Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9158-2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO LEGI RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente – avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI VICENZA del 18/2/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio del 12/2/2025
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE del credito dallo stesso maturato, per la somma di €. 2 3.376,00, in ragione delle prestazioni professionali svolte quale attestatore della
veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato preventivo proposto dalla società poi fallita.
1.2. Il giudice delegato , in accoglimento dell’eccezione d’inadempimento sollevata dal Fallimento, ha respinto la domanda di ammissione.
1.3. NOME COGNOME ha proposto opposizione deducendo l’ insussistenza di qualsivoglia inadempimento al mandato professionale ricevuto.
1.4. Il Fallimento, dal suo canto, ha ribadito l’eccezione d’inadempimento sul rilievo che: – per quanto riguarda il magazzino, l’attestazione è stata resa nonostante la conclamata incompletezza documentale e servendosi acriticamente della perizia di parte; – per quanto riguarda i rapporti i rapporti con la società araba RAGIONE_SOCIALE, verso la quale la proponente aveva dichiarato di vantare un credito di oltre un milione di euro, si tratta di una società che in realtà è controllata dalla stessa proponente e dai suoi soci, sicché un più attento esame dei documenti in possesso della Legi avrebbe consentito al professionista di rifiutare l’attestazione ed evitare così la presentazione della domanda di concordato preventivo.
1.5. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto l’opposizione.
1.6. Il tribunale, in particolare, dopo aver rilevato che la procedura di concordato preventivo proposta dalla committente non era ‘ andata a buon fine ‘ e che era ‘ sfociata nella dichiarazione di fallimento ‘, ha ritenuto: – innanzitutto, che l’opponente non aveva contestato i ‘ puntuali addebiti ‘ svolti nei suoi confronti dal giudice delegato, ovvero gli ‘ ammanchi di magazzino ‘ , poi riscontrati dall’esperto della procedura , dei quali, però, l’attestatore si sarebbe dovuto avvedere, e che ciò era sufficiente ad escludere la ‘ funzionalità della prestazione
resa ‘ ‘ in quanto la mancanza è talmente grave da giustificare di per sé il rifiuto dell’attestazione ‘; -in secondo luogo, che ‘ la valutazione del credito vantato da Legi nei confronti della LJC avrebbe imposto un approfondimento dei reali rapporti sociali, e quindi l’esame dei documenti … dai quali (sia pur soltanto successivamente) è stato possibile … desumere una posizione di controllo ‘ e che, pertanto, anche tale eccezione era fondata.
1.7. NOME COGNOME con ricorso notificato lunedì 29/3/2021, poi illustrato da memoria, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto, comunicato, come da avviso in atti, il 25/2/2021.
1.8. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 161, comma 3°, l.fall. e degli artt. 1176, 2236 e 1460 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l ‘attestazione resa dall’opponente non era funzionale sul rilievo che l’attestatore avrebbe dovuto avvedersi degli ammanchi di magazzino e del controllo esercitato dalla proponente sulla società araba sua debitrice, senza, tuttavia, considerare che, così facendo, ha finito per imporre al professionista indipendente il compimento di verifiche e di controlli che, al contrario, esulano dal perimetro delle attività richieste allo stesso.
2.2. La relazione dell’attestatore, infatti, ha osservato il ricorrente, deve limitarsi ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano ma non può garantire né l’effettiva consistenza fisica del magazzino, né l’incasso dei crediti che la società debitrice dichiara di vantare nei confronti dei terzi.
2.3. L’attestatore, del resto, aveva verificato la consistenza del magazzino sulla base di una perizia allegata al ricorso, così come aveva dato diligentemente atto del collegamento esistente tra la proponente e la società araba sua debitrice.
2.4. Il tribunale, in effetti, aveva ammesso la società al concordato preventivo.
2.5. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 111, comma 2°, l.fall., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stata oggetto di discussione tr a le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’attestazione resa dall’opponente era priva del requisito della funzionalità, omettendo, tuttavia, di valutare l’utilità c he l’attività professionale resa dallo stesso aveva assicurato ai creditori concorsuali.
2.6. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.7. Il tribunale, invero, ha rigettato la domanda di ammissione al passivo del credito al compenso asseritamente maturato dall’opponente avendo ritenuto la fondatezza dell’eccezione d’inadempimento sollevata dal Fallimento in ragione del fatto che la prestazione professionale eseguita dall’istante era stata svolta senza osservare la misura di diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2°, c.c.
2.8. Il tribunale, in effetti, ha ritenuto che l’attestazione resa dall’opponente non avesse rilevato, come invece avrebbe dovuto, né gli ‘ ammanchi di magazzino ‘ poi riscontrati (senza contestazione sul punto) dall’esperto della procedura, né la
‘ posizione di controllo ‘ esercitata dalla proponente sulla LJC , società araba sua debitrice.
2.9. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che l’attività svolta dal professionista non è risultata conforme al modello legale e che l’esclusione dallo stato passivo del credito vantato dallo stesso risulta giustificata per il difetto della dovuta diligenza nell’adempimento della prestazione.
2.10. Tali statuizioni, insindacabili in relazione agli apprezzamenti in fatto sui quali risultano fondate (peraltro neppure puntualmente censurate per l’omesso esame di fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio) nonché espresse con motivazione tutt’altro che a pparente, perplessa o contraddittoria, sono, sul piano giuridico, senz’altro corrette.
2.11. Questa Corte, infatti, ha condivisibilmente e ripetutamente affermato (cfr. Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.; Cass. n. 18587 del 2024, in motiv.) che: – il curatore del fallimento della società committente è legittimato a sollevare, nel giudizio di verifica conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista al compenso asseritamente maturato, l’eccezione d’inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso, la non corretta (e cioè negligente) esecuzione, ad opera del contraente in bonis , della prestazione o l’incompleto adempimento da parte dello stesso; – il professionista, in tal caso, (al di fuori di un’obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura) ha l’onere di dimostrare l’esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imp revisti e imprevedibili,
dell’evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento (Cass. SU n. 42093 del 2021); – il credito del professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti per accedere alla procedura di concordato preventivo, può essere, di conseguenza, escluso dal concorso nel successivo e consecutivo fallimento, ove, sulla base delle prove raccolte il giudizio, si accerti, com’è accaduto nel caso in esame, l’inadempimento dell’istante alle obbligazioni assunte (Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv.; conf., Cass. n. 36319 del 2022).
2.12. Non può dubitarsi, in effetti, che tanto il commercialista, quanto l’avvocato, dopo aver accettato l’incarico di predisporre e/o di patrocinare una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, con i relativi allegati documentali, hanno l’obbligo, al pari dell’attestatore incaricato dal debitore, di eseguire la corrispondente prestazione professionale con la diligenza richiesta, a norma dell’art. 1176, comma 2°, c.c., dalla natura dell’incarico assunto, vale a dire, tra l’altro, con la reda zione di una proposta di concordato che, dovendo essere funzionale al conseguimento del risultato perseguito dal debitore, e cioè l’ammissione al concordato preventivo, l’approvazione della proposta da parte dei creditori e l’omologazione della stessa da parte del tribunale, sia, quanto meno, rispettosa, nella forma e nel contenuto, delle norme giuridiche inderogabili a tal fine previste dalla legge (cfr. Cass. n. 11522 del 2020): a partire da quella che impone al debitore proponente (oltre che di indicare analiticamente le modalità e i tempi di adempimento della proposta e le utilità specificamente individuate ed economicamente valutabili assicurate a ciascun creditore: art. 161, comma 2°, lett. e, l.fall.) di fornire ai creditori (come poi
espressamente stabilito dall’art. 4, comma 2, lett. a, c.c.i.) l’adeguata conoscenza di tutti gli elementi necessari per consentire agli stessi di decidere, con piena e puntuale consapevolezza della situazione patrimoniale del debitore, la scelta da assumere nei confronti della proposta di concordato.
