Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34098 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34098 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33002/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; -ricorrente- contro
COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 581/2019 depositata il 27/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.la srl RAGIONE_SOCIALE ricorre, con quattro motivi avversati da NOME COGNOME con controricorso, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara, giudice dell’opposizione contro il decreto ingiuntivo ottenuto dal COGNOME, di condanna di essa ricorrente a pagare la somma di 200.000,00 euro. La somma è stata riconosciuta a titolo di compenso previsto dal contratto stipulato inter partes il 23 febbraio 2007 per prestazioni di ‘gestione e coordinamento della attività di consulenza finalizzate all’ottenimento del finanziamento presso banche con la stesura della relativa documentazione’. In base al contratto tali prestazioni erano finalizzate a consentire alla ricorrente di ottenere un finanziamento dalla spa RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di un terreno da destinare alla realizzazione di un centro commerciale ed inoltre a consentire alla società RAGIONE_SOCIALE di stipulare un contratto di sale and lease back con la spa RAGIONE_SOCIALE riguardo allo stesso terreno in vista della relativa utilizzazione per la costruzione di un centro commerciale. La società aveva poi deciso di stipulare il contratto con altra società, la spa RAGIONE_SOCIALE. La Corte di Appello ha accertato, a mezzo di documenti e delle testimonianze riportate alle pagine 10 e 11 della sentenza, che il COGNOME aveva espletato le prestazioni stabilite in contratto. La Corte di Appello ha ribadito, in ordine al quantum, l’osservazione del Tribunale per cui dalle due clausole contrattuali che prevedevano, per l’attività di ‘consulenza nel finanziamento presso banche e di consulenza tecnica’ progettuale, un corrispettivo di 400.000,00 euro (prima clausola) e, per il caso in cui gli ‘elaborati progettuali’ non fossero stati utili per ottenere il finanziamento bancario ma fossero stati comunque utili per altri finanziamenti, un compenso di 200.000,00 euro (seconda
clausola), era possibile desumere che ‘la volontà contrattuale delle parti’ era nel senso che per l’attività di consulenza nel finanziamento spettassero all’ingegnere 200.000,00 euro; 2.il controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. e degli artt. 633, 645 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c. La srl RAGIONE_SOCIALE sostiene che la Corte di Appello avrebbe violato o falsamente applicato tali disposizioni con l’affermare che la domanda, proposta dal Ferrante con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, volta a sentir ‘accertare e dichiarare la somma effettivamente spettante per le attività professionali svolte in esecuzione della convenzione di incarico del 23 febbraio 2007 per l’effetto condannando la opponente al relativo pagamento’, non era una domanda nuova ed inammissibile ma semplicemente una emendatio riduttiva rispetto a quella contenuta nell’originario ricorso per decreto ingiuntivo, di condanna della srl RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma pattuita, pari a 400.000,00 euro;
2. con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o la falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe riconosciuto al COGNOME il credito di 200.000,00 euro, senza motivazione e senza che il COGNOME avesse provato di aver svolto attività utile all’ottenimento dei finanziamenti ed anzi in conclamato difetto di progetti idonei allo scopo;
3. con il terzo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione degli artt. 2229 ss c.c., dell’art. 9 della l. 27/2012, del d.m. 140 del 20 luglio 2012 e di ‘ogni norma per la determinazione dei parametri e criteri di legge per la liquidazione
dei compensi per le professioni vigilate’, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Il motivo è, per un verso, implicitamente condizionato, per altro verso, in contrasto rispetto al motivo precedente. Si sostiene infatti che la Corte di Appello, avendo erroneamente riconosciuto al Ferrante il credito di 200.000,00 euro sulla base del contratto, avrebbe mancato di determinare il minore compenso -che con il motivo in esame viene si assume sia dovutoin base ai parametri di legge;
4. con il quarto motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, c.p.c., e degli artt. 2697 c.c. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe riconosciuto al Ferrante un compenso di 200.000,00 euro senza individuare l’attività corrispondente: ‘mentre il giudice di primo grado riconosceva dovuto l’importo di 200.000,00 per l’attività di consulenza per finanziamento banche, la Corte di Appello, per superare il motivo di impugnativa afferente alla nullità del contratto non essendo l’ing. COGNOME un consulente finanziario, non trovava di meglio che confermare la sentenza di primo grado precisando però che l’attività di consulenza finanziaria de qua non rientrerebbe nella mediazione finanziaria’. Si sostiene ancora che la Corte di Appello non avrebbe precisato a cosa aveva inteso riferirsi quando ha affermato che il COGNOME aveva svolto ‘molteplici attività’, atteso che niente poteva essere desunto dalle testimonianze valorizzate dalla stessa Corte di Appello. Si sostiene infine che la Corte di Appello avrebbe omesso di tener conto del fatto che nei contratti depositati fino dal primo grado di giudizio- stipulati dalla ricorrente con la Caripe e con la A Leasing non vi era alcun riferimento a progetti o elaborati del COGNOME.
