Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12397 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 12397 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27824/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
–
RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. e COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTI- avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1167/2019 depositata il 07/06/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di respingere il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Pronunciando sull’appello della RAGIONE_SOCIALE la Corte distrettuale di Palermo ha confermato l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. con cui la società era stata condannata a pagare alla RAGIONE_SOCIALE
e all’architetto NOME COGNOME l’importo di euro 96.355,88 a titolo di saldo di compensi professionali per attività di progettazione della ristrutturazione e l’ ampliamento di una struttura alberghiera in Castellammare del Golfo.
Le parti avevano concordato un compenso pari al 10% dell’importo da progetto, disponendo che il committente avrebbe versato ai professionisti € . 7500 in acconto e che, per le attività dettagliatamente descritte nel contratto di incarico, il restante importo sarebbe stato corrisposto nel caso in cui il progetto avesse ottenuto le necessarie autorizzazioni e fosse stato ammesso al finanziamento previsto dalla linea di intervento 3.3.1.4. La società era stata inizialmente collocata utilmente in graduatoria ma era stata temporaneamente esclusa dopo l’informativa antimafia della Prefettura dei Trapani, impugnata e poi annullata dal Tar.
La committente aveva sostenuto che, a causa dei ritardi provocati dalla temporanea esclusione dal finanziamento, non era stata più in condizione di realizzare le opere nei termini fissati dai bandi e di aver dovuto rinunciare alle contribuzioni pubbliche per fatto non imputabile, negando che si fosse verificato l’evento cui era subordinato il pagamento del saldo.
La Corte di merito ha – di contro -osservato che la società era stata inserita in graduatoria proprio per effetto dell’opera prestata dai professionisti e che avrebbe certamente conseguito i finanziamenti se non fosse stata esclusa per le vicende che avevano interessato il legale rappresentante della società, dovendo corrispondere le spettanze professionali nonostante l’esclusione dal progetto dalla graduatoria, poi annullata dal Tar, poiché la perdita delle contribuzioni non era dipesa da vizi del progetto ma dagli esiti dell’informativa antimafia.
Riguardo all’ipotizzata nullità del contratto, il giudice ha affermato che il divieto di conferire incarichi di progettazione alle società di professionisti era ormai venuto meno con la L. 183/2011; ha
disposto il pagamento delle somme richieste, poiché, come concordato dalle parti, i resistenti avevano titolo ad un compenso in misura percentuale calcolato sull’importo previsto in progetto, pari ad euro 103.855,88.
Per la cassazione della sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in tre motivi, cui hanno replicato la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME con controricorso.
Il Procuratore generale ha formulato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione degli art. 1256, 1353 c.c. e 115 c.p.c., sostenendo che la ricorrente non poteva esser considerata inadempiente rispetto agli obblighi assunti con la scrittura di incarico, non dovendo versare l’intero corrispettivo . Il provvedimento di provvisoria esclusione dalla graduatoria era stato annullato dal Tar per insussistenza dei sospetti di collegamento tra la ricorrente e ambienti vicini alla criminalità di stampo mafioso, e, a causa dei ritardi determinati da tali vicende, non era stato possibile eseguire i lavori nei tempi prefissati, per cui la società aveva dovuto rinunciare alle contribuzioni pubbliche per causa non imputabile.
Il motivo è inammissibile poiché prescinde -senza sottoporlo a critica -dal risultato interpretativo cui sono pervenuti i giudici di merito riguardo al contenuto della clausola contrattuale che condizionava l’esigibilità de i corrispettivi.
Dalla narrativa del ricorso emerge che già a parere del Tribunale l’art. 6 della convenzione, ove escludeva il diritto al compenso qualora l’opera non fosse stato ammessa a finanziamento, conferiva rilievo esclusivamente all’idon eità del progetto a conseguire le necessarie autorizzazioni e l’ ammissione ai benefici, nel senso che detta progettazione doveva risultare esente da vizi o lacune imputabili ai professionisti e tali da compromettere la finanziabilità del l’opera .
A tale interpretazione ha aderito la Corte d’appello , evidenziando che il compenso era dovuto per intero poiché il finanziamento non era stato erogato non già per vizi della progettazione, ma per vicende che avevano interessato la società, che altrimenti ne avrebbe beneficiato.
Non essendo in contestazione la correttezza del l’interpretazione del la clausola, non è di alcun rilievo scrutinare la riconducibilità della perdita del finanziamento ad un fatto non imputabile alla ricorrente, non configurandosi un esimente nei rapporti con i professionisti, poiché, come ritenuto dal giudice distrettuale con accertamento della volontà dei contraenti non efficacemente contestato, il corrispettivo era dovuto per il fatto che la progettazione era risultata idonea a conseguire il finanziamento, non erogato per cause non imputabili ai professionisti.
Il secondo motivo deduce la viol azione dell’art. 1418 c.c. e 2 della L . 1815/1939, nonché dell’art. 10 della l. 183/2011, per aver la sentenza escluso la nullità del contratto professionale in applicazione della L. 183/2011, disciplina non ancora in vigore alla data di stipula dell’acco rdo, assumendo che, in ogni caso, la RAGIONE_SOCIALE non rispettava nessuna delle condizioni per la valida costituzione della società di professionisti.
Il motivo è infondato, dovendo emendarsi la motivazione della pronuncia ai sensi dell’art. 384, ultimo comma c.p.c..
Il divieto di costituire società di professionisti era inizialmente contenuto nell’art. 2 della L. 1815/1939 (che imponeva il divieto di costituire, esercitare o dirigere, sotto qualsiasi forma diversa, società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali avessero lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria).
Il regime di sfavore è stato progressivamente attenuato da disposizioni settoriali (art. 13 della l. 183/1976; art. 1 della l.
92/1979, art. 11 della l. 17/1981), poi dalla disciplina degli appalti pubblici per le società di ingegneria (art. 17 e 18 della legge n. 109 del 1994 e con l’art. 90, comma 2, d.lgs. n.163/2006 ).
Succe ssivamente l’art. 24 della L. 266/1997 ha esplicitamente abrogato il divieto, rinviando l’ individuazione dei requisiti di cui all ‘art. 1 della legge n. 1815 del 1939, ad un successivo decreto, la cui mancata adozione ha lasciato persistere il principio della personalità della prestazione contenuto nell’art. 2229 c.c. e l’impossibilità di affidare incarichi professionali alle società (Cass. 7310/2017; Cass. SU 13144/2015).
La successiva legge n. 183/2011 ha consentito, nel settore privato, la costituzione di società di professionisti ma, nel fissare i requisiti indispensabili per la loro costituzione, non aveva efficacia retroattiva, non applicandosi agli incarichi conferiti prima dell’1.1.2012 , da ritenersi affetti da nullità proprio per la perdurante vigenza del l’art. 2 L. 1815/1939 (Cass. 7310/2017).
Più di recente, con norma di carattere interpretativ o, l’art. 1, commi 148 e 149, L. 124/2017 (Legge sulla concorrenza 2017), entrata in vigore il 29/8/2017, ha disposto che, in applicazione dell’articolo 24, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266, sono validi a ogni effetto i rapporti contrattuali intercorsi, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, tra soggetti privati e società di ingegneria costituite in forma di società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro quinto del codice civile.
La norma ha inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266, che rinviava ad un decreto ministeriale l’ adozione delle norme attuative e di dettaglio e i requisiti per l’esercizio delle attività .
L’art. 1 cit. ha carattere interpretativo, avendo stabilito che l’efficacia temporale dell’abrogazione dell’art. 2 della legge 1815 del 1939
disposta con l’art. 24, comma 1, della legge n. 266/1997 opera dalla data di entrata in vigore della legge (11/8/1997), come previsto dal successivo art. 32, implicitamente escludendo la necessità di un’ulteriore regolamentazione a livello secondario e di indagare il possesso di requisiti previsti dall’art. 1 l. 1815/1939 con effetto per tutti i contratti stipulati fra privati e società di ingegneria, costituite in forma di società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro quinto del codice civile (Cass. 22534/2022).
L’atto di incarico, conferito dopo l’11/8/1997 alla società, operante nel settore della progettazione e dell’ ingegneria – come evidenziato anche nel controricorso – era quindi valido.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 1362, 1363, 1366, 1370 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo. A parere della ricorrente, era pacifico che i resistenti avevano redatto la sola progettazione definitiva, non avendo titolo al l’int ero compenso, pari al 10% del valore del progetto.
Il motivo solleva mere questioni in fatto sottratte al controllo di legittimità ed è quindi inammissibile.
L’esame delle prestazioni svolte è stato effettuato e la soluzione adottata in appello è conforme a quella del tribunale, con conseguente impossibilità di lamentare la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (art. 348 ter, commi VI e V, c.p.c.).
A fr onte dell’originaria richiesta di € 155.712,42 il Tribunale aveva già ridotto l’imp orto dovuto ai resistenti ad €. 96.355,00 nei limiti delle attività il cui espletamento era supportato da prova (cfr. sentenza impugnata, pag. 3). La richiesta di ulteriori riduzioni sul presupposto dello svolgimento solo parziale – e comunque in misura inferiore a quella liquidata – è smentita dagli accertamenti svolti nei gradi di merito e contrasta con la indiscussa circostanza che la
progettazione era stata ammessa a finanziamento, poiché idonea e completa per ottenere il risultato promesso.
Il ricorso è respinto con addebito delle spese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in € 5800 ,00 compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, del giorno 20.2.2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE
NOME COGNOME NOME COGNOME
…
P.Q.M.
riuniti i ricorsi , /dichiara inammissibile/improcedibile/rigetta il ricorso/principale /e il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese processuali . Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. /Condanna il/la ricorrente al pagamento, in favore del/la controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro.…. per compensi,/ oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento , agli esborsi liquidati in Euro 200,00 , ed agli accessori di legge/oltre alle spese prenotate a debito . Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale/ e del ric orrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 20/02/2025.