2.13. Ne consegue che l’indicazione nella domanda o nel piano o nei relativi allegati per l’imperizia conseguente alla violazione delle norme giuridiche che inderogabilmente stabiliscono i requisiti di forma-contenuto del ricorso introduttivo del procedimento (art. 160 l.fall.) e degli atti processuali successivi (art. 172, comma 2°, in fine, l.fall.) nonché della sussistenza e della completezza dei documenti che ne sono i necessari allegati (art. 161 l.fall.), oppure per la negligenza corrispondente alla mancata verifica della correttezza tecnica dei valori esposti in ordine all’attivo disponibile e/o al passivo da soddisfare – di dati patrimoniali incompleti, errati o inattendibili (cfr. Cass. n. 36319 del 2022, in motiv.), che potrebbero indurre i creditori a ritenere l’inesistenza di alternative e migliori possibilità di realizzo in realtà sussistenti, integra, evidentemente, il colpevole inadempimento del professionista agli obblighi contrattualmente assunti verso il committente poi fallito.
2.14. Si tratta, in effetti, di una prestazione che, nella misura in dà luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura e rischia in quanto tale di determinare, di volta in volta, la mancata ammissione, la revoca dell’ammissione ovvero il rigetto dell’omologazione (cfr. Cass. n. 17106 del 2023), già ex ante (e quindi a prescindere alla verificazione concreta dell’esito infausto della procedura) non è funzionale, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento giudiziale in cui la stessa è stata eseguita, al raggiungimento del
risultato perseguito dal cliente, e cioè l’ammissione e l’omologazione del concordato preventivo richiesto.
2.15. Il diritto del professionista al compenso, se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, richiede nondimeno che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo evidente che, in difetto, pur in mancanza di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato, non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.).
2.16. Secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, invero, in tema di concordato preventivo, anche nella vigenza della nuova disciplina prevista dal d.l. n. 83/2012, conv., con modi., dalla l. n. 134/2012, tra le condizioni richieste per l’ammissibilità del concordato rientra, ai sensi dell’art. 162, comma 2°, l.fall., anche la veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso, tant’è che, quando nel corso della procedura emerge che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale può revocare ex art. 173, comma 3°, l.fall. l’ammissione al concordato (cfr. Cass. n. 7975 del 2017; Cass. n. 50 del 2024, in motiv.).
2.17. Peraltro, nel caso (come quello in esame) in cui l’errore commesso dal professionista ha determinato (o, comunque, concorso a determinare) la definitiva perdita del diritto del cliente alla regolazione concordataria della propria crisi d’impresa, la (residua) attività difensiva comunque svolta dal professionista risulta giuridicamente inutile (cfr. Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.), dovendosi, in effetti, ritenere che, a
fronte di una prestazione oggettivamente inidonea (com’è rimasto incontestato) al conseguimento dell’interesse della società committente, quale risulta dedotto nel contratto di prestazione d’opera professionale a suo tempo stipulato, la sua obbligazione contrattuale è stata totalmente inadempiuta ed è, quindi, improduttiva di effetti nei confronti di quest’ultima, con la conseguenza che, in tal caso, il professionista non vanta alcun diritto (suscettibile di essere ammesso al passivo) al compenso, anche se l’adozione dei mezzi difensivi rivelatisi pregiudizievoli al cliente sia stata, in ipotesi, sollecitata dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale (Cass. n. 10289 del 2015).
2.18. Il decreto impugnato si è attenuto ai principi esposti: lì dove, in particolare, ha escluso la rispondenza della condotta dell’opponente al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera, in ragione dell’imperizia tecnico -giuridica con cui la relativa prestazione risulta essere stata svolta, senza che lo stesso abbia, per contro, dimostrato di aver pienamente adempiuto al suo obbligo di redigere il piano o la proposta sulla base di una rappresentazione puntuale, completa e veritiera della situazione patrimoniale, tale da renderla idonea a propiziare l’ammissione alla divisata procedura di concordato preventivo.
2.19. Il terzo motivo, che ha per oggetto la richiesta di ammissione al passivo in collocazione privilegiata del credito (oramai definitivamente) escluso, è, di conseguenza, assorbito.
Il ricorso , per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità de l ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio, che liquida in €. 4.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima