SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 15954 2025 – N. R.G. 00028619 2022 DEPOSITO MINUTA 14 11 2025 PUBBLICAZIONE 14 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
sezione undicesima in composizione monocratica in persona del giudice, AVV_NOTAIO, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al NUMERO_DOCUMENTO vertente
TRA
in persona dell’amministratore pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende, come da procura depositata, in via telematica, unitamente all’atto di citazione
– opponente –
DEL PROPOSTO , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende come da procura depositata, in via telematica, unitamente alla comparsa di costituzione
– opposto –
Oggetto: contratto d’opera professionale
Conclusioni: disposta la trattazione cartolare ex art. 127 ter c.p.c. in sostituzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 10 giugno 2024, le parti hanno depositato note di trattazione scritta. In particolare, parte opposta ha chiesto il rigetto dell ‘ opposizione, con condanna della controparte alla refusione delle spese di lite e al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. L’opponente ha chiesto di accertare l ‘ inadempimento della controparte alle obbligazioni cui era tenuto quale direttore dei lavori e responsabile della sicurezza e dichiarare che nulla gli era dovuto con revoca del decreto ingiuntivo; in via subordinata, compensare il credito dell’opposto con il diritto al risarcimento del danno subito in ragione del costo da sostenere per risarcire i danni causati dalle opere appaltate in ragione di € 8.850,00 e, in via ulteriormente gradata, ha chiesto di ridurre l’importo ingiunto in ragione del minor valore delle opere eseguite.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con ricorso per decreto ingiuntivo il geom. ha chiesto di ingiungere al il pagamento in suo favore della somma di € 12.012,88, a titolo di rimborso spese, per € 571,24, e a titolo di compenso, per il resto, in ragione del l’attività professionale espletata in esecuzione dell’incarico conferitogli per la redazione del capitolato di appalto, l’elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento, la direzione lavori, il coordinamento per la sicurezza e le pratiche comunali, in relazione ai lavori di rifacimento delle scale dello stabile condominiale.
Emesso il provvedimento monitorio, notificato in data 9.03.2022, con atto di citazione, notificato il 14.04.2022, il ha proposto opposizione.
Nel dettaglio l’opponente, dopo aver confermato l’incarico professionale affidato al geom. , in relazione ai lavori di rifacimento della scala condominiale che presentava problemi di staticità, ha evidenziato che, decorsi oltre tre anni dall’inizio dei lavori, le opere non erano state ultimate e tale ritardo era imputabile anche all’opposto il quale aveva omesso di vigilare sul cantiere, omettendo di impartire le dovute disposizioni e di muovere contestazioni all’appaltatore .
Parte opponente ha, quindi, evidenziato che il geom. non aveva provveduto alle dovute comunicazioni al committente, ad effettuare i sopralluoghi dovuti e ad elaborare gli stati avanzamento lavori così da consentire l’emissione dei certificati per i pagamenti all’impresa.
L’opponente ha quindi rilevato che erano stati accertati dei danni all’interno degli appartamenti, stante la presenza di crepe e fessurazioni a ridosso del vano scala nonché danni infiltrativi dovuti al distacco dei discendenti, e ha lamentato la condotta omissiva del professionista opposto, che non aveva effettuato il sopralluogo funzionale a riscontrare tali pregiudizi.
E ‘ stato quindi rilevato che l ‘opposto non aveva eseguito i controlli cui era tenuto anche al fine di riscontrare il rispetto delle norme di sicurezza, come lamentato dai condomini.
Il Condominio opponente ha altresì lamentato che la controparte aveva erroneamente calcolato il compenso richiesto, facendo riferimento all’importo di € 101.209,95, laddove il contratto prevedeva un costo di € 63.200,00, cui doveva aggiungersi la somma di € 31.050,00 per oneri accessori , e ha rilevato che doveva aversi riguardo al minor valore delle opere eseguite per € 74.300,00. Ha , quindi, contestato la dedotta anticipazione di spese che erano state sostenute dal
Infine, r imarcata la responsabilità dell’opposto per i vizi nei lavori eseguiti, osservando che la scala era più stretta del vano, così che per eliminare i difetti rilevati erano necessarie opere di ripristino per una spesa di € 8.850,00, ha rassegnato le conclusioni come riportate in epigrafe.
Si è costituito il geom. il quale, premesso che i lavori erano proceduti a rilento per causa imputabile al che non provvedeva ai pagamenti cui era tenuto, ha contestato l ‘ assunto di controparte.
Nel dettaglio ha evidenziato di aver elaborato il capitolato di appalto, fatto proprio anche dall’opponente che lo aveva firmato, di aver redatto il piano per la sicurezza, provvedendo al relativo adeguamento e aggiornamento, e di aver verificato l’adozione delle misure previste nel piano tanto ciò vero che non vi era mai stato un incidente in cantiere; di aver redatto il processo verbale di inizio lavori che aveva controllato con visite periodiche in cantiere; di aver verificato i materiali, preteso la consegna del DURC e del formulario dei rifiuti, di aver provveduto alla contabilizzazione dei lavori, trasmettendo i conteggi al , di aver presentato al il progetto dei lavori, la SCIA e la richiesta di occupazione temporanea del suolo pubblico.
Dato quindi atto di essere receduto dall’incarico in data 13.09.2021, prima dell ‘ultimazione dei lavori, a causa dell’inadempimento della controparte che non aveva provveduto al pagamento del suo compenso, ha evidenziato di aver correttamente calcolato il suo onorario in ragione della quantità di lavori eseguiti per un importo di € 101.209,95.
Ha rassegnato le conclusioni come riportate in epigrafe.
2.Tanto esposto in ordine alla domanda proposta e alle difese svolte, si osserva che costituiscono circostanze pacifiche tra le parti che il opponente, che doveva eseguire lavori di rifacimento della scala interna pericolante, aveva concluso con il geom. un contratto d’opera professionale , con cui lo aveva incaricato di redigere il capitolato dei lavori per un compenso di € 900,00 oltre accessori, di elaborare il piano della sicurezza per un corrispettivo di € 400,00 oltre accessori, di seguire la direzione lavori per un onorario pari al 5% del prezzo di appalto, di provvedere al coordinamento per la sicurezza per un compenso pari al 3% del prezzo di appalto e di seguire le pratiche comunali per un corrispettivo di € 1.500,00.
Costituiscono, quindi, circostanze pacifiche e documentali che il opponente aveva concluso, in data 12 marzo 2018, con tale RAGIONE_SOCIALE un contratto di appalto, con cui aveva incaricato tale società del rifacimento della rampa di scale, con demolizione della rampa esistente e sua sostituzione con una struttura metallica posta su fondazioni costituite da micropali. Erano previsti altresì modesti interventi di consolidamento della facciata mediante chiodatura della muratura. A fronte di tali opere era stato convenuto un corrispettivo, a corpo, di € 63.200,00, cui doveva aggiungersi la somma di € 31.050,00 per opere da eseguire su richiesta del committente. Era previsto che i lavori dovevano essere ultimati nel termine di 180 giorni dal relativo inizio, con applicazione di una penale in caso di ritardo.
Era quindi previsto che il pagamento del prezzo di appalto doveva avvenire entro 5 giorni dalla redazione dello stato avanzamento lavori e dal relativo certificato di pagamento da parte del direttore lavori, da emettere con cadenza mensile (cfr. all. 2 all’atto di opposizione).
Costituiscono, quindi, circostanze documentali che i lavori avevano avuto inizio in data 14 maggio 2018 (cfr. all. 3 di parte opponente) e che il geom. , con pec del 13.09.2021, quando i lavori erano ancora in corso, aveva comunicato la volontà di rinunciare all’incarico dall’undicesimo giorno successivo alla recezione di tale atto (cfr. all. 11 di parte opposta).
