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Competenza Sezioni Impresa: il caso di concorrenza

Una società ha citato in giudizio un’azienda concorrente e i suoi dirigenti, ex dipendenti della prima, per concorrenza sleale basata sulla sottrazione di informazioni riservate. La società convenuta ha eccepito l’incompetenza del tribunale ordinario, sostenendo la competenza delle Sezioni Specializzate in materia di Impresa. Il tribunale ordinario ha respinto l’eccezione, ma la Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che la competenza delle Sezioni Impresa sussiste anche quando la causa, pur formalmente qualificata come concorrenza sleale, si fonda su fatti che integrano la violazione di diritti di proprietà industriale, come i segreti commerciali. Poiché la domanda civile faceva esplicito riferimento a una precedente condanna penale per violazione di segreti industriali, il collegamento sostanziale con la materia specialistica era evidente, radicando così la competenza del tribunale delle imprese.

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La Competenza delle Sezioni Impresa: oltre l’etichetta formale

Determinare il giudice competente è il primo, fondamentale passo di ogni causa. Un errore su questo punto può portare a ritardi e costi significativi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale: la competenza delle Sezioni Impresa nei casi di concorrenza sleale. Questa decisione chiarisce che non è l’etichetta formale data alla causa a contare, ma la sostanza dei fatti. Se un’azione di concorrenza sleale si basa sulla sottrazione di segreti industriali, la competenza è del tribunale specializzato, anche se non viene esplicitamente invocata la normativa sulla proprietà industriale.

I Fatti di Causa: Concorrenza Sleale o Violazione di Segreti?

Una società operante nel settore farmaceutico citava in giudizio un’azienda concorrente e alcuni suoi manager, che in precedenza erano suoi dipendenti. L’accusa era di concorrenza sleale, poiché i manager avrebbero sottratto e utilizzato informazioni aziendali riservate, tra cui listini prezzi, elenchi fornitori e disegni tecnici, per avvantaggiare la nuova azienda. La società convenuta, però, sollevava un’eccezione procedurale: sosteneva che il caso non dovesse essere trattato dal tribunale ordinario, bensì dalla Sezione Specializzata in materia di Impresa, l’organo giudiziario deputato a risolvere le controversie in materia di proprietà industriale.

La Decisione di Primo Grado

Il Tribunale di Pordenone aveva respinto l’eccezione, ritenendo la propria competenza. Secondo il primo giudice, la causa era stata impostata come un caso di concorrenza sleale ‘pura’, senza che la società attrice avesse formalmente invocato la tutela dei segreti industriali prevista dal Codice della Proprietà Industriale. Di conseguenza, mancando un riferimento diretto a un diritto di proprietà industriale, la competenza restava quella del giudice ordinario.

La Competenza delle Sezioni Impresa secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa visione, accogliendo il ricorso dell’azienda convenuta. La Suprema Corte ha affermato un principio fondamentale: per determinare la competenza non bisogna fermarsi alla qualificazione giuridica data dalla parte (il nomen iuris), ma si deve guardare alla sostanza dei fatti posti a fondamento della domanda (la causa petendi). Nel caso specifico, la società attrice, pur parlando di concorrenza sleale, aveva basato la sua intera azione civile sui fatti accertati in un precedente processo penale. In quel processo, i manager erano stati condannati proprio per la violazione di segreti industriali. Questo riferimento non era un dettaglio, ma il cuore della pretesa risarcitoria.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la competenza delle Sezioni Impresa opera con una ‘forza attrattiva’ (vis attractiva). È sufficiente un collegamento, anche solo indiretto, con la materia della proprietà industriale perché la competenza si sposti verso il giudice specializzato. Nel momento in cui la domanda civile richiama e pone a suo fondamento gli atti e le sentenze di un processo penale che verteva proprio sulla violazione di segreti commerciali, tale collegamento è inequivocabile.

I giudici hanno sottolineato come l’interpretazione del tribunale ordinario fosse eccessivamente formalistica. Affermare che la querela penale fosse irrilevante perché ‘atto anteriore’ alla costituzione di parte civile è stato ritenuto un errore. La citazione civile, infatti, faceva riferimento all’intero processo penale, comprese le sentenze, rendendo i fatti di violazione del segreto industriale parte integrante del petitum e della causa petendi. Pertanto, la controversia implicava l’accertamento dell’esistenza di un diritto di proprietà industriale (il segreto commerciale), radicando la competenza presso la Sezione Specializzata.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio: non si può eludere la competenza del giudice specializzato semplicemente ‘mascherando’ una causa di proprietà industriale sotto l’etichetta di concorrenza sleale. I giudici sono tenuti a guardare alla reale consistenza dei fatti e alla materia del contendere. Per le imprese, ciò significa che le controversie relative alla sottrazione di know-how, informazioni commerciali riservate e segreti industriali dovranno essere portate davanti alle Sezioni Impresa, garantendo così una trattazione da parte di giudici con una specifica expertise nel settore. La scelta strategica di come inquadrare un’azione legale deve sempre fare i conti con la sostanza della pretesa, che prevale su ogni qualificazione formale.

Quando una causa di concorrenza sleale rientra nella competenza della Sezione Specializzata in materia di Impresa?
Quando la condotta di concorrenza sleale si fonda su fatti che implicano, anche indirettamente, la violazione di un diritto di proprietà industriale, come ad esempio la sottrazione di segreti commerciali. Il collegamento, anche non esplicito, è sufficiente a radicare la competenza del giudice specializzato.

Il giudice è vincolato alla qualificazione giuridica della domanda fatta dall’attore per decidere sulla competenza?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il giudice deve guardare alla sostanza dei fatti posti a fondamento della domanda (causa petendi) e alla reale natura della controversia, piuttosto che fermarsi alla qualificazione formale data dalla parte. Il principio iura novit curia (il giudice conosce la legge) gli impone di qualificare correttamente i fatti.

I fatti accertati in un processo penale possono determinare la competenza in un successivo giudizio civile?
Sì. Se l’azione civile per il risarcimento del danno si fonda esplicitamente sui fatti e sulle sentenze di un precedente processo penale (nel caso di specie, una condanna per violazione di segreti industriali), tali fatti diventano parte integrante della domanda civile e contribuiscono a determinare la materia del contendere e, di conseguenza, il giudice competente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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