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Competenza territoriale crisi d’impresa: sede effettiva

La Corte di Cassazione risolve un conflitto di competenza tra due Tribunali in materia di crisi d’impresa. Viene stabilito che, per individuare il giudice competente, la presunzione di coincidenza tra la sede legale e il centro degli interessi principali (COMI) del debitore non è assoluta, ma relativa. Pertanto, se vi sono prove univoche che la sede effettiva, dove si svolge l’attività direttiva e amministrativa, è in un luogo diverso e tale circostanza è riconoscibile dai terzi, la competenza territoriale per la crisi d’impresa spetta al Tribunale di quel luogo.

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Competenza territoriale crisi d’impresa: vince la sede reale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per imprenditori e creditori: come si determina la competenza territoriale nella crisi d’impresa quando la sede legale di una società è puramente formale e l’attività si svolge altrove? La risposta della Corte è chiara: la realtà prevale sulla forma, a patto che sia dimostrabile e riconoscibile.

I fatti del caso

La vicenda nasce da una richiesta di apertura della liquidazione giudiziale (il nuovo fallimento) presentata contro una società S.r.l. presso il Tribunale nel cui circondario si trovava la sua sede legale. La società debitrice si opponeva, sostenendo che la competenza spettasse a un altro Tribunale, quello del luogo dove si trovava la sua sede effettiva, amministrativa e produttiva.

Il primo Tribunale, esaminati gli atti, accoglieva l’eccezione, dichiarando la propria incompetenza. Indicava come prove decisive il fatto che il bilancio fosse approvato nella sede effettiva, che lì si trovassero gli stabilimenti e gli uffici amministrativi, i conti correnti bancari, e che persino un pignoramento presso la sede legale avesse avuto esito negativo.

Tuttavia, il secondo Tribunale, investito della causa, non era d’accordo. Sollevava un conflitto di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che, secondo il nuovo Codice della Crisi d’Impresa (CCII), la presunzione di coincidenza tra sede legale e centro degli interessi principali (COMI) fosse assoluta e non ammettesse prova contraria.

La discussione sulla competenza territoriale crisi d’impresa

Il nodo da sciogliere per la Cassazione era interpretare l’art. 27 del CCII. La norma stabilisce che la competenza spetta al tribunale del luogo in cui il debitore ha il proprio COMI, e presume che questo coincida con la sede legale risultante dal registro delle imprese. La domanda era: questa presunzione è iuris et de iure (assoluta) o iuris tantum (relativa, superabile con prova contraria)?

Il Tribunale che ha sollevato il conflitto propendeva per la presunzione assoluta, basandosi sulla Relazione illustrativa al Codice e sulla volontà del legislatore di semplificare e prevenire conflitti procedurali. In questa visione, solo la sede legale conta.

Al contrario, il primo Tribunale e la stessa Corte di Cassazione hanno seguito un’interpretazione più sostanziale, in linea con il diritto europeo e la precedente giurisprudenza formatasi sotto la legge fallimentare.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha stabilito che la presunzione di coincidenza tra sede legale e COMI ha carattere relativo e può essere superata. Il ragionamento si basa su diversi punti chiave:

1. Continuità con il passato: La nozione di COMI non è nuova, ma deriva dal diritto europeo ed era già stata recepita dalla giurisprudenza precedente, che identificava la competenza nel luogo di effettiva direzione amministrativa e organizzativa dell’impresa.
2. Coerenza del sistema: Altre norme del Codice della Crisi (artt. 45 e 48) ammettono implicitamente la possibilità che sede legale e sede effettiva non coincidano, prevedendo adempimenti pubblicitari in entrambi i luoghi.
3. Tutela dei terzi: Il criterio decisivo non è solo dove l’impresa opera, ma dove i terzi (creditori, fornitori) percepiscono che si trovi il centro direzionale della società. La sede effettiva rileva solo se la sua collocazione è riconoscibile dall’esterno.
4. Onere della prova: Chi vuole derogare alla competenza del tribunale della sede legale ha un duplice onere: deve provare non solo che il COMI è altrove, ma anche che questa diversa ubicazione era percepibile dai terzi.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che le prove portate (visura camerale che indicava la sede amministrativa, luogo di approvazione del bilancio, filiali bancarie, domicilio degli amministratori) fossero elementi oggettivi e pubblici, quindi pienamente riconoscibili dai terzi, e sufficienti a dimostrare che il vero centro degli interessi della società si trovasse nel circondario del secondo Tribunale.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato la competenza del Tribunale del luogo della sede effettiva, rigettando la tesi della presunzione assoluta. Questa decisione riafferma un principio di sostanza sulla forma: ai fini della competenza territoriale per la crisi d’impresa, ciò che conta è il luogo reale dove l’impresa vive e opera, a condizione che questa realtà sia trasparente e conoscibile per chiunque vi entri in contatto. La scelta tutela l’affidamento dei creditori e garantisce che a gestire la crisi sia il giudice più vicino alla vita economica e patrimoniale del debitore.

Qual è il criterio principale per determinare la competenza territoriale nelle procedure di crisi d’impresa?
Il criterio principale è il ‘centro degli interessi principali’ (COMI) del debitore, ovvero il luogo in cui egli gestisce i suoi interessi in modo abituale e, soprattutto, riconoscibile dai terzi.

La sede legale indicata nel registro delle imprese determina sempre il tribunale competente?
No. La legge presume che la sede legale coincida con il COMI, ma si tratta di una presunzione relativa (‘iuris tantum’). Se si forniscono prove sufficienti che la direzione effettiva dell’attività si svolge altrove e che tale circostanza è riconoscibile all’esterno, prevarrà il tribunale del luogo della sede effettiva.

Che tipo di prove sono necessarie per dimostrare che la sede effettiva è diversa da quella legale?
Sono necessarie prove che dimostrino sia l’effettiva collocazione del centro direzionale in un luogo diverso, sia la riconoscibilità di tale fatto da parte dei terzi. L’ordinanza considera idonei elementi come: l’ubicazione della sede amministrativa risultante dalla visura camerale, il luogo di approvazione dei bilanci, l’ubicazione delle filiali bancarie dove sono accesi i conti correnti, il domicilio degli amministratori e l’esito negativo di un pignoramento presso la sede legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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