Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9077 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9077 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/04/2025
Oggetto
Regolamento di competenza territoriale
R.G.N. 11448/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 15/01/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza R.G.N. 11448-2024 proposto da:
NOME COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente –
avverso l’ordinanza n. cronologico 1188/2024 del TRIBUNALE di PARMA, depositata il 18/04/2024 R.G.N. 616/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
1. Con ricorso del 30.6.2023 NOME COGNOME adiva il Tribunale di parma al fine (come si legge nella impugnata ordinanza) di sentire: ‘A) dichiarare che dal 24.9.2013 ex lege si è costituito -ovvero costituire- un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e senza limitazione di durata, tra NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e in precedenza RAGIONE_SOCIALE, in seguito RAGIONE_SOCIALE e poi RAGIONE_SOCIALE, rapporto venuto in essere con il dare occupazione ad COGNOME, presso la prima di tali società in Parma, INDIRIZZO e svoltosi, da allora ininterrottamente, fino alla sua risoluzione da parte della detta RAGIONE_SOCIALE, con effetto dal 28.2.2023; b) dichiarare che nel periodo dal 24.9.2013 al 31.12.2014 NOME COGNOME avrebbe dovuto essere inquadrato nella 5^ categoria (ricorrendone le condizioni, nella 4^ o 3^ categoria) ex CCNL per l’industria metalmeccanica, mente successivamente avrebbe dovuto essere inquadrato nella 5^ categoria al più tardi fino al 31.12.2014 e nella 6^ categoria (ricorrendone le condizioni, nella 5^ o 4^ categoria); in ogni caso con le diverse decorrenze meglio viste; stabilire, inoltre, che l’anzianità di servizio di RAGIONE_SOCIALE andava fatta decorrere dal 24.9.2013 (o dall’altra data meglio vista) ad ogni effetto di legge o di contratto collettivo; conseguentemente condannare RAGIONE_SOCIALE, (anche i quanto ex lege tenuta a soddisfare le obbligazioni sorte a carico delle altre società menzionate sub A) a pagare tutte le maggiori somme che, , a qualsiasi titolo legale o contrattuale (tra questi ultimi espressamente compresi gli aumenti periodici di anzianità), ed ove mai del caso ex art. 36 Cost., ricostruiti i prospetti paga sotto ogni profilo, e sulla base delle presenze risultanti dal lul o dai libri matricola della RAGIONE_SOCIALE e delle sue danti causa (da acquisire al processo ove occorre) e con riguardo a qualsivoglia istituto legale o contrattuale, gli competessero in piena applicazione dei CCNL per l’industria metalmeccanica stipulati negli anni dalla RAGIONE_SOCIALE e dalle OO.SS di
categoria appartenenti alle confederazioni CGIL, CISL e UIL; per il periodo dall’1.4.20121 in poi negando in particolare in sede di ricostruzione del trattamento economico possano essere assorbiti gli scatti di anzianità maturati anche per essere stato rinunciato il convenuto assorbimento del superminimo concesso; dichiarando, inoltre, che sugli arretrati per il quali sia scaduto il termine per il versamento dei contributi, non potrà essere esercitata alcuna rivalsa della quota dei contributi previdenziali che sarebbero stati a carico dell’attore; C) dichiarare illegittima la trattenuta di euro 1.500,00 operata sulle competenze di Alessi del mese di febbraio 2023 condannando la convenuta a farne restituzione, nonché -salvo non vi osti, in tutto o in parte, la reintegra in servizio che sia disposta in accoglimento della domanda sub Da pagare l’indennità sostitutiva del preavviso in misura pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale; a riliquidare, sulla base della retribuzione riconosciuta dovuta, le indennità di ogni genere di fine rapporto (ad es. ferie e permessi non goduti, ratei delle mensilità ed erogazioni periodiche) e il TFR, includendo nel calcolo delle retribuzioni non corrisposte negli anni; il tutto all’esito della CTU che si chiede di disporre; D) dichiarare nullo ed inefficace, o comunque invalido il licenziamento intimato a NOME COGNOME da Bango Italy, con effetto dal 28.2.2023 e conseguentemente (previ gli incidenti di costituzionalità del caso) condannare Bango Italy alla reintegrazione in servizio ex art. 2 co. 1 d.lgs. 23/15, con le accessorie pronunzie di cui al c. 2 della stessa norma (in alternativa, ex art. 2058 cc) ovvero, in denegato subordine, con le pronunzie di cui all’art. 3 dello stesso decreto, come inciso da Corte Costituzionale n. 194/18 liquidando l’indennizzo ivi previsto nel massimo suo possibile importo; nel primo caso, con liquidazione in favore d NOME dell’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non fruite (nonché delle festività e dei permessi sostitutivi di queste non goduti) nel periodo di licenziamento alla reintegrazione, come dalla CTU da svolgere; E) maggiorando tutte le somme che risulteranno dovute (calcolate al lordo ed escludendo ogni rivalsa della quota di contributi previdenziali a carico del lavoratore che non sia stata pagata in termini, con successivo versamento sempre in termini dei contributi) di rivalutazione monetaria e di interessi sul credito rivalutato al saldo; per le somme che risulteranno sempre a seguito delle apposite CTU’ .
Eccepita la incompetenza territoriale dalla società RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Parma, con ordinanza del 18.4.2024, dichiarava la competenza a decidere del Tribunale di Milano in funzione di giudice
del lavoro. A fondamento della statuizione veniva precisato che: a) il contratto di lavoro tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE risultava sottoscritto in Milano in data 30.3.2021, b) la sede della società era in Milano; c) non era stata allegata la sussistenza, presso il Comune o la Provincia di Parma, di una dipendenza aziendale, d) il ricorrente si era limitato a dedurre di avere svolto ogni attività in Parma, INDIRIZZO dove aveva la sua abitazione, utilizzando un ufficio che dalla datrice di lavoro era stato pienamente attrezzato alla bisogna, on successiva aggiuntiva corresponsione ad esso COGNOME, da parte della Docomo, di somme non indifferenti, da spendere per soddisfare ogni sua esigenza di migliore organizzazione al fine di pervenire ai risultati che da lui ci sia attendeva, senza introdurre in giudizio alcun elemento suscettibile di qualificare la sua abitazione quale ‘dipendenza aziendale’, difettando la indicazione di un complesso di beni caratterizzati da una individualità tecnico-economica funzionalmente collegata con il datore di lavoro; e) deponeva, altresì, a supporto di tale conclusione il patto di lavoro agile stipulato tra le parti in data 1.9.2022 in forza del quale il lavoratore poteva scegliere liberamente il luogo dove prestare la propria attività lavorativa.
Avverso tale ordinanza proponeva istanza di regolamento di competenza ex artt. 42 e 47 cpc NOME COGNOME affidato a tre motivi, con i quali chiedeva la declaratoria di nullità dell’ordinanza del Tribunale di Parma, cui resisteva la società.
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo che fosse dichiarata la competenza del Tribunale di Parma.
Le parti depositavano memorie.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 413, co. 2 e 3, cpc, nella parte in cui prevede (inderogabilmente) la possibile scelta, da parte del lavoratore attore, del foro della ‘dipendenza’ (nel senso del principio della effettività) alla quale esso dipendente era
adibito all’atto di risoluzione del rapporto. Si sostiene, in primo luogo, la contraddittorietà della statuizione impugnata lì dove era stato riconosciuto che l’COGNOME, prima della risoluzione del rapporto, svolgeva la propria attività lavorativa presso la sua abitazione in Parma; si deduce l’erroneità dell’assunto del giudice di Parma che aveva ritenuto, quali elementi necessari per ravvisare il concetto di dipendenza, un account istituzionale raggiungibile solo dall’abitazione dell’Alessi o la presenza di uno strumento tecnico-informatico indispensabile ai fini della prestazione lavorativa e tale da rendergli impossibile lo svolgimento del lavoro in un luogo diverso, perché ciò contrastava con il concetto di dipendenza inteso quale luogo ove sono posti tutti i beni e strumenti necessari per lo svolgimento di attività lavorativa e, quindi, come dedotto nell’originario ricorso, anche un computer collegato con l’azienda e i relativi strumenti di supporto (stampante, adsl, etc).
Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 112 cpc, per la mancata pronuncia sulla prospettazione attorea giusta la quale il rapporto di lavoro si era costituito -proseguendo poi ininterrottamente e senza novazioni, fino al licenziamento- con la società Buongiorno (nel tempo divenuta Bango) fin dal lontano 24.9.2013, allorché in Parma esso ricorrente -cui era stato fatto sottoscrivere un non valido co.co.pro.- aveva preso a lavorare formalmente per la RAGIONE_SOCIALE ma in realtà sotto la direzione e nell’interesse della detta soc. Buongiorno con violazione del divieto di interposizione nelle prestazioni lavorative (art. 29 D.lgs. n. 276/2003 e altre norme).
Con il terzo motivo si lamenta la violazione ulteriore dell’art. 413 cpv cpc (nella parte in cui inderogabilmente è prevista la competenza facoltativa del giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto), in connessione con l’art. 29 co. 1 d.lgs. n. 276/2003 (concernente i limiti entro i quali può aversi appalto di manodopera) nonché con l’art. 1327 cc, obiettando che, qualora una motivazione sulla questione di cui al secondo motivo vi fosse stata in senso negativo, comunque essa era errata perché il subentro
dell’interponente nel contratto poteva avvenire solo con riguardo al luogo dove si trovava la sede di lavoro, per cui, stante la interposizione fittizia di manodopera tra la RAGIONE_SOCIALE (datore di lavoro fittizio di esso ricorrente) e la RAGIONE_SOCIALE (che aveva la messa a disposizione sostanziale della forza lavoro), il relativo rapporto doveva ritenersi instaurato a Parma ove aveva la sede la seconda società e dove avuto inizio la prestazione lavorativa.
Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica devono essere esaminati preliminarmente il secondo ed il terzo motivo, interferenti tra loro.
La tesi dell’odierno ricorrente è chiara: avendo dedotto di avere iniziato a lavorare con la RAGIONE_SOCIALE, fin dal lontano 24.9.2013, con sottoscrizione di un non valido co.co pro. in quel di Parma, ma in realtà sotto la direzione e nell ‘interesse della soc. Buongiorno, effettiva datrice di lavoro, poi divenuta a seguito di vicende commerciali RAGIONE_SOCIALE, era appunto in Parma, in INDIRIZZO il luogo ove era venuto in essere il rapporto lavorativo e di tale problematica, ogg etto delle conclusioni nell’atto introduttivo del giudizio, avrebbe dovuto tenersi conto ai fini della individuazione della competenza per territorio.
Orbene, tale impostazione difensiva non è condivisibile.
E’ vero che il Tribunale di Parma, in relazione a tale problematica, non si è espresso, però deve evidenziarsi che il giudizio intrapreso dall’RAGIONE_SOCIALE, sebbene prospetti tale ricostruzione, in realtà è stato incardinato nei soli confronti di RAGIONE_SOCIALE con la quale società egli aveva successivamente sottoscritto un contratto di lavoro in data 30.3.2021.
La domanda di riconoscimento di un unico rapporto, a far data dal 24.9.2013 con una società non più esistente, asseritamente svolto nel circondario di Parma, è irrilevante ai fini della competenza per territorio nel presente giudizio perché, come statuito in sede di legittimità (Cass. n. 27565/2020), qualora un rapporto di lavoro si configuri come presupposto per il sorgere del diritto alla costituzione di un successivo rapporto, i criteri di identificazione della competenza
territoriale, previsti in modo alternativo e concorrente dall’art. 413 c.p.c., vanno riferiti al rapporto in essere, stante il collegamento funzionale sussistente tra questo e quello da costituire.
Esclusa, pertanto, ogni rilevanza al pregresso rapporto ‘presupposto’, deve, quindi valutarsi la competenza territoriale che deve essere delibata sulla base della prospettazione della domanda (cfr. Cass. n. 2003 del 2016 ed ivi ampi richiami) proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto delle eccezioni relative ai presupposti di fatto della configurata competenza, quale, ad es. l’esistenza di una dipendenza (questione di cui al primo motivo del presente ricorso).
Ritiene il Collegio che la statuizione del Tribunale di Parma, che ha declinato la propria competenza in favore del Tribunale di Milano, sia corretta.
Invero, secondo l’art. 413 cpc, il giudice del lavoro è competente per territorio alternativamente nel luogo in cui è sorto il rapporto, in quello dove si trova l’azienda ovvero, infine, in quello ove si trova la dipendenza aziendale alla quale il lavoratore è addetto.
In particolare, per dipendenza aziendale va inteso il luogo in cui il datore ha dislocato un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa (Cass. n. 14449/2019; Cass. n. 4767/2017).
Come già affermato (Cass. n. n. 19023/2023), sebbene l’orientamento di questa Corte si sia sempre più indirizzato nella direzione dell’ampliamento del concetto di ‘dipendenza aziendale’ per cui esso non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve essere inteso in senso lato, in armonia con la mens legis , al fine di garantire che il foro speciale del lavoro sia il più possibile prossimo alla prestazione lavorativa (Cass. n. 23110/2010; Cass. n. 3154/2018; Cass. n. 23053/2020; Cass. n. 1285/2022), tuttavia occorre pur sempre la sussistenza di un collegamento oggettivo o soggettivo del luogo ove il lavoratore presta la sua opera con la organizzazione aziendale.
Tale collegamento, sotto un profilo oggettivo, è stato ritenuto, per esempio, nel caso di utilizzo, da parte del datore di lavoro, di un’area di terzi (Cass. n 3154/2018; Cass. n. 23053/2020) adibita a rimessa di autoveicoli da cui aveva poi inizio l’attiv ità lavorativa dei dipendenti, ovvero, sotto l’aspetto soggettivo, nel caso di inviato speciale fuori sede di un giornale, ove appunto la peculiarità della prestazione lavorativa e il riferimento dell’abitazione nei rapporti con l’azienda inducevano a rite nere il domicilio del giornalista quale articolazione della organizzazione aziendale (Cass. n. 12907/2022).
Ma quando, invece, come nella fattispecie in esame, l’attività di lavoro presso la propria abitazione si è atteggiata, secondo quanto dichiarato dallo stesso lavoratore, unicamente quale luogo di svolgimento della prestazione, senza però l’allegazione di a lcun altro elemento significativo (o collegamento oggettivo o soggettivo, come sopra evidenziato) che caratterizzasse in qualche modo la abitazione quale dipendenza aziendale, nel senso delineato, allora tale criterio non può essere preso in considerazione ai fini della individuazione della competenza territoriale, residuando unicamente, come condivisibilmente rilevato dal primo giudice, i criteri del luogo di conclusione del contratto (Milano) oppure della sede della società (Milano).
Pertinenti, sotto questo profilo, appaiono i richiami evidenziati dal Tribunale di Parma circa gli elementi che avrebbero reso l’abitazione del ricorrente un complesso di beni caratterizzati da una individualità tecnico-economica funzionalmente collegata con il datore di lavoro, quali ad esempio un account istituzionale raggiungibile solo dall’abitazione del lavoratore, oppure strumenti di tipo tecnico-informatico indispensabili per lo svolgimento della prestazione lavorativa e presenti solo nella predetta abitazione).
Occorre, in altri termini, per la ravvisabilità di una identificazione del luogo di espletamento dell’attività lavorativa quale dipendenza, un significativo collegamento funzionale (al di là della presenza di un semplice computer o di una stampante) con il datore di lavoro, tale da escludere che il lavoratore possa scegliere
liberamente il luogo dal quale offrire la propria prestazione e, quindi, incidere sulla individuazione dei criteri legali per la delibazione sulla competenza per territorio secondo una propria insindacabile scelta, come appunto potrebbe realizzarsi anche in ipotesi di patto di lavoro agile, stipulato tra le parti nel presente giudizio, perché ciò impedirebbe di individuare oggettivamente ex ante il giudice competente secondo i criteri di cui all’art. 413 cpc .
Conclusivamente il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato e va confermata la competenza per territorio del Tribunale di Milano in funzione di giudice del lavoro.
Ritiene questa Corte, peraltro, che, in considerazione della sostanziale novità della questione proposta (con riferimento anche alla fattispecie del lavoro agile venuta in rilievo), le spese del regolamento di competenza debbano essere compensate tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 gennaio 2025