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Competenza concordato preventivo: pendenza e sede legale

Una società in liquidazione, dopo aver ricevuto una richiesta di fallimento dal Pubblico Ministero presso un tribunale, trasferiva la propria sede legale e presentava domanda di concordato preventivo presso il nuovo tribunale competente per territorio. La Corte di Cassazione ha stabilito la competenza del primo tribunale, quello dove era stata originariamente depositata l’istanza di fallimento, applicando il principio di continenza. Secondo la Corte, la pendenza di un procedimento prefallimentare attrae la competenza per la successiva domanda di concordato, per garantire l’unità e la coerenza della gestione della crisi d’impresa, rigettando il ricorso della società.

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Competenza concordato preventivo: la pendenza dell’istanza di fallimento prevale sul trasferimento della sede

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale in materia di crisi d’impresa, ovvero la determinazione della competenza nel concordato preventivo quando è già pendente un’istanza di fallimento presso un altro tribunale. Con una decisione chiara, la Corte di Cassazione ribadisce che il foro preventivamente adito per la dichiarazione di fallimento attrae a sé anche la cognizione sulla successiva domanda di concordato, anche se nel frattempo l’impresa ha trasferito la propria sede legale.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata in liquidazione si trova al centro di un complesso intreccio giudiziario. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Pesaro avvia un’istanza per la dichiarazione di fallimento della società. Successivamente, la società delibera il trasferimento della propria sede legale a Fossombrone, ricadente nel circondario del Tribunale di Urbino.
Poco dopo, la società deposita una domanda di ammissione al concordato preventivo proprio presso il Tribunale di Urbino e, quasi contestualmente, una domanda analoga anche presso il Tribunale di Pesaro. Si crea così una situazione di potenziale conflitto di competenza, con due tribunali investiti della gestione della crisi della medesima impresa. Il Tribunale di Pesaro, ritenendosi competente, dichiara il fallimento della società. La società impugna tale decisione dinanzi alla Corte d’Appello, che rigetta il reclamo. La vicenda approda quindi in Cassazione.

La Competenza nel Concordato Preventivo: la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della società, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione del principio di continenza tra cause. La Corte stabilisce che, quando un procedimento prefallimentare è già pendente a carico di un debitore, la successiva domanda di concordato preventivo proposta dallo stesso deve essere presentata dinanzi al medesimo ufficio giudiziario.
Questo principio vale anche se il debitore ritiene quel tribunale incompetente, ad esempio a seguito di un trasferimento della sede sociale. La logica è quella di concentrare la gestione della crisi d’impresa presso un unico giudice, evitando decisioni contrastanti e garantendo economia processuale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte sono articolate e toccano diversi punti sollevati dalla società ricorrente.

In primo luogo, viene chiarito il concetto di continenza per specularità. La Corte spiega che il rapporto tra l’istanza di fallimento (promossa da un creditore o dal PM) e la domanda di concordato (proposta dal debitore) è tale da richiedere una trattazione unitaria. Sebbene le parti agiscano in posizioni invertite (attore/convenuto), l’oggetto del contendere è il medesimo: la regolazione della crisi d’impresa. Pertanto, si applica la regola processuale che impone la riunione dei procedimenti davanti al giudice adito per primo, che in questo caso era il Tribunale di Pesaro con l’istanza del PM. Il trasferimento della sede, avvenuto meno di un anno prima del deposito dell’istanza di fallimento, non sposta la competenza radicatasi in precedenza.

In secondo luogo, la Corte respinge le censure relative alle modalità con cui il Tribunale di Pesaro aveva dichiarato inammissibile la proposta di concordato. La ricorrente lamentava di non aver ricevuto una preventiva contestazione delle criticità che avrebbero poi portato alla declaratoria di inammissibilità. La Cassazione ricorda il proprio consolidato orientamento secondo cui il tribunale, nell’ambito del procedimento di ammissione al concordato, non ha l’obbligo di indicare preventivamente le insufficienze del piano, essendo onere del debitore presentare una domanda completa e corredata di tutta la documentazione necessaria. L’audizione in camera di consiglio non deve necessariamente trasformarsi in un’interlocuzione volta a ‘salvare’ una proposta carente.

Infine, viene rigettato anche il motivo relativo all’omesso esame di presunti rilievi critici decisivi. La Corte evidenzia come il motivo di ricorso fosse generico e non ‘autosufficiente’, in quanto non riproduceva testualmente le censure mosse in sede di reclamo. Ad ogni modo, la Cassazione sottolinea che la valutazione sulla fattibilità giuridica del piano concordatario, compiuta dal tribunale di merito, era stata congrua ed esaustiva, avendo rilevato criticità insuperabili come la manifesta inattitudine del piano a raggiungere i risultati prefissati e la sua sostanziale irrealizzabilità.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale per la gestione delle procedure concorsuali: la prevenzione. Il tribunale presso cui viene incardinato per primo un procedimento relativo alla crisi di un’impresa (in questo caso, l’istanza di fallimento) acquisisce una competenza funzionale a trattare anche le procedure alternative, come il concordato preventivo, proposte successivamente. Questa regola mira a prevenire tattiche dilatorie o elusive da parte del debitore, come il trasferimento della sede legale, e a garantire che la gestione della crisi avvenga in un contesto processuale unitario e coordinato. Per le imprese, ciò significa che, una volta avviata un’iniziativa giudiziaria per la declaratoria di fallimento, l’unica strada percorribile per proporre un concordato è quella di rivolgersi allo stesso giudice, accettandone la competenza.

Se un’azienda trasferisce la sede legale dopo una richiesta di fallimento, quale tribunale è competente per il concordato preventivo?
È competente il tribunale presso cui è stata depositata per prima l’istanza di fallimento. La pendenza di tale procedimento attrae la competenza per la successiva domanda di concordato, in base al principio di continenza, anche se la sede legale è stata trasferita altrove.

La richiesta di fallimento del Pubblico Ministero e la domanda di concordato dell’azienda sono considerate cause ‘connesse’ da trattare unitariamente?
Sì, la Corte le considera legate da un rapporto di continenza per specularità. Sebbene le parti agiscano in ruoli invertiti, l’oggetto è il medesimo (la regolazione della crisi d’impresa), pertanto devono essere trattate davanti allo stesso giudice, quello adito per primo.

Il tribunale deve indicare preventivamente al debitore i motivi di inammissibilità del concordato durante l’udienza?
No, non è un obbligo. La Corte di Cassazione ha chiarito che il tribunale ha un potere discrezionale e non è tenuto a contestare preventivamente le insufficienze del piano o della documentazione. È onere del debitore presentare una domanda di concordato completa e conforme ai requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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