5. Il primo motivo è infondato.
5.1. Come ineccepibilmente evidenziato dai giudici di appello anche sul richiamo (fatto a pagina 8 e 9 della sentenza impugnata) al principio di diritto affermato nella sentenza di questa Corte n. 6202/2004, nel giudizio di cognizione instaurato dalla La Roccia a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo, il COGNOME – che quale opposto rivestiva la qualità sostanziale di attore e non poteva proporre domande diverse da quella fatta valere con l’ingiunzione (v. al riguardo Cass. n. 16564/2018, ove è precisato che l’opposto può tuttavia, ove sia dall’opponente avanzata una riconvenzionale, proporre una “reconventio reconventionis’) – ben poteva modificare la domanda nei limiti di quanto disposto dagli artt. 183 e 184 c.p.c. e quindi senz’altro ben ha potuto domandare una somma minore di quella chiesta con l’ingiunzione senza modificare la “causa petendi” che infatti era rimasta identica in relazione al titolo contrattuale del 23 febbraio 2007;
6. il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso, per quanto concerne la denuncia di anomalia motivazionale, che ‘è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014).
Nel caso di specie la sentenza impugnata presenta una motivazione scevra da simili anomalie: la Corte di Appello ha dato conto del fatto che, in base alle testimonianze rese da COGNOME NOME, dipendente del Ferrante, da NOME COGNOME, funzionario della RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME, direttrice della Caripe, era
emerso che l’ingegnere aveva svolto l’attività, commessagli dalla srl RAGIONE_SOCIALE, di predisposizione degli atti progettuali di sua competenza, relativi al potenziale sviluppo edilizio del terreno che la La Roccia aveva intenzione di acquistare ed aveva poi acquistato con il finanziamento della Caripe, aveva svolto ‘l’attività istruttoria’ necessaria per ottenere il finanziamento dalla Caripe e per l’ottenimento del leasing dalla Italease a questo fine anche individuando una società intenzionata a prendere in locazione l’immobile (una volta) realizzato sul terreno; ha inoltre, con interpretazione sistematica dotata di intrinseca coerenza delle clausole contrattuali in base alle quali per l’attività di consulenza nel finanziamento e per l’attività di consulenza tecnica era previsto un corrispettivo di 400.000,00 euro mentre per il caso in cui i ‘progetti’ non fossero stati utili per ottenere il finanziamento bancario ma fossero stati comunque utili per altri finanziamenti era previsto un compenso di 200.000,00 euro, ritenuto che ‘la volontà negoziale delle parti’ era nel senso che per l’attività di consulenza nel finanziamento dovessero essere pagati all’ingegnere 200.000,00 euro.
