Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6087 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6087 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2502/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in San Bonifacio INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO
VIPP
LAVORI
SPECIALI
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di VERONA n. 7016/2020 depositato il 10/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE a fronte di una domanda proposta da NOME COGNOME di insinuazione al passivo del credito di € 31.720,00 ed altro credito di € 7.422.48, vantati a titolo di corrispettivo di prestazioni professionali svolte nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, aveva ammesso il minor credito di € 2.500,00, oltre accessori, ‘sul presupposto della rideterminazione del compenso relativa ad altro, precedente incarico, non portato a compimento e quindi solo in parte adempiuto, e della conseguente detrazione della somma insinuata della differenza tra il compenso così rideterminato e quanto corrisposto dalla società per il predetto primo incarico’.
Avverso il predetto decreto aveva proposto opposizione ex art. 98 L.F. NOME COGNOME, osservando che il primo incarico (in relazione al quale lo stesso aveva percepito acconti per € 40.000) aveva avuto ad oggetto attività preliminari e funzionali a due ipotesi alternative, rispettivamente di soluzione stragiudiziale e giudiziale della crisi di RAGIONE_SOCIALE e, non, invece, come il secondo incarico -cui si riferiva la domanda di insinuazione -la predisposizione di una domanda concordataria con relativi piano e proposta.
Il Tribunale di Verona, accogliendo parzialmente l’opposizione ex art. 98 L.F., ha ammesso il professionista per l’ulteriore somma di € 7.812,50 ‘per l’assistenza prestata nella procedura di concordato pieno’.
Il tribunale ha accolto l’impostazione della curatela secondo cui le prestazioni oggetto della prima lettera di incarico non costituivano mere attività preparatorie e prodromiche a quelle previste nella seconda lettera di incarico, avendo un contenuto ed obiettivo finale
coincidenti. In particolare, il Tribunale di Verona, ha evidenziato che le attività contemplate nei punti 2,3,4,5,6 e 7 della seconda lettera di incarico erano le stesse di quelle indicate nella precedente lettera di incarico per l’ipotesi della soluzione giudiziale della crisi. Peraltro, la mancanza nella prima lettera di incarico dell’espresso riferimento contenuto nel punto 1 della seconda lettera di incarico alla ‘assistenza nella redazione e proposizione di una nuova domanda di concordato preventivo ex art. 161 L.F. non era significativo, rivelando solo che, al momento del conferimento del primo incarico, la debitrice e i suoi professionisti non avevano ancora chiaro il tipo di strumento da utilizzare per l’ipotesi di soluzione giudiziale della crisi, ma, in ogni caso, il compenso di € 50.000,00 pattuito era comunque destinato a remunerare tutte le prestazioni professionali che avrebbero dovuto rendersi in tale ipotesi.
Il Tribunale di Verona, ha, inoltre, osservato che le prestazioni oggetto del primo incarico erano state eseguite dal COGNOME in misura maggiore di quanto ritenuto dal G.D., in quanto tra la data di conferimento del secondo incarico (29 aprile 2019) e quella di deposito della domanda di concordato (2 maggio 2019) erano trascorsi solo tre giorni, di cui uno festivo, con la conseguenza che, essendo all’evidenza impossibile che il piano industriale depositato con la domanda di concordato pieno fosse stato confezionato in un lasso di tempo così ridotto, era gioco forza ritenere che esso fosse stato predisposto in un momento precedente, e quindi in esecuzione del primo mandato.
La somma corrisposta da RAGIONE_SOCIALE per tale mandato (€ 40.000,00 oltre accessori ‘ a saldo e stralcio’ a fronte di un importo complessivamente pattuito in € 50.000,00 oltre accessori) era congrua, giacchè al momento del conferimento del secondo incarico, il piano era stato ormai predisposto, così come era stata conclusa (alla fine di aprile) la trattativa con il soggetto che
avrebbe dovuto prendere in affitto e quindi acquistare il ramo d’azienda. Pertanto, la somma pattuita con la seconda lettera di incarico (€ 25.000,00 oltre accessori) doveva ritenersi diretta a remunerare le attività ulteriori da prestare nulla nuova procedura di concordato (la precedente di era arrestata alla fase del depositato della domanda con riserva) sino al 31 dicembre 2021.
Orbene, tenuto conto che, dopo il deposito della nuova domanda di concordato del 2 maggio 2019, la procedura aveva avuto vita breve (già in data 5 luglio 2019 i Commissari Giudiziali fecero la segnalazione ex art. 173 L.F. e in data 2 agosto fu dichiarato il fallimento), l’attività posta in essere dal COGNOME in esecuzione del secondo incarico aveva avuto una durata di circa due mesi e mezzo.
Avverso il predetto decreto NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a cinque motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la nullità del decreto impugnato ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per ‘error in procedendo’ ex art. 112 c.p.c.
Lamenta il ricorrente che il provvedimento impugnato è viziato di ultra o extra petizione atteso che il giudice a quo , con l’affermazione secondo cui il piano industriale depositato con la domanda di concordato pieno era stato predisposto in un momento antecedente, in esecuzione del primo mandato, aveva introdotto una questione del tutto nuovo, mai fatta oggetto di allegazione e/o eccezione e/o contestazione sia da parte della curatela che del giudice delegato.
Con il terzo motivo – la cui illustrazione viene anticipata rispetto al secondo motivo, avendo ad oggetto una questione strettamente connessa a quella dedotta con il primo motivo – è stata dedotta la
nullità del decreto impugnato ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 101 e 183 comma 4° c.p.c., 24 e 111 Cost.
Il ricorrente, nel riportare la stessa affermazione del Tribunale di Verona già riportata nel primo motivo, espone che è stata introdotta una questione ‘in fatto’ in mancanza di qualsiasi eccezione di parte, precludendogli, in violazione del diritto al contraddittorio’, di prendere posizione sul punto’.
3. Il primo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alle ragioni sopra indicate, sono infondati.
Dalla ricostruzione contenuta nel decreto impugnato (pag. 2) emerge che il Fallimento, nel costituirsi nel giudizio ex art. 98 L.F., aveva dedotto che le prestazioni oggetto della prima lettera di incarico non costituivano mere attività preparatorie e prodromiche a quelle previste nella seconda lettera di incarico, avendo un contenuto ed obiettivo finale del tutto coincidenti, così che la quantificazione del compenso maturato dal professionista doveva essere rapportata all’attività concretamente e complessivamente posta in essere in esecuzione dell’unico mandato sostanzialmente ricevuto, al di là della duplicità degli incarichi formalmente conferiti. Dalla impostazione difensiva della curatela emerge con evidenza che il giudice del merito , nell’affermare che il piano industriale depositato con la domanda di concordato pieno era stato predisposto in un momento antecedente al conferimento del secondo incarico, ed in esecuzione del primo mandato (pressoché coincidente con il secondo), essendo impossibile che fosse stato confezionato in soli tre giorni (di cui uno festivo), non ha affatto introdotto un tema d’indagine nuovo, avendo, nella sostanza, accolto le deduzioni e le difese del fallimento secondo cui il professionista aveva dato esecuzione all’unico mandato conferito: seguendo tale impostazione, l’affermazione secondo cui il piano e la proposta concordataria non avrebbero potuto essere elaborati nel
breve termine di tre giorni (di cui uno festivo) non è che una conseguenza.
Il giudice del merito ha quindi svolto un ragionamento inferenziale sulla prova, non ha indicato un fatto nuovo da segnalare alle parti.
Né, peraltro, il Tribunale di Verona è incorso nel vizio di ultrapetizione, che attiene al limite della domanda, non alla valutazione del suo fondamento.
Con il secondo motivo è stata dedotta la nullità ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. del decreto impugnato per ‘error in procedendo’ ex art. 115 c.p.c.
Espone il ricorrente di aver fornito piena prova di aver eseguito tra il 29.4.2019 ed il 2.5.2019 le prestazioni affidategli con la seconda lettera di incarico, come evincibile dalla fitta corrispondenza tra le parti prodotta in giudizio (26 email).
Inoltre, la circostanza che il piano concordatario fosse stato predisposto in esecuzione del secondo incarico era circostanza non era contestata dalla curatela, che aveva affermato che con il pagamento dell’incarico conferito al COGNOME con il primo incarico erano state saldate le prestazioni previste nella seconda lettera di incarico. Vi era stata dunque una errata interpretazione del contratto di affitto di azienda del 29.4.2019 a fronte del principio di non contestazione.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 20867 del 30/09/2020, hanno enunciato il principio di diritto, secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la
diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.. (vedi anche Cass. n. 1229 del 17/01/2019; Cass. n. 6774/2022).
Il ricorrente, con l’apparente doglianza dell’art. 115 c.p.c., in realtà ha inteso contestare una valutazione di fatto compiuta dal giudice di merito, la quale non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione nei ristretti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053/2014.
È parimenti erronea la dedotta violazione del principio di non contestazione atteso che la curatela, nell’affermare che con il pagamento dell’incarico conferito al COGNOME con il primo incarico erano state saldate le prestazioni previste nella seconda lettera di incarico non ha fatto che ribadire la tesi dell’unicità del mandato conferito, al di là della duplicità degli incarichi formalmente conferiti. Tale affermazione non avvalora certo la deduzione di parte ricorrente secondo avrebbe eseguito tra il 29.4.2019 ed il 2.5.2019 tutte le prestazioni affidategli con la seconda lettera di incarico.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 1362 c.c.
Lamenta il ricorrente che il tribunale, nel ritenere la sostanziale coincidenza tra le prestazioni previste nella prima lettera di incarico e che quelle contemplate dalla seconda, ha finito per reinterpretare la lettera di conferimento dell’incarico del 16.10.2018, ritenendo che tale mandato comprendesse anche la presentazione della domanda ex art. 161 L.F., così ignorando totalmente l’oggetto dell’incarico del 29.4.2019.
Con tale decisione il Tribunale di Verona avrebbe violato l’art. 1362 c.c. che impone di indagare quale sia stata la comune volontà delle parti.
7. Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha più volte enunciato, in tema di interpretazione contrattuale, il principio di diritto secondo cui per far valere una violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (vedi Cass. n. 9461/2021, vedi anche Cass. n. 16987/2018, Cass. n. 10554 del 30/04/2010, n. 22102 del 19/10/2009).
È proprio quanto avvenuto nel caso di specie, in cui il ricorrente si è limitato a dedurre la violazione delle norme che regolano le modalità di conclusione del contratto e delle norme di interpretazione contrattuale senza neppure precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si fosse discostato dai canoni legali di ermeneutica contrattuale, e limitandosi a prospettare una diversa ed alternativa interpretazione.
8. Con il quinto motivo è stata dedotta la nullità ex art. 360 comma 1° n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.
Lamenta il ricorrente che il tribunale ha compensato integralmente le spese di lite nonostante avesse ammesso il credito di € 7.422,48. Inoltre, la statuizione di integrale compensazione delle spese di lite non risulta supportata da un’adeguata motivazione.
Il motivo è infondato.
E’ orientamento consolidato che il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti. (Cass. n. 19613/2017).
Nel caso di specie, non essendo le spese di lite poste a carico del ricorrente, ma essendo state compensate, non sussistono i presupposti per il sindacato di legittimità su tale statuizione di compensazione di spese. Invero il tribunale non è incorso nel vizio di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c., essendoci una motivazione ‘l’esito della lite giustifica la compensazione delle spese’ che, seppur assai sintetica, è tesa a evidenziare un dato non irrilevante ai fini specifici, e cioè che la pretesa dell’opponente era risultata infine notevolmente ridimensionata rispetto al petitum .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12.2.2025