del fallendo, ai sensi dell’art. 15 legge fall.; c) Le parti del giudizio prefallimentare possono subire un pregiudizio, ove sia stata omessa la comunicazione dell’ordinanza che declina la competenza, trovandosi nella condizione di non potere promuovere il regolamento nel termine fissato dall’art. 47 cod. proc. civ.: spetta al giudice del merito apprezzare, nel caso concreto, l’esistenza di siffatto pregiudizio, anche tenendo conto dell’interesse delle parti alla proposizione del regolamento, che chiaramente difetta nel soggetto che abbia ottenuto dal primo giudice adito esattamente l’accoglimento dell’eccezione di incompetenza proposta »). Ciò muovendo dal presupposto, evidenziato anche da attenta dottrina, che non potesse ritenersi convincente la tesi secondo cui, allorquando il legislatore fa proprio un determinato principio giurisprudenziale, già acquisito in termini di diritto vivente (come accaduto con la codificazione del principio della translatio iudicii d’imperio al tribunale dichiarato competente da quello preventivamente adito), questo sarebbe recepito nella sua originaria ed
integrale portata quale affermatasi nell’applicazione giurisprudenziale corrente, trattandosi di affermazione priva di reale riscontro nella realtà dei precedenti in materia.
Questo più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, pienamente condiviso dal Collegio, può essere ragionevolmente utilizzato, allora, -sebbene con i necessari adattamenti terminologici dovuti alle nuove definizioni imposte dal Codice ed ai mutati riferimenti normativi in quest’ultimo contenuti anche con riferimento all’ordinanza con cui il tribunale adito in relazione ad un procedimento di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o a una procedura di insolven za diversi da quelli di cui al comma 1 dell’art. 27 del Codice medesimo, attesa l’evidente analogia complessivamente riscontrabile tra il tenore letterale dell’art. 9 -bis l.fall. e quello desumibile dagli artt. 29, 31 e 32 del menzionato Codice.
2.4. Nessun dubbio, infine, può sussistere in ordine al fatto che, nell’odierna vicenda, del tutto correttamente il tribunale capitolino abbia rilevato, di ufficio, la propria incompetenza territoriale (in favore del Tribunale di Siena) solo immediatamente dopo che la RAGIONE_SOCIALE (la quale aveva proposto domanda di concordato preventivo ex art. 44 CCII) aveva depositato il piano e la proposta di preventivo corredata dalla documentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2, CCII: nessuna preclusion e, infatti, poteva considerarsi maturata per il tribunale adito per avere lo stesso precedentemente pronunciato (peraltro con meri decreti) misure protettive in favore della menzionata ricorrente.
Invero, come affatto condivisibilmente può desumersi da Cass. n. 3239 del 2023 (pronunciatasi su un regolamento necessario di competenza promosso in una fattispecie avente ad oggetto una domanda di concordato cd. con riserva ai sensi dell’art. 161, comma, 6, l.fall., peraltro respingendo una censura sostanzialmente analoga a quella oggi prospettata dalla ricorrente nel suo secondo motivo), il tribunale suddetto ha fatto corretta applicazione dei principi già affermati da questa Corte di legittimità in subiecta
materia , principi secondo cui, nell’ipotesi di ricorso per concordato preventivo cd. con riserva, il rilievo dell’incompetenza per territorio da parte del tribunale adito, ai fini dell’art. 38 cod. proc. civ., può avvenire solo nel momento in cui il giudice disponga di tutti gli elementi necessari per la sua valutazione e, dunque, unicamente con l’allegazione della proposta, del piano e della documentazione di cui all’art. 161 l.fall. ( cfr . pure Cass. n. 907 del 16/01/2017).
Le obiezioni oggi sollevate da RAGIONE_SOCIALE. (sostanzialmente analoghe a quelle disattese dalla menzionata Cass. n. 3239 del 2023,) non meritano seguito, atteso che, prima del deposito della proposta e del piano, non ha inizio la vera e propria fase dell’ammissione al concordato, e cioè la fase in cui il Tribunale è investito del potere di ammettere la proposta di concordato, potere che presuppone anche la preliminare verifica della propria competenza territoriale. La mera circostanza fattuale – solo eventuale invero – secondo cui, al momento del deposito della domanda di concordato ” prenotativo “, fossero già presenti elementi dai quali desumere il precedente avvenuto trasferimento di sede della debitrice risulta, dunque, obiezione priva di rilievo giuridico in quanto la domanda di cui all’art. 44, comma 1, CCII non investe il giudice dei poteri di scrutinio dell’ammissibilità del piano e della proposta che sorgono invece con il deposito della domanda di ammissione di cui all’art. 40, comma 1, CCII, domanda come tale necessariamente corredata degli allegati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 39 CCII, necessari per lo scrutinio preliminare di ammissibilità del concordato ai sensi dell’art. 47, comma 4, CCII.
Ad avviso del Collegio, inoltre, il richiamo all’art. 38 cod. proc. civ. da parte della società ricorrente deve considerarsi non pertinente nella peculiare procedura di concordato preventivo, in quanto quest’ultima – sebbene regolata dalle norme sul rito camerale – si discosta con grande evidenza dal procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, in relazione al quale, invece (come, del resto, accaduto con riferimento al procedimento prefallimentare ex art. 15 l.fall.), può ritenersi applicabile (come già opinato,
appunto, con riguardo al procedimento prefallimentare testé citato, dalla giurisprudenza di legittimità, in modo costante e non controverso) il disposto normativo dettato dall’art. 38 del codice di rito anche quanto al limite preclusivo per sollevare l’eccezione d i incompetenza, ancorato, come tale, alla celebrazione dell’udienza di comparizione delle parti ex art. 41 CCII innanzi al tribunale ( cfr. , quanto all’applicabilità dell’art. 38 cod. proc. civ. al procedimento prefallimentare ex art. 15 l.fall., Cass. n. 5257 del 2012; Cass. n. 20661 del 2019; Cass. 28711 del 2019).
Nella procedura – anche anticipata (come nel caso in esame) – relativa alla domanda di ammissione al concordato non è prevista un’udienza di comparizione di parti processualmente contrapposte, come regolata, invece, nel giudizio di cognizione ordinario dal l’art. 183 cod. proc. civ. oppure, per quanto già sopra osservato, nella procedura camerale prefallimentare già disciplinata dall’art. 15 l.fall., ove sono previsti come legittimi e contrapposti contraddittori, nell’udienza di comparizione delle parti, l’i mprenditore fallendo, i creditori istanti ed eventualmente il Pubblico Ministero (analogamente è previsto oggi dal combinato disposto degli artt. 40, comma 6, e 41 del CCII in relazione al procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, la cui domanda, ove proposta da un creditore, deve essere notificata al debitore ed al Pubblico Ministero).
Nella procedura preconcordataria, come anche in quella concordataria vera e propria, regolata dagli artt. 40 e 44 CCII, la fase iniziale della procedura è caratterizzata da un’interlocuzione ristretta solo all’imprenditore richiedente l’ammissione alla pro cedura concordataria ed agli organi della procedura medesima (tribunale, giudice delegato, commissario giudiziale ed eventuale precommissario), essendo previsto un possibile allargamento di tale ‘contraddittorio’ solo in ipotesi eventuali e residuali, come , ad esempio: nel caso della necessaria autorizzazione giudiziale al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione, prevista dall’art. 46, commi 1 e 2, CCII, proprio per il concordato con riserva (ove, peraltro, il contraddittorio potrebbe essere anche semplicemente cartolare, senza fissazione di
un’udienza di comparizione, essendo prevista la possibilità di ‘ assumere ulteriori informazioni ‘ e la necessità di acquisire ‘ il parere del commissario giudiziale, se nominato ‘); in quello della necessaria autorizzazione giudiziale per il pagamento di crediti pregressi per prestazioni di beni o servizi, ove la domanda concordataria preveda la continuazione dell’attività aziendale (e sempre che un professionista indipendente att esti che tali prestazioni ‘ sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di i mpresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori ‘), disciplinata dall’art. 100 CCII (ove pure è prevista la possibilità, da parte dell’adito tribunale, di assumere ‘ sommarie informazioni ‘); in quelle, patologiche, di declaratoria di inammissibilità della proposta, ai sensi dell’art. 47, comma 4, CCII (per la quale il debitore deve essere ‘ sentito ‘ in camera di consiglio, così come i creditori che hanno proposto domanda di apertura della liquidazione giudiziale ed il Pubblico Ministero e in occasione della quale è possibile la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale quando è presentato ricorso da parte di uno dei soggetti legittimati) e di revoca del concordato già ammesso ex art. 106 CCII, ove è prevista espressamente l’applicazione al procedimento delle forme di cui all’art. 44, comma 2, CCII.
Tenuto conto, allora, che il voto dei creditori deve esprimersi con modalità telematiche ( cfr . art. 107 CCII, con corrispondenti date inziali e finali da stabilirsi, a tal fine, nel decreto di apertura del concordato ex art. 47, comma 2, CCII), l’unica udienza, con contraddittorio pieno ed a parti contrapposte, è, ove la procedura segua il suo iter potremmo dire ‘fisiologico’ (vale a dire in assenza di eventi che ne impongano un arresto in una fase ad essa precedente), quella prevista dall’art. 48 CCII per l’omologazione del concordato (sempre che lo stesso sia stato approvato dalla maggioranza dei creditori ex art. 109 CCII), dunque anche ontologicamente e strutturalmente diversa da quella prevista e regolata dall’art. 183 cod. proc. civ., per come richiamato dall’art. 38 del medesimo codice di rito, per la fissazione del termine ultimo preclusivo per sollevare l’eccezione di incompetenza nei casi previsti dalla norma da ultimo menzionata.
Ne deriva che il richiamo all’art. 38 cod. proc. civ., in assenza nella procedura preconcordataria e poi in quella di ammissione alla procedura di concordato di un’udienza assimilabile a quella di cui all’art. 183 del codice di rito, non può che essere inteso come un mero rinvio espressivo delle esigenze sottese all’istituto processuale regolato dal predetto art. 38, e cioè che vi sia, anche nella procedura di ammissione al concordato preventivo, eventualmente preceduta dalla domanda di ammissione al concordato con riserva, da un lato, un termine ultimo oltre il quale non sia più possibile sollevare l’eccezione di incompetenza territoriale ex art. 27 CCII e, dall’altro, che tale termine sia riferibile a tutte le parti coinvolte nella procedura (tribunale, creditori e Pubblico Ministero).
Tale termine ultimo deve essere rintracciato – secondo i principi già fissati dalla giurisprudenza di questa Corte nei precedenti sopra richiamati (Cass. n. 907/2017 e Cass. n. 3239 del 2023, i cui principi, benché resi con riferimento alla disciplina del concordato preventivo sancita dalla legge fallimentare novellata nel 2006/2007, sono utilizzabili, sullo specifico aspetto da essi affrontato, anche con riferimento alla descritta normativa concordataria rinvenibile nel CCII, perché in larga parte analoga alla prima), ed al quale anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa – nel momento in cui il tribunale disponga di tutti gli elementi necessari per la valutazione della sua competenza territoriale e, dunque, nel momento in cui vi sia l’all egazione della proposta, del piano e della relativa documentazione di cui all’art. 39, commi 1, 2 e 3, CCII. Momento deliberativo che coincide, peraltro, sia per la procedura del concordato cd. con riserva che per quella di ammissione al concordato ordinario e va individuato nella deliberazione di ammissione ovvero di non ammissione alla procedura pattizia di regolamento della crisi aziendale.
2.5. Resta solo da dire che: i ) ad una conclusione come quella appena riportata, non è di ostacolo, nella concreta vicenda in esame, l’intervenuta adozione, da parte del giudice delegato, -con decreto reso in pari data rispetto a quello del tribunale, in composizione collegiale, di assegnazione del
termine di cui all’art. 44, comma 1, lett. a) , CCII -di misure protettive e cautelari, posto che tali misure sono state concesse senza la preventiva instaurazione di alcun contraddittorio con eventuali controinteressati perché espressamente ritenuto non previsto (come si ricava dal complessivo tenore del menzionato provvedimento del giudice delegato) ed in un momento certamente anteriore all’avvenuto deposito, da parte di RAGIONE_SOCIALE, della proposta, del piano e della relativa documentazione di cui all’art. 39, commi 1, 2 e 3, CCII: ben prima, quindi, che il medesimo tribunale collegiale disponesse di tutta la documentazione necessaria per deliberare sulla domanda concordataria de qua . Pertanto, pure la sua originaria affermazione di competenza, ‘ in ragione del Comune ove è ubicata la sede principale della ricorrente, essendo esso ricompreso nel circondario del Tribunale di Roma ‘, rinvenibile nel decreto del 22 novembre 2023 di assegnazione del termine predetto, doveva considerarsi assolutamente provvisoria (anche perché adottata con decreto inaudita altera parte, e non con ordinanza come prescritto dall’art. 29, comma 1, CCII) e, come tale, rimeditabile dallo stesso giudice; ii ) come è stato osservato, affatto condivisibilmente, in dottrina, il decreto di assegnazione dei termini è un provvedimento (quasi) necessitato, laddove appunto siano stati assolti i requisiti minimi previsti dall’art. 44 CCI. Il tribunale, invero, non ha margini di discrezionalità, né sotto il profilo dell’estensione del lasso di tempo assegnato, rimanendo escluso che al debitore possa attribuirsi un termine per il deposito della proposta e del piano non coincidente con quello fisso di sessanta giorni espressamente previsto dall’art. 161, comma 10, legge fall. ( cfr . Cass. n. 25602 del 2018, Cass., Sez. U., n. 9935 del 2015), né rispetto all’adesione alla richiesta, a patto però che la stessa sia accompagnata dal rituale deposito di tutta la documentazione prevista dall’art. 161, comma 6, l.fall. e non emergano, fin da quel frangente, profili di abuso del diritto ( cfr . Cass. n. 7117 del 2020, cui adde Cass. n. 8982 del 2021 e Cass. n. 13997 del 2023). Pertanto, al di fuori dell’ipotesi limite da ultimo indicata, l ‘assegnazione del termine, non costituendo espressione di un potere
discrezionale del tribunale, non implica alcuna valutazione in ordine all’ammissibilità della domanda di concordato, né esclude che , nel prosieguo del procedimento, quella domanda trovi un limite nell’abuso del processo; iii ) nel caso in cui il debitore (contestualmente alla domanda di accesso al procedimento unitario, anche con riserva ai sensi dell’art. 44 CCI I, o anche successivamente in seguito al d.lgs. n. 136 del 2024) richieda la concessione delle misure protettive, l’art. 55 CCI prevede invero la fi ssazione di un’udienza, ma anche qui, come nell’ordinario giudizio di cognizione ( cfr . Cass. n. 12403 del 2020, secondo cui ‘ L’omessa rilevazione dell’incompetenza (derogabile od inderogabile) da parte del giudice o l’omessa proposizione della relativa eccezione ad opera delle parti nel procedimento cautelare ante causam non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo all’ufficio ad ito anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando nel giudizio cautelare il regime delle pr eclusioni relativo alle eccezioni e al rilievo d’ufficio dell’incompetenza, stabilito dall’art. 38 c.p.c., in quanto applicabile esclusivamente al giudizio a cognizione piena ‘), l’eventuale udienza di trattazione delle misure cautelari e/o delle misure protettive non è in grado di anticipare a tale momento il rilievo dell’incompetenza ogni volta che, come nella specie, quell’udienza sia antecedente a quella assimilabile a quel la prevista dall’art. 38 cod. proc. civ. ( id est , quella prevista dall’art. 41 CCI I) e, nella procedura di concordato preventivo, al decreto di apertura; iv ) nessuna contestazione è stata sollevata dalla menzionata società circa il periodo temporale (ampiamente inferiore all’anno di cui all’art. 28 CCII) di trasferimento da Siena a Roma (dove risiedeva, anche antecedentemente all’anno predetto, il proprio amministratore unico) della propria sede legale, né è stato dalla stessa allegato, ancor prima che documentato, l’effettivo compimento, presso la nuova sede, di atti di amministrazione della società oppure che fosse realmente in Roma il centro dei propri interessi principali, dovendosi qui ricordare che, nel caso in cui il trasferimento di sede sia avvenuto nel corso dell’anno antecedente il deposito della domanda di concordato, la presunzione
di coincidenza della sede effettiva con quella legale opera con riguardo alla sede legale precedente e non a quella successiva.
3. In definitiva, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo rimaste solo intimate le parti destinatarie del ricorso medesimo, altresì dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stanti il tenore della pronuncia adottata e la natura impugnatoria del ricorso per regolamento di competenza ( cfr . Cass. n. 13636 del 2020) sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della menzionata ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificat o pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile