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Compenso professionista: quando l’errore lo annulla

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a una professionista incaricata di redigere la relazione per un concordato preventivo. A causa di gravi carenze, illogicità e incoerenze nel suo operato, la proposta di concordato è stata dichiarata inammissibile e la società è fallita. La Corte ha stabilito che il curatore fallimentare può legittimamente rifiutare il pagamento del compenso professionista sollevando l’eccezione di inadempimento, poiché la prestazione resa era del tutto inadeguata e inutile al raggiungimento dello scopo.

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Compenso Professionista: Niente Paga Se il Lavoro è Inadeguato

Il diritto al compenso professionista non è automatico, ma è strettamente legato alla qualità e alla diligenza della prestazione svolta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se l’operato di un professionista è talmente carente da rendere la sua attività inutile o dannosa per il cliente, quest’ultimo (o il suo curatore fallimentare) ha il diritto di rifiutare il pagamento. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

Una professionista, in qualità di attestatrice, aveva assistito una società nella predisposizione di una proposta di concordato preventivo, chiedendo l’ammissione al passivo del fallimento della stessa società per un credito di oltre 114.000 euro a titolo di compenso.

Tuttavia, la sua richiesta era stata respinta sia dal giudice delegato che dal tribunale in sede di opposizione. Il motivo? La relazione attestativa da lei redatta era stata giudicata piena di “numerose carenze, illogicità e incoerenze”. Queste gravi mancanze avevano reso il piano non fattibile e avevano portato alla dichiarazione di inammissibilità della proposta di concordato, seguita dal fallimento della società.

La professionista ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la semplice inammissibilità del concordato non fosse di per sé sufficiente a escludere il suo diritto al compenso e che la sua prestazione, data la particolare difficoltà, dovesse essere valutata solo in caso di dolo o colpa grave.

La Decisione della Corte: il Compenso Professionista è Legato alla Diligenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del tribunale. I giudici hanno chiarito che il curatore del fallimento è pienamente legittimato a sollevare l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) per rifiutare il pagamento del compenso.

Secondo la Corte, l’inadempimento della professionista non derivava tanto dal mancato risultato (l’ammissione al concordato), quanto dall'”inadeguatezza della diligenza applicata al momento dell’esecuzione della prestazione”. In altre parole, il lavoro svolto era stato eseguito senza la correttezza, completezza e ragionevolezza richieste, violando il dovere di diligenza professionale (art. 1176 c.c.).

L’inadempimento e il diritto al compenso professionista

La prestazione del professionista, anche se di mezzi e non di risultato, deve essere funzionale al raggiungimento dell’obiettivo del cliente. Nel caso di specie, la relazione attestativa era così viziata da non essere idonea a svolgere la sua funzione informativa e a propiziare l’ammissione alla procedura. Di conseguenza, la prestazione era risultata “oggettivamente inidonea” e “giuridicamente inutile”, se non dannosa.

Le Motivazioni

La Cassazione ha sviluppato un ragionamento articolato. Anzitutto, ha ricordato che il curatore fallimentare ha l’onere di contestare la non corretta o incompleta esecuzione della prestazione, mentre spetta al professionista dimostrare l’esattezza del proprio adempimento.

I giudici hanno sottolineato che il mancato o inesatto adempimento da parte del professionista, quando incide sugli interessi del cliente, consente a quest’ultimo di rifiutare legittimamente il pagamento del compenso. Questo non è contrario a buona fede, specialmente quando, come nel caso esaminato, l’errore del professionista ha pregiudicato ogni possibilità di esito positivo dell’iniziativa, rendendola inevitabilmente destinata al rigetto.

L’errore tecnico che determina la “definitiva perdita del diritto del cliente” (in questo caso, alla regolazione concordataria della crisi) rende l’attività svolta totalmente inutile. Di fronte a una prestazione oggettivamente inidonea, l’obbligazione contrattuale si considera totalmente inadempiuta e improduttiva di effetti. Pertanto, il professionista non può vantare alcun diritto al compenso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti i professionisti. Il diritto al compenso non è un fatto acquisito con il semplice svolgimento di un’attività, ma è condizionato all’adempimento diligente e competente degli obblighi assunti. Un’opera professionale gravemente carente, che si riveli inutile o addirittura dannosa per il cliente, legittima il rifiuto del pagamento. Questo principio tutela il cliente e rafforza la responsabilità e l’affidabilità della categoria professionale, ribadendo che la qualità della prestazione è il fondamento del diritto alla retribuzione.

Un professionista ha sempre diritto al compenso anche se la procedura di concordato preventivo fallisce?
No. Se il fallimento della procedura è causato da un inadempimento colpevole del professionista, come una relazione attestativa palesemente carente e illogica, il suo diritto al compenso può essere legittimamente negato. La prestazione deve essere stata svolta con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.

Chi deve provare l’adempimento o l’inadempimento della prestazione professionale?
Nel giudizio di ammissione al passivo, se il curatore fallimentare solleva l’eccezione di inadempimento contestando la qualità della prestazione, spetta al professionista che chiede il compenso dimostrare di aver adempiuto correttamente e con la dovuta diligenza alle proprie obbligazioni.

La semplice declaratoria di inammissibilità del concordato è sufficiente per negare il compenso al professionista?
Non automaticamente. Tuttavia, se l’inammissibilità è la conseguenza diretta e provata dell’inadeguatezza e della negligenza della prestazione del professionista, essa costituisce il fondamento per ritenere l’obbligazione contrattuale inadempiuta e, di conseguenza, per escludere il diritto al compenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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