Quanto alla denuncia di mancanza di prova dell’attività svolta dal COGNOME, detta denuncia è inammissibile in quanto, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge (art. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c.), si risolve – a fronte dell’accertamento positivo da parte della Corte di Appello, sulla scorta delle testimonianze già ricordate, dell’effettivo espletamento della attività di consulenza utile all’ottenimento del finanziamento -nel tentativo di rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente. Simile tentativo si scontra con il principio per cui ‘l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il
potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ (Cass, Sez. 5, Ordinanza n.32505 del 22/11/2023);
7. il terzo motivo è inammissibile.
Come già asservato il motivo è legato al precedente: la ricorrente, sull’assunto della assenza di una ‘somma contrattualizzata’ per l’attività di consulenza svolta dal COGNOME, sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto quantificare il compenso spettante a quest’ultimo in base alle disposizioni del codice civile e del d.m. 140/2012. Tuttavia, come già evidenziato, la Corte di Appello ha invece individuato, in base ad una interpretazione delle clausole contrattuali che appare coerente e rispetto alla quale la ricorrente non ha avanzato censure di contrarietà agli artt. 1362 e ss c.c., che vi era una ‘somma contrattualizzata’ (pari a 200.000,00 euro). Il motivo non si confronta con il contenuto della sentenza. Dacché l’inammissibilità;
il quarto motivo di ricorso è infondato.
In primo luogo, va evidenziato che nella rubrica sono evocati l’art. 112 c.p.c. e gli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c.
Tuttavia nel corpo del motivo non si lamenta un’omissione di pronuncia ex art. 112 c.p.c. né, riguardo all’art. 115 c.p.c., si denuncia che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), né, riguardo all’art. 116 c.p.c., si allega che il giudice, nel
valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass., Sez. Un., n. 20867 del 30/09/2020).
Si deduce invece che la Corte di Appello non avrebbe chiarito ‘quale sia stata l’attività che dava diritto al compenso’ in favore del COGNOME.
La deduzione, suscettiva di essere inquadrata nel vizio di omessa motivazione, è infondata.
Si richiamano nuovamente, quanto all’oggetto del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza di merito, le statuizioni delle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014) e, quanto al concreto contenuto della motivazione della sentenza impugnata, le osservazioni fatte riguardo al secondo motivo di ricorso: la Corte di Appello ha dato conto del fatto che, in base alle testimonianze rese da COGNOME NOME, dipendente del Ferrante, da NOME COGNOME, funzionario della RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME direttrice della Caripe, era emerso che l’ingegnere COGNOME aveva svolto l’attività, commessagli dalla srl La Roccia, di predisposizione degli atti progettuali di sua competenza, relativi al potenziale sviluppo edilizio del terreno che la La Roccia aveva intenzione di acquistare ed aveva poi acquistato con il finanziamento della Caripe, ed era altresì emerso che l’ingegnere aveva svolto ‘l’attività istruttoria’ necessaria per far ottenere alla La Roccia il finanziamento della Caripe e per farle anche concludere il contratto di leasing con la Italease anche individuando a questo
ultimo fine una società intenzionata a prendere in locazione l’immobile (una volta) realizzato sul terreno.
Quanto, infine, alla denuncia di omesso esame del fatto che nei contratti stipulati dalla ricorrente con la Caripe e con la A Leasing non vi era alcun riferimento a progetti o elaborati del Ferrante, detta denuncia è inammissibile in quanto, per un verso, ‘nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”‘ (Cass. 8053/2014), per altro verso, nel caso di specie, nel motivo non viene specificato come e quando si sia discusso nel merito del contenuto dei due contratti né viene indicato come l’esame del contenuto dei due contratti avrebbe potuto essere decisivo per superare l’accertamento della Corte di Appello, basato su univoche testimonianze, per cui il COGNOME aveva svolto una complessa attività funzionale alla conclusione del contratto di finanziamento tra la RAGIONE_SOCIALE e la Caripe e in vista della conclusione del contratto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato;
10.le spese seguono la soccombenza;
10. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 13. 000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi , oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge come dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda