Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2526/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE.
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE,
-intimata- avverso il decreto del Tribunale Roma n. 4870/2019 depositato il 18/12/2019,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME al decreto di esecutività dello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicato per brevità ‘Fallimento’), che aveva respinto la domanda di ammissione allo stato passivo del credito residuo insinuato da quest’ultimo di € 111.300 ,00, in prededuzione, per l’attività professionale, di cui al contratto denominato ‘di consulenza per assistenza in procedure
concorsuali’, finalizzata alla presentazione dell’istanza di ammissione al concordato preventivo, svolta in favore della suddetta società in bonis .
Il Tribunale rilevava che lo stesso incarico era stato conferito anche ad altro professionista e che NOME COGNOME aveva fornito prova dell’esecuzione di parte delle prestazioni dedotte nel contratto ampiamente remunerate dall’acconto ricevuto di € 75.000,00.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrati con memoria.
Il Fallimento non ha svolto difese.
3.1 È stata formulata proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stato ravvisati profili di inammissibilità del ricorso.
NOME COGNOME ha proposto istanza di decisione con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c.
È stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art 380 bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I mezzi di impugnazione posso così essere riassunti.
Primo motivo: violazione degli artt. 2233, 1362, 1332 e 1372 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., per avere il Tribunale errato nel ritenere che le parti avessero stipulato un unico compenso suddiviso tra i due professionisti, quando invece erano stati stipulati distinti contratti tra la società in bonis e ciascuno dei professionisti con pattuizione di separati corrispettivi.
Secondo motivo: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla determinazione del compenso, con le modalità di cui all’art. 3 del contratto, riferito all’attività del ricorrente integrativa e complementare rispetto a quella degli altri professionisti.
Terzo motivo: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’adempimento da parte del ricorrente di tutte le prestazioni dedotte in contratto.
Quarto motivo: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’art. 18, comma 1, e d ell’art. 1, comma 4, D.M. 140/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c.: si imputa al Tribunale che, nel ritenere congruo l’acconto versato di € 75.000, non abbia tenuto conto della complessità dell’incarico emersa dall’istruttoria orale , che comportava l’aumento del compenso sino al doppio .
Q uinto motivo: nullità del decreto per violazione dell’art . 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver il Tribunale reso una motivazione inesistente o apparente in punto di ritenuta proporzionalità e congruità dell’acconto ricevuto dal professionista .
S esto motivo: nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per non essersi il Tribunale pronunciato sulla domanda subordinata di liquidazione della somma di € 18.250, oltre C.N.P.D.C. , pari alla differenza tra l’importo globalmente pattuito diviso per la metà e l’acconto ricevuto.
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione accelerata: «Il ricorso non offre prospettive di accoglimento. La dedotta violazione degli artt. 2233, 1362, 1332, 1372 c.c. (1° motivo) poggia sull’avvenuta pattuizione del compenso, ma non tiene conto dell’effettiva ratio decidendi del rigetto dell’opposizione, che, muovendo dall’esistenza pacifica di due singoli e successivi contratti identici (quanto a prestazioni e compenso) per diversi professionisti, fa leva sulla mancata dimostrazione delle attività in concreto espletate dall’opponente (in funzione della domanda di concordato preventivo, poi non
ammesso), che peraltro egli stesso aveva allegato (e chiesto di provare) come solo parzialmente svolte. Il motivo si basa sull’assunto, arbitrario ed afferente all’interpretazione degli atti, riservata ai giudici di merito, che la stipula di due contratti identici sarebbe sintomatica della ‘ consapevolezza ab origine della fungibilità delle prestazioni ‘; aspetto peraltro non decisivo, al pari della generica affermazione del teste COGNOME per cui ‘ il dott. COGNOME ha espletato tutte le incombenze che gli erano state attribuite per competenza professionale ‘. Non si rinviene né l’omessa valutazione, né la natura di ‘fatto decisivo’, con riguardo: (2° motivo) alla ‘ piena consapevolezza in capo alla dirigenza della società mandante ‘ che il compenso pattuito col secondo contratto riguardasse attività integrativa e complementare rispetto all’identica attività prevista nel primo contratto stipulato con il professionista COGNOME; (3° motivo) al fatto che il contratto non stabiliva che il compenso fosse di spettanza del collegio ‘di fatto’ o comunque ‘ dovesse spartirsi con altro professionista ‘, e che i testi COGNOME (coadiutore del COGNOME) e NOME (amministratore della fallita) avrebbero ‘ confermato il totale e soddisfacente adempimento delle obbligazioni contrattuali ‘ (affermazioni generiche e di natura valutativa); (4° motivo) alla complessità dell’incarico (riferita dal teste COGNOME) e conseguente violazione dell’art. 18, co. 1, DM 140/12 che lo stesso ricorrente dichiara inapplicabile, in presenza di apposito accordo tra le parti. Infine, non ricorrono: né la nullità del decreto per motivazione apparente (5° motivo), in quanto, a fronte del rilevato difetto di prova delle prestazioni in concreto espletate, e comunque solo parziali, il tribunale ha semplicemente aggiunto che l’acconto percepito ‘ appare essere ampiamente proporzionale e congruo a retribuire l’attività prestata ‘; né la nullità per mancata pronuncia sulla domanda subordinata di ammissione del credito in misura pari alla metà del compenso pattuito, tenuto conto dell’altro, identico, contratto (6° motivo) poiché, alla luce
della motivazione resa dal tribunale, è evidente che si tratti di un rigetto implicito (Cass. 20718/2018, 2334/2020, 18832/2021). Infine, è appena il caso di richiamare i sopravvenuti e più rigorosi indirizzi nomofilattici in tema di ammissione allo stato passivo dei crediti relativi ai compensi maturati dal professionista incaricato dal debitore per le prestazioni rese ai fini dell’accesso al concordato preventivo, specie quando poi non ammesso, condizione che di per sé esclude il riconoscimento della prededuzione (Cass. Sez. U, 42093/2021; conf. Cass. 355554/2023, 36319/2022, 35452/2023, 34535/2023, 34422/2023, 36113/2023)».
2.2. Il Collegio condivide e in toto recepisce le suindicate argomentazioni, che non vengono minimamente scalfite dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente nell’opposizione alla proposta di definizione e nella successiva memoria illustrativa. Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
Nulla è da statuire sulle spese, non avendo il Fallimento svolto difese.
Sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. , al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa Ammende, che si stima equo fissare in € 4.000.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co mma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a pagare l’importo di € 4.000 in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. ; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 28