Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15627 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15627 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7261/2023 R.G. proposto da : COMMISSIONE NAZIONALE PER RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 215/2023 depositata il 24/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le osservazioni del P.M, la Sostituta P.G. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
La vicenda trae origine dall’attività di revisione contabile svolta da RAGIONE_SOCIALE sul bilancio al 31/12/2016 della società RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, una società di factoring specializzata nell’acquisto di crediti commerciali. La Banca d’Italia, nel corso di accertamenti ispettivi, risco ntrava irregolarità patrimoniali e gestionali in FIS. La Consob, sulla base di documentazione trasmessa dalla Banca d’Italia, avviava un’istruttoria sui lavori di revisione svolti da BDO, contestando violazioni di cinque Principi di Revisione ISA Italia. C iò portava all’adozione della delibera Consob n. 21836 del 5/5/2021, con cui veniva inflitta a BDO una sanzione amministrativa pecuniaria di € 100.000.
In sede di opposizione, la BDO contestava tra l’altro la competenza della Consob a irrogare la sanzione, sostenendo che FIS, nel 2016, non fosse ancora un ente soggetto alla disciplina applicabile agli enti sottoposti a regime intermedio (ESRI) ex art. 19-bis d. lgs. 39/2010. La Corte di appello ha accolto tale (terzo) motivo di opposizione, ritenuto quindi fondata l’eccezione di carenza di competenza della Consob all’irrogazione della sanzione amministrativa , che era appunto relativa all’attività di revisione sul bilancio al 31/12/2016 di FIS. La Corte ha evidenziato che FIS non era, a tale data, un ente sottoposto a regime i ntermedio ai sensi dell’articolo 19 -bis del decreto legislativo 39/2010. Tale status è stato acquisito solo successivamente, con l’iscrizione della società all’ albo unico degli intermediari finanziari ex articolo 106 del TUB in data 26 settembre 2017. Di conseguenza, al momento delle operazioni di revisione del bilancio 2016, FIS non era soggetta alla specifica vigilanza e
regolamentazione applicabile agli ESRI. La Corte ha inoltre rilevato che, secondo l’articolo 24 del decreto legislativo 39/2010, la competenza sanzionatoria per le attività di revisione relative a clienti non qualificabili come ESRI spetta esclusivamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Pertanto, la Consob non poteva legittimamente irrogare la sanzione amministrativa a BDO nel caso in esame, essendo questa relativa a un periodo in cui FIS non era soggetta al regime degli ESRI. La Corte ha anche rigettato le argomentazioni proposte dalla Consob per giustificare la propria competenza. In particolare, l’Autorità aveva sostenuto che, avendo FIS volontariamente redatto il bilancio 2016 conformemente ai principi contabili internazionali IAS/IFRS, essa si sarebbe autovincolata alle regole applicabili agli ESRI, legittimando così l’intervento della Consob. Tale argomento è stato considerato infondato, poiché il vincolo volontario non può supplire alla mancanza di uno status normativo necessario a radicare la competenza della Consob. La Corte ha inoltre escluso la rilevanza dell’affidamento che gli stakeholders avrebbero potuto riporre nella conformità dichiarata da FIS, poiché, nel 2016, la società non era ancora operante sul mercato, essendo priva del provvedimento autorizzativo necessario. Infine, la Corte ha rigettato l’interpretazione estensiva proposta dalla Consob, secondo cui sarebbe sufficiente che un revisore legale svolga incarichi per un singolo ente ESRI per sottoporre tutta la sua attività alla vigilanza della Consob. Tale impostazione è stata giudicata priva di fondamento normativo e contraria al principio secondo cui i poteri di vigilanza e sanzionatori devono essere esercitati in base a criteri oggettivi e specificamente normati.
Ricorre in cassazione la Consob con un motivo di ricorso, illustrato da memoria. Resiste la BDO con controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Sono da esaminare prima i due motivi del ricorso incidentale, per il loro carattere potenzialmente dirimente.
– Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., sostenendo che la Corte di appello ha omesso di fornire una motivazione adeguata in relazione al rigetto del primo motivo di opposizione avverso la sanzione irrogata dalla Consob per mancato rispetto del termine di 180 giorni previsto dall’art. 195 TUF. La decisione si limita a dichiarare la «condivisibilità» delle argomentazioni della Consob, secondo cui non sarebbe possibile collocare il momento dell’accertamento a una data anteriore all’audizione del dott. COGNOME e alle successive acquisizioni documentali, richiamando in modo generico alcune decisioni della Suprema Corte, senza esplicitare le ragioni della scelta effettuata. Si censura l’assenza di un percorso argomentativo che consenta di comprendere le motivazioni sottostanti alla decisione, con conseguente configurabilità di una motivazione solo apparente.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 195 co. 1 d.lgs. n. 58/1998 (TUF) per erronea applicazione del termine decadenziale previsto per la contestazione degli addebiti. La Corte di appello ha ritenuto tempestiva la notifica della contestazione da parte di Consob, assumendo che il momento dell’accertamento non potesse collocarsi prima dell’audizione del dott. COGNOME avvenuta il 1° agosto 2019, e delle successive acquisizioni documentali del 7 agosto 2019. Si contesta tale conclusione, rilevand o che l’iter del procedimento amministrativo era già stato avviato a seguito della nota della Banca d’Italia del 4 gennaio 2019, che segnalava presunte irregolarità relative all’attività di revisione di BDO, basandosi sugli accertamenti conclusi il 5 dicembre 2018. La documentazione richiesta da Consob a BDO il 19 aprile 2019 e ricevuta l’8 maggio 2019 completava l’insieme delle informazioni necessarie per avviare la contestazione. La tardività dell’iniziativa sanzionatoria emerge con evidenza,
risultando avviata solo il 30 gennaio 2020, ben oltre i 180 giorni dall’8 maggio 2019, data in cui Consob disponeva di tutte le informazioni rilevanti. Si denuncia pertanto la violazione del termine decadenziale e il cattivo governo della giurisprudenza applicabile.
3.1. – Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
S econdo l’orientamento consolidato della Corte di cassazione, il vizio motivazionale è configurabile solo nel caso in cui ricorra un’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge, ossia mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014 e giurisprudenza successiva).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto di conformarsi agli indirizzi interpretativi della giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di procedimenti sanzionatori finanziari, ritenendo il termine per la contestazione decorso dal momento del completamento delle verifiche istruttorie e della raccolta documentale. L’argomentazione, ancorché sintetica, soddisfa i requisiti del minimo costituzionale richiesto.
Il primo motivo del ricorso incidentale è rigettato.
3.2. – Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato.
La Corte di appello, con un apprezzamento congruo e in quanto tale non censurabile in sede di legittimità, ha individuato come momento rilevante per l’accertamento dell’illecito quello successivo al completamento delle acquisizioni documentali e all’audizione rilevante. Tale ricostruzione si conforma ai criteri stabiliti dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. Un., n. 5395/2007 e successive conferme) circa la necessità di determinare il momento iniziale del termine decadenziale in modo ragionevole, tenendo conto della complessità del procedimento e della necessità di completare le indagini per garantire un accertamento compiuto. La doglianza, basata su un
diverso apprezzamento dei fatti, non trova spazio nell’ambito del giudizio di legittimità, che non consente la rivalutazione del merito.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è rigettato
4. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 26 del d.lgs. n. 39/2010, nonché dell’art. 26 del Regolamento UE n. 537/2014. Si argomenta che la ricostruzione effettuata dalla Corte d’Appello di Milano sia errata poiché contrasta con il criterio di riparto delle competenze sanzionatorie tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e la Consob, come delineato dal decreto l egislativo n. 39/2010. La Corte d’Appello ha adottato un approccio oggettivo, basato sulla natura del soggetto revisionato (distingue tra Enti di Interesse Pubblico, ESRI e altri enti), mentre il ricorso della Consob sostiene che la normativa prevede un criterio soggettivo, fondato sulla tipologia di revisore legale e sull’ambito della sua attività. A sostegno di questa posizione, il ricorso richiama l’articolo 22 del decreto legislativo n. 39/2010, che assegna alla Consob ampie competenze di vigilanza sul corretto svolgimento della revisione legale, senza distinguere tra le diverse catego rie di enti revisionati. Si sottolinea che l’articolo in questione non introduce alcuna limitazione alla competenza della Consob basata sulla natura dell’ente revisionato, ma stabilisce un generale potere di supervisione in capo alla stessa Autorità per ga rantire l’osservanza degli standard qualitativi richiesti. Il ricorso richiama inoltre l’articolo 26 del regolamento UE n. 537/2014, che impone l’applicazione di elevati standard di qualità per tutti i revisori legali, indipendentemente dal tipo di ente revisionato. Tale disposizione, secondo il ricorso, rafforza l’interpretazione secondo cui la Consob deve esercitare una vigilanza uniforme sulla qualità della revisione legale, senza limitazioni legate alla classificazione degli enti. In questo contesto, il regolamento UE è interpretato come indicativo della volontà del legislatore europeo di attribuire alla Consob un ruolo centrale e omnicomprensivo nel controllo del settore. Il ricorso censura quindi la
decisione della Corte d’Appello per aver erroneamente limitato i poteri della Consob, confinandoli esclusivamente alla vigilanza sugli Enti di Interesse Pubblico e sugli ESRI. Tale approccio, secondo il ricorrente, non solo contrasta con il sistema normativo interno delineato dal d.lgs. n. 39/2010, ma risulta anche incoerente con l’intento del regolamento UE n. 537/2014, che mira a garantire una supervisione omogenea e unitaria nel settore della revisione legale in tutta l’Unione Europea. Questa interpretaz ione restrittiva, secondo il ricorso, svuoterebbe in parte le competenze attribuite alla Consob dalla normativa vigente, riducendo in modo irragionevole il suo potere di intervento e controllo.
5. -L’unico motivo del ricorso principale è fondato .
La Corte di appello ha interpretato erroneamente il criterio di riparto delle competenze tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e la Consob, adottando un criterio oggettivo basato sulla natura del soggetto revisionato. Tale interpretazione contrasta con la normativa nazionale ed europea, che prevede un criterio soggettivo, fondato sulla tipologia di incarichi svolti dalla società di revisione. L’articolo 21 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il MEF esercita il controllo di qualità sui revisori legali e sulle società di revisione legale che non abbiano incarichi di revisione presso enti di interesse pubblico (EIP) o enti sottoposti a regime intermedio (ESRI) (art. 21: « Il Ministero dell’economia e delle finanze assicura il controllo della qualità sui revisori legali e le società di revisione legale che non hanno incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio, nonché sui revisori della sostenibilità e sulle società di revisione che svolgono incarichi di attestazione e che non siano sottoposti alla vigilanza della Consob ai sensi dell’articolo 22» ). L’articolo 22, invece, attribuisce alla Consob il controllo sui revisori legali e sulle società di revisione che abbiano incarichi presso EIP o ESRI, (« La Consob vigila sull’organizzazione e sull’attività dei revisori legali e delle società di revisione legale che hanno incarichi di
revisione legale su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio al fine di verificare il corretto svolgimento della revisione legale » . Pertanto, già una piana lettura della normativa domestica indica che la competenza della Consob si radica sulla natura generale degli incarichi ricevuti dal revisore e non sul tipo di attività svolta dal soggetto revisionato nel caso concreto. Il risultato si corrobora se si rivolge lo sguardo alla normativa europea, in particolare all ‘articolo 26 del regolamento UE n. 537/2014. Cfr. il secondo comma: « Le autorità competenti designate pongono in essere un sistema efficace di controllo della qualità della revisione », il che implica l’idoneità a garantire standard di qualità uniformi per le revisioni contabili, che possono conseguirsi a patto di riconoscere alla Consob , cioè l’ente che possiede il maggiore expertise in materia di vigilanza del settore un ruolo di supervisione ampio, come si desume appunto dalle espressioni contenute negli articoli 20, 21 e 22 del d.lgs. n. 39/2010, ove si fa esplicito riferimento al tipo degli incarichi complessivamente svolti dal revisore e non alla specifica attività oggetto della sanzione. Pertanto, è sufficiente che il revisore legale o la società di revisione abbia almeno un incarico di revisione presso un EIP o un ESRI per attrarre l’intera sua attività sotto la competenza della Consob.
D’altra part e , quand’anche l’interpretazione fatta propria dalla Corte di appello fosse parimenti plausibile sul piano del sistema legislativo, la tesi qui accreditata si lascerebbe comunque preferire alla stregua di un’argomentazione orientata alle conseguenze , riferita cioè alla preferibilità delle implicazioni pratiche che tale tesi produce nella realtà sociale ed economica. L’ammissibilità dell’«argomento consequenzialista» presuppone che esso sia compatibile con una giustificazione basata sul sistema legislativo (nel caso attuale, ciò lo si è appurato nel capoverso precedente) e può entrare in gioco come criterio di scelta quando si contendano il campo due (o più) diverse interpretazioni parimenti giustificabili sul piano sistematico
normativo. Nel caso attuale, l’obiettivo primario della normativa comunitaria e nazionale è quello di garantire elevati standard qualitativi nella revisione contabile, tutelando la fiducia dei terzi e il regolare funzionamento dei mercati finanziari. Tale obiettivo sarebbe messo a repentaglio da un approccio come quello adottato dalla Corte d’Appello, che frammenta le competenze di vigilanza tra il MEF e la Consob; per tacere della necessità – correttamente messa in luce dal P.M. -di disporre per un coordinamento efficace tra le autorità di controllo pubblico (MEF e Consob), giacché la distribuzione delle competenze sulla base di un criterio oggettivo potrebbe generare conflitti e oneri aggiuntivi per i revisori, con inefficienze del sistema di vigilanza. Viceversa, l ‘interpretazione soggettiva, al contrario, garantisce una supervisione uniforme e coordina meglio i compiti delle due autorità (è questa appunto la conseguenza preferibile che costituisce la ragione della scelta – secondo il criterio fornito dal l’argomento consequenzialista – in favore della tesi che qui si accredita).
Il ricorso principale è accolto.
6. – La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della sola parte ricorrente incidentale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente incidentale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Se-