Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4623 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4623 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 7045-2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso nel presente giudizio dall’AVV_NOTAIO del Foro di Imperia , per procura in atti, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO.
— ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del legale rappresentante protempore, difeso ed assistito dall’AVV_NOTAIO del Foro di Genova, nel cui studio è elettivamente domiciliato, in INDIRIZZO, come da procura in atti.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Savona n. cron. 8/2020 del 13.1.2020, di rigetto dell’opposizione allo stato del RAGIONE_SOCIALE n. 57/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8/2/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con ricorso ex artt. 98 e 99 l. fall. COGNOME NOME proponeva opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed avverso il provvedimento di diniego della sua domanda di insinuazione per il credito maturato qu ale compenso per l’attività di liquidatore della società poi fallita, deducendo: (i) di aver prestato attività, quale liquidatore della società fallita, con retribuzione stabilita nell’assemblea del 24 gennaio 2014, in euro 75.000 annui; (ii) di non aver percepito gli emolumenti relativi ad alcuni mesi degli anni dal 2014 al 2016; (iii) di essere pertanto ancora in credito nei confronti del fallimento della somma di complessivi euro 119.142.
Il Tribunale di Savona, con il decreto qui oggetto dell’odierno ricorso per cassazione, ha tuttavia rigettato la proposta opposizione, confermando l’impugnato provvedimento del g.d.
Il Tribunale ha rilevato che: (a) le doglianze dell’opponente erano fondate limitatamente al contestato profilo dell’inquadramento dell’incarico di liquidatore, in quanto non era condivisibile la lettura fornita sul punto dal g.d. che aveva individuato tale incarico come riconducibile ad un organo della procedura, con conseguente determinazione del compenso con riferimento ai parametri del D.M. 30/2012, dovendosi invece ritenere che il Parato avesse assunto l’incarico di liquidato re volontario e che, quanto agli emolumenti, gli stessi dovessero essere determinati sulla base della delibera assembleare del 24 gennaio 2014; (b) ciò nonostante la domanda di ammissione al passivo fallimentare doveva essere disattesa, in quanto del tutto sfornita di prova dei fatti costitutivi del credito insinuato; (c) il Parato aveva infatti richiesto l’accertamento del credito sulla base di busta paga per il periodo tra il mese di ottobre 2013 e il mese di marzo 2016, ovvero dall’inizio del concordato preventivo (omologato in data 7 novembre 2013) al momento in cui -ad opera del nuovo socio totalitario -lo stesso era stato sostituito nell’incarico nell’assemblea del 24 marzo 2016; (d) non era stata documentata la
esistenza di una eventuale delibera assembleare in ordine all’ammontare dell’emolumento previsto ed anche eventualmente pagato nel periodo tra la nomina e l’omologazione del concordato, unico spazio temporale nel corso del quale il Parato sembrava aver svolto una significativa attività di amministrazione, attraverso la ricerca di un partener commerciale che potesse aver interesse a subentrare nell’attività ed anche attraverso la sottoscrizione della proposta irrevocabile del 30 dicembre 2012, nonché per la predisposizione e presentazione della domanda di concordato preventivo; (e) nel periodo successivo all ‘ omologazione, fatta salva la sottoscrizione dell’atto di cessione dell’intero pacchetto azionario (peraltro in esecuzione di della detta proposta irrevocabile già determinata nei suoi elementi essenziali), nessuna altra attività amministrativa ovvero attinente alla cessione dei beni sembrava essere stata svolta, neppure per tentare di ottenere almeno il pagamento dell’ingente credito originatosi a seguito dell’inadempimento delle fatture emesse a fronte della fornitura esclusiva a RAGIONE_SOCIALE, ovvero il versamento del finanziamento in conto aumento di capitale espressamente promesso da NOME nell’accordo sottoscritto e costituente il pilastro fondante l’omologazione del concordato; (f) il Parato non aveva neanche fornito -a fronte dell ‘ esplicita eccezione di inadempimento del curatore -la prova di aver adempiuto ad alcuno dei numerosi compiti espressamente attribuitegli, quale legale rappresentante, dal Tribunale con il provvedimenti di omologazione; (g) risultava altresì significativa la circostanza che il piano non avesse previsto nulla in ordine alla necessità di un emolumento al liquidatore, costo la cui esistenza avrebbe dovuto essere portata a conoscenza dei creditori, con la conseguenza che occorreva presumersi che il Parato avesse accettato e mantenuto la carica con rinuncia a qualsiasi emolumento per la propria attività; (h) il piano concordatario -definito in continuità, seppure con la previsione della cessione dell’intero pacchetto azionario non prevedeva infatti la necessità di liquidare alcun bene significativo; (i) quand’anche si volesse ritenere che il pagamento del compenso trovasse la propria fonte nella delibera del 24 gennaio 2014, quest’ultima non avrebbe potuto valere retroattivamente per i mesi precedenti, non riuscendosi neanche a comprendere quale attività -dopo la
programmata cessione delle quote -fosse stata realizzata dal liquidatore, tale da giustificare il riconoscimento di quanto deliberato, e ciò anche a fronte della specifica eccezione di inadempimento da parte della curatela fallimentare; (l) in ordine all ‘ eccezione di inadempimento del RAGIONE_SOCIALE, occorreva concludere nel senso che tale eccezione era stata allegata e dedotta in modo specifico attraverso l’indicazione delle condotte asseritamente contrarie al dovere di diligenza nell’espletamento dell’incari co, e ciò con riferimento: (1) all’omissione di attività specifica volta al recupero dei crediti già maturati nei confronti di NOME al momento dell’omologazione; (2) alla mancata contrattazione per l’ottenimento di fideiussione ovvero altra garanzia per il pagamento della merce ovvero in ordine al promesso finanziamento posto a fondamento del piano concordatario; (3) al mancato tempestivo aggiornamento sull’effettivo andamento dei pagamenti; (4) alla rinuncia all ‘ insinuazione al passivo del RAGIONE_SOCIALE La Decima; (5) alla mancata consegna di parte delle scritture contabili (libro giornale e partitari per il periodo successivo alla omologa) che aveva impedito una corretta prosecuzione dell’attività, dopo la cessazione della carica di liquidatore; (m) a fronte di tali specifiche contestazioni di inadempimento, il Parato non aveva offerto alcuna prova per dimostrare il suo adempimento.
