Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18779 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14887-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE-ASSOCIAZIONE PROROFESSIONALE TRA L ‘ AVV_NOTAIO E LA DOTT.SSA NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 3688/2023 del TRIBUNALE DI ANCONA, depositato in data 31/5/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 4/6/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l ‘ ammissione allo stato passivo del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione del credito dalla stessa maturato per la somma di € . 260.000,00 in
ragione dell ‘ attività di ‘ attestatore del concordato preventivo ‘ proposto dalla società poi fallita.
1.2. Il giudice delegato ha respinto la domanda.
1.3. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione invocando la correttezza della propria prestazione professionale e l ‘ assenza di qualsivoglia inadempimento riscontrabile nell ‘ attività professionale (di attestatore) prestata in favore della società poi fallita nella ‘ fase concordataria ‘.
1.4. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto l ‘ opposizione.
1.5. Il tribunale, in particolare, ha, intanto, rilevato, in fatto, che: – in data 12/3/2020, la domanda di concordato preventivo proposta dalla società è stata dichiarata inammissibile ‘ a fronte di una serie di critiche sostanzialmente finalizzate a valorizzare l ‘ irrealizzabilità l ‘ infattibilità e dunque l ‘ inammissibilità del piano e della proposta ‘; -in data 30/11/2020, anche la terza domanda, all ‘ esito della rinuncia alla seconda, è stata dichiarata inammissibile, con conseguente dichiarazione di fallimento della società proponente, per la ‘ manifesta inettitudine del piano e della proposta a raggiungere gli obiettivi prefissati’, in ragione della ‘ legittima dubitabilità, fattuale prima ancora che giuridica, dell ‘ incremento del valore del compendio immobiliare iniziale da circa 10 mln di euro a oltre 40 mln di euro in assenza di giustificate ragioni, peraltro implausibili in considerazione della vetustà cui i cespiti naturalmente sono sottoposti … dunque anche quelli in questione, nonché della loro ubicazione in un ‘ area depressa in termini impr enditoriali’, tanto più a fronte della circostanza che l ‘ attività imprenditoriale della societa proponente era cessata; l ‘ ammissione al passivo del credito al compenso vantato dall ‘opponente presuppone ‘ il corretto adempimento
dell ‘ obbligazione di mezzi assunta nei confronti del cliente ‘ e cioè che il professionista abbia eseguito la prestazione dovuta nel rispetto del ‘ canone di diligenza specifica e parametrata al corredo di conoscenze e competenze ‘ a tal fine ‘indispensabili’ .
1.6. Il tribunale, alla luce dei principi esposti, ha, in sostanza, ritenuto, per quanto ancora importa, che: -‘ molteplici indici evidenziano l ‘inadempimento degli attestatori … rispetto all ‘ obbligazione contrattuale assunta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ‘, come emerge dal contenuto dei rilievi svolti dal tribunale sulle domande di concordato proposte con l ‘ ausilio degli attestatori opponenti ed, in particolare, alla riscontrata carenza in ciascuna di tali domande degli elementi essenziali per delineare anche in astratto la fattibilità del piano e della proposta, con particolare riguardo alla prospettata liquidazione del patrimonio immobiliare, ritenuta del tutto irrealistica rispetto all ‘ effettivo valore di mercato degli assets in questione, anche in relazione alla loro ubicazione ed alla già cessata attività d ‘ impresa, con tutte le naturali conseguenze in ordine al rischio di aggravamento delle condizioni degli stessi; – tale inadeguata impostazione dei presupposti fondanti il piano concordatario in ragione della dichiarata ‘ implausibilità (inattitudine) della proposta soprattutto con riferimento alla realizzabilità dei valori correlati ai cespiti immobiliari ‘ è certamente imputabile anche ai professionisti istanti : ‘ se il compito del professionista non è quello di ottenere l ‘ ammissione e l ‘ omologazione, rientra certamente tra gli obblighi professionali dell ‘ advisor quello di predisporre una proposta astrattamente ammissibile ed omologabile ‘, ciò che, nel caso in esame, non si è verificato, in ragione della ‘ radicale inadeguatezza della proposta a soddisfare i criteri anche astratti di ammissibilità e omologabilità ‘ .
1.7. L ‘ inadempimento degli advisors si è, inoltre, concretizzato , ha proseguito il tribunale, ‘ nell ‘ accertamento dell ‘ inutilizzabilità della seconda attestazione, poiché datata e dunque inconferente rispetto al momento del deposito del piano e della proposta … , nonché nella mancata indicazione degli atti sospetti e dunque potenzialmente in frode posti in essere dalla società concordante nel c.d. periodo sospetto ‘ .
1.8. Il tribunale, quindi, esclusa la sussistenza (‘ secondo un giudizio ex ante’ ) di un nesso di ‘ funzionalità/strumentalità dell ‘ attività professionale prestata dagli attestatori opponenti nell ‘ alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite ‘, ha, pertanto, rigettato l ‘ opposizione.
1.9. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 30/6/2021 e illustrato da memoria, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.10. Il Fallimento ha resistito con controricorso e depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 111, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto l ‘ insussistenza del credito al compenso professionale vantato dagli opponenti sul rilievo che le criticità ravvisate nelle proposte di concordato erano ostative all ‘ applicazione dei principi di ‘ funzionalità/strumentalità ‘ dell’ attività professionale prestata dagli attestatori opponente nell ‘ alveo della procedura concorsuale minore, utilizzando, quindi, il criterio previsto dall ‘ art. 111, comma 2°, l.fall. per il riconoscimento non del credito professionale tout court ma della sua (eventuale) natura
prededucibile, senza, tuttavia, considerare che l ‘ opponente non aveva rivendicato la natura prededucibile del proprio credito.
2.2. Con il secondo motivo, ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1176, comma 2°, e 2236 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva diligentemente adempiuto le obbligazioni contrattuali assunte nei confronti della committente poi fallita sul rilievo che le carenze riscontrate nelle domande di ammissione al concordato fossero imputabili all ‘ opponente, senza, tuttavia, considerare che: – i valori di liquidazione dell ‘ attivo immobiliare erano stati determinati sulla scorta di un iter logico improntato a estremo rigore ed assoluta prudenza; una sintesi dei valori di stima degli immobili nel corso degli anni è stata riportata nel piano depositato in data 30/9/2020, in cui le valutazioni risultanti dalla perizia a firma dell ‘ ing. COGNOME sono state attentamente vagliate e rettificate alla luce sia dei valori OMI, sia delle plurime perizie cui gli stabilimenti erano stati sottoposti negli anni; – tali valori erano stati altresì abbattuti di una percentuale correlata alla vendita in seno alla procedura competitiva prevista in sede concordataria; – la correttezza ed il rigore dell ‘ operato dell ‘ advisor sul punto hanno trovato ulteriore ed inequivoca conferma nei valori di stima esposti dagli stessi periti della curatela dopo la dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE; -le valutazioni della componente immobiliare effettuate dai periti designati dalla curatela hanno, infatti, espresso un valore della componente immobiliare pari a 27,8 milioni di euro, molto vicino a quello ‘ abbattuto ‘ da RAGIONE_SOCIALE sulla base della ‘ perizia COGNOME ‘; – nessun addebito di negligenza professionale poteva essere, quindi, imputato all ‘ opponente per aver considerate attendibili le argomentatissime ‘ perizie COGNOME
e COGNOME‘ , soprattutto alla luce dei plurimi riscontri peritali esistenti, e per aver, quindi, predisposto proposte concordatarie fondate sulle relative stime degli asset immobiliari, specie se si considera che il compendio immobiliare della RAGIONE_SOCIALE costituiva un unicum nel panorama locale e che era, pertanto, oggettivamente impossibile reperire sul mercato immobili con dimensioni e caratteristiche comparabili allo stesso; – la censura relativa alla ‘ formazione delle classi ‘, mai sollevata prima nei confronti dell ‘ advisor dalla curatela fallimentare, è stata genericamente addotta quale ipotetico addebito di negligenza senza che il tribunale evidenziasse in cosa esso consista e quali criteri sarebbero stati violati nella composizione delle classi dei creditori; la ‘ mancata indicazione degli atti sospetti e dunque potenzialmente in frode posti in essere dalla società concordante nel c.d. periodo sospetto ‘ non è imputabile all’ advisor non essendovi nessuna disposizione che consigli e men che meno imponga allo stesso di verificare ed indicare ai creditori l ‘ esperibilità di eventuali azioni risarcitorie o recuperatorie, incluse le azioni di responsabilità.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 111, comma 6°, Cost. nonché degli artt. 132, comma 2°, 135, comma 4°, c.p.c. e 99 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l ‘ opponente non avesse adempiuto gli obblighi contrattuali assunti con la società poi fallita in ragione della ‘ carenze specifiche di ciascuna ‘ delle tre domande di concordato proposte da quest ‘ ultima, senza, tuttavia, fornire di tale affermazione alcuna motivazione, non essendo dato comprendere su quali basi il tribunale abbia ritenuto le proposte di concordato predisposte dall ‘ advisor viziate e quali di tali presunti vizi siano
stati ritenuti meritevoli di censura in termini di negligenza professionale da parte della stessa.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati, per quanto di seguito esposto, con assorbimento delle ulteriori censure.
2.5. Il tribunale, invero, ha rigettato la domanda di ammissione al passivo del credito al compenso asseritamente maturato dall ‘ opponente avendo ritenuto la fondatezza dell ‘ eccezione d ‘ inadempimento sollevata dal Fallimento in ragione del fatto che la prestazione professionale eseguita dall ‘ istante era stata svolta senza osservare la misura di diligenza richiesta dall ‘ art. 1176, comma 2°, c.c..
2.6. Il tribunale, in effetti, dopo aver rilevato, in punto di fatto, che: – la (prima) domanda di concordato preventivo proposta dalla società committente era stata dichiarata inammissibile ‘ a fronte di una serie di critiche sostanzialmente finalizzate a valorizzare l ‘ irrealizzabilità l ‘ infattibilità e dunque l ‘ inammissibilità del piano e della proposta ‘ ; – la terza domanda, all ‘ esito della rinuncia alla seconda, era stata parimenti dichiarata inammissibile per la ‘ manifesta inettitudine del piano e della proposta a raggiungere gli obiettivi prefissati’ in ragione della sua ‘ radicale inadeguatezza … a soddisfare i criteri anche astratti di ammissibilità e omologabilità’ ; ha, in sostanza, ritenuto che: – l ‘ ammissione al passivo del credito al compenso vantato dall ‘opponente presuppone ‘ il corretto adempimento dell ‘ obbligazione di mezzi assunta nei confronti del cliente ‘, vale a dire che il professionista abbia eseguito la prestazione dovuta nel rispetto del ‘ canone di diligenza specifica e parametrata al corredo di conoscenze e competenze ‘ a tal fine ‘indispensabili’ ; -nel caso in esame, ‘ molteplici indici evidenziano l ‘inadempimento degli attestatori …. rispetto all’ obbligazione
contrattuale assunta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, come risulta dalla riscontrata carenza in ciascuna delle domande di concordato degli elementi essenziali per delineare anche in astratto la fattibilità del piano e della proposta, specie per ciò che riguarda la prospettata liquidazione del patrimonio immobiliare, ritenuta del tutto irrealistica rispetto all ‘ effettivo valore di mercato degli assets in questione, anche in relazione alla loro ubicazione ed alla già cessata attività; – tale inadeguata impostazione dei presupposti fondanti il piano concordatario in ragione della dichiarata ‘ implausibilità (inattitudine) della proposta soprattutto con riferimento alla realizzabilità dei valori correlati ai cespiti immobiliari ‘ è certamente imputabile anche ai professionisti istanti posto che, ‘ se il compito del professionista non è quello di ottenere l ‘ ammissione e l ‘ omologazione, rientra certamente tra gli obblighi professionali dell ‘ advisor quello di predisporre una proposta astrattamente ammissibile ed omologabile ‘, ciò che, nel caso in esame, non si è verificato, in ragione della ‘ radicale inadeguatezza della proposta a soddisfare ai criteri anche astratti di ammissibilità e omologabilità ‘ .
2.7. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che l ‘ attività svolta dal professionista non è risultata conforme al modello legale determinando, di conseguenza, l ‘ inammissibilità delle domande di ammissione al concordato predisposte per conto della società committente e il successivo fallimento di quest ‘ ultima, sicché l ‘ esclusione dallo stato passivo del credito del professionista risulta, giustificata in ragione del difetto della dovuta diligenza nell ‘ adempimento della prestazione, la quale, per come svolta, non è stata idonea a consentire l ‘ ammissione della società committente, poi fallita, alla invocata procedura di concordato preventivo.
2.8. Tali statuizioni, insindacabili in relazione agli apprezzamenti in fatto sui quali risultano fondate (peraltro neppure puntualmente censurate per l’omesso esame di fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio) nonché espresse con motivazione tutt’altro che apparente, perplessa o contraddittoria, sono, sul piano giuridico, senz ‘ altro corrette.
2.9. Questa Corte, infatti, ha di recente affermato (Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.) che: -l’ eccezione d’inadempimento non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto in quanto la gravità (e, a fortiori , la dannosità) dell’inadempimento è un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione dello stesso (e per l’azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati) e trova ragione nella radicale definitività di tale rimedio, e cioè lo scioglimento del rapporto contrattuale, mentre l’eccezione d’inadempimento, che può essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto, si limita a consentire alla parte che la solleva il legittimo rifiuto di adempiere in favore dell’altro contraente che già non ha adempiuto (o ha adempiuto inesattamente) la propria obbligazione (cfr. Cass. n. 12719 del 2021); – il curatore del fallimento della società committente è legittimato a sollevare, nel giudizio di verifica conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista al compenso asseritamente maturato, l’eccezione d’inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso, la non corretta (e cioè negligente) esecuzione, ad opera del contraente in bonis , della prestazione o l’incompleto adempimento da parte dello stesso: restando, per contro, a carico di quest’ultimo (al di fuori di un’ obbligazione di risultato,
pari al successo pieno della procedura), l’onere di dimostrare l’esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ov vero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell’evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento (Cass. SU n. 42093 del 2021); – il credito del professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti per accedere alla procedura di concordato preventivo, può essere, di conseguenza, escluso dal concorso nel successivo e consecutivo fallimento, ove, sulla base delle prove raccolte il giudiz io, si accerti, com’è accaduto nel caso in esame, l’inadempimento dell’istante alle obbligazioni assunte (Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv.; conf., Cass. n. 36319 del 2022).
2.10. Non può dubitarsi, in effetti, che tanto il commercialista, quanto l ‘ avvocato, dopo aver accettato l ‘ incarico di predisporre e/o di patrocinare una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, con i relativi allegati documentali, hanno l ‘ obbligo, al pari dell’attestatore a tal fine incaricato dal debitore, di eseguire la corrispondente prestazione professionale con la diligenza richiesta, a norma dell ‘ art. 1176, comma 2°, c.c., dalla natura dell ‘ incarico assunto, vale a dire, tra l ‘ altro, con la redazione di una proposta di concordato che, dovendo essere funzionale al conseguimento del risultato perseguito dal debitore, e cioè l’ammissione al concordato preventivo, l’approvazione della proposta da parte dei creditori e l’omologazione della stessa da parte del tribunale, sia, quanto meno, rispettosa, nella forma e nel contenuto, delle norme giuridiche inderogabili a tal fine
previste dalla legge (cfr. Cass. n. 11522 del 2020): a partire da quella che impone al debitore proponente (oltre che di indicare analiticamente le modalità e i tempi di adempimento della proposta e le utilità specificamente individuate ed economicamente valutabili assicurate a ciascun creditore: art. 161, comma 2°, lett. e, l.fall.) di fornire ai creditori (come poi espressamente stabilito dall’art. 4, comma 2, lett. a, c.c.i.) l’adeguata conoscenza di tutti gli elementi necessari per consentire agli stessi di decidere, con piena e puntuale consapevolezza della situazione patrimoniale del debitore, la scelta da assumere nei confronti della proposta di concordato.
2.11. Ne consegue che l’indicazione nella domanda o nel piano o nei relativi allegati per l’imperizia conseguente alla violazione delle norme giuridiche che inderogabilmente stabiliscono i requisiti di forma-contenuto del ricorso introduttivo del procedimento (art. 160 l.fall.) e degli atti processuali successivi (art. 172, comma 2°, in fine, l.fall.) nonché della sussistenza e della completezza dei documenti che ne sono i necessari allegati (art. 161 l.fall.), oppure per la negligenza corrispondente alla mancata verifica della correttezza tecnica dei valori esposti i n ordine all’attivo disponibile e/o al passivo da soddisfare – di dati patrimoniali incompleti, errati o inattendibili (cfr. Cass. n. 36319 del 2022, in motiv.), che potrebbero indurre i creditori a ritenere l’inesistenza di alternative e migliori possibilità di realizzo in realtà sussistenti, integra, evidentemente, il colpevole inadempimento del professionista agli obblighi contrattualmente assunti verso il committente poi fallito.
2.12. Si tratta, in effetti, di una prestazione che, nella misura in dà luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura e rischia in quanto tale di determinare, di volta
in volta, la mancata ammissione, la revoca dell’ammissione ovvero il rigetto dell’omologazione (cfr. Cass. n. 17106 del 2023), già ex ante (e quindi a prescindere alla verificazione concreta dell’esito infausto della procedura) non è funzionale, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento giudiziale in cui la stessa è stata eseguita, al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente, e cioè l’ammissione e l’omologazione del concordato preventivo richiesto.
2.13. È vero, dunque, che le obbligazioni inerenti all ‘ esercizio di un ‘ attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l ‘ incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo, e che l ‘ inadempimento del professionista non può essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, dovendo essere, piuttosto, valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell ‘ attività professionale ed, in particolare, al dovere di diligenza professionale fissato dall ‘ art. 1176, comma 2°, c.c..
2.14. Non è men vero, tuttavia, che la scelta di una determinata strategia processuale può integrare l ‘ inadempimento del professionista verso il cliente quando, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento in cui la prestazione dev’essere svolta e all ‘ interesse del cliente alla relativa esecuzione con i relativi oneri, il giudice abbia, avendo riguardo alla situazione ex ante (e non, ex post , all’esito del giudizio), accertato (com’è, in effetti, accaduto nel caso in esame) l’inadeguatezza della prestazione in concreto svolta rispetto al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente così come (implicitamente o esplicitamente) dedotto nel
contratto di prestazione d’opera professionale (cfr. Cass. n. 30169 del 2018; Cass. n. 11906 del 2016).
2.15. Il diritto del professionista al compenso, infatti, se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, richiede che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, pur in mancanza di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato, non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.): e ciò, si noti, a prescindere dalla sussistenza di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato, che presuppone il danno al cliente, e alla sua limitazione, a fronte dell’azione risarcitoria ad opera di quest’ultimo, al dolo o alla grave colpa nel caso in cui la prestazione implichi, come prevede l’art. 2236 c.c., la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà (la cui sussistenza, peraltro, nel caso della prestazione professionale come quella affidata al ricorrente, deve essere dedotta e provata in giudizio dallo stesso, non potendosi in materia predicare alcun automatismo: Cass. n. 27759 del 2018, in motiv.).
2.16. Il mancato o inesatto adempimento da parte del professionista all ‘ obbligo di dare esecuzione all ‘ incarico ricevuto con la diligenza necessaria in relazione alla natura dell ‘ opera affidatagli e a tutte le circostanze del caso, ove sia stato idoneo ad incidere sugli interessi del cliente (com ‘ è accaduto nel caso in esame, nel quale la società committente non ha conseguito il risultato evidentemente perseguito con il conferimento del relativo incarico, e cioè l ‘ omologazione del concordato preventivo proposto e, prima ancora, l ‘ ammissione a tale
procedura), consente a quest ‘ ultimo (ovvero, in caso di fallimento, al suo curatore) di sollevare, ai sensi dell ‘ art. 1460 c.c., l ‘ eccezione d ‘ inadempimento e, quindi, di rifiutare legittimamente il pagamento (o l ‘ ammissione al passivo del credito al) relativo compenso, non potendosi, per contro, ritenere contrario a buona fede l ‘ esercizio del potere di autotutela ove sia stata pregiudicata (con la presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo che, in quanto priva della corretta indicazione dell’effettivo valore dell’attivo concordatario, era inevitabilmente destinata, prima o poi, ad essere rigettata) qualsivoglia possibilità di esito positivo dell’iniziativa intrapresa (cfr. Cass. n. 11304 del 2012; Cass. n. 25894 del 2016).
2.17. Secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, invero, in tema di concordato preventivo, anche nella vigenza della nuova disciplina prevista dal d.l. n. 83/2012, conv., con modi., dalla l. n. 134/2012, tra le condizioni richieste per l’ammissibilità del concordato rientra, ai sensi dell’art. 162, comma 2°, l.fall., anche la veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso tant’è che, quando nel corso della procedura emerge che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale può revocare ex art. 173, comma 3°, l.fall. l’ammissione al concordato, restando irrilevante la nuova attestazione di veridicità dei suddetti dati resa dal professionista designato dal proponente (Cass. n. 7975 del 2017). Ciò significa che la veridicità dei dati aziendali costituisce un presupposto di ammissibilità della domanda concordataria che deve sussistere sin dalla sua iniziale presentazione e che non può intervenire in corso d’opera da parte dei professionisti incaricati, attraverso un
diverso apprezzamento valutativo posto alla base della modifica del piano e della proposta (Cass. n. 50 del 2024, in motiv.).
2.18. Ed una volta che l’errore commesso dal professionista abbia determinato, come nel caso in esame, la definitiva perdita del diritto del cliente (qual è, in particolare, quello alla regolazione concordataria della propria crisi d’impresa), appare, allora, evidente che la (residua) attività difensiva comunque svolta dal professionista risulta giuridicamente inutile (cfr. Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.), dovendosi, in effetti, ritenere che, a fronte di una prestazione oggettivamente inidon ea (com’è rimasto incontestato) al conseguimento dell’interesse della società committente, la sua obbligazione contrattuale è stata totalmente inadempiuta ed improduttiva di effetti nei confronti di quest’ultima, con la conseguenza che, in tal caso, il professionista non vanta alcun diritto (suscettibile di essere ammesso al passivo) al compenso, anche se l’adozione dei mezzi difensivi rivelatisi pregiudizievoli al cliente sia stata, in ipotesi, sollecitata dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale (Cass. n. 10289 del 2015).
2.19. Il decreto impugnato, lì dove ha escluso la rispondenza della condotta dell’opponente al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera, in ragione dell’imperizia tecnico -giuridica con cui la stessa risulta essere stata svolta, senza che la stessa abbia, per contro, dimostrato di aver pienamente adempiuto al suo obbligo di redigere il piano o la proposta sulla base di una rappresentazione puntuale, completa e veritiera della situazione patrimoniale, tale da renderla idonea a propiziare l’ammissione alla procedura
concordataria, si è, dunque, attenuto ai principi esposti e si sottrae, come tale, alle censure svolte dalla ricorrente.
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 8.200,00 , di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima