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Compenso del sindaco: onere della prova e fallimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4303/2024, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in caso di richiesta di compenso del sindaco di una società fallita. Se la curatela solleva l’eccezione di inadempimento, spetta al professionista dimostrare di aver svolto correttamente e diligentemente le proprie funzioni. Nel caso di specie, l’ex sindaco non ha fornito prove sufficienti del suo operato, vedendosi rigettare la richiesta di insinuazione al passivo per il proprio credito.

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Compenso del Sindaco e Fallimento: Chi Deve Provare Cosa?

La richiesta di compenso del sindaco di una società, specialmente quando questa finisce in fallimento, può trasformarsi in un percorso a ostacoli. Un professionista che ha ricoperto il ruolo di sindaco si è visto negare il pagamento delle proprie spettanze dalla curatela fallimentare, la quale sosteneva un suo grave inadempimento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4303 del 19 febbraio 2024, ha affrontato la questione, delineando in modo netto i confini dell’onere della prova in queste delicate circostanze.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Compenso Bloccata

Un professionista, ex Presidente del Collegio Sindacale di una S.r.l. poi fallita, presentava domanda di insinuazione al passivo fallimentare per un credito di quasi 35.000 euro, a titolo di compenso per l’attività svolta tra il 2008 e il 2012. La curatela del fallimento si opponeva, sollevando una “eccezione di inadempimento”. In pratica, sosteneva che il sindaco non avesse adempiuto correttamente ai suoi doveri di vigilanza, e che tale negligenza fosse così grave da giustificare il mancato pagamento del compenso. Il Tribunale dava ragione alla curatela, respingendo la domanda del professionista, il quale decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Il Principio della Corrispettività

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del professionista, confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della decisione ruota attorno a due principi fondamentali: la natura del rapporto tra sindaco e società e le regole sull’onere della prova.

I giudici hanno ribadito che il rapporto che lega il sindaco a una società di capitali è un rapporto di natura contrattuale basato sulla “corrispettività”: alla prestazione di vigilanza e controllo del sindaco corrisponde l’obbligo di pagamento del compenso da parte della società. Questa natura consente alla società (e per essa, alla curatela in caso di fallimento) di utilizzare lo strumento dell’eccezione di inadempimento, previsto dall’art. 1460 del codice civile, per paralizzare la richiesta di pagamento.

Le Motivazioni: L’Inversione dell’Onere della Prova sul Compenso del Sindaco

La parte più significativa della motivazione riguarda la ripartizione dell’onere della prova. Di norma, chi agisce per ottenere un pagamento deve solo dimostrare l’esistenza del proprio diritto (il contratto, la nomina) e allegare l’inadempimento altrui. Tuttavia, quando la controparte solleva l’eccezione di inadempimento (o di inesatto adempimento), la situazione si ribalta.

In questo scenario, non è più il debitore (la curatela) a dover provare l’inadempimento del creditore, ma è il creditore stesso (il sindaco) a dover fornire la prova positiva di aver adempiuto esattamente e correttamente alle proprie obbligazioni. Il semplice fatto di essere stato nominato e di aver presenziato a qualche riunione non è sufficiente.

La Prova Inadeguata del Professionista

Nel caso specifico, il Tribunale aveva accertato che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare l’effettivo e regolare svolgimento delle sue funzioni. Non erano stati prodotti documenti che attestassero le verifiche trimestrali, i controlli sui bilanci o la partecipazione attiva ai consigli di amministrazione e alle assemblee. Il professionista si era limitato a produrre l’atto di nomina e la delibera sul compenso, elementi ritenuti insufficienti a superare l’eccezione sollevata dalla curatela.

L’Ampliamento delle Difese nel Giudizio di Opposizione

La Cassazione ha anche chiarito un importante aspetto processuale. Anche se la curatela non avesse sollevato l’eccezione in modo dettagliato nella prima fase di verifica del passivo, poteva legittimamente farlo nel successivo giudizio di opposizione. Questo giudizio, infatti, consente un riesame a cognizione piena della pretesa creditoria, permettendo al curatore di formulare nuove eccezioni per difendere la massa fallimentare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per tutti i professionisti che ricoprono cariche negli organi di controllo societari. La decisione della Cassazione sottolinea che per ottenere il proprio compenso, specialmente in un contesto di crisi aziendale, non basta vantare un titolo formale. È indispensabile poter dimostrare, con prove documentali concrete e puntuali, di aver svolto l’incarico con la diligenza richiesta dalla legge. Mantenere una documentazione meticolosa del proprio operato (verbali, relazioni, controlli effettuati) non è solo un obbligo deontologico, ma una necessità strategica per tutelare il proprio diritto al compenso in caso di contestazioni.

Può la curatela fallimentare rifiutare il compenso del sindaco eccependo il suo inadempimento?
Sì. Secondo la Corte, il rapporto tra sindaco e società è di natura corrispettiva, il che consente alla curatela di sollevare l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) per bloccare la richiesta di pagamento se ritiene che il sindaco non abbia svolto correttamente le sue funzioni.

In caso di fallimento, chi deve provare che il sindaco ha svolto correttamente il suo lavoro per ottenere il compenso?
Quando la curatela solleva l’eccezione di inadempimento o di inesatto adempimento, l’onere della prova si inverte. È il sindaco che deve dimostrare attivamente e con prove concrete di aver adempiuto in modo esatto e diligente a tutti i suoi obblighi, non essendo sufficiente la sola prova della nomina.

La curatela può sollevare nuove eccezioni nel giudizio di opposizione allo stato passivo che non aveva sollevato prima?
Sì. Il giudizio di opposizione allo stato passivo consente un riesame completo della pretesa creditoria. Pertanto, la curatela può formulare eccezioni nuove, come quella di inadempimento, anche se non erano state sottoposte all’esame del giudice delegato nella fase di verifica sommaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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