3. Tanto premesso ritiene questo giudice che sia interamente dovuto il corrispettivo di € 1.300,00 richiesto per l’elaborazione del capitolato di lavori, per € 900,00, e del piano di sicurezza, per € 400,00, cui è pacifico e documentale che l’opposto abbia provveduto (cfr. all. 11 di parte opposta), in ciò valutato che si tratta di prestazioni interamente eseguite alla data del recesso, rispetto alle quali nessuna doglianza è stata tempestivamente sollevata da parte opponente, non potendo essere considerato il rilievo in ordine alla notifica del piano, sollevato solo nella memoria di replica ex art. 190 c.p.c., peraltro, con una deduzione difensiva svolta in termini tali da lamentare non la mancata notifica del piano, ma l’assenza di prova in ordine al predetto adempimento.
4.Si osserva, quindi, che l’opposto ha prodotto la documentazione, dalla cui disamina risulta che ha provveduto agli adempimenti amministrativi funzionali ad intraprendere i lavori. In particolare, il geom. ha depositato il progetto, ha elaborato e presentato la comunicazione di inizio lavori e la segnalazione certificata di inizio attività nonché le richieste di occupazione temporanea del suolo pubblico (cfr. all. 11 di parte opposta).
Ciò non consente, tuttavia, di riconoscere per intero il compenso pattuito di € 1.500,00.
Lo stesso professionista opposto ha invocato, a fondamento delle sue pretese, la norma di cui all’art. 2237 c.c. che riconosc e, in caso di recesso, il diritto al compenso per l’opera svolta, da determinare con riguardo al risultato utile derivatone per il cliente.
Invero, deve ritenersi che l’incarico relativo al disbrigo delle pratiche amministrative non era stato ultimato, al momento del recesso, mancando quanto meno la pratica di fine lavori, da presentare dopo l’ultimazione delle opere affidate in appalto, che è un adempimento amministrativo rientrante nelle pratiche comunali di cui il geom. era stato incaricato e costituisce un atto distinto dal collaudo dei lavori.
Ne consegue che il compenso spettante all’opposto va proporzionalmente ridotto (cfr. con riferimento alla speculare ipotesi di revoca dell’incarico a cura del cliente, Cass. n. 29745 del 29.12.2020 e n. 36071 del 9.12.2022 in cui è stato evidenziato che ‘ in materia di prestazioni professionali, il recesso del cliente, giustificato o meno, non incide sulla determinazione della misura del compenso, se non nel senso che esso è dovuto non per tutta l’opera commessa, ma solo per l’opera svolta. Sicché, in caso di pattuizione forfettaria del corrispettivo, correttamente la parte di esso spettante per le prestazioni rese alla data del recesso viene determinata in misura proporzionale rispetto all’intero compenso’).
Nel dettaglio appare corretto applicare una riduzione del 25%, riconoscendo un corrispettivo di € 1.125,00.
5.A tale somma dovuta a titolo di compensi, va aggiunto l’importo di € 476,24 per spese, avendo l’opposto dimostrato di aver sostenuto esborsi per € 253,24 , in data 12 aprile 2018, in relazione alla SCIA presentata, di € 79,5 , in data 10.04.2018, per occupazione del suolo pubblico, di € 79,50 , in data 11.09.2018, per la medesima causale, e di aver sostenuto spese per complessivi € 64,00 , in relazione alle quattro marche da € 16,00 ciascuna apposte sulla concessione temporanea di occupazione suolo pubblico del 15.05.2018, del 4.10.2018, del 28.08.2018 e del 29.10.2018 (cfr. all. 20 di parte opposta).
Non sono documentati ulteriori pagamenti.
Al riguardo si osserva che i versamenti eseguiti da parte opponente non risultano riferiti a tali causali, tanto più che si tratta di bonifici effettuati in favore di
, laddove i pagamenti suindicati, di cui è stato chiesto il rimborso, sono stati effettuati con e che dalla disamina della stessa documentazione prodotta dal emerge che tali versamenti non comprendevano le marche da bollo da € 16,00 (cfr. all. 4 di parte opponente). Cont
6.Ciò posto si osserva che non è possibile riconoscere ulteriori compensi in favore della parte opposta, essendo fondata l’eccezione di inadempimento sollevata con rifermento alle obbligazioni cui il geom. era tenuto quale direttore dei lavori e professionista incaricato del coordinamento della sicurezza.
Al riguardo si osserva che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ‘ l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle sue varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati ‘ (cfr. Cass. n. 10728 del 22.04.2008).
Va, quindi, rilevato che ‘ il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente -preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto. Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto sia delle modalità di esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza vizi costruttivi sicché non si sottrae a tale responsabilità il professionista che omette di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente ‘ (cfr. Cass. n. 2913 del 7.02.2020 nonché Cass. n. 4454 del 20.03.2012).
Tanto premesso va richiamato quanto chiarito dalla Corte di legittimità, in ordine al riparto dell’onere della prova in tema inadempimento dell’obbligazione, e, in particolare, che ‘ il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento’ (cfr. Cass. sezioni unite n. 13533 del 30.10.2001).
In questi termini opera il riparto degli oneri probatori nel presente giudizio atteso che non è ravvisabile alcun riconoscimento del debito del Condominio opponente verso il geom. , mancando sia una esplicita dichiarazione in tal senso sia una inequivoca condotta da cui potrebbe desumersi la paventata ricognizione, essendo del tutto ininfluente la sottoscrizione del capitolato di appalto e delle pratiche comunali elaborate dal , peraltro prestazioni distinte dalla direzione lavori e dal coordinamento della sicurezza in fase esecutiva, rispetto alle quali è stato lamentato l ‘ inadempimento.
7. Tanto osservato, con riguardo al caso di specie, va rilevato che l’opposto, su cui gravava il relativo onere probatorio, a fronte della deduzione di inadempimento, non ha ottemperato all’onere cui era tenuto, non avendo dimostrato di aver adempiuto al compito di alta vigilanza che gli era stato assegnato.
In particolare, non è stato depositato nessun ordine di servizio emesso dal geom.
che, dunque, deve ritenersi non abbia mai sollecitato l’appaltatrice all ‘ esecuzione dei lavori, nonostante il rilevante ritardo maturato e ciò per tutta la durata del suo incarico, sebbene fossero decorsi più di tre anni dall’inizio dei lavori, senza che questi fossero stati portati a termine.
Sul punto va rilevato che si tratta di un ritardo di entità, tale che non potrebbe trovare giustificazione negli asseriti lavori extra affidati all’appaltatrice, mentre in ordine alle rimostranze di un condomino, che, secondo quanto prospettato dalla stessa appaltatrice, si sarebbe opposto alla posa di una scala provvisoria nella chiostrina condominiale, sono state svolte delle allegazioni generiche che non consentono di comprendere in cosa siano consistite le dedotte rimostranze e quando sarebbero venute meno, così da non potersi giustificare l’assenza di ordini di servizio per tutta la durata del rapporto professionale, pur a fronte di un appalto i cui lavori procedevano gravemente a rilento..
A tale riguardo va, peraltro, considerato che i lavori di cui si discute interessavano un bene comune fondamentale ossia la scala interna del fabbricato, e che non può sostenersi che l’assenza di ordini di servizio , volti a sollecitare l’appaltatrice ad eseguire i lavori, possa trovare ragione nel mancato pagamento da parte del del corrispettivo di appalto.
Infatti, fermo restando che non può essere invocata a giustificazione di una condotta inadempiente una condotta afferente altro rapporto contrattuale, cui il
è estraneo, va considerato che non risultano comunicazioni della società appaltatrice da cui possa evincersi la sospensione nella esecuzione dei lavori in ragione di ritardi nel pagamento del prezzo, in ciò peraltro valutato che l’opposto, da ritenersi inadempiente anche con riguardo agli obblighi cui era tenuto nella elaborazione dei SAL, non ha neanche indicato i pagamenti eseguiti dalla committente alla società che stava curando l’esecuzione dei lavori.
Sul punto si osserva, infine, che, diversamente da quanto sostenuto dall’opposto, dalle dichiarazioni rese dalla controparte in sede di interrogatorio formale non emergono elementi che possano condurre a diverse valutazioni.
Premesso, infatti, che tali dichiarazioni vanno considerate nella loro interezza, si osserva che, all’udienza del 14.02.2024 , l’amministratore del Condominio opponente ha dichiarato ‘il corpo scala è in funzione e viene utilizzato dai condomini. Voglio dire che la scala è in funzione in quanto per tre anni i condomini non hanno potuto utilizzarla e raggiungevano le loro abitazioni da una scala esterna, entrando in casa dalle finestre. Mi hanno chiesto di fare qualcosa e io ho contattato la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ho fatto aprire la scala interna che però non è completa tanto ciò vero che è pericolosa e, in particolare, ci sono dei vuoti vicino alle finestre’ .
Pertanto, non può attribuirsi valore confessorio a tale dichiarazione da cui emerge, piuttosto, il grave ritardo maturato nella esecuzione dei lavori e la relativa incompletezza, con forte disagio per i condomini, dovendosi anche escludere l’accettazione delle opere in quanto non ultimate.
Analogamente non risulta alcun ordine di servizio volto a rilevare difformità e vizi nei lavori eseguiti, nonostante quanto lamentato da parte committente con riguardo alle erronee dimensioni della scala, più piccola del vano in cui doveva essere inserita, e alle infiltrazioni presenti nelle abitazioni, unitamente alle crepe e fessurazioni rilevate.
Nessun ordine di servizio risulta impartito dal direttore dei lavori, tenuto a verificare la relativa esecuzione secondo le regole dell ‘ arte.
Sul punto si osserva che parte opponente ha depositato la pec inviata all’opposto in data 28 giugno 2021, con cui gli aveva richiesto di relazionare in ordine alle opere eseguite a regola d’arte, indicando i danni che ne erano derivati, i lavori non ancora eseguiti e le penali maturate a carico dell’appaltatrice in ragione del ritardo nella esecuzione dei lavori (cfr. all. 11 di parte opponente).
Invero, non risulta che il geom. abbia dato seguito a tale richiesta, emergendo dagli atti solo una comunicazione di carattere interlocutorio (cfr.all. 13 di parte convenuta).
Né tale condotta inadempiente può trovare giustificazione, secondo quanto dedotto da parte opposta, nel fatto che l’amministratore del non abbia organizzato dei sopralluoghi, essendo compito del direttore dei lavori organizzare le visite in cantiere per riscontrare lo stato delle lavorazioni.
Infine, l’opposto non ha provato di aver emesso alcun SAL o certificato di pagamento né di aver controllato i SAL che, secondo la prospettazione di parte opponente, venivano emessi dall’impresa. Dalle deduzioni difensive di parte opposta e dalle prove da essa addotte risulta unicamente un’elaborazione contabile in data 25.09.2020 (cfr. all. 12 di parte opposta), che, in disparte i rilievi sollevati in ordine alla corretta contabilizzazione dei lavori eseguiti anche nella parte in cui si riferisce a opere extra, comunque, non considera le penali ed era stata redatta oltre un anno dopo la stipula del contratto, laddove il contratto di appalto, elaborato dallo stesso opposto, prevedeva una tenuta della contabilità con cadenza mensile.
Invero, l’inadempimento imputabile a parte opposta risulta particolarmente grave , atteso che sono rimaste ineseguite le prestazioni che costituiscono l’essenza del compito di alta sorveglianza affidato al direttore dei lavori, il cui ruolo non si può esaurire in una mera raccolta dei documenti, per i quali, peraltro, non sempre risulta l’afferenza ai lavori per cui è causa (cfr. documenti di cui alle pag. 7 e 13 all. 8 alla comparsa di risposta) e ciò soprattutto in un contesto in cui i lavori procedevano con un ritardo particolarmente rilevante e, secondo quanto affermato da parte opponente e non contestato, erano affetti da vizi.
Nulla è, dunque, dovuto a titolo di compenso per la direzione dei lavori.
8. Analogamente deve ritenersi per quanto concerne il compenso riferito all’attività di coordinamento per la sicurezza.
Premesso che, come sopra esposto, l’elaborazione del piano di sicurezza è attività autonomamente remunerata, nessuna successiva prestazione risulta essere stata compiuta.
L’opponente sul punto ha richiamato le email redatte dai condomini i quali lamentavano l’assenza di sostegni sulle scale interne pericolanti, evidenziando che gli stessi erano stati rimossi e lasciati sulla terrazza condominiale, che le luci erano spente, che non erano stati riposizionati i puntelli, che la scala esterna non era illuminata e che mancava un cartello contenente il divieto di utilizzo della scala interna (cfr. all. 6 e 7 di parte opponente).
Invero, a fronte di tali doglianze e, dunque, di un ‘ eccezione di inadempimento formulata in termini tali da evidenziare che la prestazione in parola era rimasta del tutto ineseguita, nessuna prova di adempimento è stata data dall’opposto gravato dal relativo onere processuale.
9. In definitiva, dunque, il credito dell’opposto ammonta ad € 476,24 per rimborso spese ed € 2.425,00 per compenso oltre accessori di legge.
Ritiene quindi questo giudice di dover revocare il decreto ingiuntivo e condannare l’opponente al pagamento di tale importo.
A tale proposito va considerato che l’eccezione di inadempimento è riferita alle prestazioni afferenti la direzione dei lavori e il coordinamento per la sicurezza, e non anche alle altre prestazioni, per le quali è stato riconosciuto il predetto corrispettivo di € 2.425,00 , e che , pur a fronte della unicità dell’incarico, hanno una loro autonomia, tanto ciò vero che per esse era stato previsto uno specifico compenso. Tale compenso è dovuto, a fronte dello svolgimento delle correlate prestazioni di elaborazione del capitolato di appalto e del piano per la sicurezza e di cura delle pratiche amministrative, secondo quanto sopra esposto, dovendosi ritenere la parte opponente ne abbia tratto la relativa utilità, in assenza, peraltro, di specifiche deduzioni sul punto.
10.Il mancato riconoscimento dei compensi per la direzione lavori e il coordinamento per la sicurezza, unici da determinare in misura percentuale rispetto al valore dei lavori e ai quali è riferita l’eccezione di inadempimento sollevata, preclude la possibilità di esaminare le altre eccezioni sollevate da parte opponente in via meramente subordinata.
Peraltro, l’eccezione di compensazione proposta in relazione al dedotto credito di € 8.850,00 per i danni subiti dall’opponente a causa di un’esecuzione non a regola d’arte dei lavori, rispetto ai quali è stata lamentata la carenza di adeguata vigilanza da parte del , non potrebbe trovare accoglimento.
Al riguardo si osserva che la disposizione di cui all’art. 1243 c.c., dopo aver disciplinato , al primo comma, la cd compensazione legale, statuendo che ‘ la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno ad oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere che sono ugualmente liquidi ed esigibili’ , disciplina, al secondo comma, la liquidazione giudiziale, stabilendo che ‘ se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione ‘.
Invero , conformemente all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la compensazione giudiziale postula che il credito sia di pronta e facile liquidazione così da poter essere liquidato e, quindi, determinato nel suo ammontare, in tempi processuali brevi e con una metodica semplice. Inoltre, detto credito deve essere certo nella sua esistenza ossia non controverso così che ‘ se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 c.p.c.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale ‘ (cfr. Cass. sezioni unite n. 23225 del 15.11.2016 in cui è stato evidenziato che ‘ L’ulteriore requisito della certezza sull’esistenza del credito non si desume dalla formulazione dell’art. 1243, comma 1, perché la liquidità attiene all’oggetto della prestazione, mentre la certezza attiene all’esistenza dell’obbligazione, e quindi al titolo costitutivo del credito. Perciò la contestazione del titolo non è in sé contestazione sull’ammontare del credito, come determinato in base al titolo, ma se questo è controverso la liquidità e l’esigibilità sono temporanee e a rischio del creditore. E allora, attesa la finalità dell’istituto della compensazione – estinzione satisfattoria reciproca (il che peraltro postula che anche il credito principale sia certo, liquido ed esigibile), che non può verificarsi se la coesistenza del controcredito è provvisoria, la giurisprudenza, da tempo risalente (Cass. n. 620 del 1970) ha affermato che non ricorre il requisito della liquidità del credito non solo quando esso non sia certo nel suo ammontare, ma anche quando ne sia contestata l’esistenza. Da qui l’ormai consolidato principio che per l’operatività della compensazione legale il titolo del credito deve essere incontrovertibile, ossia non essere più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazione (Cass. 6820 del 2002, 8338 del 2011) non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza (credito certus nell’an, quid, quale, quantum debeatur). (…) La locuzione contenuta nell’art. 1243 c.c. comma 2, – “Se il debito
opposto in compensazione, è di facile e pronta liquidazione..” – è stata interpretata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità nel senso che soltanto l'”accertamento” -nel senso di determinabilità -pronto, ossia in tempo processuale breve, e facile, ossia metodicamente semplice (es. mediante calcolo degli interessi), del controcredito – e per questo riservato dalla norma al giudice dinanzi al quale il processo deve proseguire – può giustificare il ritardo della decisione sul credito principale – certo, liquido ed esigibile – onde dichiarare estinti entrambi i rispettivi crediti per compensazione, secondo la ratio dell’istituto: il vantaggio delle parti di risolvere celermente in unica soluzione le reciproche pretese salvaguardando una ragione di equità, perché non è giusto che sia condannato all’adempimento chi a sua volta ha un concorrente credito. Se il controcredito è contestato, come prevede l’art. 35 c.p.c., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale, e l’eccezione di compensazione va respinta. L’ambito di contestazione del controcredito opposto in compensazione secondo l’art. 1243 c.c., secondo comma, è infatti limitato alla liquidità del credito, mentre la contestazione sulla sua esistenza – a meno che essa sia prima facie pretestuosa e infondata (Cass. 6237 del 1991) lo espunge dalla compensazione giudiziale (Cass. 10352 del 1993)’ nonché Casss. n. 27441 del 30.12.2014).
Pertanto, l’operatività dell’istituto della compensazione giudiziale presuppone la certezza del credito, riscontrabile laddove la relativa esistenza non sia contestata ovvero sia stata accertata giudizialmente con sentenza passata in giudicato, situazioni queste non riscontrabili nel caso di specie, avendo parte opposta contestato di dover rispondere dei danni lamentati dalla controparte, non solo rilevando l’inesistenza del lamentato inadempimento ed evidenziando la carenza di legittimazione attiva del in relazione a danni riscontrati nei singoli appartamenti, ma anche negando la ravvisabilità dei lamentati danni e di un nesso causale con la sua condotta, dovendone rispondere solo l’appaltatore.
11.In definitiva, dunque, va revocato il provvedimento monitorio e parte opponente va condannata al pagamento della somma di € 476,24 per rimborso spese e di € 2.425,00 per compenso oltre accessori di legge e interessi al tasso legale, atteso il tenore della richiesta formulata, dalla domanda al saldo.
12La parziale reciproca soccombenza, da cui è derivato un accoglimento solo parziale della domanda per un importo inferiore a un terzo di quella domandata in sede monitoria, e le ragioni della decisione, fondata sul grave inadempimento dell’opposto , giustifica la compensazione delle spese, così dovendosi anche escludere il dedotto carattere temerario della lite.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così provvede:
revoca il decreto ingiuntivo n. 3061 emesso da questo Tribunale in data 24.02.2022 e condanna il al pagamento in favore di
della somma di € € 476,24 per spese e di € 2.425,00 per compenso oltre accessori di legge e interessi al tasso legale dalla domanda al saldo.
compensa tra le parti le spese di lite;
rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c..
Roma, 7 novembre 2025
Il giudice NOME COGNOME