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Compenso professionista: spetta anche dopo il recesso

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un professionista a ricevere il compenso per le attività svolte fino al momento del suo recesso dall’incarico. La sentenza chiarisce che il compenso professionista pattuito per chiudere le pendenze passate è dovuto, e spetta al cliente dimostrare tempestivamente in giudizio l’eventuale inadempimento del professionista per paralizzare la richiesta di pagamento.

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Compenso Professionista: Il Diritto al Pagamento Anche Dopo il Recesso

Il rapporto tra cliente e professionista, specialmente in settori complessi come quello edile, può attraversare fasi critiche. Ma cosa succede quando un professionista decide di recedere dall’incarico? Perde il diritto al pagamento per il lavoro già fatto? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, stabilendo principi chiari riguardo al compenso professionista e agli strumenti a disposizione del cliente in caso di recesso ritenuto ingiustificato.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda la ristrutturazione di due edifici. I proprietari (committenti) avevano inizialmente affidato i lavori a un team di professionisti e a un’impresa che avevano completato circa l’80% delle opere. Successivamente, per il completamento, i committenti avevano incaricato un nuovo architetto per la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza.

Dopo qualche tempo, i lavori si erano nuovamente interrotti e il professionista aveva comunicato il proprio recesso dall’incarico. In un incontro successivo, le parti avevano raggiunto un accordo per il versamento di un saldo di € 7.000,00 a tacitazione di ogni pretesa per l’attività svolta dal professionista.

Tuttavia, i committenti non avevano mai versato tale somma. L’architetto si era quindi rivolto al Tribunale per ottenerne il pagamento. I clienti si erano opposti, sostenendo che l’accordo fosse subordinato al completamento dei lavori e all’eliminazione di alcuni vizi, e che il recesso del professionista fosse illegittimo.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’architetto, condannando i committenti al pagamento, seppur decurtato di una somma per difetti minori imputabili al professionista.

La Decisione della Corte e il compenso professionista

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei committenti, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della controversia era l’interpretazione dell’accordo sul saldo di € 7.000,00. I ricorrenti sostenevano che si trattasse di un impegno a pagare a fronte della promessa del professionista di completare le opere. La Corte, invece, ha stabilito che quell’accordo rappresentava una ricognizione di debito per le prestazioni già eseguite e serviva a definire ogni pendenza passata, non a concordare nuove prestazioni.

La Cassazione ha chiarito che il recesso del professionista, anche se esercitato senza una giusta causa, determina l’immediata estinzione del rapporto contrattuale ma non elimina il diritto al compenso professionista per l’attività già prestata.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Suprema Corte si fonda su alcuni principi giuridici fondamentali:

1. L’effetto del recesso del professionista: Ai sensi dell’art. 2237 del Codice Civile, il recesso è un atto che pone fine al rapporto d’opera intellettuale. Questo atto, anche se ingiustificato, libera il professionista dall’obbligo di proseguire l’attività, ma allo stesso tempo gli garantisce il diritto a essere pagato per il lavoro completato fino a quel momento. La determinazione del compenso deve avvenire in proporzione all’opera svolta.

2. Gli strumenti di tutela del cliente: Se il cliente ritiene che il recesso sia avvenuto senza giusta causa e gli abbia provocato un danno, non può semplicemente rifiutarsi di pagare. Ha due strade: può agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno, oppure può sollevare, nel giudizio promosso dal professionista per il pagamento, la cosiddetta “eccezione di inadempimento” (art. 1460 c.c.). Quest’ultima è una difesa con cui si paralizza la pretesa di pagamento della controparte, dimostrando il suo grave inadempimento. Nel caso di specie, i committenti non avevano sollevato tempestivamente tale eccezione nelle forme previste dalla legge.

3. L’onere della prova: La Corte ha ribadito che la ricostruzione dei fatti proposta dai ricorrenti era diversa da quella accertata nei gradi di merito. I giudici avevano stabilito che l’accordo del 2006 era un saldo per il passato e che il professionista non era responsabile per i difetti strutturali più gravi, preesistenti al suo incarico. Le censure dei ricorrenti si basavano su una diversa lettura dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti indicazioni pratiche sia per i professionisti che per i clienti:

* Per i professionisti: Viene confermato il diritto a ricevere il compenso per il lavoro svolto, anche in caso di recesso. L’accordo transattivo per definire le pendenze passate è uno strumento valido ed efficace per chiudere il rapporto.
* Per i clienti: È fondamentale agire con tempestività e nelle sedi opportune. Se si ritiene di aver subito un danno da un recesso ingiustificato, non basta contestarlo informalmente. È necessario attivare gli strumenti legali previsti, come la richiesta di risarcimento o l’eccezione di inadempimento, rispettando le preclusioni processuali. Un accordo per un saldo finale viene interpretato come una chiusura dei rapporti pregressi, e non come un impegno per il futuro, a meno che non sia esplicitamente previsto.

Un professionista che recede da un incarico ha comunque diritto al compenso?
Sì, la sentenza conferma che il professionista ha diritto al compenso per tutte le prestazioni rese fino alla data del recesso, in misura proporzionale all’opera svolta, come previsto dall’art. 2237 c.c.

Cosa può fare il cliente se ritiene che il recesso del professionista sia ingiustificato e gli abbia causato un danno?
Il cliente può chiedere il risarcimento del danno. Per rifiutare legittimamente il pagamento del compenso maturato, deve sollevare tempestivamente in giudizio l’eccezione di inadempimento, dimostrando che il recesso costituisce un grave inadempimento contrattuale.

Un accordo per il pagamento di un saldo per lavori già eseguiti può essere considerato un impegno a eseguire opere future?
No, secondo la Corte, un accordo volto a definire ogni pendenza per l’opera già prestata viene interpretato come un saldo finale per le attività passate. Se le parti intendono vincolare il pagamento a prestazioni future, devono specificarlo chiaramente nell’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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