Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4303 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23433/2016 R.G. proposto da: CAUSA COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso DECRETO di TRIBUNALE NAPOLI n. 474/2016 depositata il 15/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 15.9.2015 il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta da NOME Causa avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva rigettato la sua domanda di insinuazione in privilegio ex art. 2751 bis n. 2 cod. civ. del credito dell’importo di € 34.785,22 richiesto a titolo di compenso maturato per lo svolgimento dell’attività di Presidente del Collegio sindacale della società fallita dall’anno 2008 all’anno 2012.
Il Tribunale di Napoli ha evidenziato che l’opponente non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare l’effettivo svolgimento delle funzioni sindacali, la loro durata ed entità, onere probatorio che doveva ritenersi ancor più stringente tenuto conto che la curatela aveva sollevato l’eccezione di inadempimento o di inesatto adempimento.
Inoltre, il richiamo all’azione di responsabilità da parte degli organi fallimentari era stato effettuato soltanto per relationem , per rimarcare che l’inadempimento eccepito in sede di verifica era tale da aver obbligato gli organi fallimentari a promuovere anche l’azione di responsabilità.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME Causa affidandolo a due motivi.
La curatela ha resistito in giudizio con controricorso ed ha, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta l’errata e falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ..
Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Napoli ha erroneamente interpretato l’art. 1460 cod. civ., ponendo sullo stesso piano l’inadempimento ed il parziale o non corretto adempimento.
Inoltre, posto che il rapporto di corrispettività delle prestazioni è posto a fondamento dell’art. 1460 cod. civ., ad avviso del ricorrente il rapporto tra società e sindaco non può essere regolato da tale norma, non essendo caratterizzato dalla corrispettività delle prestazioni, bensì dalla comunione di scopo.
Con il secondo motivo è stata dedotta l’errata e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in tema di onere della prova.
Deduce il ricorrente che il fallimento, nella comparsa di costituzione e risposta, contraddice sé stesso nel sostenere, da un lato, che lo stesso sarebbe stato escluso dal passivo per assenza di documentazione diretta a supportarne il credito e, dall’altro, che il rifiuto ad ammettere al passivo il credito è riconducibile alle sollevate gravi violazioni di doveri e obblighi posti dalla legge a carico del Causa.
Il ricorrente, inoltre, contesta di non aver fornito la prova dell’effettivo espletamento del proprio incarico, essendo tale prova documentale presente negli atti di causa nonché nel fascicolo fallimentare (per via degli allegati alla domanda di ammissione al passivo, attinenti sia alla nomina dei membri quanto all’approvazione dei bilanci). Il Causa ha, infatti, dimostrato di essere stato sindaco e per tale attività ha chiesto il compenso, tanto è vero che gli addebiti sulla supposta responsabilità nascono dal ‘non corretto’ svolgimento di tale funzione.
In ogni caso, ad avviso del ricorrente, lo stesso fallimento ha individuato nel giudice ordinario l’unico soggetto deputato a valutare e decidere nel merito la questione attinente alle gravi violazioni di legge attuate dallo stesso nell’espletamento delle sue mansioni.
Infine, lamenta il ricorrente che il giudice di primo grado non ha attentamente esaminato la documentazione depositata, essendo stati prodotti verbali assembleari con nomina del sindaco, partecipazione al CDA, approvazione dei bilanci.
Entrambi i motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentato profili di infondatezza e inammissibilità.
Va, preliminarmente, osservato che questa Corte (cfr. Cass. n. 6027/2021) ha già ritenuto che tra il sindaco e una società di capitale intercorra un rapporto di corrispettività, abilitando pertanto la curatela, in caso di fallimento, a sollevare l’eccezione di inadempimento, a norma dell’art. 14 60 cod. civ., allo scopo di paralizzare la pretesa della controparte alla controprestazione (il diritto al compenso spettante al sindaco).
Il ricorrente non ha avuto cura neppure di illustrare le ragioni giuridiche sulla base delle quali sarebbe escluso tra società e sindaco il rapporto di corrispettività, limitandosi ad un’affermazione apodittica.
Ciò premesso, è costante orientamento di questa Corte quello secondo cui è pur vero che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Tuttavia, eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il
debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.
Tali principi valgono anche nel caso in cui sia dedotto non solo l’inadempimento dell’obbligazione, ma altresì l’inesatto adempimento, essendo sufficiente per il creditore istante -o per il debitore che ha sollevato l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. -la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sulla controparte l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto, adempimento (Sez. U, n. 13533/2001; n. 8615/2006, n. 15659/2011, n. 826/2015, n. 98/2019).
Ne consegue che, ove il preteso creditore (come il sindaco della società fallita) proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito (al compenso maturato) del quale aveva chiesto l’ammissione, il Fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, può sollevare, per paralizzarne l’accoglimento in tutto o in parte, l’eccezione di totale o parziale inadempimento o d’inesatto adempimento da parte dello stesso ai propri obblighi contrattuali.
Nel caso di specie, il decreto impugnato ha fatto buon uso dei principi di diritto elaborati da questa Corte.
In particolare, il Tribunale di Napoli, al cospetto dell’eccezione sollevata dalla curatela, in sede di opposizione allo stato passivo, di totale inadempimento, ha evidenziato che l’opponente non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare l’effettivo svolgimento delle funzioni sindacali, la loro durata ed entità, venendo quindi meno all’onere probatorio sulla stessa incombente.
Né può ritenersi che la curatela sia incorsa in alcuna contraddizione per avere, nella comparsa di costituzione e risposta, da un lato, eccepito l’assenza di documentazione diretta a supportare il credito vantato dal Causa e, dall’altro, affermato che la mancata
ammissione al passivo del credito dovesse comunque essere ricondotta alle gravi violazioni di doveri e obblighi posti dalla legge imputate al sindaco.
Anche ammettendo che il curatore, in sede di ammissione al passivo, non avesse eccepito che il sindaco non aveva documentato l’effettivo espletamento dell’attività di sindaco, e che tale eccezione sia stata formulata per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo, in ogni caso è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 19003/2017; conf. 21490/2020; n. 27902/2020) quello secondo cui, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di ” ius novorum “, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del ” thema disputandum ” e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato.
Le censure del ricorrente sono, inoltre, inammissibili, in quanto a fronte dell’accertamento in fatto svolto dal Tribunale, ovvero che il ricorrente non aveva depositato alcun documento che dimostrasse l’effettivo e regolare svolgimento delle sue funzioni di sindaco, e in particolare, che avesse provveduto alle verifiche trimestrali, ai controlli sui bilanci ed avesse partecipato ai CdA ed alle riunioni assembleari (aveva, infatti, prodotto solo la nomina e la delibera sul compenso), il Causa ha svolto mere censure di merito (affermando che tale prova la aveva fornita), sollecitando quindi una diversa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quello operata dal Tribunale di
Napoli, attività, che, tuttavia, non è consentita in sede di legittimità.
Infine, neppure persuasivo è il rilievo del ricorrente secondo cui l’accertamento delle gravi violazioni di legge addebitate al sindaco potrebbe essere valutato solo dal giudice chiamato ad esaminare l’azione di responsabilità. Il Tribunale ha già evidenziato che il richiamo all’azione di responsabilità è stato effettuato dal G.D. (solo) ad abundantiam , per rimarcare la gravità delle violazioni imputate al Causa, fermo restando che l’eccezione di inadempimento poteva essere efficacemente sollevata in sede di ammissione al passivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 4.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 16.1.2024