Il decreto, pubblicato il 13.1.2020, è stato impugnato da COGNOME NOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo dedotto in causa, rappresentato dall’effettivo svolgimento dell’incarico di liquidatore da parte del medesimo fino alla nomina del liquidatore giudiziale in regime di esercizio provvisorio autorizzato dell’impresa. Precisa il ricorrente che la sua richiesta di compenso verso il RAGIONE_SOCIALE riguardava esclusivamente l’attività di liquidatore, svolta dal 26.6.2012 al 24.3.2016, e non altri periodi anteriori.
1.1 Il motivo, così articolato, è inammissibile.
Non corrisponde alla realtà processuale la denunciata circostanza secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi ovvero di considerare il profilo dell’allegato svolgimento di attività manageriale quotidiana da parte del liquidatore, come ‘fatto storico’ dedotto nel contraddittorio processuale e decisivo per la definizione della causa, posto che, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, il Tribunale si è fatto carico di scrutinare anche tali circostanze fattuali, ritenendole non provate, sulla base dell’affermata considerazione che l’unica attività gestionale post omologazione dovesse essere rintracciata nella stipulazione dell’atto di cessione delle quote azionarie, in piena esecuzione peraltro di un accordo negoziale già raggiunto prima dell ‘ omologazione del concordato preventivo e al quale occorreva solo fornire esecuzione, con la conseguente valutazione di carattere indiziario secondo cui, in assenza di ulteriori indici probatori di segno contrario, occorresse concludere per la definita grat uità dell’incarico conferito.
1.2 Nel resto le doglianze pretenderebbero un nuovo apprezzamento in fatto da parte di questa Corte di legittimità, in riferimento alla fondatezza o meno dell’eccezione di inadempimento sollevata da parte del fallimento, attraverso la rilettura degli atti istruttori di matrice documentale, scrutinio che, richiedendo un nuovo apprezzamento della prova, non è invece consentito alla Corte di cassazione (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
1.2.1 Più in particolare, si evidenzia da parte del ricorrente che aveva ampiamente e puntualmente eseguito tutti gli adempimenti programmati nel piano concordatario, come liquidatore, allo scopo di raggiungere gli obiettivi di solvenza minimi stabili nel piano, tutti posti in essere successivamente alla messa in liquidazione delle RAGIONE_SOCIALE e alla sua nomina quale liquidatore, per come stabiliti nella delibera straordinaria del 26.6.2012. Aggiunge sempre il ricorrente che aveva pertanto: (i) concluso il contratto di acquisto della totalità del pacchetto azionario della RAGIONE_SOCIALE a prezz o simbolico, ma con l’impegno dell’acquirente a finanziare in conto capitale le somme occorrenti all’esecuzione del piano di concordato, contratto che era stato sospensivamente condizionato alla stipula del contratto di fornitura esclusiva da parte della società in bonis alla società acquirente ed
all’approvazione definitiva del concordato, nel frattempo presentato da parte della società venditrice; (ii) stipulato un contratto di fornitura esclusiva a RAGIONE_SOCIALE di tutta la produzione della società concordataria; (iii) presentato il piano di concordato in data 19.3.2013 con continuità aziendale.
1.2.2 Sostiene il ricorrente che la curatela fallimentare non aveva sollevato alcuna contestazione in ordine a tali adempimenti, concentrando invece le sue obiezioni, poste alla base della sollevata eccezione di inadempimento, sul diverso profilo dell ‘ esecuzione del trasferimento delle quote societarie in data 23.12.2013 in favore della RAGIONE_SOCIALE, in esito all’avvenuta omologazione del concordato preventivo da parte del Tribunale di Savona in data 7.11.2013. allorquando, cioè, la RAGIONE_SOCIALE si era già resa inadempiente alle obbligazioni di pagamento delle forniture, ciò integrando, secondo le contestazioni della curatela, un inadempimento agli obblighi di diligenza nell’attività di liquidazione. Osserva ancora il ricorrente che la conclusione del contratto di cessione delle quote costituiva un adempimento necessario rispetto al contratto del 30.10.2012 e che anche il suo eventuale rifiuto di adempiere tale obbligo, pur astrattamente ipotizzabile, non si sarebbe presentato come conveniente, pur in presenza della manifestazione di inadempimento della compratrice.
1.2.3 Come già sopra rilevato, le doglianze così proposte attingono il merito delle valutazioni compiute dal Tribunale, tramite la lettura degli atti istruttori, e dunque sfuggono al controllo di legittimità di questa Corte, se non veicolate nei ristretti limiti del vizio di cui all’art. 360, primo comma , n. 5, per come perimetrati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014, cit. supra ), vizio qui solo invocato nella rubrica della doglianza in ordine alla presunta mancata valutazione dell’att ività gestionale post omologa (senza tuttavia enucleare un ‘fatto storico’, secondo il paradigma applicativo delineato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) e neanche sviluppato in relazione agli ulteriori profili di doglianza relativi alla valutazione della fondatezza o meno dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare.
1.2.4 A ciò va anche aggiunto, in relazione a quest’ultimo profilo di censura, che le doglianze prese in esame da parte del Tribunale riguardavano invero
altre contestazioni sollevate dal fallimento in relazione al non corretto adempimento degli obblighi gestionali del liquidatore, diversi, cioè, dal profilo della conclusione del contratto di cessione delle quote in favore di società, la RAGIONE_SOCIALE, già inadempiente. Ed invero, tali inadempimenti, ritenuti dal Tribunale come specificatamente sollevati dalla curatela in seno al giudizio di opposizione allo stato passivo, avrebbero riguardato diversamente: (i) l’omissione di attività specifica volta al re cupero dei crediti già maturati nei confronti di NOME al momento dell’omologazione; (ii) la mancata contrattazione per l’ottenimento di fideiussione ovvero altra garanzia per il pagamento della merce; (iii) il mancato tempestivo aggiornamento sull’effettivo andamento dei pagamenti; (iv) la rinuncia all’insinuazione al passivo del RAGIONE_SOCIALE La Decima; (v) la mancata consegna di parte delle scritture contabili.
Ne consegue che le doglianze così prospettate nel primo motivo di ricorso, qui oggi in esame, oltre che fondate su apprezzamenti di merito non sindacabili in questa sede, risultano essere anche fuori fuoco rispetto all’affettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2389 c.c. sul compenso spettante agli amministratori, 2487-bis c.c e 2489 c.c., in tema di poteri e doveri dei liquidatori subentrati agli amministratori della società RAGIONE_SOCIALE e loro diritto al compenso; nonché violazione dell’art. 1709 c.c. in tema di onerosità del mandato’.
2.1 Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità perché le censure, veicolate sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, pretendono ancora una volta una rivalutazione della quaestio facti che invece è inibita a questa Corte di legittimità.
Giova infatti ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione
della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
2.2 A ciò va anche aggiunto che le censure -tutte incentrate sulla presunta violazione dei predetti indici normativi per non aver il Tribunale riconosciuto il diritto al compenso, nonostante il dedotto svolgimento della prestazione professionale di liquidatore – non riescono neanche a centrare efficacemente le rationes decidendi del provvedimento impugnato, in quanto: (a) per il mancato riconoscimento del compenso nella fase pre-omologa, il Tribunale aveva ritenuto insussistente tale diritto per la mancanza di una delibera assembleare della società ancora in bonis , ratio decidendi neanche censurata nel motivo di ricorso qui in esame; (b) per l’attività di gestione successiva
all’omologazione del concordato, la ratio decidendi si fondava sul rilievo della mancata prova da parte dell’opponente dello svolgimento della dedotta attività gestionale, ratio che, per quanto già sopra rilevato, non è stata efficacemente censurata neanche nel primo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per la ‘violazione degli artt. 112 c.p.c. e 115 c.p.c. per avere pronunciato la sentenza oltre i limiti delle allegazioni di parte ed in via di eccezione dal convenuto nel giudizio di opposizione, relativamente all’affermazione dell’assenza di atti di gestione/liquidazione dopo l’omologa del concordato’ , sul rilievo che il Tribunale avrebbe pronunciato ultra petita , fondando la sua decisione su questioni ed argomenti mai introdotti dalla curatela come eccezioni, ovvero la mancata prova dello svolgimento delle prestazioni di cui si chiedeva il pagamento del corrispettivo.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato posto che il Tribunale si è limitato a riscontrare, nel suo insostituibile compito di valutare la fondatezza della domanda, la ricorrenza o meno dei fatti costitutivi del diritto di credito giudizialmente azionato, ritenendo che, quanto all ‘ esecuzione della prestazione oggetto del mandato professionale, l’opponente non avesse fornito la prova dei predetti fatti posti a sostegno della domanda.
Non risulta dunque riscontrabile alcuna ultrapetizione nella statuizione giudiziale qui impugnata.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 8.2.2024